2018 l'anno dei racconti e Storia dei miei fantasmi di Francesco Borrasso sta fra i bei racconti pubblicati alla fine del 2017:
"Credere in qualcosa vuol dire non mollare, e questa cosa l’ho
capita con gli anni che passavano; ho sempre creduto fermamente
nella scrittura, senza arrendermi, senza resa dopo le porte in
faccia, i lividi emotivi, dopo le batoste emozionali. Ho smesso
di credere a mio padre quando ho visto il suo corpo dentro una
bara; ho smesso di credere che sarei potuto diventare un calciatore,
quando vidi ragazzi molto più bravi di me, restare fermi nelle
piccole squadre di periferia. Ho smesso di credere in qualche
rapporto, quando mi accorgevo che quella vicinanza di corpi mi
dava fastidio, disinteresse.
Gli anni che passavano mi hanno fatto diventare un mago
stanco, che non aveva nessun interesse nel credere ancora alla
magia; e puoi ben capire, cara piccola mia, che un mago che non
crede nella magia è un ossimoro, un errore del sistema. Ho sempre
posseduto le qualità per fare i giochi di prestigio, ma erano
informazioni disarticolate che il mio corpo percepiva in modo
inadeguato. Tu sei stata la bambina che mi ha fatto credere nei
miracoli." Prima che io parli è uno dei racconti più lunghi. Già i titoli, che vi metto secondo l'indice, raccontano la storia. Poi come è scritto in prima pagina:“I libri sono ponti ostinati: uniscono, creano legami.”
Il bambino alfanumerico
Un posto nascosto
Storia dei miei fantasmi
Lascio la porta aperta
Parlami di te
Cosa siamo diventati
Una cattiva notizia
Uomo da niente
Qualcosa di perfetto
Piccola intervista nell’ultima ora di vita
Il posto minore
Quella te
Le aritmie del ricordo
Non esiste separazione
giovedì 11 gennaio 2018
venerdì 5 gennaio 2018
Odi Quindici declinazioni di un sentimento
Odi Quindici declinazioni di un sentimento a cura di Gabriele Merlini
antologia di racconti di autori nati negli anni ottanta-novanta.
"Miscelare e contaminare.Rivolgersi alle voci nuove per tentare di – sosterrebbero quelli bravi –tracciare al meglio ‘il contemporaneo’ nelle proprie molteplici sfumature.Cosa ci circonda e ci aspetta. Ecco quale è stata la pensata. Un tempo di contrapposizioni e distanze – riprendendo la linee guida di questa antologia – declinabile in vari modi" così scrive Gabriele Merlini presentando il testo. Il filo conduttore sono stati gli odi, il variare del sentimento, nelle logiche diverse di ognuno degli autori. Leggo con grande interesse questi racconti e da subito riconosco in loro la bravura di creare il terrore, lo scompiglio emotivo. Soprattutto il primo racconto di Sergio Oricci, Un bel posto per fare l'amore, nella violenza della carezza sulla testa, come si fa ad un cane, nella derisione verso spiriti semplici e poco abilitati alla difesa, racchiude la perversione del giocare con gli altri come se fossero oggetti, giocattoli appunto, con i quali ripetere il gioco dei tre porcellini, e lo spavento della vittima diventa il divertimento del protagonista. Un racconto scritto con ritmo e bravura, come tutti gli altri, però in questo mi sembra vi sia un genere di odio ancora più nascosto, l'odio che porta a divertirsi col terrore e l'umiliazione che si può infliggere ad un altro inconsapevole e indifeso.
L'odio come contrapposizione. Odi ha un titolo che potrebbe far pensare alle Odi di Ovidio oppure al "tu odi". Odio sarebbe apparso troppo diretto ed avrebbe escluso altro grande significato: Odi? Ascolti. Ascoltiamo l'odio.
Forse sarà che l'odio più conosciuto è quello nei rapporti interpersonali, dove proprio dovrebbe esserci la fiducia, fra i coniugi del racconto di Benedetta Bendinelli, Vita da cane, oppure In Disintegrazione di Andrea Zandomenghi. Famiglie malate, come tante. Nel raccontare "Mio padre mi odiava soprattutto perché sono un cefalgico cronico, condizione abbastanza inabilitante ma invisibile: la esperisce solo chi ce l’ha, ogni possibile riscontro obiettivo è vano. Il mal di testa, inoltre, è la scusa per antonomasia. Lui non lo sopportava, gli faceva ribollire il sangue, si vergognava della mia cefalea con la gente del paese" Andrea sceglie un protagonista buono, sono spesso i buoni a subire le angherie dei cattivi, nel narrare tradizionale e modernissimo del nostro vivere quotidiano. Federico di Vita mi regala un modo di lettura dantesca:"Odi", l'antologia che raggiunge l'amore per un percorso accidentato, in questo simile alla Divina Commedia, con i versi di Dante Alighieri "a te convien tenere altro viaggio" per guadagnare il "dilettoso monte", l'apparizione di Virgilio nel canto primo dell'inferno, il viaggio attraverso le miserie umane per giungere al monte: Il Paradiso. Continuo a leggere questi racconti, una antologia frutto di semi e foreste, ci dice Vanni Santoni nella postfazione. Da sempre lui invita gli scrittori esordienti a farsi conoscere sulle riviste, a coltivare relazioni e letture, convinto del valore della semina. Credo sia vero, un ambiente ci vuole per far nascere un fiore. Lo sentii dire anche a proposito di Michelangelo e di tutti i bravissimi che non possono creare se intorno hanno un deserto.
