martedì 8 maggio 2018

Dopo il diluvio Leonardo Malaguti

Il piacere di leggere nella favola bella della buona letteratura, il piacere di avere tra le mani un libro curato e amato.
"Exòrma è un progetto di divulgazione di alto profilo, di ergonomia grafica e tipografica, di artigianato delle suggestioni."
Tutto ciò si sente al tatto e alla vista, nel sensibile che ci mette in comunicazione con la narrazione del libro.
Una copertina da appendere come un quadro, un libro da accarezzare e amare, infatti io ho cominciato a portarmelo dietro come un amico.
Dopo il diluvio di Leonardo Malaguti ci riconcilia con la lettura gustosa, nel narrare situazioni assurde e grottesche ci fa sorridere e ci spaventa. La lettura mi ha ricordato le fantasie di Luca Ronconi e le sue trasposizioni sceniche, il cinema di Fellini, sul circo, sui nani, sui clown, mi ha trasportato in un mondo astorico eppure immerso nel nostro immaginario.
Una vicenda senza tempo, senza un luogo geografico, se non fosse ben collocata in una scrittura alta, una scrittura che amo. Un paese isolato, un paese in preda all'angoscia. Da quando sono rimasti isolati per via del diluvio, unico contatto con l'esterno rimane un telegramma. Quindi siamo nel novecento! Ma l'angoscia e la paura non hanno un'era, attraversano i secoli e vivono nelle nostri gesti, ci trasformano come trasformeranno gli abitanti di questo paese incassato fra i monti, di questa valle isolata dal mondo. 
Il nemico, arriva il nemico, aspettando i barbari di Kavafis, quel momento in cui il nemico è alle porte. Il nemico. "Il famigerato telegramma che aveva aperto il vaso di Pandora veniva letto tutte le mattine da qualche volenteroso per tenere vivi gli animi, ma molti dei paesani che ogni giorno si alzavano pronti a lottare nascosti dietro le loro trincee casalinghe cominciavano a stancarsi della lentezza di quell'invasore che stava prendendo con troppa calma il suo compito di attacco." Quasi uguale ai versi di Kavafis. 
Una umanità impaurita libera gli istinti, cerca soddisfazione nella assuefazione a bisogni elementari, colorando di sangue e di terra ogni azione. Mi ha ricordato, forse per i nomi, la rivolta dei contadini nelle valli ai tempi di Muntzer, quella rivolta stroncata nel sangue dagli eserciti approvati da Lutero. Raccontata dai Wu Ming in Q di Luther Blisset.  La storia narrata è una Via Crucis, un continuo riferirsi ad altri momenti, un riferirsi a ciò che  portiamo nelle nostre tasche, a ciò che amiamo. 
Dopo il diluvio nella Lettura di moltissimi sarà.     
"Un conto è  un uomo, Eda, un conto è il paese. Il paese non è nient'altro che tanti singoli uomini. Il trucco sta nel figurarseli uno ad uno."
"Per la strada il vento gonfiava scialli e palandrane come vele e le sciarpe che non erano state annodate abbandonavano i colli scoperti per seguire i flutti d'aria."
Il piacere di leggere un libro curato, il piacere della letteratura trasforma il nemico, lo sconosciuto, in un nostro amico, nella favola bella della scrittura.  
Ippolita Luzzo 


Leonardo Malaguti è nato a Bologna il 15 Febbraio 1993.
Si dedica  alla recitazione, al disegno e alla scrittura, al cinema e all'arte. Nel 2010 studia per sei mesi negli Stati Uniti, a San Juan Capistrano, California dove approfondisce, oltre alla lingua, lo studio del disegno e del teatro; al suo ritorno, nel 2011 illustra il libro Zuppe, Zucche e Pan di Zenzero (di Francesca Rosso, ed. Leone Verde) e nel 2012 viene scelto per il corso propedeutico di recitazione al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma dove si qualifica tra i finalisti. Con questo libro è stato finalista al Premio nazionale di letteratura Neri Pozza   

