giovedì 9 marzo 2023

Il cadavere di Nino Sciarra non è ancora stato trovato di Davide Morganti


 "I fratelli Sciarra, siciliani trapiantati a Napoli, sono morti. Un uomo ha il compito di entrare in casa e recuperarne i corpi. Uno dei cadaveri viene trovato subito; dell’altro non c’è traccia. Oltre la soglia dell’abitazione, cianfrusaglie accatastate, cicche di sigarette, spazzatura, cibo avariato e libri. Soprattutto libri. L’uomo viene inghiottito dalle stanze in cui vaga senza requie e si perde nelle pagine di autori dimenticati." Questa la cornice in cui si muove la voce narrante, colui che deve recuperare il corpo fra tante stanze. Non è infatti una casa ma una villa, una villa buia e pericolante di Lago Patria, in provincia di Napoli.
 

“La letteratura è uno strano cimitero, mette dentro vivi e morti e a stento si riconoscono.” 

Cominciamo il viaggio, entriamo. Leggendo Il cadavere di Nino Sciarra incontro i libri viventi. Anche Davide Morganti sente il muoversi dei libri, il fruscio, il respiro e mentre cerca il cadavere in realtà continua il suo dialogo con i libri, con autori di qualche decennio fa.  Mi arrendo alla fascinazione della lettura, della letteratura e solo lui, solo Davide farò parlare mentre lui parlerà con tutti i libri che incontra. 

Romualdo Romano, e poi  Satta “la vita eterna come uno scialle nero. “Per conoscersi bisogna svolgere la propria vita fino in fondo, fino al momento in cui si cala nella fossa. E anche allora bisogna che ci sia uno che ti raccolga, ti risusciti, ti racconti a te stesso e agli altri come in un giudizio finale. È quello che ho fatto io in questi anni, che vorrei non aver fatto e continuerò a fare perché ormai non si tratta dell’altrui destino ma del mio”

 “ Nino Di Maria,  e Ciuffettino ”Sono libri crudeli, che vogliono distruggermi, sono cattivi con gli uomini che li hanno abbandonati, quando parlano fanno dei suoni strani che mi tormentano; lascio che vadano via, non hanno ancora intenzione di farmi del male.”

 E poi trovo Coccioli, e dopo Coccioli  il libro di Marangolo "Un posto tranquillo, storia di turbamenti e di guasti, di giovani illanguiditi e spaventati dal mesto morire in provincia. Ma perché le cose si dimenticano? Perché resta così poco di quello che facciamo? Perché il resto sparisce stritolato dalla morte? I libri scompaiono come gli uomini, travolti dal tempo e dagli uomini stessi, non c’è troppo spazio per noi che viviamo quel tanto per passare subito; si va avanti, avanti c’è posto, noi andiamo via e altri prenderanno il nostro posto; il bel libro di Marangolo è disincantato, non si aspetta nulla, sta tra i morti e non si lamenta, il titolo e il nome dell’autore diventano lapidi su una sepoltura.” Sono alla stanza undici

Stanza undici: Ma perché le cose si dimenticano? Perché resta così poco di quello che facciamo? Perché il resto sparisce stritolato dalla morte? I libri scompaiono come gli uomini, travolti dal tempo e dagli uomini stessi, non c’è abbastanza spazio per noi che viviamo quel tanto per passare subito; si va avanti, avanti c’è posto, noi andiamo 

via e altri ci sostituiranno; il bel libro di Marangolo è disincantato, non si aspetta nulla, sta tra i morti e non si lamenta, il titolo e il nome dell’autore diventano lapidi su una sepoltura.

Di silenzio è fatto anche il mar Mediterraneo, con i suoi morti e le sue navi, con le sue rive strette, con il suo dolore e la sua speranza, è un mare-muro in certi momenti; ne scrissero nel 1932 due scrittori, Luigi Motta e Calogero Ciancimino, in uno dei tanti libri che hanno scritto, dal titolo Il prosciugamento del Mediterraneo, in cui preannunciavano l’essiccazione del bacino, con un abbassamento del livello del mare tale da avvicinare le coste siciliane a quelle del Nord Africa. Anche loro spariti senza alcuna considerazione, sepolti sotto le vite dei vivi, considerati appena degli scribacchini che avevano provato a fare fantascienza, senza riuscirci. Intanto, però, il Mediterraneo davvero si sta prosciugando, per lasciar posto ai morti.