Gabriele Merlini intervistato da Federico De Vita esplicita altro grande compito dei libri e in special modo di queste antologie attente sulla scrittura di giovani bravissimi. Il libro come relazione e conoscenza al di là degli ambiti regionali, ed è così che giunge nel regno della Litweb da amico.
A presto la seconda parte
Ippolita Luzzo
antologia di racconti di autori nati negli anni ottanta-novanta.
"Miscelare e contaminare.Rivolgersi alle voci nuove per tentare di – sosterrebbero quelli bravi –tracciare al meglio ‘il contemporaneo’ nelle proprie molteplici sfumature.Cosa ci circonda e ci aspetta. Ecco quale è stata la pensata. Un tempo di contrapposizioni e distanze – riprendendo la linee guida di questa antologia – declinabile in vari modi" così scrive Gabriele Merlini presentando il testo. Il filo conduttore sono stati gli odi, il variare del sentimento, nelle logiche diverse di ognuno degli autori. Leggo con grande interesse questi racconti e da subito riconosco in loro la bravura di creare il terrore, lo scompiglio emotivo. Soprattutto il primo racconto di Sergio Oricci, Un bel posto per fare l'amore, nella violenza della carezza sulla testa, come si fa ad un cane, nella derisione verso spiriti semplici e poco abilitati alla difesa, racchiude la perversione del giocare con gli altri come se fossero oggetti, giocattoli appunto, con i quali ripetere il gioco dei tre porcellini, e lo spavento della vittima diventa il divertimento del protagonista. Un racconto scritto con ritmo e bravura, come tutti gli altri, però in questo mi sembra vi sia un genere di odio ancora più nascosto, l'odio che porta a divertirsi col terrore e l'umiliazione che si può infliggere ad un altro inconsapevole e indifeso.
L'odio come contrapposizione. Odi ha un titolo che potrebbe far pensare alle Odi di Ovidio oppure al "tu odi". Odio sarebbe apparso troppo diretto ed avrebbe escluso altro grande significato: Odi? Ascolti. Ascoltiamo l'odio.
Forse sarà che l'odio più conosciuto è quello nei rapporti interpersonali, dove proprio dovrebbe esserci la fiducia, fra i coniugi del racconto di Benedetta Bendinelli, Vita da cane, oppure In Disintegrazione di Andrea Zandomenghi. Famiglie malate, come tante. Nel raccontare "Mio padre mi odiava soprattutto perché sono un cefalgico cronico, condizione abbastanza inabilitante ma invisibile: la esperisce solo chi ce l’ha, ogni possibile riscontro obiettivo è vano. Il mal di testa, inoltre, è la scusa per antonomasia. Lui non lo sopportava, gli faceva ribollire il sangue, si vergognava della mia cefalea con la gente del paese" Andrea sceglie un protagonista buono, sono spesso i buoni a subire le angherie dei cattivi, nel narrare tradizionale e modernissimo del nostro vivere quotidiano. Federico di Vita mi regala un modo di lettura dantesca:"Odi", l'antologia che raggiunge l'amore per un percorso accidentato, in questo simile alla Divina Commedia, con i versi di Dante Alighieri "a te convien tenere altro viaggio" per guadagnare il "dilettoso monte", l'apparizione di Virgilio nel canto primo dell'inferno, il viaggio attraverso le miserie umane per giungere al monte: Il Paradiso. Continuo a leggere questi racconti, una antologia frutto di semi e foreste, ci dice Vanni Santoni nella postfazione. Da sempre lui invita gli scrittori esordienti a farsi conoscere sulle riviste, a coltivare relazioni e letture, convinto del valore della semina. Credo sia vero, un ambiente ci vuole per far nascere un fiore. Lo sentii dire anche a proposito di Michelangelo e di tutti i bravissimi che non possono creare se intorno hanno un deserto.
Gabriele Merlini intervistato da Federico De Vita esplicita altro grande compito dei libri e in special modo di queste antologie attente sulla scrittura di giovani bravissimi. Il libro come relazione e conoscenza al di là degli ambiti regionali, ed è così che giunge nel regno della Litweb da amico.
