giovedì 21 luglio 2022

Le surrealiste

27 luglio 2011                                                                                                                                                                                                   


Le surrealiste- ovvero le amiche di mia sorella

Le amiche di mia sorella non sono donne normali. 

Sono una specie umana a parte. 

La specie vitale. 

Dovrebbero andare in tutte le scuole perché loro, meglio di un testo universitario, potrebbero dare ai ragazzi una lezione di vita sferzante e reale. Le amiche di mia sorella sono donne cinquantenni, all’apparenza simili alle altre donne, sono mamme, una è già nonna, sono state mogli, sono state figlie. 

Mogli ora non più, chi per il dolore della morte fisica, chi per il  dolore della separazione. Figlie lo sono ancora e partecipano con affetto alle vicende dei loro cari. Lavorano tutte e tre. Si sono inventate il lavoro.  Tardi, presto, lo hanno fatto, rifatto, fanno più lavori. 

Saprebbero fare qualsiasi lavoro. Ma quel che le accomuna, oltre alla capacità e alla intelligenza, è il piglio decisivo con il quale affrontano qualsiasi tsunami capiti loro. Difficoltà, malattie, tragedie, che avrebbero piegato uomini forti e nerboruti, vengono affrontate senza cedimenti, rafforzandole e incredibilmente arricchendole.  

Teresa è sempre stata una manager, sin da piccola, una donna progettuale. Ha creato dal nulla cooperative, assistenza ai tossicodipendenti, accoglienza ai primi curdi che arrivavano in città, un grande progetto ed ha poi lasciato tutto in mano all’uomo che aveva amato, per ricominciare a progettare un po’ più in là. Riprese gli studi dopo una travagliata separazione, si è laureata, ha affrontato la malattia, la cura, ha riaffrontato la malattia e mentre era di nuovo in cura lei si è candidata alla Regione Calabria. Comizi, convegni, voti, riconoscimenti. Ora è un fiume in piena, chissà dove la porterà!

Rosetta ha una storia medio-orientale, quasi. Sposa bambina un uomo più grande, che lei non ha scelto. Figli subito, senza essere consultata.  Ma dopo aver accettato questo come un destino ineludibile, lei decide di studiare, di lavorare, di insegnare. Costi quel che costi. Riuscirà con grandi sacrifici. E dopo aver insegnato, o appena prima, la fuga da un mondo che non le appartiene. Le tragedie dei suoi cari, le minacce, la morte dei familiari non la fermano. Lavora sempre, continua a studiare, si laurea, fa un master, affronta la malattia del figlio, il difficile intervento, la convalescenza,sempre con la ferrea volontà di farcela. Ed ora l’aspetta il concorso per la dirigenza scolastica, che sarà sicuramente una formalità, visto i suoi titoli ed il punteggio.

Rita, la compagna di scuola di mia sorella, è sempre stata una alunna diligente e studiosa. Ha fatto tanti lavori. La ricordo alle prese delle terrecotte, per un progetto archeologico che perseguiva l’allora mamma del suo amore adolescenziale. Quando finì l’amore finì il lavoro. 

In seguito si sposò, diventò mamma di due ragazzi e all’improvviso è svanito tutto, in un lampo, e si è ritrovata di nuovo sola. Il suo compagno non c’era più. Sola. Senza un effettivo lavoro. Anche per lei tutto ha preso un altro significato. Lavora nelle poste, il lavoro del marito. Lei lo svolge con competenza, i colleghi le chiedono chiarimenti, ha ripreso gli studi di Giurisprudenza, ha già superato qualche esame tosto, si laureerà, ne sono sicura.

Nel plasmare gli avvenimenti alle loro sensibilità hanno agito come i surrealisti, hanno creato una surrealtà, facendo aderire il sogno alla realtà, con impegno, con il fare, con la decisione.

Ed il sogno si è dispiegato in una realtà sfaccettata ed impervia ed ha preso i colori della possibilità rendendo vero tutto.