Da qualche parte pile di libri stanno crollando e il loro rumore co- pre tutto. Comincio a odiare i libri, i libri non servono a nulla, hanno solo reso l’uomo infelice; chissà le loro pagine quante parole conten- gono: miliardi miliardi e miliardi che mi fanno sentire un minuscolo, insignificante archivista. C’è molto erotismo nel romanzo di Zvete- remich,  Zveteremich consegnò a Feltrinelli Il dottor Živago di Pasternak, dicendogli di pubblicarlo perché era un capolavoro, ma il mondo non sa più nulla di questo studioso italiano.


"Le Intermittenze sono un’intercapedine tra noi e quello che non vediamo, un mistero in controluce di cui non mi ero mai accorto prima di entrare in questa casa; non le vede quasi nessuno e chi le indica è preso per pazzo, per profeta, per imbroglione, per visionario: c’è troppa carne nelle nostre vite, troppo sangue che copre la Verità"

e le stanze che ho attraversato, credo siano quindici poi mi pare venti, poi settanta; è difficile distinguerle perché le porte spesso sono rotte o nascoste dalla Congerie. Chissà da quanto tempo mi trovo qui. Un libro se ne sta a pancia sotto, come un insetto capovolto, coperto da una strana cenere, ha pure l’impronta di una scarpa: Autobiografia di un picchiatore fascista di Giulio Salierno, non è certo un romanzo ma un’autobiografia cruda di un segretario fascista, dura, scritta con una lingua che non ne vuole sapere di fare bella figura. 
"La Congerie è qualcosa di così confuso, immenso, sterminato in cui ti muovi ma solo per non cadere e che esiste da sempre e Boine prima di me l’aveva vista. E la presenza dei libri moltiplica la sua natura e non è detto che Dio sia ordine che voglia ordine. Chissà dov’è sepolto Boine, chissà a quanti anni è morto. Calcinacci mi sono caduti addosso, roba da poco, però finalmente ho sentito un rumore non provocato da me. Confesso che sono stato seduto su un triciclo mentre finivo di leggere un romanzo, anzi non so bene come chiamarlo, un libro di Mario Pomilio, pure lui cattolico come Boine. Il quinto evangelio si chiama quello che ha scritto, un librone di lettere, eresie, apostasie, digressioni, leggende, frammenti e un militare americano alla ricerca del vangelo perduto, il quinto. Chi ha mai scritto un libro così?

Onore alle armi a Davide Morganti. Come davanti una battaglia chi perde con onore ha l'onore delle armi, così Davide in questa guerra perduta contro la dimenticanza di moltissimi autori della letteratura italiana ci consegna questo splendido libro che avrà l'onore delle armi, il riconoscimento della sua grande bellezza. La memoria da tenere. Io ho fatto parlare Davide qui nel Regno della Litweb 
Ippolita Luzzo  

venerdì 3 marzo 2023

Dal 2016

 Leggo da quando ho imparato a leggere. Scrivo da quando ho avuto una penna in mano. Come tutti voi. Nel procedere degli anni e dei compiti corretti mi bastano poche pagine di un libro per leggerne il valore o la scarsità. Sono altrettanto critica con le frasette che compilo io, sul mio blog, ogni volta che ne ho voglia. Non ho scritto un libro. Non saprei. Ogni tanto raccolgo i miei pezzi dal blog e metto un titolo. Riconosco la saggezza di mio figlio che mi sorregge nel confermarmi l'illusorio giudizio sui libri.  -----Mamma, lui mi disse, le persone non leggono il libro, leggono il nome dell'autore. Omaggiano l'autore non la cavolata che ha scritto. Tu sei oppure hai un nome? No. Allora potresti essere bravissima e nessuno se ne accorgerebbe. Pronti ad applaudire qualsiasi idiota abbia un titolo- e su questo non ci piove. Ma è perché non sanno e non amano leggere che applaudono indistintamente? Credo che sia così. Chi applaude i nomi e non il contenuto non ama il libro. Non sa leggere

giovedì 16 febbraio 2023

Stefano Bonazzi Titanio


 Titanio

"Il titanio, il metallo più resistente e più “forte” in assoluto, è  conosciuto per la sua resistenza alla corrosione, quasi pari a quella del platino, e per il suo alto rapporto tra resistenza e peso. È leggero, duro, con bassa densità. Allo stato puro è abbastanza duttile, lucido, di colore bianco metallico."