A presto la seconda parte
Ippolita Luzzo
mercoledì 3 gennaio 2018
Il cielo di Olimpio
L'arcobaleno di Amori regalati
"Le cose importanti della vita ti passano sotto gli occhi e in quel momento tu non usi solo la vista ma tutti i sensi. Quel pezzo di carta mi parla, è pesante, ha consistenza. Ha i colori dell'arcobaleno, benché la foto sia in bianco e nero."
Mi innamoro in questo modo di un libro, del libro Amori regalati di Olimpio Talarico, imparo a memoria e ricopio alcuni passaggi, felice di iniziare il 2018 proprio con Amori regalati.
Ho già scritto per CabaretBisanzio una lettura del libro, questa è un'altra e poi un'altra ancora.
Qui parlerò del cielo di Olimpio, con le nuvole, il vento, i colori.
"Così Marta e Davide entrarono in me come entrano gli spifferi della tramontana da una finestra malandata, tenaci, sussurrati, avanzi superstiti di un temporale inaspettato." Ogni momento importante è dipinto con i colori del cielo, ogni similitudine si avvicina al cielo, al suo splendore, la brezza, le nuvole, la luce.
"Buenos Aires, inverno 1996 Sole negli occhi e fra i capelli ventate leggere. Una timida brezza, fregandosene della mia apprensione, continua a portare appresso odori e timbri antichi... Riprendo mentre nuvole bianche si braccano nel cielo azzurrognolo."
Il protagonista ormai adulto, anziano, cammina per le strade di Buenos Aires, e la brezza, animista, regala a lui i ricordi. I fenomeni atmosferici diventano nel libro vivi e presenti, partecipano con la voce narrante di Martino Aiello, il protagonista che incontriamo bambino "con la faccia schiacciata al finestrino e gli occhi lucidi come un anello." lo seguiamo e lo ritroviamo a domandarsi da adulto le domande che tutti ci facciamo: Chi erano gli amici, i fratelli, per i quali mi ero tolto il pane di bocca? e soprattutto come mai non abbiamo capito in tempo? Come sia possibile vivere a fianco e non conoscersi! Domande eterne. Il vento intanto inizia a soffiare e la risposta è nel vento, canterebbe Bob Dylan.
Il protagonista ormai adulto, anziano, cammina per le strade di Buenos Aires, e la brezza, animista, regala a lui i ricordi. I fenomeni atmosferici diventano nel libro vivi e presenti, partecipano con la voce narrante di Martino Aiello, il protagonista che incontriamo bambino "con la faccia schiacciata al finestrino e gli occhi lucidi come un anello." lo seguiamo e lo ritroviamo a domandarsi da adulto le domande che tutti ci facciamo: Chi erano gli amici, i fratelli, per i quali mi ero tolto il pane di bocca? e soprattutto come mai non abbiamo capito in tempo? Come sia possibile vivere a fianco e non conoscersi! Domande eterne. Il vento intanto inizia a soffiare e la risposta è nel vento, canterebbe Bob Dylan.
"Come se mi avesse aspettato il vento iniziò a soffiare, prima piano, poi con delle sbuffate così forti da sollevare le foglie appoggiate a terra. E spostava le nuvole che galoppavano con la velocità di una faina. Eravamo a novembre e faceva freddo, eppure ero sudato. Mi passai il palmo della mano sulla fronte: erano gocce, ma più crude di un incubo. Incominciarono a scendermi sul viso, sulle guance, arrivarono fino alle labbra. Ne sentii il sapore: quello aspro e fastidioso delle amicizie lontane, insolente e velenoso dello sconforto. Pag 176 Amori regalati
Ed il cielo è una musica, con le parole di Pasolini, con la voce di Modugno "che io possa esser dannato se non ti amo e se così non fosse non capirei più niente tutto il mio folle amore lo soffia il cielo lo soffia il cielo così
Il cielo di Olimpio
Ippolita Luzzo
martedì 2 gennaio 2018
Paolo Vanacore Il salto del canguro
Conosco Paolo a Roma, un anno fa a Più libri più liberi, lo conosco insieme ad amici comuni e da quell'incontro delizioso conservo la freschezza e la simpatia di tutti e il sorriso di Paolo. Avevo già letto di Paolo un altro libro Vite a buon mercato.
Paolo infatti per Tempesta Editore ha pubblicato nel 2015 il romanzo Vite a buon mercato scritto con Silvia Mobili e Romeo Vernazza. Paolo è anche un autore di testi teatrali e ha frequentato la scuola di scrittura Omero, una scuola amata. Ora ha da poco pubblicato "Il salto del canguro" edito Castelvecchi
"All'epoca soffrivo di quel vittimismo tipicamente omosessuale per cui passavo la maggior parte del tempo a maledire il mio orientamento e a immaginarmi triste, vecchio e solo in una stretta e angusta cucina a pranzare direttamente dalla sportina di una delle mie amiche trentennali. Di contro scoprii il piacere di lavorare al bioparco di Roma, soprattutto quando non sei un biologo o uno zoologo; non capire nulla di etologia e di animali costituisce una risorsa più che un limite."
