Il monologo
interiore di Io sono la Montagna
E gli uomini vollero piuttosto la tenebre che la luce.
Giovanni, III, 19
E gli uomini vollero piuttosto la tenebre che la luce.
Giovanni, III, 19
"Una
esagerazione" scrive in prima pagina Michele Lupo "Ci sono cose che ti restano addosso per sempre"
Io sono la
Montagna. Tutto passa, tanto tutto passa, tranne la paura.
La conseguenza del
passare, come passa quando passa la rovina.
Raccontato
con la velocità di un parlarsi fra sé e cercare, nello stesso tempo, di
cavarsela, in una lettera al mondo che a lui non rispose mai, il protagonista nel libro di Michele sembra quasi ravveduto.
Imprigionato in schemi che non gli appartengono e quindi sorpreso che, benché
lui abbia fatto tutto per benino, poi gli sia successo incubo, uno dietro l’altro.
Con una
scrittura sempre all'altezza della situazione, mai rallentata, sempre sul ritmo della storia, Lupo ha descritto l’abisso del carcere, l’abiezione che io
conosco per aver letto ultimamente “Fuga dall'assassino dei sogni” di Alfredo Cosco, scritto con Alfredo Musumeci, ergastolano
ostativo.
Un inferno raccontato dalle sbarre.
La galera è
una macchina per esperimenti- dice il personaggio, scrivendo una lunga a
lettera a Vera, ritmando ogni episodio della sua vita con una battuta musicale, di batteria.
Incubo poi è
la vita in famiglia, le incomprensioni, le vessazioni, la sessualità rapace e
subita, la mancanza di dialogo al quale unico scampo resta la
fuga.
La fuga,
incubo suo e di tanti derelitti che fuggono, scappando da luoghi in guerra e
stuprati, luoghi svenduti e massacrati, luoghi che non esistono più.
Fuggono in
tanti, fuggono nel cassone del camion del protagonista, un container, chiuso
ermeticamente alla partenza e riaperto in Germania, forse riaperto, e dal
container scende giù la disperazione di voler ancora tentare una vita
dignitosa. Di farcela ancora.
Come si
augura il protagonista, dopo aver passato l’inferno del carcere, con soprusi e
percosse, atti di sodomia subiti ed essersi rifiutato di far subire. Come si augura
ciascuno, di passare indenne ai fuochi incrociati della violenza e della
nequizia.
Oggi ho
letto il tuo “Io sono una montagna”, Michele Lupo, lettera ad un modo di vivere che a noi non
piace, non solo negli aspetti più terribili del carcere e della trasmigranza
forzata ma anche nella abiezione del
quotidiano dei rapporti familiari, fra sconosciuti, conviventi
Un racconto
che farei stampare e lasciare che sia letto negli stessi luoghi che ripercorre
il protagonista, sottoposto alle perdite di Giobbe, sottoposto alla perdita che
attanaglia tutti, di una vita dignitosa a cui aspirano: Il perdono.
Felice di
avere un buon scrittore nel regno della Litweb, il regno che non esiste e dove mi
sono rifugiata in fuga dal mondo. Addio Mondo crudele.
Riprendo questo testo oggi, 27 Agosto, nel leggere la cronaca aprire il portellone di altro Tir in Austria, più di settanta i profughi siriani, morti, probabilmente per soffocamento. Una cella frigorifero per l'Europa. Abbandonati dall'autista che è stato arrestato. Emergenza profughi nei Balcani. Tristemente con Io sono la Montagna, la denuncia letteraria e profetica di Michele Lupo
Riprendo questo testo oggi, 27 Agosto, nel leggere la cronaca aprire il portellone di altro Tir in Austria, più di settanta i profughi siriani, morti, probabilmente per soffocamento. Una cella frigorifero per l'Europa. Abbandonati dall'autista che è stato arrestato. Emergenza profughi nei Balcani. Tristemente con Io sono la Montagna, la denuncia letteraria e profetica di Michele Lupo
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