La stanza dei lumini rossi di Domenico Conoscenti
Nella sua seconda vita.
Stampato nel 1997 da E/O e riproposto nel 2015 e poi con ristampa a Marzo 2018 da Il Palindromo.
“Albus Silente come Domenico Conoscenti” mi viene da mettere in relazione Albus Silente il preside della scuola di Hogwarts, molto abile nella Legilimanzia, quel particolare tipo di magia mentale che permette di conoscere il corso dei pensieri di un'altra persona capendo le sue intenzioni senza essere scoperti, con l’abilità dell’autore di creare una Palermo magica, gotica, hanno detto altri lettori, con l’abilità di leggere, più che i pensieri, le concatenazioni degli avvenimenti.
La stanza dei lumini rossi di Domenico Conoscenti come Hogwarts, come ogni luogo magico, misterioso, come ogni luogo con il suo Voldemort, con la morte nella stanza, ci invita con immagini forti in stanze polverose, buie, in un palazzo di Palermo raggiunto da Saverio con un viaggio lentissimo. Il protagonista, Saverio, si avvia da Partanna a Palermo per lavorare in un albergo importante della città e trova pensione da una donna anziana e solitaria.
Sul treno verso Palermo, su un treno verso l’ignoto “Non mi importava voltarmi indietro. Contava solo quello che sarebbe accaduto. Ero pronto allo scatto” A Palermo a Palermo. “Scesi a Piazza Politeama. L’ultimo tragitto fu interminabile” Tutta la fatica e il sudore per giungere Via Houel, al primo piano di un palazzo dal portone pesantissimo. Lentissimo il viaggio, pesantissimo il portone. I superlativi assoluti mi piacciono molto.
E siamo già nell'oscurità. Nelle chiavi che girano e rigirano, nelle fiabe terribili. Erano terribili le fiabe della nostra infanzia, erano terribili gli incontri degli eroi con le streghe, con le megere, erano uguali a questo incontro, ma Domenico attualizza la fiaba e gli eroi ora sono uomini con debolezze e mancanze. Come Saverio, in questa fiaba gotica, si trovano in un albergo di prima categoria a Piazza Croci i vari comprimari della storia, sia i clienti venuti dal Nord per un affare che la donna “fatale” da Saverio trasfigurata in un suo amore.
Leggerete questo racconto e vi sentirete la sensazione che qualcun altro abbia aperto la porta, che qualcun altro vi stia a guardare, che qualcun altro, come Albus Silente, vi stia leggendo i pensieri e vi stia portando con lui nella seduzione della letteratura.
Un racconto seducente, condotto con virtuosismo e conoscenza dei luoghi e delle situazioni, strutturato con quella verità di fondo che fa scolorare le fiabe più terribili, la fiaba della realtà.
Credo che stia nel racconto finale, nella trasfigurazione del racconto in un luogo magico benché riconoscibilissimo, quello nel quale l’autore ci racconta quale sia stato il pretesto per raccontare la storia, la vera terribilità, e di come ci stia poi l’abilità grande dello scrittore nell'averla, con azione magica, alla Albus Silente, regalata a noi, in ricordo. Nella postfazione sta il senso grande della tragedia di ciò che è la realtà. L'impostura, la prevaricazione sui vecchi, deboli e soli.Ed è questa la molla per cui si scrive, quasi un voler dare giustizia.
Ippolita Luzzo
La stanza dei lumini rossi di Domenico Conoscenti
Edizione Il Palindromo
Il teatro a Lamezia ha una tradizione antica. Il teatro a Lamezia vive e viene presentato anche in un luogo dove ormai sembra tutto chiuso e di chiuso può esserci solo un lucchetto e non certo la vitalità e la bravura dei nostri artisti.
Stasera con La nostra prima ultima cena Achille Iera porta sulla scena l’emarginazione psicologica della crescita in un luogo di bassezze e arretratezza spirituale. Un luogo di una povertà fatta di tanti bicchieri di vino, di partite e carte, di tradimenti e di tanti ceffoni.
Una povertà di sentimenti, più che materiale.
Una non vita familiare con un padre sempre ubriaco, con una madre a subire e infine morta quando il protagonista ha appena nove anni.
Il ragazzo cresce con un gruppo di compagni, anch'essi sprovveduti, cresce e di una cosa è ben certo ed è che mai lui farà come il padre. Infatti lui sarà un bravo ragazzo, senza vizi, non fuma e non beve. Ciò che era suo padre viene allontanato dal suo agire.
