13 agosto2017
Nelle letture e nei racconti spesso ricorre l'amante, la persona fuori da un rapporto ufficiale e proprio per questo condannata alla clandestinità. Uomo o donna, amante, sa che non deve e non può telefonare al suo amato o amata, sa che non può chiedere se e quando si potranno rivedere, sarà l'altro o altra a dire quando, l'amante dovrà essere disponibile a rivedersi quando l'altro vorrà.
Sa che a ferragosto, Natale e Capodanno, ogni domenica, onomastico e compleanno, sono dedicate alla famiglia, alla moglie, al marito e solo o sola l'amante sta.
Una posizione scomodissima tale da non favorire progetti, programmi e illusioni.
Ho sempre sconsigliato simile posizione a chiunque mi ha chiesto consiglio ed io non avrei mai pensato di creare una situazione simile come amante o come amato. Non ho infatti mai avuto un legame simile.
Eppure riflettendo sui rapporti amicali degli ultimi anni non trovo simbologia più attinente se non questa. Sono così strutturati i pochi e piacevoli incontri con amici. Non conosco dove abitano questi amici, non conosco le loro case, non potrei neppure andare in visita, suppongo, e so con precisione quanto siano illusorie le promesse. Gentilissimi, educatissimi, eppure Ciao Ciao, e non li vedrai più.
Devo aspettare, aspettare che qualcuno di loro telefoni, aspettare il caso e la buona sorte, e sorridere sempre delle straordinarie nonché uniche opportunità di poter anche io vedere la vita.
Ringrazio sempre e ringrazio ancora eppure poi, sbagliando forse, mi illudo di aver un ruolo amicale tale da poter telefonare io, tale da poter proporre, tale da poter viver dentro quell'amicizia e non fuori.
Leggendo e leggendo, spesso questa condizione, dalla sorte avuta in regalo, sembra sia la vita di scrittori e artisti famosi, di persone messe fuori, intente a bussare e bussare a quel portone chiamato vita sociale.
Una vita letteraria dunque.
Del brusio delle occasioni sociali non rimane più il ricordo da quando, spenta la televisione, nessuno abita più qui.
domenica 13 agosto 2017
giovedì 10 agosto 2017
Via Dall'Aspromonte - Pietro Criaco
"A strata pa so libertà"
Pietro Criaco nato ad Africo vive in Piemonte. Studia cinematografia e legge il libro di Saverio Strati, “La teda”nei primi anni ottanta. Il titolo catturò la sua curiosità perché ad Africo, “a deda” era una scheggia di pino che si conficcava tra una pietra e l’altra, per illuminare le case.
Si appassiona a questa storia e gira Terrarossa, un suo film del 1985.
Dopo il restauro del colore e del suono da parte del regista, il giorno 11 agosto 2015 fu proiettato in piazza ad Africo, alla presenza di quasi tutti gli attori che vi avevano partecipato allora, dopo trent'anni.
Leggere un libro non vuol dire stare qui a raccontare la trama del libro, leggere e parlarne vuol dire donare un filo da afferrare per continuare a fare strada con le storie che ci appartengono. Voglio perciò regalarvi quel filo nella fiducia che vogliate tenerlo con voi.
Nella storia del paese e di Andrea, il bambino protagonista e il suo rapporto col padre "Tutto girava intorno a mio padre ed io ero la luce dei suoi occhi. Lo capivo dal suo sguardo, dai suoi atteggiamenti.Erano i giorni della vita e del sole, della luce e dell'aria.Tutto brillava intorno a me che vivevo di piccole cose, di granelli, di pulviscoli quasi invisibili. Tutto era per me come una festa. E poi c'era la fiducia di mio padre, il collante perfetto per superare tutti gli ostacoli. Era come volteggiare nell'aria con le farfalle di maggio. C'erano i canti delle donne, i discorsi con Andrea lo spaccapietre e la nostra, prima e unica strada da completare. E alla fine, sopra tutto questo, c'era mio padre che troneggiava come un gran condottiero, che lottava per la libertà del suo popolo"Da "Via dall'Aspromonte" fino alla decisione di fare una strada che colleghi Africo con Bocca Marina. Una strada.
Non sono mai stata ad Africo, ricordo invece San Luca, Polsi, dove fui tanti anni fa, l'Aspromonte di Corrado Alvaro, ed ora più a sud Africo Vecchio alle pendici dell'Aspromonte. Un paese poi creato al mare, vicino Bianco. Il libro di Pietro Criaco fa narrazione di momenti storici ben precisi, di situazioni vere, di drammatici contesti tristemente sopportati e vissuti da abitanti di diversi paesi della Calabria. Un libro che mi riporta a Giuseppe Maria Galanti, ai suoi rendiconti alla corte del re di Napoli, la tassa sul macinato, mi riporta a Gioacchino Criaco e al suo Anime Nere, alla storia di soprusi e di ingiustizie, di miserie e malattie dalla quale poi è nata la malapianta della malavita. Nel libro di Pietro però rimane la fiducia che la strada si faccia, si possa fare e mentre io leggo commossa i giochi dei bimbi, il gioco della lippa o a caccia di nidi dentro la boscaglia, i cibi, i dolci col miele, mi ritrovo a ribellarmi nel veder morire di parto perché il medico non arriva. Una comunità lasciata sola. In un momento storico confuso più che mai servono libri come questo per non perdere identità, storia, e fonti precise, riferimenti utilissimi per non seguire il finto e il falso portato in giro fino a sfigurare territori e anime. Un libro che rispetta la forza del pensiero. La strada verso la libertà.