domenica 6 maggio 2018

L'arte come possibilità nel cubo Nomade di Silvia Pujia

Siamo al Marca Di Catanzaro, la luce delle 11,30 attraversa le vetrate della sala conferenze e impressiona gli scatti fotografici, donando immagini poco a fuoco. Tutte giustificazioni mie per dire che non so fotografare l'aura che avvolge Simonetta Lux mentre sta parlando della storia dei Musei, della loro trasformazione e dell'arte in questo mondo un po' pazzo. Inizia così Simonetta Lux: "oggi il mondo è in po' pazzo e fa  dipendere l'artistiticità da quanti siano i followers. Quindi cosa è l'arte? e Come lo sia? E come mai siamo qui a parlare di musei e sentiamo il bisogno di contestare i musei istituzionali?
Musei senza pareti, sembra indicare nel cubo nomade Silvia Pujia e ogni artista si è sentito poco accettato dal suo tempo, ogni artista si è sentito in esilio. Sono proprio gli artisti a non aver accesso al Museo. Nel momento nascente l'arte non sta mai nel museo.  Duchamp fuori dal museo, il situazionismo, Dada, Breton, fuori dal museo.
Si parla stamani di Pratica costituente, di un nuovo modo di ripensare alle attività museali, non più pacchetti da offrire al pubblico ma creare incontri fra persone. L'artista diventa persona e comincia a rifare cose nei luoghi proibiti per creare relazione col pubblico, anch'esso non più amorfo, ma costituito da persone. Dalla persona artista alla persona che fruisce, nella fruizione di un gesto artistico la trasmissione di una testimonianza: l'arte.
L'arte e le tracce che lasciamo di noi, L'arte e l'azione narrativa della molteplicità delle connessioni, l'arte e lo stupore. L'artista diviene ora critico e curatore di se stesso, l'artista è vivo e agisce insieme a noi, sta dicendo Simonetta Lux, ricordando di aver portato nella scuola, ai suoi studenti, sulle scene, gli artisti vivi, e di aver portato a scuola, "da viventi" coloro che non lo erano più. Nel ruolo di un "Agire la critica" di idea di apertura. 
Occuparsi dell'uomo non finito. Oggi sembra si dia tutto a tutti, in modo superficiale, sembra sia così.Eppure  sapendo tutto c'è chi si interroga, ed è questa la novità. Nella luce e nel carisma La Lux ci ha rapito siamo pronti per la levitazione dei corpi e della mente con l'intervento di Cesare Petroiusti. Cesare inizia con l'etimologia della parola Museo, luogo sacro alle Muse”, nome di un istituto culturale dell'antica Alessandria d'Egitto, nato accanto alla Biblioteca, come strumento del museo stesso. Ci parla delle Muse, le mediatrici fra noi e il divino, le mediatrici fra noi e il mondo sensibile, nel bisogno umano di avere accesso al sensibile, di riappropriarsi del sensibile, di un'estetica del sensibile. Le muse non sono un concetto unitario, sono la molteplicità. Nel delirio di Dioniso e nell'equilibrio della sapienza, l'amplissimo territorio dove tracce umane segnano la storia.
Ora invece sembra che l'arte sia solo un affare da vendere nelle sciagurate Fiere d'arte, da vendere a pacchetti per i giri turistici nei musei, nelle mostre confezionate. Tutto il contrario dell'esigenza artistica, del respiro artistico, dell'attimo vitale donato a chi saprà prenderlo e farsene testimone. Cesare ci fa etimologia della parola Nomade, Nomos in opposizione alla follia, Nomos, la legge, e nomos la linea che separa un campo da un altro. La linea che si attraversa per andare da un campo ad un altro. L'arte come migrazione di pensieri, l'arte come possibilità. Una sfida umana.
Già mi sollevo altissima al soffitto e volerei senza limiti e confini se non avessi accanto il freno  della forma. Una mattina di arte viva.        
Silvia Pujia parla di equilibrio tra il dentro e il fuori, Idea semplice, idea di un nuovo umanesimo, dell'arte come scambio di pensieri. Spettacolarità e non più spettacolo, sembra questa la tendenza  nel dibattito museologico internazionale, scrive Silvia Pujia. Il Museo spettacolo perde la funzione testimoniale per inglobarne una di tipo indicale: Musei che si autoesibiscono.  Fuori dall'istituzione museale  Silvia Pujia analizza tre esperienze romane:  Il Museo Dell'altro e dell'Altrove  di Metropoliz_città meticcia di Giorgio De Finis, il Museo all'aria aperta do Fausto Delle Chiaie e il Museo dell'arte contemporanea in esilio
di Cesare Pietroiusti. 
Che cos'è una istituzione museale e cosa è avvenuto nelle istituzioni museali nel corso del XX secolo, quali trasformazioni abbiano cambiato il concetto di museo e di fruizione dell'arte fino ai nostri giorni, è ciò che si chiede Silvia Pujia, in questo libro, esito del Master in Curatore di Arte Contemporanea conseguito a Roma, presso l'Università della Sapienza.
Una lettura sugli spazi aperti della conoscenza e della libertà, nella luce della volontà artistica.   
Ippolita Luzzo 