Una storia di autentica bellezza, riuscire ad affrancarsi dal padre che non si stima.
Altrettanto delicata viene a delinearsi la storia d’amore monca di sviluppo, bloccata e scoperta dal padre di lei dopo due anni di sguardi, di saluti, di un bacio. Sguarniti entrambi dalle conoscenze sulle dinamiche di relazione, la coppia vive di silenzi e di divieti. Imperioso il divieto del padre di lei di vedersi, imperioso e violento, senza volerlo, lo schiaffo del ragazzo alla donna amata. E poi quella disperazione autentica di lui per esser diventato come il suo di padre.
La tristezza di non poter aiutare e soccorrere con un raziocinante sempre più lontano dalla emotività ci attanaglia e nel precipitare degli eventi restano le canzoni a lenire quella dissipazione di vita, di affetti, di buoni propositi che si chiama "vivere al Sud".
“Questo disco è il mio pensiero d’amore” e “Guardatelo quanto è bello Sant’Antonio” la canzone della tredicina.
Achille corre e corre, occupa lo spazio vuoto di un Sud emarginante e dolente, uno straccio nero con cui coprire le confessioni, forse anch'esse buie.
Per ora mi appunto questo poi passerò a trovare gli artisti per complimentarmi e parlarne ancora.
Dal Regno della Litweb pochissimi appunti e applausi
Gli scatti rubati prima dell’inizio e alla fine del monologo di uno strepitoso Achille Iera, sempre più bravo. Presentato da Armando Canzoniere con grande semplicità e simpatia lo spettacolo ha tenuto desta l’attenzione del numerosissimo pubblico, due repliche nella stessa serata, suppongo con il tutto esaurito nella prima e anche nella seconda. Applausi alla compagnia La nostra ultima prima cena | Matrioska Caffè letterario e applausi a tutto lo staff, da Valeria Bonacci alla mia pupilla, Chiara Sacco. Applausi ancora e W il teatro
Ippolita Luzzo
La nostra ultima prima cena
scritto e diretto da Gianluca Vetromilo
con Achille Iera
audio e tecnica Erica Cuda
disegno luci Gianluca Vetromilo
foto di scena Angelo Maggio
organizzazione Radice di Due
logistica Chiara Sacco
ufficio stampa Valeria Bonacci
video a cura di Immagine PCA Srl
produzione MammutTeatro
assistenza alla drammaturgia Achille Iera
Gianluca Vetromilo è un attore ed un artista poliedrico, appassionato alle tecniche di spettacolo di strada. È fondatore e direttore artistico della compagnia "Nuncepace. Artisti di Strada". Per il Teatro Ragazzi ha scritto, diretto e interpretato, insieme a Marco Rialti, lo spettacolo di clownerie “Migni mogni”. Collabora con diverse realtà teatrali – tra le altre cose è aiuto regia dell’ultimo lavoro di Scena Verticale “Il Diario di Adamo ed Eva” firmato da Dario De Luca - e ha dato vita, insieme all’attore, regista e formatore teatrale Achille Iera, a MammuT Teatro.
Achille Iera collabora con le associazioni “Nastro di Mobius”, “Capusutta” e “Nuncepace”. Attore de “La marcia lunga”, spettacolo di Saverio Tavano, con cui si aggiudica una menzione speciale al Premio Scintille 2015, e con il regista Mario Vitale come attore nei cortometraggi “Il tuffo” e “Al giorno d’oggi il lavoro te lo devi inventare”. Vetromilo e Iera si occupano di formazione teatrale presso la Nadd Academy di Lamezia Terme e collaborano con il Teatro delle Albe di Ravenna come guide del laboratorio teatrale “Capusutta”.
Il discorso di fine anno mi sorprende alla finestra, una finestra ideale dalla quale vi dirò alcuni pensieri presi a prestito da chi leggo con attenzione: Da una frase di Tristram Shandy: Le cose che fate entrare sono le stesse che fate uscire.
Ciò che fai entrare dalla finestra sarà quello che farai uscire, mi ripeto e vi ripeto per l'anno 2019, quindi facciamo attenzione, questa è un'altra parola che vi regalo per l'anno a venire. Il fatto di preparare il discorso di fine anno mi mette in difficoltà. L’anno della verità? L’anno cretino? Non so. Non sono più andata alle conferenze stampa da stampa alternativa e se sono andata non ho scritto nulla. Nella cappa del Lametame si perde il respiro dell’allegrezza.