Ippolita Luzzo
"Le condizioni sociali ed igieniche di Africo nel periodo interbellico erano disastrose. Il meridionalista Umberto Zanotti Bianco, coadiuvato dal giovane Manlio Rossi Doria, eseguì un'inchiesta su Africo nella quale riferiva come il paese fosse annidato su case dirute per il pregresso terremoto, isolato geograficamente, afflitto da tasse indiscriminate e da malattie, fosse privo di medico, di aule scolastiche (le lezioni si svolgevano nelle stanza da letto della maestra); gli abitanti si nutrivano di un immangiabile pane fatto con lenticchie e cicerchie[8][9].
Il 20 gennaio 1945 la popolazione di Africo assaltò con armi da fuoco e distrusse con bombe a mano la locale caserma dei carabinieri, costringendo i tre o quattro militi presenti a rifugiarsi negli scantinati e liberandoli solo dopo averli disarmati[10]. In questo periodo si costituirono nel paese la sezione del Partito socialista, quella del Partito comunista e la Camera del lavoro.
Nel marzo 1948 il settimanale “L'Europeo” pubblicò un reportage da Africo a firma del giornalista Tommaso Besozzi, corredato da alcune fotografie di Tino Petrelli; tale reportage (che faceva parte di un'ampia inchiesta sulle condizioni del Mezzogiono promossa da Arrigo Benedetti) mostrava come le condizioni del paese non fossero sostanzialmente migliorate rispetto a quelle descritte vent'anni prima da Zanotti Bianco"
FILM TERRAROSSA (1985)
Film Terrarossa del 1985 di Pietro Criaco
Il film nasce nell'ormai lontano 1985 ispirato da una coinvolgente lettura del romanzo di Saverio Strati, LA TEDA da parte del regista Pietro Criaco. Il film ha ricevuto alcuni premi e fu proiettato al Festival Cinema Giovani a Torino.
Testo della canzone TERRAROSSA
Simu genti dilla montagna
e lu coraggiu ndi ccumpagna
pe nostri diritti e lu nostru pani
na luci i speranza po domani
na luci i speranza po domani.
A Terrarossa rrivau la guerra
e i megghju giuvani si li pigghjau
tra la fatica e la miseria
e lu podestà chi ntrallazzau
e lu podestà chi ntrallazzau.
E a farina sa mangia u patruni
ma vinni fatta tra milli suduri
e i nostri figghijoli chi sempri soffriru
ndavi i nci damu u pani nigru
ndavi i nci damu u pani nigru.
E si lla genti dilla montagna
è forti e combatti e smetti i si lagna
vinci a so lotta cuntra a tutti i podestà
e trova a strata pa so libertà
e trova a strata pa so libertà.
Pietro Criaco nato ad Africo vive in Piemonte. Studia cinematografia e legge il libro di Saverio Strati, “La teda”nei primi anni ottanta. Il titolo catturò la sua curiosità perché ad Africo, “a deda” era una scheggia di pino che si conficcava tra una pietra e l’altra, per illuminare le case.
Si appassiona a questa storia e gira Terrarossa, un suo film del 1985.
Dopo il restauro del colore e del suono da parte del regista, il giorno 11 agosto 2015 fu proiettato in piazza ad Africo, alla presenza di quasi tutti gli attori che vi avevano partecipato allora, dopo trent'anni.
Leggere un libro non vuol dire stare qui a raccontare la trama del libro, leggere e parlarne vuol dire donare un filo da afferrare per continuare a fare strada con le storie che ci appartengono. Voglio perciò regalarvi quel filo nella fiducia che vogliate tenerlo con voi.
Nella storia del paese e di Andrea, il bambino protagonista e il suo rapporto col padre "Tutto girava intorno a mio padre ed io ero la luce dei suoi occhi. Lo capivo dal suo sguardo, dai suoi atteggiamenti.Erano i giorni della vita e del sole, della luce e dell'aria.Tutto brillava intorno a me che vivevo di piccole cose, di granelli, di pulviscoli quasi invisibili. Tutto era per me come una festa. E poi c'era la fiducia di mio padre, il collante perfetto per superare tutti gli ostacoli. Era come volteggiare nell'aria con le farfalle di maggio. C'erano i canti delle donne, i discorsi con Andrea lo spaccapietre e la nostra, prima e unica strada da completare. E alla fine, sopra tutto questo, c'era mio padre che troneggiava come un gran condottiero, che lottava per la libertà del suo popolo"Da "Via dall'Aspromonte" fino alla decisione di fare una strada che colleghi Africo con Bocca Marina. Una strada.
Non sono mai stata ad Africo, ricordo invece San Luca, Polsi, dove fui tanti anni fa, l'Aspromonte di Corrado Alvaro, ed ora più a sud Africo Vecchio alle pendici dell'Aspromonte. Un paese poi creato al mare, vicino Bianco. Il libro di Pietro Criaco fa narrazione di momenti storici ben precisi, di situazioni vere, di drammatici contesti tristemente sopportati e vissuti da abitanti di diversi paesi della Calabria. Un libro che mi riporta a Giuseppe Maria Galanti, ai suoi rendiconti alla corte del re di Napoli, la tassa sul macinato, mi riporta a Gioacchino Criaco e al suo Anime Nere, alla storia di soprusi e di ingiustizie, di miserie e malattie dalla quale poi è nata la malapianta della malavita. Nel libro di Pietro però rimane la fiducia che la strada si faccia, si possa fare e mentre io leggo commossa i giochi dei bimbi, il gioco della lippa o a caccia di nidi dentro la boscaglia, i cibi, i dolci col miele, mi ritrovo a ribellarmi nel veder morire di parto perché il medico non arriva. Una comunità lasciata sola. In un momento storico confuso più che mai servono libri come questo per non perdere identità, storia, e fonti precise, riferimenti utilissimi per non seguire il finto e il falso portato in giro fino a sfigurare territori e anime. Un libro che rispetta la forza del pensiero. La strada verso la libertà.