Stefano Bonazzi dedica al titanio il titolo del suo romanzo, titanio deve il suo nome ai Titani della mitologia greca, figli del cielo e della terra e costretti a vivere tra le fiamme e tra le fiamme è stato il protagonista del libro e da titano resiste alle fiamme. 

Pubblicato da Alessandro Polidoro Editore per la collana Perkins nel luglio 2022 proprio durante un'estate caldissima e infuocata il libro ha molto da dirci e ne consiglio la lettura a chi fa del leggere un riflettere sul mondo adolescenziale, sui rapporti fra genitori e figli, sul male e sul bene vicino e lontano, su abusi perpetrati e nascosti. 

“Il male è una cosa semplice” e “La cosa più semplice del mondo” rileggerò questo racconto di Stefano con in testa i miei vicini di casa che chiudevano il figlio in uno sgabuzzino per punizione. Lo so perché questo ragazzino era coetaneo di mio figlio. Anche mio figlio però asserisce spesso di chissà quali violenze io abbia perpetrato ai suoi danni, o suo padre, e certamente a me sono più chiare le torture imposte dal padre che non quelle che gli avrò imposto io. 

Rifletto dunque pur nella differenza delle situazioni su quanto i genitori tutti possano essere dei mostri, poi certamente qui nel racconto sono mostri effettivi ma chissà perché! 

Titanio è un racconto che prende per la sua drammatica realtà, nell’esasperazione del fuoco che brucia tutto ci sta la terribile edilizia che produce mostri abitativi, ci sta il continuo inquinamento di falde acquifere e di aria ammalata di diossina per i fumi di copertoni bruciati e su tutto un inquinamento spirituale fatto di nulla e di violenza, fatto e strafatto di droga coltivata e vendita, data da mangiare anche al figlio.

Senza pietà il racconto si apre in una stanza d’ospedale dove il ragazzo deve riprendersi da terribili ustioni. Poi inizia a raccontare ad un educatore e la verità si svelerà alla fine.

 Il male è semplice è una grande verità e Stefano riesce in Titanio a farci riflettere sull’orrore della genitorialità e sull’orrore dei luoghi. Poi però in tanto orrore sembra che l’educatore riesca a portare un’ apertura e a far entrare uno squarcio di luce. Un ritmo incalzante invoglia a leggere e uno stile personale ci dona l’autenticità della scrittura. 

Un racconto da segnalare e da far amare per la grande carica umana che si percepisce nel leggerlo, nel costruire una situazione immaginativa che possa lenire lo sconforto e la solitudine. 

I mostri non sono più i veri mostri, vivendoci vicino i mostri sono altro, sono i familiari o i vicini, sono il prossimo prossimo, sono il viverci dentro chiuso in uno spazio ostile. 

Inspiegabilmente e surrealmente le istituzioni e il carcere mi sono sembrate il luogo più sicuro e il compito dell'educatore serve a tutti noi per avere la certezza che qualcuno alla fine ci ascolterà come succede a Franz.

Un grande applauso a Stefano Bonazzi per la sensibilità e per la ricerca, per aver saputo, pur nell'orrore della storia, darci la speranza


Ippolita Luzzo 

sabato 4 febbraio 2023

Licia Giaquinto Cuori di nebbia


 Licia Giaquinto aveva già pubblicato i suoi racconti nel 2007 ma ora trova una nuova vita con  TerraRossa Edizioni  casa editrice che nasce con "l’idea di provare a seminare parole fuori dai tracciati consueti. 

"Opere significative, divise in due collane, entrambe di narrativa: Fondanti riproporrà, in una nuova edizione rivista, romanzi recenti ormai introvabili di autori che hanno rinnovato il panorama letterario; Sperimentali accoglierà opere inedite capaci di affrontare temi attuali attraverso una ricerca stilistica originale." questo troviamo scritto come presentazione sul sito di TerraRossa Edizioni.