Nello slancio di unire una realtà ostile ad una insopprimibile esigenza vitale, loro sono andate oltre, scavalcando gli ostacoli. Come i cavalli negli ippodromi, eleganti, mai scomposti, veloci.

E’ stato così possibile che Teresa si sia trovata nell’arena dello stretto in un convegno sulla progettualità nel volontariato organizzato dalla regione Calabria a parlare davanti ad un mondo in ascolto. Le luci dello stretto di Messina, il lungomare di Reggio Calabria, il più bel chilometro d’Italia, il fascino della magna Grecia. 

Le donne dell’antichità Antigone, Lisistrata, Arianna porgevano a lei il filo del cammino. Un cammino dignitoso in un mondo che ha bisogno di noi e noi abbiamo fame di esserci.

Ippolita Luzzo 

La bacchetta magica del Regno della Litweb con loro


mercoledì 20 luglio 2022

Intervista a Vins Gallico su A Marsiglia con Jean-Claude Izzo


 Vins Gallico risponde alle domande di Ippolita Luzzo 

Esce per Giulio Perrone editore nella collana Passaggi di dogana, il 14 Luglio 2022

A Marsiglia con Jean-Claude Izzo

 Quattro domande a Vins Gallico 

Iniziamo subito dalla città. 

Vins Gallico, l’autore, sceglie di visitare Marsiglia con le parole di Jean-Claude Izzo, e con negli occhi la sua città, Reggio Calabria: “Passo indietro: sono cresciuto in riva al mare, in Calabria. Reggio è una città che si trova in un punto assurdo del Mediterraneo. Per chi non lo ha mai visto, lo Stretto di Messina è uno spettacolo: la Sicilia e la Calabria arrivano a sfiorarsi, in un misto di poesia e terrore.”  

1) Si può fare di Reggio Calabria e di Marsiglia quasi la stessa dichiarazione? “Marsiglia non è una città per turisti. Non c’è niente da vedere. La sua bellezza non si fotografa. Si condivide. Qui, bisogna schierarsi. Appassionarsi. Essere per, essere contro. Essere, violentemente. Solo allora, ciò̀ che c’è da vedere si lascia vedere”. Così come scrive Izzo in Casino Totale


Vins Gallico: Purtroppo per Reggio Calabria non si può fare questa dichiarazione.

Per vari motivi: uno perché Reggio non ha un mito fondativo come quello di Marsiglia, che è un mito di abbraccio, dove un migrante e un’autoctona si incontrano e si innamorano.

Reggio invece ha fra le sue etimologie il senso dello spezzare, reghnumi era il verbo che indica la divisione in due, cioè lo stretto di Messina.

E poi Reggio non ha avuto narrazioni di accoglienza, di sincretismo. 

In più Reggio è una città per turisti, la politica abbastanza miope di alcuni anni fa l’ha resa una specie di parcogiochi. Invece di esaltare le parti di bellezza e umanità si è puntato sulla chirurgia estetica e sul profitto. La bellezza di Reggio, che c’è, che potrebbe essere abbacinante, è diventata una roba da filtro IG. Dove difficilmente le persone si schierano. Anzi a Reggio per molto tempo vigeva la legge del “fatti i cazzi tuoi che campi cent’anni”. Magari è vero, è meno rischioso, campi cent’anni, ma li campi male.



Ippolita Luzzo: Continuo a leggere la storia di Jean-Claude Izzo e facendocelo conoscere Vins riesce a fare la storia dei movimenti migratori, Izzo nacque a Marsiglia, nel giugno del 1945, figlio di Gennaro Izzo, un immigrato italiano originario di Castel San Giorgio (in provincia di Salerno), e di Isabelle, una casalinga francese, figlia a sua volta di immigrati spagnoli.