Ippolita Luzzo
"Le condizioni sociali ed igieniche di Africo nel periodo interbellico erano disastrose. Il meridionalista Umberto Zanotti Bianco, coadiuvato dal giovane Manlio Rossi Doria, eseguì un'inchiesta su Africo nella quale riferiva come il paese fosse annidato su case dirute per il pregresso terremoto, isolato geograficamente, afflitto da tasse indiscriminate e da malattie, fosse privo di medico, di aule scolastiche (le lezioni si svolgevano nelle stanza da letto della maestra); gli abitanti si nutrivano di un immangiabile pane fatto con lenticchie e cicerchie[8][9].
Il 20 gennaio 1945 la popolazione di Africo assaltò con armi da fuoco e distrusse con bombe a mano la locale caserma dei carabinieri, costringendo i tre o quattro militi presenti a rifugiarsi negli scantinati e liberandoli solo dopo averli disarmati[10]. In questo periodo si costituirono nel paese la sezione del Partito socialista, quella del Partito comunista e la Camera del lavoro.
Nel marzo 1948 il settimanale “L'Europeo” pubblicò un reportage da Africo a firma del giornalista Tommaso Besozzi, corredato da alcune fotografie di Tino Petrelli; tale reportage (che faceva parte di un'ampia inchiesta sulle condizioni del Mezzogiono promossa da Arrigo Benedetti) mostrava come le condizioni del paese non fossero sostanzialmente migliorate rispetto a quelle descritte vent'anni prima da Zanotti Bianco"
FILM TERRAROSSA (1985)
Film Terrarossa del 1985 di Pietro Criaco
Il film nasce nell'ormai lontano 1985 ispirato da una coinvolgente lettura del romanzo di Saverio Strati, LA TEDA da parte del regista Pietro Criaco. Il film ha ricevuto alcuni premi e fu proiettato al Festival Cinema Giovani a Torino.
Testo della canzone TERRAROSSA
Simu genti dilla montagna
e lu coraggiu ndi ccumpagna
pe nostri diritti e lu nostru pani
na luci i speranza po domani
na luci i speranza po domani.
A Terrarossa rrivau la guerra
e i megghju giuvani si li pigghjau
tra la fatica e la miseria
e lu podestà chi ntrallazzau
e lu podestà chi ntrallazzau.
E a farina sa mangia u patruni
ma vinni fatta tra milli suduri
e i nostri figghijoli chi sempri soffriru
ndavi i nci damu u pani nigru
ndavi i nci damu u pani nigru.
E si lla genti dilla montagna
è forti e combatti e smetti i si lagna
vinci a so lotta cuntra a tutti i podestà
e trova a strata pa so libertà
e trova a strata pa so libertà.
mercoledì 9 agosto 2017
Il numero 7 della Locanda delle fate
Siamo a Corazzo, Martedì 8 agosto 2017 Presentazione del Libro di Luciano Boero "Prati di Lucciole per sempre" all'Abbazia di Carlopoli, con Luciano Boero, Leonardo Sasso, Max Brignolo e Giorgio Gardino, evento creato da Rock On, Suoni del Sud Lamezia e Progetto Gedeone, dopo il concerto tenuto ieri a Martirano Lombardo, ultimo della storia musicale nel Sud Italia, della "Locanda delle Fate" ed organizzato da Rock On.
Quel che mi interessa a raccontare è il numero 7 a scandire vari episodi della vita di questa band, l'ultimo vedrà lo scioglimento della band nel 2017.
Nel leggere ogni avvenimento musicale o storico spesso gli uomini individuano una sorta di destino, numerico o personale, e seguono il racconto evidenziando i passaggi di conseguenza.
Una sorta di Breve trattato sulle coincidenze.
Cosa possiamo raccontare di una band bravissima e dall'unico disco nato negli anni settanta e poi niente più, perché il momento storico seguiva altre suggestioni?
Cosa possiamo dire se non con loro asserire che sono molteplici le situazioni in cui gli artisti a volte vengono convinti a incidere in seguito qualcosa che piaccia ai tempi?
E se avessero accettato contratto con l'altra casa discografica?
Non sappiamo.
Loro ci sembrano consapevoli di aver fatto una buona musica, ed anche Marcello ricorda il Banco del Mutuo Soccorso e della PfM, parlandomi di loro, ed è molto felice di aver organizzato un concerto unico, poi si scioglieranno.
In questo luogo dove la storia è passata e ripassata in modo sempre diverso apprezziamo le parole serene di questi musicisti sulla storia di una band che ci sembra La locanda delle fate.
Appunti di unicità.
Ippolita Luzzo
·
Quel che mi interessa a raccontare è il numero 7 a scandire vari episodi della vita di questa band, l'ultimo vedrà lo scioglimento della band nel 2017.
Nel leggere ogni avvenimento musicale o storico spesso gli uomini individuano una sorta di destino, numerico o personale, e seguono il racconto evidenziando i passaggi di conseguenza.
Una sorta di Breve trattato sulle coincidenze.
Cosa possiamo raccontare di una band bravissima e dall'unico disco nato negli anni settanta e poi niente più, perché il momento storico seguiva altre suggestioni?