 Libri curatissimi nella scelta dei materiali e nella cura grafica a partire dalle splendide copertine create da Francesco Dezio. 

Segnalato da Giuseppe Girimonti Greco, sempre attento a sentire i libri veri e autentici, Cuore di nebbia mi giunge per diversi incroci amicali, addirittura ho conosciuto Licia anni fa non direttamente ma tramite una mia amica che per caso si era seduta ad un bar vicino al suo tavolino a Bologna, da allora ho seguito il suo spendersi per il recupero di zone abbandonate come Aterrana in provincia di Avellino un borgo storico, un contesto dai colori d’altri tempi, una comunità da scoprire e valorizzare, nel cuore dell’Irpinia, luogo dove Licia ha trascorso infanzia e adolescenza prima di trasferirsi a Bologna. 

Cuori di nebbia è invece ambientato nella Padania, nella terra ricca, almeno io credevo prima di leggere questi racconti, con esistenze al limite di immensa povertà di spirito.  


La via Emilia mi appare un mondo perso, tagliato da una strada provinciale su cui passano i tir, accanto alla Ferrari di Maranello. "I camionisti si fermano dalle prostitute per un po’ di riposo, giovani ragazze dell’est arrivate dopo la caduta del Muro. È un’Italia consumata, ma ancora offesa. Nella storia di provincia, si incrociano il perbenismo, la noia matrimoniale, il voyeurismo, l’inganno, Chernobyl, la pedofilia, l’eroina, la cartomanzia (nel personaggio secondario più bello forse dell’opera, Donna Crisantema), l’omicidio, l’anoressia, l’hikikomori. Malattia mentale in tante forme, spesso quella delle deviazioni sessuali. È un romanzo strabordante di dolore, che si fa acuto proprio perché ciascuno dei protagonisti vive innocentemente dell’idea di essere nel giusto. La società, il loro lavoro, le loro vite dimostrano che purtroppo non c’è redenzione e scelta, il destino diventa qualcosa che sempre finisce per tradire, ingannando, distruggendo i sogni di ciascuno. Eppure, ci si affeziona ai vinti, agli insoddisfatti che si trovano a maneggiare qualcosa di più grande di loro." questo  è ciò che scrive Alessio Barettini su Senzadieci, ma sono tante i giornali che hanno accolto con recensioni attente il libro di Licia Giaquinto. 

Benvenuta al Nord, mi scrive Licia e io questo Nord lo trovo ancora più terribile del Sud, il suo vivere più misero, lo spreco delle esistenze ancora più amaro. Mirella, Natascia, Patrizia, e poi Filippo, Nicola, Francesco, Mirco, se questo è un uomo, mi viene da scrivere con Primo Levi, se questa è umanità. 

Licia Giaquinto riesce a portarci dove non vorremmo andare, a vedere ciò che non vorremmo vedere ed a provare una pietà per ogni sciupio di sogni, di desideri, delusi definitivamente. 

Ippolita Luzzo 



Licia Giaquinto è nata in Irpinia, dove ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza, ora vive a Bologna. Ha esordito nella narrativa con Fa così anche il lupo (Feltrinelli 1993), a cui sono seguiti È successo così (Theoria 2000), Cuori di nebbia (Dario Flaccovio 2007, ora riproposto da TerraRossa Edizioni), La ianara (Adelphi 2010), La briganta e lo sparviero (Marsilio 2014). Ha scritto anche testi teatrali, l’ultimo è Carmine Crocco e le sue cento spose. È ideatrice e anima dell’associazione Aterrana – Ater Ianua che vuole contrastare il degrado e lo stato di abbandono del borgo storico di Aterrana (Av).

giovedì 2 febbraio 2023

Rossella Pretto La Vita incauta

 

Leggendo Rossella Pretto nel suo viaggio sulle tracce della tomba di Macbeth e seguendo una messinscena realizzata dalla Compagnia dei Quattro con il testo tradotto dal nonno Elio Chinol, anglista e appassionato di Shakespeare noi con il libro La vita incauta siamo avvinti dalla tragedia una volta di più.

La tragedia di William Shakespeare, la trama storica viene riportata dal filosofo Boezio, in una cupa Scozia d'inizio Basso Medioevo si è appena conclusa una guerra e un sergente  riferisce al re Duncan di Scozia che i suoi generali, Macbeth, barone di Glamis, e Banco, hanno appena sconfitto le forze congiunte di Norvegia e Irlanda, guidate dal ribelle Macdonwald.

