domenica 22 febbraio 2015

Patres - Gli occhi di Saverio Tavano

Patres - Gli occhi di Saverio Tavano


Portami un punto di vista-  La cecità ci renderà  liberi. Liberi di immaginare la linea dell’orizzonte. La solitudine e la cecità. 
L’attesa ci lega ad una sedia con un corda corta. L’attesa di una vita per dover dire no. Attendere, prego.
Dalle molteplici associazioni che si affollano nella mente e continuano a dialogare su Patres
Mercoledì delle ceneri
Con Goethe
Se vuoi possedere quello che i padri ti hanno dato, se vuoi possedere l'eredità, devi riconquistarla.

Dovrei andare alle ceneri, ora, dovrei ricordare momento in cui si entra in Quaresima, secondo liturgia cristiana.
Dovrei, eppure resto qui, incollata ad un testo, ad un atto teatrale già visto e di cui mi ero spesso ripromessa di scrivere.
Ho in cartella, sul tavolo, “ Gli uomini mangiano i pesci” scritto da Anna Vinci e Giovanna Casadio, altra terribile storia su un mare “cangiato”.
Una volta era gli uomini a mangiare i pesci, ora sono i pesci, la spigola, a mangiare uomini, cacciati dalle loro terre, in fuga,  ribaltati in mare da carrette, gusci stracolmi.
In Patres quello stesso  mare è avvelenato. Da chi? Dagli Innominati che si fischiano come gli uccelli per chiamarsi e ogni tanto si sparano.
Nel dialogo, con noi spettatori, un figlio cieco, legato con una corda ad una sedia, sta in una stanza vuota. Aspetta, quel figlio, è
 un figlio che verrà spogliato e lavato da un padre anziano, anziano di delusione, di vuoto a perdere, anziano di anni non suoi.
 Ritorna, fra noi e loro, il mare, questa volta sporco, maltrattato, luogo di furti, di scambi, di rotte, in cui la malavita organizzata ha perpetuato uno scempio. Lo scempio dei rifiuti buttati, delle scorie avvelenate. Un mare che muore ogni giorno, bagnando spiagge tristi.

Nel parlato, fra figlio e padre, il racconto del lavoro dei pescatori, del tirare le reti, del tempo della passa, delle stagioni dei pesci, ogni pesce ha un suo mese. Si intrecciano qui i due atti teatrali, di Anna Vinci e di Saverio Tavano, il femminile di due donne amiche  lì, qui il maschile di un legame familiare fra due uomini.
C’è fra queste due scritture una scena simile sul momento della confidenza di una sessualità travisata,  uno scangio.
  Da  inizio in cui si raffigura l’attrazione  con una bambola gonfiabile oppure con maliziosi accenni, nelle  due rappresentazioni, al momento vero in cui   il sesso è racconto.
Patri:- Chi ti piaci a tia?-
 Figghiu:- Mi piaci quannu mi cunti i stori. Quannu mi cunti i stori iu ci viu, viu tutti i culuri, viu tuttu chillu ca tu mi cunti, sientu l'adduru, sientu i rumuri.-
Il momento in cui il padre racconta al figlio di come si trovò impigliato in una storia non sua, di come fu lui ad individuare il punto più profondo per lasciare nel mare una puzza mortale.  Solo nel racconto  lui prenderà consapevolezza e andrà via, allontanandosi dal figlio che testimonia, con ciò che sa,  una colpa.
Onora il padre. Quale padre? Ci chiediamo. Noi tutti Telemaco, figli di epoca senza padri, non responsabili, ciechi di una cecità civile che ha deturpato il fuori e il corpo, ammalandoci.
Patres di Saverio Tavano, interpretato da Vetromilo e Natale, ci lascia  nella stanza insieme al figlio che riprende a leggere un mappamondo immaginario per trovare coordinate smarrite.
La memoria la rabbia la speranza



Il salto di Saverio ad occhi chiusi e vista ottima

 “Patres”, regia e drammaturgia di Saverio Tavano, in scena Dario Natale e Gianluca Vetromilo per la produzione della Residenza Teatrale Ligeia Lamezia Terme/Scenari Visibili e col supporto della Regione Calabria. Premio contro le mafie del MEI 2014, Premio al  Festival Inventaria 2014 Roma, secondo premio al Festival Teatrale di resistenza - Museo Cervi (RE) 

In alto dettaglio dal Polittico Griffoni di Francesco del Cossa 
gentilmente visto con gli occhi  di Luciano Marabello. 
Tutte le ceneri che ci porteremo in capo sono ceneri che idee bellissime ci faranno vedere. Portami un punto di vista. 
Dai luoghi del possibile



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