Cosa possiamo dire se non con loro asserire che sono molteplici le situazioni in cui gli artisti a volte vengono convinti a incidere in seguito qualcosa che piaccia ai tempi?
E se avessero accettato contratto con l'altra casa discografica?
Non sappiamo.
Loro ci sembrano consapevoli di aver fatto una buona musica, ed anche Marcello ricorda il Banco del Mutuo Soccorso e della PfM, parlandomi di loro, ed è molto felice di aver organizzato un concerto unico, poi si scioglieranno.
In questo luogo dove la storia è passata e ripassata in modo sempre diverso apprezziamo le parole serene di questi musicisti sulla storia di una band che ci sembra La locanda delle fate.
Appunti di unicità.
Ippolita Luzzo
·
Antonello Aracri e Daniele Rizzuti. La fotografia
Antonello Aracri e Daniele Rizzuti
"Sono a pezzi. Non vendibili separatamente"
La fotografia che non è
“Attraverso il mirino, colui che fotografa può uscire da sé ed essere dall'altra parte, nel mondo, può meglio comprendere, vedere meglio, sentire meglio, amare di più„ (Wim Wenders)
Le Fotografie possono raggiungere l’eternità attraverso il momento- Henri Cartier-Bresson
Aristotele, nella Metafisica, libro primo, dice che tutti gli uomini desiderano sapere.
Che, se non dobbiamo compiere niente, scegliamo il vedere in cambio di tutte le altre sensazioni, perché questa fra le altre ci fa conoscere e mostra molte differenze.
Appunto … tutte le sfumature dei colori dell’intimo.
Dalla finestra sul cortile di Hitchcock dove James Stewart guardava con un binocolo la finestra dell’appartamento accanto al Grande Fratello …
E adesso tutti sui siti, sui blog, su Facebook
Un mostrarsi, un fotografarsi, un vedersi… ciechi
Una volta sulla spiaggia un signore mi mostrò moltissime belle immagini, fotografie di luoghi.
Io, ignara, domandai:- Li hai fatti tu? Sei stato in questi posti?-
Lui mi rispose:- Li ho presi da internet.
E ok, ormai si prende tutto da internet, ma perché li mostrava, se non erano suo immaginare?
Anche se prendiamo dal bacino dell’informazione e delle immagini dobbiamo sapere perché, altrimenti restiamo semplici passivi guardoni.
Daniele e Antonello, ma tutti noi, non vogliamo essere guardoni, vogliamo guardare, elaborare, fare a pezzi, dissolvere, manipolare, strappare, incollare, inquinare, mettere il nostro segno.
Dare un personalissimo contributo al piacere degli occhi
Daniele Rizzuti
Senza corpo. Solo aria. La forma dell’aria. Come i calchi di Pompei ci ricordano che in quei vuoti ci furono corpi che vivevano, così nell'aria colorata di Daniele noi vediamo i corpi che potrebbero, che ci sono, che impalpabili e poetici vanno nel bianco della carta. La coda dell’occhio è il suo. Lo sfondo, la periferia della nostra vista e della nostra percezione, che passa inosservata nella quotidianità. L’Utilità dell’inutile, direbbe Nuccio Ordine. L’indeterminato è l’inconscio ottico. Il vagare, andare in giro. Senza quella vaghezza non ci sarebbe né spazio né movimento. “L’immagine non ha confine e pur esistendo tra due limiti, il bianco e il nero, essa assume infinite forme” dalla negazione dell’identità di Daniele Rizzuti
Antonello Aracri
Lo scatto in più che imprime una immagine in mutazione. Mentre già se ne va. E mentre tutto si allontana i colori si dilatano e si sfocano, le figure si sovrappongono, il reale si dilata con tutto il languore di esser stato. Lo stato delle cose. Che non stanno eppur ci stanno con il muoversi mentre l'uomo fa un click per fermare, per prendere solo un attimo. E tutto un attimo diviene. Foto che scappano via da noi, offrendosi nella intimità di un racconto. Loro parlano con te. Parlano di te, parlano e tu sai che fai parte insieme a loro di quel click che un autoritratto fece. Foto ignoranti imperfette irregolari ma con personalità, la sua.
La grandezza di possedere personalità!
Ippolita Luzzo
"Sono a pezzi. Non vendibili separatamente"
La fotografia che non è
“Attraverso il mirino, colui che fotografa può uscire da sé ed essere dall'altra parte, nel mondo, può meglio comprendere, vedere meglio, sentire meglio, amare di più„ (Wim Wenders)
Le Fotografie possono raggiungere l’eternità attraverso il momento- Henri Cartier-Bresson
Aristotele, nella Metafisica, libro primo, dice che tutti gli uomini desiderano sapere.
Che, se non dobbiamo compiere niente, scegliamo il vedere in cambio di tutte le altre sensazioni, perché questa fra le altre ci fa conoscere e mostra molte differenze.
Appunto … tutte le sfumature dei colori dell’intimo.
Dalla finestra sul cortile di Hitchcock dove James Stewart guardava con un binocolo la finestra dell’appartamento accanto al Grande Fratello …
E adesso tutti sui siti, sui blog, su Facebook
Un mostrarsi, un fotografarsi, un vedersi… ciechi
Una volta sulla spiaggia un signore mi mostrò moltissime belle immagini, fotografie di luoghi.
Io, ignara, domandai:- Li hai fatti tu? Sei stato in questi posti?-
Lui mi rispose:- Li ho presi da internet.
E ok, ormai si prende tutto da internet, ma perché li mostrava, se non erano suo immaginare?