In una notte buia e tempestosa, per dirla con Snoopy, Linus e Lucy,  tre Streghe si incontrano in presenza di Macbeth e Banco, nella brughiera e profetizzano loro che Macbeth diverrà re mentre Banco  sarà il capostipite di una dinastia di re. La profezia trasformerà Macbeth da uomo leale in assassino. Come si cambia! E poi la follia del potere tutto involge.

Con Rossella Pretto che scrive:" Non mi sono mai chiesta in quale periodo dell'anno si svolgono le vicende di Macbeth ma lo posso intuire.. Sarà autunno inoltrato, inverno.. Chissà che vita vita fanno quelli che abitano queste lande, chissà che vita facevano quelli che le abitavano centinaia di anni fa. Me lo chiedo come non lo sapessi, come non sapessi che vita faccio, rintanata nello studio. La differenza sta nelle chiusure .. un tempo che mi inchioda alla sua dispersione" nella sua confessione sui nonni bravissimi, e su di lei che come nel libro di Hanry James "La bestia nella giungla" riconosce l'evento eccezionale quando è ormai passato. infatti tutto il libro è un interrogarsi sul libero arbitrio, sul destino, su ciò che noi responsabilmente possiamo. Nel Macbeth il sapere il futuro lo distrugge, lo fa diventare assassino, perché l'attesa diventa impossibile da reggersi. 

Un libro curatissimo e che ci invita alla riflessione come tutti quelli scelti dalla collana S-Confini diretta da Fabrizio Coscia per Editoriale Scientifica. 

Un libro diario di un viaggio, un libro diario di studi amatissimi, "C'é sempre un segno in attesa di essere leggibile" e a Forres al castello dell'apparizione mentre ascolta la guida lei si gira e sente anzi vede e sa di aver ora "iniziato questo viaggio alla ricerca dell'aderenza, ecco, ora posso dire che ha tutta l'aria di esserlo" Aprire la porta ai propri fantasmi. 


Leggendo il libro mi sovviene un'altra messinscena recente di Alessandro Serra con lo spettacolo Macbettu  Siamo in Scozia oppure in Barbagia, siamo dappertutto, dove a qualcuno viene promesso, viene pronosticato un futuro da re e tutto cambia. La situazione sfocia in tragedia dopo il dono avvelenato delle streghe. Uno spettacolo nello spettacolo, ridere ridere di ciò che le streghe faranno sul palco, ridere dei dispetti che si fanno, del loro camminare, quei passettini corti e veloci che ricordano i giochini a molla da caricare e far muovere sul tavolo, quegli sputi veri, quelle scope agitate al solo scopo di sollevare polvere,  gli uomini maiali grufolare nello scifo e il fantasma di Banco calpestare il pane sardo sul tavolo imbandito da Macbeth. Ed eccolo Macbettu, piccolo piccolo,  abbracciato alla moglie alta, abbracciato all'ambizione. Un Macbettu capace di riflettere sul male e perciò ancora più tragico in queste parole: "La vita è solo un’ombra che cammina, un povero attore che si pavoneggia e si dimena durante la sua ora sul palcoscenico, dopo non se ne sentirà più nulla. Una favola narrata da un idiota, piena di rumore e furia, che non significa nulla"

Ippolita Luzzo 

Rossella Pretto è laureata al Dams di RomaTre con una tesi sulla traduzione del Macbeth curata da Elio Chinol per la ‘Compagnia dei Quattro’, ha proseguito la sua formazione con esperienze in campo recitativo e teatrale. Il suo primo poemetto, Nerotonia, anch’esso ispirato al Macbeth, è uscito nel 2020 (Samuele Editore). Con Marco Sonzogni ha curato Memorial di Alice Oswald (Archinto 2020) e Speranza e Storia. Le quattro versioni sofoclee di Seamus Heaney (Il Convivio Editore, 2022). Ha curato inoltre La Terra desolata di T.S. Eliot per la riedizione della traduzione di Elio Chinol (InternoPoesia 2022). È presente in alcune antologie, con sue poesie e traduzioni. Suoi articoli sono apparsi su «Alias-Il Manifesto», «Poesia», «L’Ottavo», «Journal of Italian Translation», «Studi Cattolici» e «L’Estroverso».