Dal Cubo Bianco Al Cubo Nomade Pratiche di Decostruzione Dell'Istituzione Museale,con Prefazione di Simonetta Lux e Postfazione di Giorgio De Finis. 

Oggi 5 maggio 2018 ore 11.00
Marca - Museo delle Arti di Catanzaro
Simonetta Lux, già ordinario di Storia dell'arte contemporanea presso l'Università "La Sapienza" di Roma
Cesare Pietroiusti, artista
Silvia Pujia, autrice
Modera:
Simona Caramia, docente ABA Catanzaro 

martedì 1 maggio 2018

Kaiser di Marco Patrone

Marco Patrone è Recensireilmondo, per quello strano fenomeno per cui i titolari di blog prendono il nome del blog stesso, come se la cosa fosse inscindibile.
Qui però l'autore è lui, autore di Kaiser,  Arkadia Editore 2018, collana Eclypse.
Mi metto a scrivere con timore e con attenzione in questo Primo Maggio soleggiato e verde.
Il libro, arrivato in libreria il 26 Aprile  ed è presente su IBS e su molti altri siti online, sarà presentato  al Salone del Libro Di Torino domenica 13 maggio nella Sala Avorio alle ore 17,30 da Giulia Ciarrapica e Isabella Pedicini. Come avrei voluto esserci!
Ad Aprile esulto così: Oggi è un giorno storico. Arriva Marco Patrone nel regno della Litweb. Sfondo arancione per Kaiser. Casa editrice Arkadia. Oggi Maurizio Pansini mi ha ufficialmente insignito del titolo di critico letterario, da aforisma per aforisma. Ed oggi  già pronto al gol: Kaiser.
"E poi cosa credi, piccolino, di essere diventato tutto d’un colpo uno scrittore? Ma prima di scrivere bisogna vivere, senza paura, se ti svegli e hai quella timidezza, se sei sempre lì a rimuginare e magari ti invadono i cattivi pensieri e ogni tanto sei a un passo del panico non vale, amico mio! Si va in stampa tra poco, amico mio e te lo devo dire che mi sembri in ritardo "
Ambientato nel mondo del calcio Kaiser è un calciatore brasiliano senza talento che riuscirà a farsi ingaggiare da squadre importanti. Anni dopo un giornalista rilegge quei fatti in maniera diversa e tirerà conclusioni sorprendenti. 
Sul disturbo narcisistico della personalità, che affligge Kaiser e affligge tanti di noi, gioca Marco Patrone, arrivando a scrivere che Kaiser abbia potuto non inventare nulla, abbia invece inventato se stesso come Kaiser e gli altri ci abbiano creduto.Nel mondo del calcio, dove vive la vicenda umana e fantasiosa di Kaiser, ai mondi letterari e artistici poca differenza c'è e mi piace ricordare l'aneddoto che Daverio mi raccontò a proposito del gruppo di artisti di Capalbio che si inventarono un movimento facendo passare per vero una bugia. Mi disse lui: Se in una bugia che inventi ci credi tu per primo gli altri inevitabilmente ci crederanno. 
Mi sembra questo il significato del libro, piacevole e divertente anche per me che non seguo il calcio, proprio perché il libro è "Una storia di aneddoti" scrive Marco Patrone a pag 129: Il momento disvelante la vicenda.
A Recensireilmondo un saluto dal Regno della Litweb.
Come Kaiser.
Ippolita Luzzo     