Il protagonista finirà per amare questo lavoro scelto per ripiego, e ne trarrà spunti interessanti per meglio conoscere le relazioni fra gli uomini." Le prime settimane al bioparco furono traumatiche, poi, lentamente, iniziai a capire come avrebbe dovuto svolgersi il mio lavoro: accordi promozionali, scambi pubblicitari, sponsorizzazioni, rapporti con le agenzie di viaggio, agevolazioni, sconti per comitive e quant'altro. Ma il momento migliore, oltre al saluto mattutino che Federico la foca mi rivolgeva, era camminare in giro per il parco. Immenso; sulla mappa c’era scritto “diciassette ettari, circa mille animali appartenenti a duecento specie diverse, ogni giorno un’emozione nuova, una grande avventura”. E potevo andarmene in giro quanto volevo, anzi dovevo farlo" Mi prende un grande desiderio di andare al bioparco e di incontrare gli animali amici di Edoardo, il protagonista del racconto. "E poi avevo Federico la foca e i miei amici Priscilla, Quasimodo, Calimero, e poi ancora Edoardo il cangurino, la voce della mia coscienza al quale, come uno scemo, ogni tanto facevo qualche domanda lontano però da occhi indiscreti. In effetti un conto è parlare con la propria immagine riflessa in uno specchio, a casa, in bagno, diverso è invece fare la stessa cosa all’aperto, in uno zoo interrogando un canguro su questioni di vitale importanza, convinti di essere ascoltati, e compresi." La storia che succede agli uomini, alla sorella, al cognato, e ad ognuno di noi, non è che l'alternarsi di vicino e lontano, sulle note di Mogol, ci allontaniamo e poi ci ritroviamo più vicini, mentre resta vivo in noi quel parco. Con il gioco dell'infanzia anche il protagonista segue ricordi e movenze del suo canguro personale nella grande giostra dei rapporti affettivi."Un pomeriggio, mentre la nonna Adele dormiva, Margi si avvicinò a me con le guance e la fronte striate di rosso e verde, la busta dei colori a dita in una mano, due copricapo indiani con le piume gialle e arancioni: «Canguro Dodò, sei pronto a entrare nella tribù dei Grandi Piedoni?». «Sì, voglio anch’io il cappello e i colori sul viso!». «Va bene, canguro Dodò! Augh!». «Augh!».
«Ma prima devi superare la prova coraggio, altrimenti gli indiani non ti faranno mai entrare nella tribù». «E che devo fare?».
«Seguimi saltando, canguro Dodò, ti faccio strada. Fra poco lo saprai». Margi mi portò in camera da letto e mi fece salire su una scala fino in cima all’imponente armadio di legno che occupava tutta la parete di fronte al letto matrimoniale dei miei, dove riposava beatamente la nonna. «Ora devi fare il salto più lungo di tutta la tua vita, canguro Dodò, da quassù dovrai volare fino al centro del letto, sopra la Grande Vecchia!». «Ma io ho paura di farmi male! Non ce la farò mai». «Ce la farai, canguro Dodò, superata la prova entrerai nella tribù, ti darò il cappello con la piuma, ti segnerò il viso con i colori e verrai chiamato col tuo nuovo nome»."
"Edo il cangurino ha preso una botta in testa ma non vuole restare nella clinica veterinaria, in fondo non vuole neanche stare al bioparco, vorrebbe vivere nel deserto australiano o in qualunque altro posto, tanto non ne conosce nessuno e non sa dove si trovano i luoghi del mondo perché è nato in cattività, che non è una parola buona, sa di male, ma lui il male non lo conosce bene" Le riflessioni sul bene e sul male dei rapporti fra persone che vorrebbero anche loro essere liberi nella loro espressione e sono ingabbiate nei recinti dell'insignificanza e dell'insoddisfazione.
"Una vecchia pubblicità del bioparco diceva: “Dopo
tanta cattività un po’ di bontà” proviamoci anche noi, sembra dirci Paolo Vanacore, con Il salto del canguro.
Ippolita Luzzo
Paolo infatti per Tempesta Editore ha pubblicato nel 2015 il romanzo Vite a buon mercato scritto con Silvia Mobili e Romeo Vernazza. Paolo è anche un autore di testi teatrali e ha frequentato la scuola di scrittura Omero, una scuola amata. Ora ha da poco pubblicato "Il salto del canguro" edito Castelvecchi
"All'epoca soffrivo di quel vittimismo tipicamente omosessuale per cui passavo la maggior parte del tempo a maledire il mio orientamento e a immaginarmi triste, vecchio e solo in una stretta e angusta cucina a pranzare direttamente dalla sportina di una delle mie amiche trentennali. Di contro scoprii il piacere di lavorare al bioparco di Roma, soprattutto quando non sei un biologo o uno zoologo; non capire nulla di etologia e di animali costituisce una risorsa più che un limite."