” Mio padre mi aveva detto: “Non dimenticarlo. Quando arrivammo qui, con i miei fratelli, non sapevamo se, a pranzo, avremmo avuto da mangiare, e poi si mangiava comunque”. Questa era la storia di Marsiglia. La sua eternità. Un’utopia. L’unica utopia del mondo. Un luogo dove chiunque, di qualsiasi  colore, poteva scendere da una barca o da un treno, con una valigia in mano, senza un soldo in tasca, e mescolarsi al flusso degli altri. Una città dove, appena posato il piede a terra, quella persona poteva dire: “Ci sono. È casa mia”. Marsiglia appartiene a chi ci vive.

[Casino totale, p. 202]

Sono le parole di Fabio Montale, il grande protagonista dei tre libri più noti di Jean-Claude Izzo nonché suo alter ego. Fra le tante somiglianze fra autore e personaggio, il loro albero genealogico: lo sbirro Montale ha un padre italiano, così come Jean-Claude, che è figlio di Gennaro Izzo.”

2)C’è sicuramente la stessa tensione, lo stesso sentire fra chi decide di andare a vivere da un’altra parte del mondo, in una città che potrà diventare la nuova terra su cui poter trascorrere gli anni sentendola propria? 


Vins Gallico: Sono tanti i motivi che ci spingono a lasciare le nostre terre, dalla disperazione alla curiosità. Il problema principale è che tutte e tutti noi non proveniamo da terre differenti, ma dallo stesso pianeta: la Terra per l’appunto.

E lo dimentichiamo troppo spesso, tirando su muri e trattandolo male questo nostro pianeta. Quando sento robe tipo: prima gli italiani, mi chiedo: ma perché? Perché tu hai più diritto di un altro di vivere o semplicemente sopravvivere sulla semplice base del caso che ti ha fatto nascere a una latitudine differente?


Ippolita Luzzo: Nel parlare di Marsiglia conosciamo la città, la sua storia, conosciamo lo scrittore che tanto l’ha amata e conosciamo la vita dello scrittore, una vita difficile, mi viene da dire, ricordando il titolo di un film da e molto amato. Una vita difficile di Dino Risi. 3)Lo sguardo dalla città, dallo scrittore Izzo e in simultanea lo sguardo di chi sta scrivendo, un triplice sguardo mi sembra Vins. Non sembra anche a te che tutto è una commistione? 


Vins Gallico: Ma il purismo non esiste da nessuna parte. Non esiste nel DNA, non esiste nell’aria che respiriamo, non esiste neppure nella copertina di questo libro. Bianchissima. E dopo dieci minuti è già spiegazzata, macchiata, ingrigita. Tutto è commistione, hai assolutamente ragione Ippolita. Io sono i miei anni, i miei amici, le cose che ho visto, gli amori che ho vissuto, le liti che ho affrontato, i dolori che ho patito. Non c’è niente di me che possa essere considerato vergine, intonso, illeso. E non lo vorrei neppure.


Ippolita Luzzo: 4)Ed insieme la storia dei migranti, di questo peregrinare umano che ha ripreso con truce realtà spostando e disagiando interi popoli. Stranamente a me sembra che il tuo libro diventi uno dei più attenti saggi sull’emigrazione. Non lo è ma io lo percepisco così, con dentro la stessa tensione di Alessandro Leogrande in Frontiera. Non è così?


Vins Gallico: Alessandro Leogrande è stato uno degli scrittori più intelligenti e acuti e sensibili della nostra generazione. Un esempio umano e letterario per molti di noi. Credo che avrebbe sottoscritto il sottotitolo del libro: essere per, essere contro.

Direi che in generale mi ritrovavo quasi sempre dalla parte di Leogrande. Manca molto a tutte e tutti noi.

E purtroppo, senza falsa modestia, no, non c’è la stessa tensione de La Frontiera. Perché là dentro Alessandro ci ha messo la ricerca, il corpo, la prima persona. Io a Marsiglia ci vado da privilegiato occidentale e con gli occhi di un poeta, Jean-Claude Izzo, che mi aiutano a filtrare e capire.