martedì 17 gennaio 2023

Giacomo Sartori Fisica Delle Separazioni

Scrivo questa mio pezzo ascoltando Canzone di Adriano Celentano, con in testa "quando siamo alla fine di un amore soffrirà soltanto un cuore perché l'altro se ne va" e saper gestire una separazione comporta effettivamente gli otto movimenti nei quali Giacomo Sartori scandisce le tappe di un evolversi del sentimento amoroso fra due persone.  

Il punto di vista maschile del personaggio narrante sembra a me molto più interessante  che la canzone di Shakira, in testa agli ascolti in questi giorni, in cui lei racconta il tradimento del suo compagno e la fine del loro amore, cantando al mondo tutto che lui abbia scambiato un Rolex per un Casio, in tema di orologi, o una Ferrari per una Twingo, come se fosse un'automobile l'amore che sostituisce l'altro. 

Fisica delle separazioni inizia proprio a raccontarci cosa mancherà dell'altra che va via, e invita i delusi e gli abbandonati all'arte di dimenticare. Dimenticare sembra quasi un imperativo anche se poi nei nuovi rapporti che nascono ci si ritroverà a parlare di "un amore ormai troppo lontano" e qui mi sovviene Luigi Tenco con il suo Lontano Lontano e "qualche cosa negli occhi di un altro ti farà ripensare ai miei occhi... e lontano, lontano nel mondo una sera sarai con un altro e ad un tratto, chissà come e perché ti troverai a parlargli di me di un amore ormai troppo lontano"

Fisica delle separazioni in otto movimenti sembra un libro insostituibile in momenti in cui quasi tutti siamo passati, e il terzo movimento Chi lascia chi, ci invita quasi a conoscerci "La nuda verità è che non sappiamo quasi nulla di noi stessi, e ancora meno degli enigmi viventi che incrociano o condividono il nostro percorso: compresi gli esseri che ci sono più vicini e che amiamo. Passiamo il tempo a fingere il contrario, a cercare di illuderci che conosciamo noi stessi e gli altri, e teniamo le redini della nostra esistenza, ma non è così"

Ho messo molte orecchiette a questo libro bellissimo bellissimo, e nel mentre che siamo impegnati a Diagnosticare le vere ragioni cerchiamo di monitorare le parole quelle parole che all'inizio di una relazione sono "fiumi di parole" ed alla fine diventano parole mute, che rimandano a rancori e incomprensioni "ed improvvisamente ti accorgi che il silenzio ha il volto delle cose che hai perduto" finendo con Mina che ci canta La voce del silenzio.

Giacomo Sartori nel Regno della Litweb con un libro amatissimo e non ci separeremo facilmente da lui. 

Ippolita Luzzo 

 

venerdì 13 gennaio 2023

L' avversione di Tonino per i ceci e i polacchi di Giovanni Di Marco

 


La prima edizione Baldini+Castoldi è di agosto 2022 Giovanni Di Marco L’avversione di Tonino per i ceci e i polacchi comincia a narrare la storia di Tonino fin dal giorno della scomparsa della madre "Avevo poco più di sette anni quando è morta mia madre. Non saprei dire chi mi portò la notizia, né come mi venne data. La dinamica di quella giornata che ha stravolto la mia esistenza è avvolta nel mistero. Del giorno del suo funerale, invece, la mia mente ha conservato ogni dettaglio. Ricordo la mattinata trascorsa a casa di Tania, in un silenzio triste, quasi irreale; il lungo corteo funebre verso la chiesa madre; le nuvole bianche e gonfie che si stagliavano all’orizzonte; l’odore nauseabondo dei crisantemi "

La notizia dell’attentato al Papa, stabilisce in quale anno ci troviamo, il 13 maggio 1981, e subito tutti parlano solo del Papa, il Papa ferito, e nessuno parlerà della mamma di Tonino morta in giovane età, nessuno la ricorderà tranne Tonino, meravigliato e addolorato da tanta indifferenza, unico lenimento per lui la compagnia di Tania "mezza tedesca e mezza siciliana: sua madre era di Monaco, suo padre di Calatafimi. Lei era nata in Germania, ma dopo la morte di sua madre si era trasferita in Sicilia col padre, don Peppuccio. Poi, in seguito al matrimonio con Alfredo, era venuta ad abitare a Castelverde." Anche lei quasi estranea al paese così come si sentiva Tonino. Poi Tania parte per la Germania in visita ai parenti e Tonino un bimbo ancora si ritrova solo, nel dolore e nella nostalgia per la perdita della mamma e poi anche di Tania. 