Il protagonista finirà per amare questo lavoro scelto per ripiego, e ne trarrà spunti interessanti per meglio conoscere le relazioni fra gli uomini." Le prime settimane al bioparco furono traumatiche, poi, lentamente, iniziai a capire come avrebbe dovuto svolgersi il mio lavoro: accordi promozionali, scambi pubblicitari, sponsorizzazioni, rapporti con le agenzie di viaggio, agevolazioni, sconti per comitive e quant'altro. Ma il momento migliore, oltre al saluto mattutino che Federico la foca mi rivolgeva, era camminare in giro per il parco. Immenso; sulla mappa c’era scritto “diciassette ettari, circa mille animali appartenenti a duecento specie diverse, ogni giorno un’emozione nuova, una grande avventura”. E potevo andarmene in giro quanto volevo, anzi dovevo farlo" Mi prende un grande desiderio di andare al bioparco e di incontrare gli animali amici di Edoardo, il protagonista del racconto. "E poi avevo Federico la foca e i miei amici Priscilla, Quasimodo, Calimero, e poi ancora Edoardo il cangurino, la voce della mia coscienza al quale, come uno scemo, ogni tanto facevo qualche domanda lontano però da occhi indiscreti. In effetti un conto è parlare con la propria immagine riflessa in uno specchio, a casa, in bagno, diverso è invece fare la stessa cosa all’aperto, in uno zoo interrogando un canguro su questioni di vitale importanza, convinti di essere ascoltati, e compresi." La storia che succede agli uomini, alla sorella, al cognato, e ad ognuno di noi, non è che l'alternarsi di vicino e lontano, sulle note di Mogol, ci allontaniamo e poi ci ritroviamo più vicini, mentre resta vivo in noi quel parco. Con il gioco dell'infanzia anche il protagonista segue ricordi e movenze del suo canguro personale nella grande giostra dei rapporti affettivi."Un pomeriggio, mentre la nonna Adele dormiva, Margi si avvicinò a me con le guance e la fronte striate di rosso e verde, la busta dei colori a dita in una mano, due copricapo indiani con le piume gialle e arancioni: «Canguro Dodò, sei pronto a entrare nella tribù dei Grandi Piedoni?». «Sì, voglio anch’io il cappello e i colori sul viso!». «Va bene, canguro Dodò! Augh!». «Augh!».
«Ma prima devi superare la prova coraggio, altrimenti gli indiani non ti faranno mai entrare nella tribù». «E che devo fare?».
«Seguimi saltando, canguro Dodò, ti faccio strada. Fra poco lo saprai». Margi mi portò in camera da letto e mi fece salire su una scala fino in cima all’imponente armadio di legno che occupava tutta la parete di fronte al letto matrimoniale dei miei, dove riposava beatamente la nonna. «Ora devi fare il salto più lungo di tutta la tua vita, canguro Dodò, da quassù dovrai volare fino al centro del letto, sopra la Grande Vecchia!». «Ma io ho paura di farmi male! Non ce la farò mai». «Ce la farai, canguro Dodò, superata la prova entrerai nella tribù, ti darò il cappello con la piuma, ti segnerò il viso con i colori e verrai chiamato col tuo nuovo nome»."
"Edo il cangurino ha preso una botta in testa ma non vuole restare nella clinica veterinaria, in fondo non vuole neanche stare al bioparco, vorrebbe vivere nel deserto australiano o in qualunque altro posto, tanto non ne conosce nessuno e non sa dove si trovano i luoghi del mondo perché è nato in cattività, che non è una parola buona, sa di male, ma lui il male non lo conosce bene" Le riflessioni sul bene e sul male dei rapporti fra persone che vorrebbero anche loro essere liberi nella loro espressione e sono ingabbiate nei recinti dell'insignificanza e dell'insoddisfazione.
"Una vecchia pubblicità del bioparco diceva: “Dopo
tanta cattività un po’ di bontà” proviamoci anche noi, sembra dirci Paolo Vanacore, con Il salto del canguro.
Ippolita Luzzo
domenica 31 dicembre 2017
Discorso di fine anno 2017 Il paese delle meraviglie
Il passeur nel paese della meraviglie.
Il paese delle meraviglie sta nella nostra testa, ci racconta la Oates nel libro uscito da poco da Saggiatore.
Il nostro cervello è il paese delle meraviglie.