Ippolita Luzzo

Nel ringraziare lo scrittore Vins Gallico aggiungo alcune note biografiche sull'autore 

Vins Gallico è nato a Melito Porto Salvo (RC) nel 1976. Ha pubblicato Portami Rispetto (Rizzoli 2010) e  Final cut (Fandango libri 2015) e ha lavorato come consulente e traduttore editoriale. Dirige attualmente la libreria “Fandango Incontro” e fa parte del consiglio direttivo dei Piccoli Maestri.



mercoledì 6 luglio 2022

Michele Zatta Forse un altro


“Aveva una tuta a righe oro e avorio”
credo sia questo personaggio il filo conduttore ma lascio a voi decidere. Le invenzioni si susseguono  e ci ritroviamo a sorriderne. La torcia della verità, il raggio della torcia, la batteria scaduta e la verità resta al buio.

Forse un altro

 Michele Zatta non è su Facebook ma su Google campeggia la sua foto simpaticissima come il suo romanzo dedicato alla madre. "Alla bambina sola e luminosa che è stata mia madre" e lei è questo libro. La domanda iniziale ci chiede cosa sia l'esistenza e già ci risponde. Un viaggio molto breve e assai pericoloso in una vettura di seconda mano guidata a folle velocità da un autista sconosciuto e folle.

Forse un altro 

L’effetto collaterale di aver visto troppe volte Casablanca. <Come diceva quello scrittore? “L’amore sorvola sul male. La speranza di intravedere un senso, dietro a tutto il caos che ci inonda, è data solo da coloro che mantengono inalterata la capacità di amare...” Mike, il protagonista di questo divertente racconto, sta implorando la donna amata mentre lui in effetti sta inginocchiato davanti un divano vuoto. Esisterà questa Chrissie? Sta in un sogno? Intanto Mike vive di illusioni e il sogno diventa ossessione. Scisso fra realtà e sogno Mike incontra Lisbeth, sua vicina di casa.

Ma Mike è ormai volato oltre la finestra ed è morto e noi stiamo a veder parlare il suo spirito. Ecco in sommi capi l’incipit di Forse un altro di Michele Zatta, con queste premesse il libro è divertente, molto divertente. 

Diciamo che è martedì e poi c’è la descrizione della stanza di Mike come se il testo fosse una sceneggiatura teatrale e lo è. È un po’ tante cose questo racconto e già seguire l’iter fatto per arrivare ad Arkadia Editore è esso stesso un romanzo

I capitoli sono undici, e lui ci chiede " Stai ancora qua? non dirmi che non ti ho avvertito" Ed entriamo nelle invenzioni di Michele Zatta, felici di salire sull'ottovolante che gira e gira e ci sorprende perché le cose non vanno mai come ci si aspetta. Metto orecchiette in alto e in basso per riportare ma non potrò farvi rendere conto di quanto vi divertirete a leggerlo, ad un certo punto si parla anche del destino di un manoscritto, gettato nella spazzatura e ritrovato da una lei che lo ripulisce dai resti dell'opossum alla vaccinara e ha un tuffo al cuore leggendolo. La storia di un ragazzo che chiede una seconda chance e poi la ottiene trovando la ragazza dei suoi sogni. 

Forse un altro

Racconto nel racconto. Mentre noi partecipiamo ridiamo, almeno io ho riso molto

Avrà una seconda chance? per quel che mi riguarda avrà tutte le chances che vuole nel Regno della Litweb

Ippolita Luzzo 

giovedì 30 giugno 2022

Cirano... Nasone di Bergerac Teatro Instabile a Lamezia


 Don Giovanni e Zerlina: Vorrei e non vorrei/mi trema un poco il cor.

Felice, è ver, sarei,/ma può burlarmi ancor.

Paolo e Francesca: Amor, ch'a nullo amato amar perdona

Uno Spettacolo che parla d'amore, uno spettacolo profondo, molto profondo: Cirano... Nasone di Bergerac di Edmond Rostand in scena con il Teatro Instabile di Paulilatino (Oristano).