domenica 29 aprile 2018

Accordi Disaccordi a Lamezia

La Band Accordi e Disaccordi musica in Litweb. 
Subito, senza appunti, mi siedo a scrivere dopo il concerto al Tip di Lamezia Terme.
Chiusi i Teatri Comunali, L'AMA Calabria chiede ospitalità allo spazio gestito da Scenari Visibili, al Tip Teatro.
Si  sono esibiti questa sera gli Accordi Disaccordi un trio nato agli inizi del 2012, composto da Alessandro Di Virgilio e Dario Berlucchi alle chitarre e da Elia Lasorsa al contrabbasso.
"Il loro repertorio è composto da brani originali le cui sonorità combinano, secondo un personalissimo stile, le più disparate influenze jazz, swing, blues e della musica tradizionale, con originali sonorità acustiche e dal gusto cinematografico, mantenendo un'iniziale matrice stilistica gipsy jazz, chiaramente influenzata dalle sonorità del celebre chitarrista Django Reinhardt."

Contaminando generi diversi sentiamo la storia raccontata da loro, una storia nata dall'essere stati soggiogati da un film, dalla musica di un film di Woody Allen, Midnight in Paris. 
Usciti da quel film, nel 2012, decidono di fare gli artisti di strada,per accorgersi subito dopo a Londra che dappertutto si suona per le strade.
La storia continua con la bella amicizia con Gonzalo Bergara.
Loro acquisteranno una chitarra da Gonzalo, lui verrà in Italia per conoscerli e incideranno un cd insieme! Potenza delle relazioni!
Dario è il narratore del gruppo, "Detto Questo", ci introduce ogni volta una storia affascinante, la storia delle lucciole e della sincronia con cui si accendono e volano, curiosità di cui non era a conoscenza nemmeno Piero Angela, il loro salire su un pulmino per essere accompagnati a bordo di una nave nucleare per fare un concerto in Russia. Ed infine la bellissima immagine del trio che atterra a New York planando sulla statua della Libertà.
E qui Dario ci regala il bel messaggio di non arrendersi, di credere nel talento che ognuno possiede e di perseguirlo, tappandosi le orecchie per non sentire chi vorrebbe distogliere. 
Senza appunti però attentissima continuo a scrivere col ritmo in testa, con l'impazienza di risentirli, con le risate e l'allegria donata a tutti gli spettatori che hanno partecipato battendo e ribattendo sempre più veloce le mani come un quarto elemento della band.
Applausi
Ippolita Luzzo   

domenica 22 aprile 2018

al Maon Màtaksa di Jano Sicura


Il gesto semplice delle onde nel tempo.
Ieri sera inaugurazione della mostra che si concluderà il 26 maggio al Maon di Rende. Andate a vederla, andate, andate via dall'usuale e godetevi la vista delle "sculture in libertà", così le chiama Tonino Sicoli,  il curatore della mostra, di Ianus Sicura.
Tommaso Evangelista, uno dei due curatori, parla di "Bozzoli di energia simbolici" e tanta energia ieri sera si trasmetteva effettivamente dalle opere di Jano a noi e poi di nuovo sulle opere, sulle sfere, sulle spirali che io vedevo correre nel vento, sui tanti omini fatti da un filo di ferro intrecciato, che io vedevo correre, ognuno nella sua diversità correvano dalla parete a noi, nella unicità della installazione.
Le opere di Jano sono uniche e unica resta l'installazione, sempre diversa, perché diverso lo spazio dove verrà installata, diverso quindi sarà il correre dei nostri omini su strade diverse. Ognuno di noi,  presenti, in quegli omini ha visto nodi da sciogliere, ha visto volontà e rappresentazione, io vedevo un agitarsi di mani che piegarono il ferro, tanti piccoli pezzetti di ferro, e fatti correre oltre la costrizione.
 Una voglia di di stringere e lasciare andare via avrà preso l'artista, uomo disponibile al dialogo e al raccontare quale meraviglia fu per lui passare dai ramoscelli di ulivo al ferro, per eternare ciò che non poteva esserlo.
Ci racconta di una sua installazione alcuni anni fa in Germania, di come lui avesse portato le foglie di ulivo dalla Sicilia, da Siracusa, della sua installazione fatta da ramoscelli di ulivo e della richiesta di acquisto fatta a lui dalle autorità locali. Questa opera non è in vendita, rispose lui, è deperibile, è solo per ora, è solo profumo.
Venne così a sapere di trovarsi in un luogo sacro, quel luogo dove si svolgeva l'evento artistico era stata una chiesa sconsacrata e vi era seppellita una suora. Come l'ulivo è una pianta sacra anche l'arte è un momento di sacralità. Ci parla Jano di grazia, di leggerezza, di levità, direi io, di far diventare il ferro leggero con il lavoro delle mani. C'è il lavoro nelle parole di Jano, nei video  sulle sue mostre al Museo de Artes Plasticas Eduardo Sivori di Buenos Aires, al Museo de Arte Contemporanea Latinoamericano di La Plata / Buenos Aires organizzate dall'Associazione "L'arco e la fonte" di Siracusa, facenti  parte di un progetto di scambi artistico-culturali internazionali tra l'Italia e l'Argentina.
Jano è un artista internazionale, usa proprio questo aggettivo Gianluca Covelli, nel dare un segno distintivo alle opere, una non appartenenza a una regione, ma forte e radicato invece il senso di vicinanza al ferro, al materiale duttile e incorruttibile che esso è.
Noi siamo creature nel tempo, onde nel tempo, sembra ci dica Jano, sembra ci dicano quelle forme e quei dipinti, quel suo offrire l'arte nel linguaggio semplice del gesto.    
Ippolita Luzzo 