Nel magico ruolo del blog, come regina del regno inesistente della Litweb, noi abitanti del paese delle meraviglie attendiamo fiduciosi l’alba e le altre albe colorate di stupore e meraviglie. Alla maniera di Aristotele, meravigliandoci.
Lo stupore sul viso di Domenico Dara, ieri cittadino onorario di Girifalco per meriti letterari, sembra il suggello di un anno grande in Litweb dove i successi dei nostri predi-letti sono i successi della Litweb tutta.
Lo stupore e la meraviglia per la recentissima laurea in architettura di Daniele Rizzuti all'Università Mediterranea di Reggio Calabria con una tesi sulla città come un alveare, una comunità dello spirito, una utopia che i professori hanno premiato con 110 e lode, aveva accanto la famiglia inventata della Litweb.
Il Premio Brancati, con il direttore artistico Raffaele Mangano, a settembre mi ha visto giurata e partecipante alla serata conclusiva a Zafferana Etnea, e via via a risalire i giorni a Corazzo, all'Abbazia Benedettina dove si sono letti i miei pezzi insieme alla relazione di Domenico Gattuso, mentre Antonello Caporale intonava anche lui, come tanti, il titolo di un mio pezzo caro:La cultura lallallà.
Il libro di Pietro Criaco, presentato a Decollatura, con i Koralira, bravi, bravi bravi, e poi poi a risalire Il Maggio dei libri, il Tropea Festival, Giurata nel Libro nel cassetto a Vibo che ha visto vincere Briciole dai piccioni di Alessandro Turati, per la casa editrice Neo. Mai avevano vinto loro, mai aveva vinto Alessandro, però in Litweb si vince sempre perciò stupore e meraviglia e conferme conferme conferme. I premi al bel libro di Alessandro Zaccuri, Lo spregio, i premi a Domenico Dara, i premi e le conferme ad autori bravi bravissimi dei quali per primo si parlò in Litweb.
Il paese delle meraviglie in Litweb, cioè io, continua nel ringraziare le case editrici e gli autori che mi danno fiducia e mi affidano i loro libri ancor prima che vadano in libreria a volte: Voland, NNE; NEO, PaginaUno, Tempesta Editore, Manni, Nutrimenti, e moltissime altre.
Nel paese delle meraviglie l'incontro con il gruppo lettura di Rimini e col gruppo lettura di Lamezia, incontri di amicizia e scambio, e l'amicizia corre con un libro in mano.
Vado a memoria in questo pomeriggio di fine anno, vado a memoria abbracciata ad un libro di Olimpio Talarico, conosciuto ieri a Girifalco.
Nella meravigliosa giostra degli incontri con un libro in mano l’amicizia si allarga nel regno della Litweb, il regno esiste e vive insieme a noi. È bello essere vivi in Litweb.
Bellissimo chiacchierare con Giuseppe Girimonti Greco, con Ilide Carmignani, con Claudia Melica, con moltissimi studiosi veri. Veri.
E su Achab io sto, su Achab, la rivista letteraria di Nando Vitali e Maria Rosaria Vado, su Achab con un mio pezzo: Ho un altro sud in testa. Su Achab con Armando Rotondi.
ed eccomi, ho in mano tutte le raccomandate con ricevute di ritorno presenti alla festa di Domenico Dara.
Stupore e meraviglia nel 2017, stupore e meraviglia triplicata per mille ci aspetterà nel 2018, nel paese delle meraviglie.
Nel giorno felice di un ruolo inventato, "il passeur", direbbe Pennac. Mi sento il passeur di tutti voi
Auguri
Ippolita Luzzo
Il paese delle meraviglie sta nella nostra testa, ci racconta la Oates nel libro uscito da poco da Saggiatore.
Il nostro cervello è il paese delle meraviglie.
Nel magico ruolo del blog, come regina del regno inesistente della Litweb, noi abitanti del paese delle meraviglie attendiamo fiduciosi l’alba e le altre albe colorate di stupore e meraviglie. Alla maniera di Aristotele, meravigliandoci.
Lo stupore sul viso di Domenico Dara, ieri cittadino onorario di Girifalco per meriti letterari, sembra il suggello di un anno grande in Litweb dove i successi dei nostri predi-letti sono i successi della Litweb tutta.
Lo stupore e la meraviglia per la recentissima laurea in architettura di Daniele Rizzuti all'Università Mediterranea di Reggio Calabria con una tesi sulla città come un alveare, una comunità dello spirito, una utopia che i professori hanno premiato con 110 e lode, aveva accanto la famiglia inventata della Litweb.
Il Premio Brancati, con il direttore artistico Raffaele Mangano, a settembre mi ha visto giurata e partecipante alla serata conclusiva a Zafferana Etnea, e via via a risalire i giorni a Corazzo, all'Abbazia Benedettina dove si sono letti i miei pezzi insieme alla relazione di Domenico Gattuso, mentre Antonello Caporale intonava anche lui, come tanti, il titolo di un mio pezzo caro:La cultura lallallà.