Cominciano così immaginando di vedere sul palco una compagnia itinerante dei primi del secolo in cui gli attori, girovaghi, alla maniera della "commedia dell'arte" ci raccontano, partendo da tutte le altre storie d'amore celebri, la storia di Rossana amata da Cirano.

Scaramucce quindi fra attori e capocomico, lazzi e scherzi fra gli attori e pubblico, nel caso di ieri sera bimbetti divertiti ospiti al Civico Trame e di Pierpaolo Bonaccurso, Compagnia Teatrop, per  #FestivalSUDdiVISIONI  nell'ambito del progetto #TeatroRagazzi_unacittàinfesta 

La spada è rotta, dice il capocomico, e intanto spiega che faranno una storia francese. Gli attori si ricordano di citare il monologo di Giulietta e Romeo: Oh Romeo Romeo, che cos'è un Montecchi? Romeo, perché ti chiami Romeo? Cambia il tuo nome. In fondo, che cos'è un nome? Quella che noi chiamiamo una rosa, con qualsiasi altro nome, profumerebbe altrettanto dolcemente"

Il capocomico riporta all'ordine gli attori la storia inizia: Cirano ama Rossana ma lei non lo sa. Alle sette di sera ci sarà l'incontro fra Rossana e lui in una pasticceria. Lui le scrive una lettera: Pur di vederti sorridere darei in voto la mia felicità.

Rossana invece è innamorata di un baronetto, Cristiano, e chiede proprio a Cirano di proteggerlo in battaglia, essendo lui il capo dei cadetti di Guascogna. Lui, pur affranto, accetta, e non rivela il suo di amore, anzi presta le sue parole a Cristiano per affascinare Rossana. 

Le parole di Cristiano infiammano Rossana, ma quelle parole sono di Cirano. Lui davanti e l'altro dietro, ciò elettrizza molto i poeti, il potere del verso, della poesia.

ma la battaglia incombe e muore Cristiano, Rossana si ritira in convento, passano 14 anni e ferito a morte Cirano va da Rossana per leggerle l'ultima lettera e incautamente si svela. Poi muore, ma è solo finzione e si ritorna in scena con "io non c'ero e se c'ero dormivo" fra gli applausi e i sorrisi dei bimbi.

Ippolita Luzzo 



Sbirciano dal carrettino insieme a noi gli attori che ci hanno divertito. 






mercoledì 22 giugno 2022

14 Settembre 2011 Il dolore


 Stendhal e Sciascia - Il dolore   14 settembre 2011

Quasi tutti i martiri sottoposti alle torture più atroci sono più o meno in uno stato di estasi. 

Stendhal pensa che quei martiri non hanno mai sentito dolore, perché annegati nello spirito, nella proiezione della luce divina, pura anima, hanno abbandonato il corpo ai loro carnefici.

 Succede così anche  nella sfera del fanatismo che lo infligge e del fanatismo che lo soffre, anche lì il dolore non esiste perché il dolore è un'invenzione della ragione, un'invenzione suscitata dall'idea della libertà ed ad essa legata, un'invenzione nata dall’idea di giustizia.

Il dolore esiste però veramente là dove il fanatismo, il potere la tirannia ce lo infliggono, esiste nelle cose che non amiamo e che siamo costretti a fare .

Sartre:-Il dolore è dove ce lo infligge la cosa, tutto quel che è fuori di noi, che su di noi si abbatte.

Dolore fisico che si mescola  al dolore esistenziale.

La più atroce immagine del dolore è quella del dolore che colui che non pensa, che coloro che non pensano infliggono a colui che pensa, a coloro che pensano.

Un dolore gratuito, sciocco, senza senso, per gioco, per divertimento, per cattiveria.

Lascia l’altro a chiedersi –perché -a chiedere invano un motivo, a chiedere invano una giustizia che già sa le verrà negata.

Un dolore storico:-I tanti massacri, inutili, le tanti stragi, i tanti stupri, le tante violenze.

Un dolore sociale:-L’ingiustizia profonda di un’eguaglianza  irrisa, di povertà beffeggiata, di popoli assetati, affamati, dati in pasto ai pesci.