Anche se prendiamo dal bacino dell’informazione e delle immagini dobbiamo sapere perché, altrimenti restiamo semplici passivi guardoni.
Daniele e Antonello, ma tutti noi, non vogliamo essere guardoni, vogliamo guardare, elaborare, fare a pezzi, dissolvere, manipolare, strappare, incollare, inquinare, mettere il nostro segno.
Dare un personalissimo contributo al piacere degli occhi
Daniele Rizzuti
Senza corpo. Solo aria. La forma dell’aria. Come i calchi di Pompei ci ricordano che in quei vuoti ci furono corpi che vivevano, così nell'aria colorata di Daniele noi vediamo i corpi che potrebbero, che ci sono, che impalpabili e poetici vanno nel bianco della carta. La coda dell’occhio è il suo. Lo sfondo, la periferia della nostra vista e della nostra percezione, che passa inosservata nella quotidianità. L’Utilità dell’inutile, direbbe Nuccio Ordine. L’indeterminato è l’inconscio ottico. Il vagare, andare in giro. Senza quella vaghezza non ci sarebbe né spazio né movimento. “L’immagine non ha confine e pur esistendo tra due limiti, il bianco e il nero, essa assume infinite forme” dalla negazione dell’identità di Daniele Rizzuti
Antonello Aracri
Lo scatto in più che imprime una immagine in mutazione. Mentre già se ne va. E mentre tutto si allontana i colori si dilatano e si sfocano, le figure si sovrappongono, il reale si dilata con tutto il languore di esser stato. Lo stato delle cose. Che non stanno eppur ci stanno con il muoversi mentre l'uomo fa un click per fermare, per prendere solo un attimo. E tutto un attimo diviene. Foto che scappano via da noi, offrendosi nella intimità di un racconto. Loro parlano con te. Parlano di te, parlano e tu sai che fai parte insieme a loro di quel click che un autoritratto fece. Foto ignoranti imperfette irregolari ma con personalità, la sua.
La grandezza di possedere personalità!
Ippolita Luzzo
martedì 8 agosto 2017
JAZZ&VENTO - La caviglia di Cortale
Sul palco il batterista si afferra una caviglia e portando la gamba ad altezza delle braccia inizia a ballare con una gamba sola al ritmo della musica. Sembra facilissimo e una signora fra il pubblico in piedi, ormai contagiato dal frenetico richiamo delle note, afferra la sua caviglia nel tentativo ahimè inane di emulare il ragazzo sul palco. Desiste dopo alcuni tentativi e riprende a battere le mani. Ciò che sembra facilissimo ad alcuni non lo è per altri e la grande abilità dei bravissimi è far sembrare naturale quel gesto, quella energia e quell'abilità frutto di impegno, allenamento e studio.
Musica a Cortale, nelle due giornate del Jazz, e quel che fa una serata, due serate, da ricordare sono gli incontri casuali e no. La luce sul viso di Danilo Rea, il pianista dei Doctor 3, che io non conoscevo, eppure individuato come uomo luminoso al suo arrivare nel salutare una amica, Valeria. Una luce di serenità e grazia sulla scena ci regalava il tributo a Bruno Canfora "Vorrei che fosse amore",con le immagini in bianco e nero di una televisione italiana ancora servizio pubblico, programmi in cui venivano invitati i grandi del jazz americano,Ella Fitzgerald, insieme a Renato Simonetti, Bruno Martino.
Una volta c'era una televisione di qualità.
Ieri sera Kenny Garrett ha giocato al jo jo invitando il pubblico a seguirlo e mimando con la mano il gioco con l'immaginaria pallina delle note e del gesto. Un sassofono parlante, a volte parole uscivano e la musica era tramutata in parole scambiate.
Noi intanto incontravamo caviglie, dalla caviglia fratturata della signora in cerca di un posto la sera di domenica e accolta nei posti destinati alle autorità alla caviglia del batterista, nelle chiacchiere con Tiziana su Baricco e con Natalino Frijia sul flauto e sul sassofono. Scopro di avere accanto un musicista, Natalino, lo invidio moltissimo, per tutto quello che lui starà sentendo ed a me è impedito dal non aver uno studio e una conoscenza musicale. Posso solo come la signora afferrarmi la caviglia e rimetterla al suo posto saltellando ed applaudendo come ognuno di noi sa.
Ippolita Luzzo
JAZZ&VENTO - XIV EDIZIONE
PROGRAMMA JAZZ&VENTO 2017
Presentata la quattordicesima edizione di Jazz & Vento,
che si terrà come di consueto ad ingresso totalmente gratuito nelle serate del 6 e 7 agosto
prossimi in piazza Cefaly a Cortale.
Il direttore artistico Franco Suppa ha individuato ottimi concerti nei live degli appena riformatisi Doctor 3, cui seguirà il sensazionale sassofonista Kenny Garrett. Doctor 3: Danilo Rea al piano, Enzo Pietropaoli al contrabbasso, Fabrizio Sferra alla batteria: dai Beatles fino a Leonard Cohen, David Bowie, the Doors, Carole King e tutto quello che arriva dal ricordo di una carriera che pochi altri possono vantare.