martedì 17 aprile 2018

Un'altra cena di Simone Lisi

L'intelligenza scintillante illumina Un'altra cena rallegrando i lettori
di Simone Lisi e donando felicità.
Questo mi ritrovo a pensare mentre mi accingo a scrivere su come ho incrociato Simone Lisi e i suoi racconti su Odi, raccolta di racconti pubblicati dalla Casa Editrice Effequ con il simbolo la garzetta di Orbetello.
Leggendo Vanni Santoni nella post fazione di ODI "Scriveva Roberto Bolaño che i capolavori sarebbero come sequoie o orchidee, ma non si è mai vista nascere una sequoia o un’orchidea fuori da una foresta. Coltivare la scena significa gettare i semi di quelle foreste, e questo libro dimostra che vale la pena farlo."
Ed è questo il vero fermento letterario, il vero humus, il vero luogo fatto di riviste, FLR amata, da tutte le altre riviste da "In fuga dalla bocciofila" a "Indiscreto", a "Verde Rivista", lette da me con la curiosità di chi cerca quel famoso tesoro per il regno della Litweb, il mio regno immaginario della buona letteratura web e non web. 
"In fuga dalla bocciofila" parla di cinema e altre divagazioni, sempre intelligenti, sempre spumeggianti, divagando divagando nel bellissimo paesaggio toscano delle menti e della generazione nata negli anni '80, '90.
Fine secolo, inizio secolo, evviva voi.
Con queste bellissime premesse sono ospite anche io alla cena. 
Un'altra cena inizia con la piantina della casa dove abita la coppia che si sta preparando per ospitare gli amici, un altra coppia con un bambino nato da poco. Mi ritrovo a casa del personaggio, come se abitassi anche io con loro e con loro discutiamo sul tempo, alla maniera di Sant'Agostino, sul tempo precario, sul tempo e sul futuro, su come saremo fra dieci anni, su come trifolare i funghi. Ne sento il profumo. 
" Che ti aspetti da questa cena?"
"In che senso?" risponde Livia ed io  sorrido e sorrido.
Dovrete leggere per sapere in che senso vi piacerà andare insieme a Livia e a lui, al bar di Piero, essere riconosciuti da Piero ed anticipati nelle richiesta dei caffè macchiati e due bicchieri di acqua naturale ed invece Livia vorrebbe l'acqua frizzante. L'acqua frizzante del racconto, mi vien da scrivere, senza volervi raccontare gli episodi, tutti una goduria, dal cardellino lasciato in custodia, alla camera dell'inquilino fantasma, al lavoro di lui: mettere sottotitoli nelle serie televisive, al diario dell'estate fino alle domande topiche... " Si chiedeva questo: se c'era solo da aspettare, se il presente non era il suo momento, se le frasi che ascoltava con una cuffia e che traduceva quasi simultaneamente in una stringa gli confermassero in ogni momento quel differimento, che non era il suo momento, ma forse lo sarebbe stato, o per lo meno così sembrava, se questo era quello che tutti gli altri gli dicevano:arriverà il tuo momento, e il nostro, ma non è ora. Se c'era solo da aspettare in quella stanza, mentre fuori cambiava il tempo."   
Tutto quello che cambia, anche i traduttori cambiano i dialoghi? su questa domanda la mia: Che cosa abbiamo capito quando abbiamo pensato di aver capito?, mi risento la bella intervista di Federico De Vita a Simone Lisi,  mi godo la lettura di Un'altra cena, con i pensieri di lui "Come scrivere dei sottotitoli che dicono cose tutte diverse dai testi che vogliono tradurre", e sul significato della nostra esistenza, nati per caso, per un caso fortuito, e quindi per necessità di riproduzione: noi siamo portatori di un genere noir, è che questo diario noir io non lo so scrivere. Qualcun altro potrebbe farlo, ed io lo tradurrei. Questo sì, lo saprei fare"
L'inizio e la fine di una cena frizzante e di intelligenza scintillante. 
Ippolita Luzzo 