Nel raccontarci di Tonino, nel raccontarlo lui, voce narrante, gli anni ottanta sono i protagonisti con le trasmissioni televisive, i giochi, i fumetti, i giocatori, usi e costumi molto lontani. Nel ritornare Tania porterà un pallone a Tonino e la musica, il mangianastri. 

"Allora io in radio ascoltavo solo Tutto il calcio minuto per minuto, la domenica pomeriggio. «Tania, quanti anni hai fatto?» «Si dice compiuto, Tonì. Ne ho compiuti ventiquattro sabato scorso. Sai ballare?» Feci di no con la testa. Tania capovolse la scatola e rovesciò sul tavolo della cucina una decina di musicassette. «Ti insegno io: rock’n’roll. Ci scateniamo, Tonì. Guarda qua! The Buggles, Video Killed the Radio Star. E c’ho pure i Police, David Bowie, Madness.»" Trovo delicato e amorevole il rapporto fra Tania, che non può avere figli e Tonino che non ha più la madre e mi sembra che il racconto stia nel contrasto fra la delicatezza di sentimenti della prima parte e la violenza nella seconda parte. e lasciamo Tonino e Tania sulla spiaggia di Cefalù certi che nessuno potrà togliere quel ricordo, lasciamo Tonino a scuola e sempre più solo, nell'estatico ricordo della sua mamma e in cerca di una carezza, di un affetto. 

Certo il libro poi è una denuncia di abusi da parte del prete, certo il libro è una denuncia su come sia difficile riuscire a scappare dal ruolo di vittima, certo il libro ci chiede di essere vigili, ma non dimenticheremo che il libro è anche un chiedere attenzione su una infanzia privata dalla mamma, su un voler rapporti di amicizia e di affetto, e di chiedere per tutti quella pulizia e felicitò che Tania e Tonino ci regalano. 

Un libro nel Regno della Litweb già da agosto 2023 ricordando il farragosto a Cefalù di Tania e Tonino.

Prendo dall’intervista a Giovanni Di Marco su @Morel le voci dell’isola uno stralcio per segnalarvi questo interessante libro “Ho sempre letto molto, sin da ragazzino: fumetti, romanzi, saggi… e tempo fa mi sono imbattuto in un saggio sull’argomento di Federico Tulli, collega di Left, dal titolo “Chiesa e pedofilia”, edito da L’asino d’oro. Un libro che mi ha sconvolto e mi ha portato ad approfondire l’argomento. E più leggevo sul tema, più rimanevo turbato: dai numeri, dalle vicende, dalle migliaia di vittime sparse per il mondo, dalla mancanza di delicatezza e sensibilità da parte di chi da due millenni si erge con arroganza a guida morale dell’intera umanità; e soprattutto dal modus operandi messo in atto dalla Chiesa, emerso da documenti segreti e inchieste giornalistiche di altissimo profilo, portate avanti dal New York Times, dal Boston Globe, dall’Associated Press o dalla BBC. La Chiesa si è resa complice di reati gravissimi, negando, insabbiando, proteggendo sistematicamente i carnefici e la propria reputazione, a discapito delle vittime, abbandonate al proprio destino. Un silenzio ostinato e ingiustificato, un modo di procedere consolidato: la priorità della Chiesa era quella di non fare clamore, quindi silenzio, non collaborare con le polizie locali, pena la scomunica. Poi, se il mormorio diventava insostenibile, si procedeva a spostare il prete in questione da una parrocchia ad un’altra, favorendo ulteriori crimini, ulteriori abusi, ulteriori violenze. Mi sono spesso chiesto come si sarebbe comportato Gesù al cospetto di un minore abusato. Di certo, non come ha fatto la Chiesa di Wojtyla.”

Ippolita Luzzo