Intanto però ritorno da Roma come BloggerInStand, come scherzosa zoppicante maghella, speranzosa che tutti i libri da me letti e amati vengano premiati, vengano riconosciuti come libri veri. Dopo il diluvio, Comportati da uomo, Ogni Mare è Ramingo, La Stanza dei Lumini rossi... Pantarei, Tu che eri ogni ragazza, L'invenzione dell'amore... a Roma a Più Libri più liberi.
Mi ritrovo a regalarvi da questa finestra ideale i fogli, i miei pezzi, affidando al vento una frase, una esigenza. Vi regalo Esigenza come parola da custodire e usare: esigenza di capire ciò che si legge, esigenza di avere un gesto, un gesto naturale, esigenza di essere unici e diversi, esigenza di essere simili benché diversi.
Esigenza al rispetto in quanto esseri.
Mi trovo a guardare con dolore le tante manifestazioni inutili e stereotipate con le quali si spendono e spandono i soldi pubblici, mi trovo a guardare sconfortata i tanti privati, travestiti da associazioni, accedere ai fondi senza fine, senza un fine. Mi trovo e in effetti non mi trovo più se non nelle pagine dei libri veri che giungono nel regno della Litweb ormai per strade anche a me misteriose. Chi me li manderà?
Intanto la strada è questa, presa dalla libreria indipendente di Pistoia, Les Bouquinistes, dove spero proprio di portare i pezzi
La strada
E’ una strada lunga e silenziosa.
Cammino nelle tenebre e inciampo e cado
e mi rialzo e calpesto con passi ciechi
le pietre mute e le foglie secche
e qualcuno dietro di me cammina:
se mi fermo, si ferma;
se corro, corre. Mi volto: nessuno.
Tutto è oscuro e senza scampo,
e svolto e risvolto angoli
che conducono sempre alla strada
dove nessuno mi aspetta né mi segue,
dove io seguo un uomo che inciampa
e si rialza e dice vedendomi: nessuno.
Octavio Paz, Poesie di viaggio a cura di R. Mussapi (EDT, 2009)
Nell'immagine: Elk, Lennart Helje's nordic postcard
Un buon anno a tutti voi nell'esigenza di essere tutti, a proprio modo, un essere pensante
Ippolita Luzzo dal Regno della Litweb
Conosciamo il palindromo, il verso, la frase, la parola o la cifra che letta in senso inverso mantiene immutato il significato.
Conosciamo Il Palindromo Casa editrice di Palermo, nata nel 2013, che così si dichiara in una intervista a Il Gruppo Polifemo questo settembre 2018: La nostra è un’editoria se vogliamo acronica ed ecologica: acronica perché può muoversi liberamente e senza condizionamenti; ecologica perché per noi l’unico criterio di valutazione è la qualità, quindi ci rifiutiamo di immettere continuamente novità sugli scaffali delle librerie, preferiamo a volte riscoprire perle sprofondate nell'oblio e ridargli nuova vita. Per questo una sezione della nostra collana di narrativa, “Kalispéra”, è riservata a classici sommersi come I fatti di Petra di Nino Saverese, I vivi e i morti di Giuseppe Antonio Borgese e La stanza dei lumini rossi di Domenico Conoscenti. Una rinascita ecologica della buona letteratura." Una rinascita ecologica della buona letteratura, mi ripeto io, come un mantra.
Nell'incontro con il Regno della Litweb a Più Libri più liberi è amore immediato. Seguivo Mimmo Conoscenti e avevo già scritto un pezzo sui suoi racconti, la curiosità di leggere "La stanza dei lumini rossi" era altissima. Avevo anche letto di Guido Pistorio che, in onore quasi al nome della casa editrice, crea una delizia, 484 palindromi ad uso quotidiano, con le illustrazioni di Monica Rubino.
Abbiamo trascorso molto del nostro tempo con La settimana enigmistica, giocando a risolvere rebus, sciarade e indovinelli, qui però il gioco raffinatissimo dei palindromi diventa arte, diventa La pietrificazione meridionale: A sud è mamma Medusa, e restiamo pietrificati dalla verità del Palindromo come se esso stesso fosse non più un gioco ma un depositario di logica, di forma e contenuto, di senso. Binari morti: I treni inerti. L'ho presente: E so cos'è. Come spartirsi i lasciti: Eredi, c'è da decidere...