Un dolore esistenziale: privato, solitario, di ragazzi ubriacati di birre, di soldi, di offerte, ma senza educazione, rispetto, sacrificio.

Un dolore immenso per il vuoto di motivazioni grandi che ci facciano accettare, che ci facciano diventare migliori di quel che siamo.

Ippolita Luzzo 

martedì 21 giugno 2022

Intimo Paradiso


 Intimo Paradiso Poesie di Domenico Conoscenti e Fotografie di Angelo Di Garbo per Edizioni del Laboratorio Poetico di Palermo finito di stampare nel mese di febbraio 2022 e giunto a maggio nel Regno della Litweb è un gioiello luminoso, versi in duplice versione italiano e francese

Mi sento fortunata di poter aver tra le mani un libro dal formato inusuale, curatissimo, profumato e stampato su carta lucida, tipo seta, al tatto è seta, un libro foto-poetico. Mi sento anche impreparata a parlarne, ma oggi pur chiedendo venia per la mia imperizia mi cimenterò. 

La seta rimanda all'intimo, l'intimo rimanda al sacro, in un gioco di rimandi io leggo la premessa ed è ciò che si abbraccia insieme nella libertà del vedere, del capire. Tutto nasce dall'osservare le "punzonature" sugli sfondi dorati delle tavole dei dipinti medievali. Dettagli. Dettagli che un mio amico pittore astrae e dipinge a sua volta nella ragione dell'informale. Dettagli che ci ricordano segni e tessiture del sacro. Dettagli che ingranditi regalano un godimento estetico. Sacro e profano, Arte colta e Arte di massa, spirito e corpo, intimo e visibile, dualità che affascinano. "La parte per il tutto" 

"racchiusa nel bozzolo/di ordito e di trama/palpita la carne/vulnerabile e inerme /inerme e invulnerabile/come l'ostrica un tempo/racchiusa tra le valve" Immagine che ricorda Emily Dickinson nella sua celebre "L'anima si sceglie il proprio compagno/ Per poi sigillare come fossero pietra/le valve della sua attenzione."

E noi rimaniamo ammirati a guardare "un tempo tarsie di vetri piombati/o punzonature sull'orlo del manto./Le sfilacciature del sacro/per il superuomo di massa."

Nel leggere e nel perdersi fra i dettagli fotografati nel bianco e nero ricchissimo di sfumature e veramente ci perdiamo in un paradisiaco bagno in acque sensuali. 

Adorazione spontanea: versi conosciuti e assaporati qui, fotografie accarezzate. Poi trovo alcuni versi a me familiari sul mutare, "Tutto quello che muta" scrissi in un pezzo e qui il verso "mutare le cose che si devono mutare" fino ad appendere insieme ad un filo i minuti trascorsi.

Raffinatissima composizione visiva tattile e poetica che dovrebbe essere conosciuta, che dovrebbe attraversare gli occhi di moltissimi lettori estasiati dal sublime e dalla meraviglia. 

Ippolita Luzzo 

Domenico Conoscenti (Palermo, 1958) è autore del romanzo La stanza dei lumini rossi, ( e/o 1997) il Palindromo 2015, della raccolta di racconti Quando mi apparve amore, Mesogea 2016, e del saggio I Neoplatonici di Luigi Settembrini, e Qui nessuno dice niente. Un anno di scuola fra i carcerati, Il Palindromo 2021

Angelo Di Garbo, artista visivo, fotografo, ha pubblicato diversi libri foto-poetici e la collaborazione con Domenico Conoscenti mi  ha ricordato la collaborazione di Mario Giacomelli e Francesco Permunian

mercoledì 8 giugno 2022

Salvatore D'Elia per i dieci anni del Regno della Litweb

 Auguri per i dieci anni del blog

Nella prefazione a un libro, uscito nel 2010, che ho utilizzato per la tesi del master in “Media Relation e Comunicazione d’impresa”, il giornalista Enrico Pedemonte scriveva: “quello della carta stampata è un vecchio mondo che muore… Muore il giornale nella forma che ha avuto negli ultimi decenni: un manufatto di carta, con molte decine di pagine articolate in una molteplicità di sezioni, con circa la metà dello spazio occupato da inserzioni pubblicitarie e diverse pagine, in fondo, dedicate alla piccola pubblicità. Questo modello sta declinando. Il declino della stampa tradizionale, con l’irruzione sulla scena di Internet, rimette in gioco il ruolo dei cittadini e apre la strada a nuove forme di partecipazione”.