Il libro di Pietro Criaco, presentato a Decollatura, con i Koralira, bravi, bravi bravi, e poi poi a risalire Il Maggio dei libri, il Tropea Festival, Giurata nel Libro nel cassetto a Vibo che ha visto vincere Briciole dai piccioni di Alessandro Turati, per la casa editrice Neo. Mai avevano vinto loro, mai aveva vinto Alessandro, però in Litweb si vince sempre perciò stupore e meraviglia e conferme conferme conferme. I premi al bel libro di Alessandro Zaccuri, Lo spregio, i premi a Domenico Dara, i premi e le conferme ad autori bravi bravissimi dei quali per primo si parlò in Litweb.
Il paese delle meraviglie in Litweb, cioè io, continua nel ringraziare le case editrici e gli autori che mi danno fiducia e mi affidano i loro libri ancor prima che vadano in libreria a volte: Voland, NNE; NEO, PaginaUno, Tempesta Editore, Manni, Nutrimenti, e moltissime altre.
Nel paese delle meraviglie l'incontro con il gruppo lettura di Rimini e col gruppo lettura di Lamezia, incontri di amicizia e scambio, e l'amicizia corre con un libro in mano.
Vado a memoria in questo pomeriggio di fine anno, vado a memoria abbracciata ad un libro di Olimpio Talarico, conosciuto ieri a Girifalco.
Nella meravigliosa giostra degli incontri con un libro in mano l’amicizia si allarga nel regno della Litweb, il regno esiste e vive insieme a noi. È bello essere vivi in Litweb.
Bellissimo chiacchierare con Giuseppe Girimonti Greco, con Ilide Carmignani, con Claudia Melica, con moltissimi studiosi veri. Veri.
E su Achab io sto, su Achab, la rivista letteraria di Nando Vitali e Maria Rosaria Vado, su Achab con un mio pezzo: Ho un altro sud in testa. Su Achab con Armando Rotondi.
ed eccomi, ho in mano tutte le raccomandate con ricevute di ritorno presenti alla festa di Domenico Dara.
Stupore e meraviglia nel 2017, stupore e meraviglia triplicata per mille ci aspetterà nel 2018, nel paese delle meraviglie.
Nel giorno felice di un ruolo inventato, "il passeur", direbbe Pennac. Mi sento il passeur di tutti voi
Auguri
Ippolita Luzzo
sabato 30 dicembre 2017
La differenza fra Giancarlo Paola e i Volo al Caffè Letterario
20/03/2015
La
differenza fra Giancarlo Paola e i Volo, al Bar Del Popolo
Il successo
è una questione di incontri.
Ed i Volo incontrarono bene.
Tutto qui. La bravura
poi sarebbe espressione di personalità che i Volo non hanno, per ora. Parere
mio, dopo averli ascoltati in un filmato a Sanremo, vittoriosi. Interrogato
Giancarlo, sui Volo, mi disse,
educatamente, che loro hanno dei bei timbri vocali e che su questo registro
musicale fanno pop.
Io invece
posso dire che hanno intercettato la macchina che tutto macina e sono stati creati per dare un prodotto
confezionato a discapito di ogni individualità. Così come succede per libri,
film, arte, nel terribile mondo omologato e conformato.
Tutta
un’altra storia ascoltare stasera Melodie e Racconti.
Romanze,
Arie d’opera e canzoni dell’ottocento insieme a poesie di autori calabresi al caffè letterario del
Bar del Popolo in via Eroi di Sapri a
Lamezia Terme.
Il Bar del popolo dal 1960, quindi storico,
aveva saletta, ex sala da gioco
riconvertita da un anno al piacere delle arti con progetto europeo di
riqualificazione dei centri storici, offre lo spazio, gratuito, per lettura di
libri, ascolto di musica, come succede nelle città vere. Fra gli ospiti in
questo anno Pasquale Guaglianone, giornalista, corrispondente da Buenos Aires
di Rai Italia, la rete internazionale della Televisione Italiana.
Intanto che
prendo appunti Giancarlo prende la chitarra e
inizia con negli occhi la luce
della passione
Da un mio
post precedente prendo queste annotazioni
“Giovanissimo, Giancarlo è tenore, conseguito diploma in canto
nel 2013.
Modi
garbati, e misurati, insieme fanciullo, perché felice.
Felice di stare a suonare e cantare e recitare per noi “La donna è mobile" " A Spuntunera" " Mattinata" ” Libiamo ne' lieti calici” il brindisi in tempo di valzer del primo atto della Traviata di Giuseppe Verdi
Felice di stare a suonare e cantare e recitare per noi “La donna è mobile" " A Spuntunera" " Mattinata" ” Libiamo ne' lieti calici” il brindisi in tempo di valzer del primo atto della Traviata di Giuseppe Verdi
.