Grande replica la sera successiva con il quintetto accreditato a Kenny Garrett, fra i principali altosassofonisti della sua generazione, messosi in luce grazie alle brillanti collaborazioni con musicisti del calibro di Freddie Hubbard, Woody Shaw, Art Blakey & The Jazz Messengers e sopratutto Miles Davis, fu proprio Garrett ad accompagnare Davis allo stadio olimpico di Roma nel corso della sua ultima esibizione italiana del 1991. L'altosassofonista si esibirà nella tradizionale formazione del quintetto, accompagnato da Vernell Brown al piano, Corcoran Holt al contrabbasso, Marcus Baylor alla batteria e Rudy Bird alle percussioni
Simona Papaleo, assessore alla Cultura del Comune di Cortale: “Un edizione sfavillante, nel segno della continuità e della qualità avallate dalla nostra amministrazione guidata dal Sindaco Francesco Scalfaro.” A lei fa eco il trombettista Franco Suppa, uno dei decani del jazz calabrese: “Dedicheremo questa edizione alla
memoria di Jaco Pastorius, uno dei miei riferimenti assoluti"
domenica 6 agosto 2017
"Il gattopardo" Tomasi di Lampedusa
e Il gattopardo che non c’è. Pensieri e parole, ed opere
Essere caparbie.
La volontà di fare, cura e attenzione, l’interesse che non c’è
Il gattopardo: la filosofia dell’ozio, ovvero l’incuria del sud
Una serata con Il Gattopardo in Biblioteca tanti anni fa.
La splendida Angelica volteggia nel salone sulle note del valzer brillante di Verdi: Il passato.
Chiara fotografa insieme passato e presente per fare futuro.
Nel rincorrere le tante immagini di questo avvenimento mi faccio prender per mano da loro, la freschezza, la giovinezza, la fragilità e la decisione di queste tre donne mi accompagnano in una lettura storica epidermica su tovagliati e ricami, gioielli e dipinti, dolci e mobili accuditi e accarezzati per far bello il farsi del tempo.
Mani che stendono la sfoglia, che assemblano con pietre un albero di Natale, che raccolgono fiori e la festa inizia.
Si aprano le danze.
Ed ora brutalmente ci tuffiamo nelle parole, nei pensieri del Gattopardo
Dalla parte delle donne? Né da una parte, né da un’altra, da nessuna parte.
Parla il Principe "Il sonno, il sonno è ciò che i Siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare."
Mi sono sempre chiesta perché mai il principe di Salina, illuminista, dice l’autore, condanni alla quasi ignoranza le sue figlie, lasciandole sgranare rosari e fare sfilati.
Con mia vera partecipazione alle tante donne lasciate, come Concetta, ad accudire casa e a badare solo a mestieri femminili, senza luce.
Lo sciupio di intere esistenze.
Mi chiedo se l’arretratezza di tutto un meridione non sia da attribuire a questo sdegno verso la scuola, verso l’intraprendenza del fare, verso il lavoro.
Me lo chiedevo ieri sera quando i due ragazzi ballavano.
Me lo chiedo anche stasera,
Lui, il principe, dopo aver accettato il matrimonio fra Tancredi e Angelica, guardandoli ballare ragiona così:
"Essi offrivano lo spettacolo più patetico di ogni altro, quello di due giovanissimi innamorati che ballano insieme, ciechi ai difetti reciproci, sordi agli ammonimenti del destino, illusi che tutto il cammino della vita sarà liscio come il pavimento del salone, attori ignari cui un regista fa recitare la parte di Giulietta e quella di Romeo nascondendo la cripta e il veleno, di già previsti nel copione. Né l'uno né l'altro erano buoni, ciascuno pieno di calcoli, gonfio di mire segrete, ma entrambi erano cari e commoventi mentre le loro non limpide ma ingenue ambizioni erano obliterate dalle parole di giocosa tenerezza che lui le mormorava all'orecchio e dal profumo dei capelli di lei, dalla reciproca stretta di quei loro corpi destinati a morire."
Io continuo a domandarmi il perché di tanto scetticismo se lui sta consegnando il suo patrimonio, il suo nome, ad una donna nuova, che ammira per le stesse qualità che ha ucciso nelle figlie.
Angelica, istruita al nord, di bella presenza e con dote sostanziosa
Angelica è il prodotto confezionato per uno stato nuovo.
Anche lei, per ora, una merce di scambio, poi diventerà una delle più viperine Egerie di Montecitorio. Una vipera benché ninfa e consigliera di Numa Pompilio, amante e poi moglie, dalla mitologia.
Sulla donna si baratta e si costruisce una fortuna.
In un altro passo il principe dirà che:
"La facoltà di ingannare se stesso, è questo requisito essenziale per chi voglia guidare gli altri."
Anche perché così potrà guardarsi senza disgusto
Mi sembra più che logico che lui voglia ingannarsi, perché si sarà graziato dal grande rincrescimento di essere responsabile di cotanto sfascio.
L’indifferenza con cui lui ha gestito i suoi averi, cose e persone, il senso di superiorità e di fierezza che finalmente chiama cecità, ozio.
L’ozio dei possidenti del sud
Mi ricorda la vicenda di questo Palazzo Nicotera lasciato tanto tempo in ostaggio, da Palazzo nobiliare a Tribunale, da Tribunale a deposito di frutta e verdure ed ora sede Della Biblioteca Comunale.
Tutto cambia… vorremmo lo stesso per tutti i palazzi di Lamezia.
Ebbene aldilà del semplice e scontato dato storico che le donne e i poveri, come il popolo, senza pane e senza denti, non abbiano mai contato niente nei vari rivolgimenti sociali, mi sembra necessario sottolineare come dopo Angelica, dopo Concetta, dopo le tante Immacolate, dopo malaria e scarlattina, rachitismo e pellagra, la caparbietà di tutte noi, uomini e donne, non sia quella di dormire un lungo sonno ma di stare svegli.
I due ragazzi che ieri sera ballavano non erano illusi che tutto il cammino della vita sarà liscio ma sono due individui determinati, capaci e decisi, preparati e affettuosi, insomma svegli, come è giusto che sia.