Massima poetica: Ogni mare è ramingo, e qui mi incanto sul mare azzurro di Monica Rubino che diventa un uomo, un mantello azzurro e comincia a camminare ramingo sulla terra rossa, anzi no, sulla terra dal colore di terra.
Rimane l'incanto di possedere queste illustrazioni e ripetersi i palindromi a memoria: Ogni tazza tingo da Ceramisti e decoratori, rimane l'incanto di farsi un regalo gioioso: A Natale vive la tana.
E applaudiamo felici con l'augurio che venga accolto nei territori del regno della Litweb con l'eco dell'eco: Oooo, c'è l'eco, c'è l'ecoooo...
Ippolita Luzzo
Sono tredici i racconti presenti, una raccolta di racconti scritti da Giovanni Battista Menzani per la Casa Editrice LiberAria.
La medusa a fine pagina nuota nel mare della buona letteratura e dona il titolo alla collana curata da Alessandra Minervini.
Il barattolo Bormioli racchiude un uomo sottovuoto, nudo e ben pettinato, appena uscito dal barbiere, con una leggera cifosi o lordosi della colonna vertebrale.
Tutto si lega infatti al prima racconto sul barbiere e poi agli altri racconti in cui quel "Comportati da uomo" più che un imperativo diventa una possibilità fra le altre. Se puoi, se vuoi, se lo sai, e leggendo i tredici racconti scritti con abilita finissima, scritti con il piacere di sorprendere, ci interroghiamo sul nostro imperfetto stare nelle cose, nelle situazioni.
Forse sono fatta strana, forse è un modo per far uscire via la disperazione ma io rido in situazioni in cui la maggior parte delle persone non ride e non rido invece di quelle dove tutti gli altri ridono. Ho letto dunque questo delizioso libro di Giovanni Battista Menzani ridendo. Ridendo con la consapevolezza che non si potrebbe ridere ma ridendo col gesto liberatorio della lettura intelligente. Racconti di un verismo crudo benché al limite del visionario, racconti diversi ma con personaggi possibili, con uomini e donne conosciute. Già, perché dopo che avrete letto Comportati da uomo voi abiterete quelle strade e quel villaggio vacanze, dove io manderei felicissima molti miei conoscenti durante le vacanze di Natale. Il libro è bellissimo, bellissimo e bellissimo.
"Tu rovini sempre tutto" mi ricorda una vacanza che fece un mio conoscente, ricco e annoiato, con la sua famiglia, presso un villaggio di mare spartano, perché "così mi disse" aveva sentito la semplicità. Mi sono molto divertita e nello stesso tempo intristita di questa coppia, in un villaggio vacanze che imita un campo di concentramento per far provare ad annoiati esseri cosa possa voler dire stare in un campo.
Ma ciò per loro è solo un gioco come un gioco era la semplicità per quel mio conoscente. Per alcuni la vita è veramente un gioco, per altri una tragedia, per altri ancora abiezione e dolore.
"Il dolore degli altri" altro racconto di Giovanni Battista Menzani, ci spiega chiaro che il dolore degli altri non ci interessa "Costruiamo, insieme al prossimo, un grande Progetto di Liberazione dai Sensi di Colpa. è qualcosa di cui andare fieri." Noi in effetti non possiamo che annuire. Quante volte abbiamo detto di non essere colpevoli, di non poter risolvere tutto il male del mondo? D'altronde non si balla e non si mangia, anche in prossimità di uno Tsunami, su una nave crociera?
"La strada che attraversa la pianura" ci attraversa da capo a piedi, tagliandoci in due, ci attraversa e ci fa a pezzi, così come fa a pezzi la solidarietà, la verità, il giornalismo e i fatti acconciati e sistemati per essere pubblicati, sempre al servizio di un qualche sporco gioco.
"Vedove" Sono in tanti come la protagonista di questo racconto, sono in tanti ad aver taciuto, ed ora che si può appendere al muro un video di un marito morto, la vedova trova il coraggio di non voler più quella presenza.