Giancarlo
non è solo un bravo tenore, ma anche un fine dicitore, ha letto con voce pulita
e con partecipazione, a volte ironica, a volte incuriosita, i racconti di
Saverio Strati, ”Gianni e la zappa”,” Il Prete e la pioggia”, “ Il contadino e
le fate” racconti scelti da lui, per dirci che nessuno deve scordare le sue
origini, nessuno si mette d’accordo per un benessere generale e nessuno è
felice se non si accontenta e non smette di chiedere.”
Domando come mai abbia ripreso il primo verso di un
canto popolare e lo abbia ripetuto alla fine, come sempre faccio anche io nei
miei post, e lui mi risponde che gli piace chiudere un cerchio, ritornando
sulla strofa con sua personalissima
aggiunta.
Questa io
credo sia la differenza fra chi è un prodotto e chi aggiunge sempre qualcosa di
sé stesso. Per il successo poi
aspettiamo la Clerici!
Ippolita
Luzzo
lunedì 25 dicembre 2017
Post natalizio al freddo e al gelo
Splendida giornata di sole oggi. Vado a fare due passi al Parco Felice Mastroianni, un parco intestato ad un caro e amato poeta originario di Platania. La giornata è splendida.
Il Natale sembra domenica, ogni domenica è l'incontro con l'avvenimento sacro della comunione con quella nascita, la possibilità per gli uomini di essere riscattati dal perdono da quel Dio inflessibile e onnipotente conosciuto attraverso la Bibbia.
Una rivoluzione fu il Natale, una rivoluzione del pensiero, un umanesimo della tolleranza e della disciplina.
Il messaggio fu travisato e chissà se lo conosceremo mai nella sua totale accezione rivoluzionaria, però dovrebbe rimanere, esso contiene i temi al centro del dibattito al freddo e al gelo del 2017.
E mentre il Natale viene consumato offendendo lo spirito stesso del Natale, al freddo e al gelo dei rapporti umani ci troviamo i telefonini invasi da video inneggianti solidarietà.
La disumanizzazione degli auguri. Video e immagini stereotipate presi da internet e schiaffati a tutti i contatti su whatsapp messenger e Facebook, in triplice augurio alle stesse persone, tanto chi li manda manco si accorge di averli già mandati.
Un freddo e un gelo che questo sole, luminoso e amabile dell'inverno tenta invano di scaldare.
Per noi una poesia di Felice Mastroianni
L' arcata sul sereno
Rifioriscon le rose
dei cieli sopra il mondo
e ricanta la vita
in un flusso di eterni
ritorni, sempre nuovi, delle cose.
Al respiro profondo
di selve e di marine
si disancora l'anima ai superni
lavacri della luce, oltre il confine
breve dell'ombra.
E d'azzurro s'irrora
la giovinezza mia
nella giovane luce dell'aurora.
A me la vita sia
non avara d'azzurro e di sereno
per te dolce Poesia.
Buon Natale da Litweb
Il Natale sembra domenica, ogni domenica è l'incontro con l'avvenimento sacro della comunione con quella nascita, la possibilità per gli uomini di essere riscattati dal perdono da quel Dio inflessibile e onnipotente conosciuto attraverso la Bibbia.
Una rivoluzione fu il Natale, una rivoluzione del pensiero, un umanesimo della tolleranza e della disciplina.
Il messaggio fu travisato e chissà se lo conosceremo mai nella sua totale accezione rivoluzionaria, però dovrebbe rimanere, esso contiene i temi al centro del dibattito al freddo e al gelo del 2017.
E mentre il Natale viene consumato offendendo lo spirito stesso del Natale, al freddo e al gelo dei rapporti umani ci troviamo i telefonini invasi da video inneggianti solidarietà.
La disumanizzazione degli auguri. Video e immagini stereotipate presi da internet e schiaffati a tutti i contatti su whatsapp messenger e Facebook, in triplice augurio alle stesse persone, tanto chi li manda manco si accorge di averli già mandati.
Un freddo e un gelo che questo sole, luminoso e amabile dell'inverno tenta invano di scaldare.
Per noi una poesia di Felice Mastroianni
L' arcata sul sereno
Rifioriscon le rose
dei cieli sopra il mondo
e ricanta la vita
in un flusso di eterni
ritorni, sempre nuovi, delle cose.
Al respiro profondo
di selve e di marine
si disancora l'anima ai superni
lavacri della luce, oltre il confine
breve dell'ombra.
E d'azzurro s'irrora
la giovinezza mia
nella giovane luce dell'aurora.
A me la vita sia
non avara d'azzurro e di sereno
per te dolce Poesia.
Buon Natale da Litweb
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