In un meridione che annaspa noi tutti abbiamo bisogno di donne e di uomini capaci, noi qui, questa sera, abbiamo l’inventiva di tante, dalle fotografie di Chiara ai dipinti di Madeleine, dai gioielli all'editoria, insomma le arti tutte, di donne caparbie che dalla parte di Angelica e di Concetta vorrebbero riscattare silenzi e misfatti.
Le scarpe rosse sul nostro tavolo, appena giorni fa, erano in mostra sulle strade d’Italia come simbolo contro violenza, stasera ballano decise verso bellezza e autonomia.
Sulle note di un valzer amato vorremmo dire al principe che afferma:
"I siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti; la loro vanità è più forte della loro miseria."
Noi vogliamo migliorare, non pensiamo di essere perfetti, vogliamo migliorare nonostante chi ci sta intorno vorrebbe impedirlo.
La lezione del gattopardo e di Lighea, la sirena che si spiaggiò sulle nostre coste e ora vive nel libro deliziosamente creato da donne artiste, la lezione andrebbe letta così, con indulgenza verso chi sciupò, allora, ma senza indulgenza verso chi ancora crede di poter continuare a sciupare un patrimonio da preservare.
Sulle note di un valzer che porta via con sè l’amarezza di Concetta che subisce l’ultima rivelazione su una frottola raccontata da Tancredi, cade la consolazione di poter attribuire ad altri la propria infelicità che è l’ultimo ingannevole filtro dei disperati
Vogliamo svelare la finzione storica
La verità che è finzione se non fosse anche dolore, sangue, scherno e poi carità, pudore
Quella verità che è solo un manufatto, un gioiello, una fotografia, l’attesa di una vita per dover dire no.
Partendo dal bellissimo rosso del vestito di Claudia, fotografato da Chiara, dalla fragola che ha in mano, dal suo gioco di luce, Rembrandt che alza lo zigomo e poi via, lei, decisa indossa le scarpe rosse, qui sul tavolo e in alto, sui tacchi, corre…
Raggiunge tutte noi che vogliamo andare e non fermarci più, una corsa, via da un immaginario abulico e fabulante verso i diritti di tutti continuamente calpestati. Il cuore rosso della solidarietà. Lampedusa docet
Un paese circolare, lo chiama Pasolini, in Scritti corsari, senza un vero interesse per l’altro. Auguriamoci di poter sfatare tutto ciò con l’interesse che come un filo cucirà questi tre giorni.
Ippolita Luzzo
Essere caparbie.
La volontà di fare, cura e attenzione, l’interesse che non c’è
Il gattopardo: la filosofia dell’ozio, ovvero l’incuria del sud
Una serata con Il Gattopardo in Biblioteca tanti anni fa.
La splendida Angelica volteggia nel salone sulle note del valzer brillante di Verdi: Il passato.
Chiara fotografa insieme passato e presente per fare futuro.
Nel rincorrere le tante immagini di questo avvenimento mi faccio prender per mano da loro, la freschezza, la giovinezza, la fragilità e la decisione di queste tre donne mi accompagnano in una lettura storica epidermica su tovagliati e ricami, gioielli e dipinti, dolci e mobili accuditi e accarezzati per far bello il farsi del tempo.
Mani che stendono la sfoglia, che assemblano con pietre un albero di Natale, che raccolgono fiori e la festa inizia.
Si aprano le danze.
Ed ora brutalmente ci tuffiamo nelle parole, nei pensieri del Gattopardo
Dalla parte delle donne? Né da una parte, né da un’altra, da nessuna parte.
Parla il Principe "Il sonno, il sonno è ciò che i Siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare."
Mi sono sempre chiesta perché mai il principe di Salina, illuminista, dice l’autore, condanni alla quasi ignoranza le sue figlie, lasciandole sgranare rosari e fare sfilati.
Con mia vera partecipazione alle tante donne lasciate, come Concetta, ad accudire casa e a badare solo a mestieri femminili, senza luce.
Lo sciupio di intere esistenze.
Mi chiedo se l’arretratezza di tutto un meridione non sia da attribuire a questo sdegno verso la scuola, verso l’intraprendenza del fare, verso il lavoro.
Me lo chiedevo ieri sera quando i due ragazzi ballavano.
Me lo chiedo anche stasera,
Lui, il principe, dopo aver accettato il matrimonio fra Tancredi e Angelica, guardandoli ballare ragiona così:
"Essi offrivano lo spettacolo più patetico di ogni altro, quello di due giovanissimi innamorati che ballano insieme, ciechi ai difetti reciproci, sordi agli ammonimenti del destino, illusi che tutto il cammino della vita sarà liscio come il pavimento del salone, attori ignari cui un regista fa recitare la parte di Giulietta e quella di Romeo nascondendo la cripta e il veleno, di già previsti nel copione. Né l'uno né l'altro erano buoni, ciascuno pieno di calcoli, gonfio di mire segrete, ma entrambi erano cari e commoventi mentre le loro non limpide ma ingenue ambizioni erano obliterate dalle parole di giocosa tenerezza che lui le mormorava all'orecchio e dal profumo dei capelli di lei, dalla reciproca stretta di quei loro corpi destinati a morire."
Io continuo a domandarmi il perché di tanto scetticismo se lui sta consegnando il suo patrimonio, il suo nome, ad una donna nuova, che ammira per le stesse qualità che ha ucciso nelle figlie.
Angelica, istruita al nord, di bella presenza e con dote sostanziosa
Angelica è il prodotto confezionato per uno stato nuovo.