Riprendo in mano, dopo dodici anni, questo libro per fare gli auguri a Ippolita per il decennale del suo blog, che ho avuto modo di accompagnare negli ultimi nove anni, in particolare a partire dal “mazzo di fiori profumatissimi” e da una bellissima serata carica di pàthos tra i ruderi dell’Abbazia Benedettina di Terina. Vengono i brividi! Quel mondo di cui Pedemonte, con l’acuta analisi di un giornalista di razza capace di mettersi in discussione, intravedeva le prime tendenze di medio periodo, attingendo soprattutto a quanto avveniva negli Stati Uniti, poi è improvvisamente diventata la rivoluzione copernicana del mondo dell’informazione e della comunicazione in tutto il mondo. Oggi è la realtà! Con la triste eccezione di tanti Stati dove i blog e l’informazione sulla rete sono soggetti alla censura e i blogger continuano a finire nelle patrie galere, mettendo a rischio la propria vita in nome della libertà di espressione del pensiero.

Dieci anni del blog di Ippolita, dieci anni nel corso dei quali è cambiato il mondo!  Si è capovolto il mondo che conoscevamo, due anni fa la pandemia ha stravolto tutto e, come avviene ogni qualvolta il corpo è chiamato ad attivare il proprio sistema immunitario, tutto si è rigenerato a vita nuova. Che tipo di vita e che tipo di mondo, lo scopriremo solo vivendo. Per citare Battisti e Mogol, con il pensiero a quella sera in cui il grande paroliere fu rapito nelle stanze del municipio lametino.

Per tornare a noi. Dieci anni del blog di Ippolita sono un’occasione per riflettere sugli stravolgimenti della comunicazione e dell’informazione negli ultimi dieci anni. Sugli stravolgimenti dei costumi, della società, delle nostre stesse vite. Qui ci limitiamo a prendere atto di questo cambiamento epocale, in altre sedi si potrà fare una riflessione approfondita sulla qualità del cambiamento.

Resta il fatto che il mondo immaginato da Pedemonte nel 2010 ora è realtà e Ippolita con il suo blog ne è, al tempo stesso, espressione e promotrice: del bisogno di riscoprire spazi di libertà e di abitarli, di partecipare alla costruzione della narrazione, di ritrovare punti di incontro e condivisione oltre logiche di mercato e politiche chiuse ed escludenti. Il blog, è vero, non è soggetto a quelle regole deontologiche e di etica professionale cui ogni giornalista iscritto all’ordine e ogni testata registrata al tribunale è tenuta ad aderire. Proprio per questo porta con sé la sfida affascinante dell’autonomia e della libertà di pensiero responsabile che richiede un esercizio tanto più complesso quanto meno autoreferenziale e preimpostato è lo scritto. L’esercizio, estremamente complicato dove è molto facile sbagliare, di colpire il peccato e non il peccatore, di salvaguardare la propria libertà di pensiero e di tutelare l’altro nella sua dignità, anche quando si manifesta una critica o una riserva.

Ippolita ha iniziato a raccontare “per pezzi” prima che la narrazione quotidiana venisse frammentata a colpi di post e di tweet, a raccontare per immagini prima dell’avvento di Instagram, a intercettare un bisogno urgente di libertà che guai a noi dare per scontata o acquisita per sempre.

Auguri a Ippolita, per cento anni ancora di libertà responsabile e di autonomia di pensiero

Salvatore D’Elia