Questo mi ritrovo a pensare mentre mi accingo a scrivere su come ho incrociato Simone Lisi e i suoi racconti su Odi, raccolta di racconti pubblicati dalla Casa Editrice Effequ con il simbolo la garzetta di Orbetello.
Leggendo Vanni Santoni nella post fazione di ODI "Scriveva Roberto Bolaño che i capolavori sarebbero come sequoie o orchidee, ma non si è mai vista nascere una sequoia o un’orchidea fuori da una foresta. Coltivare la scena significa gettare i semi di quelle foreste, e questo libro dimostra che vale la pena farlo."
Ed è questo il vero fermento letterario, il vero humus, il vero luogo fatto di riviste, FLR amata, da tutte le altre riviste da "In fuga dalla bocciofila" a "Indiscreto", a "Verde Rivista", lette da me con la curiosità di chi cerca quel famoso tesoro per il regno della Litweb, il mio regno immaginario della buona letteratura web e non web.
"In fuga dalla bocciofila" parla di cinema e altre divagazioni, sempre intelligenti, sempre spumeggianti, divagando divagando nel bellissimo paesaggio toscano delle menti e della generazione nata negli anni '80, '90.
Fine secolo, inizio secolo, evviva voi.
Con queste bellissime premesse sono ospite anche io alla cena.
Un'altra cena inizia con la piantina della casa dove abita la coppia che si sta preparando per ospitare gli amici, un altra coppia con un bambino nato da poco. Mi ritrovo a casa del personaggio, come se abitassi anche io con loro e con loro discutiamo sul tempo, alla maniera di Sant'Agostino, sul tempo precario, sul tempo e sul futuro, su come saremo fra dieci anni, su come trifolare i funghi. Ne sento il profumo.
" Che ti aspetti da questa cena?"
"In che senso?" risponde Livia ed io sorrido e sorrido.
Dovrete leggere per sapere in che senso vi piacerà andare insieme a Livia e a lui, al bar di Piero, essere riconosciuti da Piero ed anticipati nelle richiesta dei caffè macchiati e due bicchieri di acqua naturale ed invece Livia vorrebbe l'acqua frizzante. L'acqua frizzante del racconto, mi vien da scrivere, senza volervi raccontare gli episodi, tutti una goduria, dal cardellino lasciato in custodia, alla camera dell'inquilino fantasma, al lavoro di lui: mettere sottotitoli nelle serie televisive, al diario dell'estate fino alle domande topiche... " Si chiedeva questo: se c'era solo da aspettare, se il presente non era il suo momento, se le frasi che ascoltava con una cuffia e che traduceva quasi simultaneamente in una stringa gli confermassero in ogni momento quel differimento, che non era il suo momento, ma forse lo sarebbe stato, o per lo meno così sembrava, se questo era quello che tutti gli altri gli dicevano:arriverà il tuo momento, e il nostro, ma non è ora. Se c'era solo da aspettare in quella stanza, mentre fuori cambiava il tempo."
Tutto quello che cambia, anche i traduttori cambiano i dialoghi? su questa domanda la mia: Che cosa abbiamo capito quando abbiamo pensato di aver capito?, mi risento la bella intervista di Federico De Vita a Simone Lisi, mi godo la lettura di Un'altra cena, con i pensieri di lui "Come scrivere dei sottotitoli che dicono cose tutte diverse dai testi che vogliono tradurre", e sul significato della nostra esistenza, nati per caso, per un caso fortuito, e quindi per necessità di riproduzione: noi siamo portatori di un genere noir, è che questo diario noir io non lo so scrivere. Qualcun altro potrebbe farlo, ed io lo tradurrei. Questo sì, lo saprei fare"
L'inizio e la fine di una cena frizzante e di intelligenza scintillante.
Ippolita Luzzo
Simone Lisi: Fiorentino, classe 1985. Nel 2001 viene premiato dal Gabinetto Vieusseux di Firenze per Racconto d’inverno. Nel 2009 Marcos y Marcos di Milano pubblica in un’antologia il suo racconto breve Tifone o breve storia dei coinquilini di Joseph. Laureato in filosofia, scrive una tesi sul Castello di Franz Kafka, ottenendo il massimo dei voti.
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