Leggendo faremo il tifo quasi come allo stadio, i racconti sono trascinanti e veri, meritano moltissimi lettori e moltissimi applausi dal regno della Litweb
Ippolita Luzzo
"Penso che ciascuno di noi abbia una propria energia vitale, che non sempre trova la dimensione e il tempo per esprimersi.A volte accade che si esprima in luoghi e tempi inimmaginabili o la si può perdere in altri, che invece ci erano apparsi propizi. Lo sai quando ti ci trovi, inopinatamente, lo capisci quando ti senti espandere e il respiro vola, quando un orizzonte aprendosi ti commuove, quando puoi essere te stesso, il clima si fa dolce e ti senti accettato come dentro un abbraccio. In quel tempo e in quello spazio, l'energia vitale sembrava annientata, però ne percepivo un leggero gorgoglio, come l'acqua che inizia a bollire"
Dopo una prova difficile, dopo una emarginazione e una calunnia, si trova dentro di noi la forza per scrollare le ali, con metafora appropriata, e trovare la forza di volontà per spostarsi e andarsene.. Così fa Corinna ai suoi sedici anni, vittima di una presa in giro cattiva e anonima.
Eppure quel gesto che sulle prime condanna Corinna al suo allontanarsi volontario dai compagni in futuro sarà trasformato e complice un padre attento,trasformato in gioia e conquista di libertà. Siamo nel 1965, l'estate dei sedici anni al Lido Camaiore.
Il Viaggio con mio padre è in effetti il viaggio verso l'età adulta, presa per mano da suo padre, presa per mano da alcuni valori ormai smarriti ma da recuperare: Prima pensare e poi parlare, non farsi mai prendere dalla fretta, la virtù della calma. Sono queste frasi il lascito di un padre sempre vicino, di un padre che regala alla figlia l'autonomia.Valori da recuperare come quel fiordaliso tra le spighe:estinto, cancellato.
Il viaggio della vita accompagna Corinna con immagini poetiche, con presenze amatissime, con paesaggio e colori della natura ancora non sciupata.
Il viaggio è dedicato alla presenza imprescindibile del suo papà, il viaggio ci viene donato per farci conoscere quanto sia importante avere accanto quella mano a cui tendere la nostra.
Con pudore e con affetto Corinna dipinge quasi un acquerello di anni troppo diversi dagli attuali e ce li regala per una sorta di consolazione su ciò che tutti abbiamo perduto.
Un regalo da conservare.
Ippolita Luzzo
Questo è l'ultimo tag per te, cantandola come una canzone nota.
Dedico questo pezzo scherzoso ma non troppo, scritto mentre i broccoli cuociono, a Riccardo Sapia di Palermo che ha da poco fatto un post dove afferma: "Staggarsi" è un po' come scappare dalla casa, in questo caso di un amico, dove siete stati accolti. Non vorrei essere esagerato ma è un po' come disprezzarne l'invito. Perché ad alcuni di voi non piace essere "taggato"? Odio questo termine ma, forse o almeno io non lo conosco, non esiste un corrispettivo in italiano."
Sul tag io ho avuto esperienze diverse.
Mi taggano molti per darmi notizie dei loro eventi, dei loro articoli di giornali, mi taggano per il solo motivo di avere un like, oppure, come mi spiegò un amico, perché il tag trascina anche gli amici degli amici in una catena e diffonde, nel caso di un tag mirato su un personaggio conosciuto, il post.
Quindi se le cose stanno in questo modo c'è un nesso opportunistico e di utilità nel tag che prescinde la conoscenza del soggetto taggato. Infatti di me i miei taggatori seriali non si occupavano affatto.
Io non riconosco dunque a tanti tag nessuna importanza se non fastidio e sono restia a taggare, lo faccio molto raramente, mai taggando coloro che mi taggano in continuazione con un tag molesto.
Invece ci sono tag voluti, cercati, desiderati, tag su recensioni di blog, letti sempre, tag su libri di case editrici amate, tag insomma accettati.
E poi ci sono i tag che non arrivano, vedi che il tale critico letterario tagga tanti e non tagga te e dal gioco dei tag capisci che ancora non fai parte della "famiglia letteratura italiana web" perché se lui non ti tagga vuol dire che non esisti.
Sorrido però pensando ai dannati del tag, cioè a coloro che taggati dal famoso, devono mettere il like, pena l'estratag.
L'estratag deve essere una pena terribile, mio caro Riccardo.
Quindi noi ci continueremo a leggerci senza tag, anche se tu parlavi di tag affettuosi e familiari ed io ti posso raccontare dell'incubo di una mia amica, costretta da una sua conoscente, a dover mettere like al tag sulle moltissime fotografie che la signora metteva, pena un broncio perenne.
Si può vivere senza tag e volersi bene non è un tag, anzi tutt'altro.
Un saluto a Palermo dal regno della Litweb non taggante e non taggata.
Ippolita Luzzo