giovedì 5 marzo 2015

Lorenzo Marone- I due maroni che ci siamo fatti

Farsi due maroni così è un modo di dire per esprimere noia abissale.
Questa sera, benché Lina tentasse respirazione bocca a bocca, massaggio cardiaco e puntura di adrenalina, l'autore restava senza vita. 
Nulla da fare. Si può scrivere un capolavoro, un libro meraviglioso, così ti avrebbe cantato Modugno insieme con Sabrina, ma poi... il presentare l'oggetto del tuo talento implica altra abilità. La vivacità. 
Lo hai confessato da subito:- Cesare sono io- hai detto- il vecchio in realtà sono io- ci hai svelato -quindi mi è stato facile raccontarvi miei passaggi, mie non scelte fino al momento in cui ho scelto-  
Incuriosita ho aspettato altre rivelazioni, ma non c'era più nulla da capire, con De Gregori te lo canto, c'era solo quella scelta. 
Lina tentava di spostare, di aggiungere immagini, un maratoneta che corre, come quella famosa gazzella che ogni mattina in Africa deve fuggire più veloce del leone, tentava immagini e ricordi filosofici di una felicità inseguita in Platone e mai raggiunta sul filo del traguardo nella vita di ognuno, iniziata con un urlo, ma l'urlo si soffocava nella tua dimessa oratoria di avvocato che si rifiuta ad ascoltatrici attente, adoranti.
Sarà certamente lo stile di Lorenzo Marone, sommesso, quasi soporifero nel dire, che poi a cascata gorgoglierà nel romanzo come la pioggia argentina di marzo? Sicuramente, altrimenti non capirei tanto successo.  Che dice che dice la pioggerellina di marzo che picchia argentina sui tegoli vecchi del tetto? Canta la pioggia, scende la pioggia ma che fa? Ci trasforma e tutti felici diventeremo, perché La Legge del Desiderio, di Muccino, questo dice insieme a te. La felicità ààà,  basta volerla, anzi sceglierla.   

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