Simone Lisi: Fiorentino, classe 1985. Nel 2001 viene premiato  dal Gabinetto Vieusseux di Firenze per Racconto d’inverno. Nel 2009 Marcos y Marcos di Milano pubblica in un’antologia il suo racconto breve Tifone o breve storia dei coinquilini di Joseph. Laureato in filosofia, scrive una tesi sul Castello di Franz Kafka, ottenendo il massimo dei voti.

domenica 15 aprile 2018

Avemmaria di Emilio Nigro

Dicono tutto le mani di Emilio Nigro al Tip Teatro stasera, durante una suonata silenziosa eppure rimasta nella nostra mente.
Quelle mani che stanno suonando nell'aria, senza strumento, un pianoforte, anzi una mano trema, trema nell'aria, catturando il nostro sguardo.
Le mani continuano a raccontare di un bambino prodigio che sapeva suonare l'Ave Maria di Schubert, l'Avemmaria, ed ora si trova in in riformatorio. 
Nella storia, non siamo più in un monologo, stiamo con il protagonista nella sua scuola, mentre lui ci porge la sua vita, a scuola, in Chiesa, con sua madre, in questo legame oltre il male, e fatto di bene assoluto, di dedizione.
 Lui sta su una sedia, in costrizione, in una cella, sta nel teatro che  avviene davanti a noi.
Gli errori che si compiono, la storia di un ragazzo buono, ingenuo, che viene avviato alla droga, viene abituato a fumare la droga, a spacciare, a far parte di un giro di malavita. La chitarra ed il mondo fuori, il mondo dei peccati. I pellegrinaggi e le canzoni"Sono stati i miei peccati, Gesù mio perdon pietà"
Il limite contro cui il bene si infrange malgrado i nostri sforzi in una Calabria difficile.  
A fine spettacolo Emilio Nigro ci parla di chi non ce l'ha fatta e nell'eterna lotta del bene contro il male è stato sopraffatto, di chi è più debole, meno attrezzato, di chi subisce il fascino degli uomini d'onore che sono in effetti senza onore.
Una grande preghiera è stata questa sera la performance di Emilio Nigro, una preghiera laica, una preghiera che affida al teatro di immaginare, affida al teatro una possibilità di vita, fuori dalla vergogna, fuori dal male.
Ippolita Luzzo  

Emilio Nigro è scrittore, giornalista e critico teatrale. collabora con il trimestrale di teatro e spettacolo Hystrio ( Milano); il Quotidiano della Calabria; ha collaborato con le riviste online di critica teatrale Il Tamburo di Kattrin e Krapp’s Last Post. Scrive anche di cinema, musica, arte visiva. Ha ricevuto il Premio nazionale Nico Garrone 2011 “ai critici più sensibili al teatro che muta”; Premio nazionale Guasco 2012 “scritture contemporanee”; Premio della giuria popolare e menzione speciale della giuria al miglior testo concorso nazionale per monologhi Residenza Teatrale Orizzonti Meridiani; Premio nazionale NonfermARTI 2011 categoria scrittura creativa. Autore e interprete dello spettacolo “Teatranti” (2009) e “Rifarmi – soluzioni al precariato” (2012) e ha firmato drammaturgie tra cui “Visionaria”; “L’ indifferenza dei passanti”; “Donne & Iene”.
AVEMMARIA di e con Emilio Nigro Regia di Francesca Romana Miceli Picardi
migliore opera teatrale Festival Luccica di Bari
miglior testo Festival Urgenze Roma Teatro Tordinona