Anche lei, per ora, una merce di scambio, poi diventerà una delle più viperine Egerie di Montecitorio. Una vipera benché ninfa e consigliera di Numa Pompilio, amante e poi moglie, dalla mitologia.
Sulla donna si baratta e si costruisce una fortuna.
In un altro passo il principe dirà che:
"La facoltà di ingannare se stesso, è questo requisito essenziale per chi voglia guidare gli altri."
Anche perché così potrà guardarsi senza disgusto
Mi sembra più che logico che lui voglia ingannarsi, perché si sarà graziato dal grande rincrescimento di essere responsabile di cotanto sfascio.
L’indifferenza con cui lui ha gestito i suoi averi, cose e persone, il senso di superiorità e di fierezza che finalmente chiama cecità, ozio.
L’ozio dei possidenti del sud
Mi ricorda la vicenda di questo Palazzo Nicotera lasciato tanto tempo in ostaggio, da Palazzo nobiliare a Tribunale, da Tribunale a deposito di frutta e verdure ed ora sede Della Biblioteca Comunale.
Tutto cambia… vorremmo lo stesso per tutti i palazzi di Lamezia.
Ebbene aldilà del semplice e scontato dato storico che le donne e i poveri, come il popolo, senza pane e senza denti, non abbiano mai contato niente nei vari rivolgimenti sociali, mi sembra necessario sottolineare come dopo Angelica, dopo Concetta, dopo le tante Immacolate, dopo malaria e scarlattina, rachitismo e pellagra, la caparbietà di tutte noi, uomini e donne, non sia quella di dormire un lungo sonno ma di stare svegli.
I due ragazzi che ieri sera ballavano non erano illusi che tutto il cammino della vita sarà liscio ma sono due individui determinati, capaci e decisi, preparati e affettuosi, insomma svegli, come è giusto che sia.
In un meridione che annaspa noi tutti abbiamo bisogno di donne e di uomini capaci, noi qui, questa sera, abbiamo l’inventiva di tante, dalle fotografie di Chiara ai dipinti di Madeleine, dai gioielli all'editoria, insomma le arti tutte, di donne caparbie che dalla parte di Angelica e di Concetta vorrebbero riscattare silenzi e misfatti.
Le scarpe rosse sul nostro tavolo, appena giorni fa, erano in mostra sulle strade d’Italia come simbolo contro violenza, stasera ballano decise verso bellezza e autonomia.
Sulle note di un valzer amato vorremmo dire al principe che afferma:
"I siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti; la loro vanità è più forte della loro miseria."
Noi vogliamo migliorare, non pensiamo di essere perfetti, vogliamo migliorare nonostante chi ci sta intorno vorrebbe impedirlo.
La lezione del gattopardo e di Lighea, la sirena che si spiaggiò sulle nostre coste e ora vive nel libro deliziosamente creato da donne artiste, la lezione andrebbe letta così, con indulgenza verso chi sciupò, allora, ma senza indulgenza verso chi ancora crede di poter continuare a sciupare un patrimonio da preservare.
Sulle note di un valzer che porta via con sè l’amarezza di Concetta che subisce l’ultima rivelazione su una frottola raccontata da Tancredi, cade la consolazione di poter attribuire ad altri la propria infelicità che è l’ultimo ingannevole filtro dei disperati
Vogliamo svelare la finzione storica
La verità che è finzione se non fosse anche dolore, sangue, scherno e poi carità, pudore
Quella verità che è solo un manufatto, un gioiello, una fotografia, l’attesa di una vita per dover dire no.
Partendo dal bellissimo rosso del vestito di Claudia, fotografato da Chiara, dalla fragola che ha in mano, dal suo gioco di luce, Rembrandt che alza lo zigomo e poi via, lei, decisa indossa le scarpe rosse, qui sul tavolo e in alto, sui tacchi, corre…
Raggiunge tutte noi che vogliamo andare e non fermarci più, una corsa, via da un immaginario abulico e fabulante verso i diritti di tutti continuamente calpestati. Il cuore rosso della solidarietà. Lampedusa docet
Un paese circolare, lo chiama Pasolini, in Scritti corsari, senza un vero interesse per l’altro. Auguriamoci di poter sfatare tutto ciò con l’interesse che come un filo cucirà questi tre giorni.
Ippolita Luzzo
giovedì 3 agosto 2017
Clara Cerri: Lettere fra l'erba e Dodici posti dove non volevo andare
Clara Cerri è nata e vive a Roma, ha studiato ebraico e lingue orientali antiche. Ha studiato musica classica e jazz e fa parte come cantante di diverse formazioni musicali. Ha pubblicato alcuni racconti sul web e in antologie come I piccoli e i grandi, Cocktail e Lunapark. Dodici posti dove non volevo andare (ed. Lettere Animate), il suo libro di esordio nella narrativa, ha vinto nel 2015 il I Premio letterario Amarganta. Si occupa di promozione editoriale e di eventi culturali per il Circolo letterario Bel-Ami.
Parleremo delle Lettere tra l'erba con Clara Cerri domani, intanto oggi ripropongo un mio pezzo del 2015
SABATO 10 OTTOBRE 2015
Dodici posti dove non volevo andare- Clara Cerri
Sinossi a modo mio
Dodici Posti dove non volevo andare
L'americano stanco
Tutti gli incontri che un uomo può fare, diceva, tutta l'amicizia che può dare, tutta la musica che canta, tutte le parti di felicità che può strappare alla vita, sono cose preziose. Non si misurano e non si pesano. Se si è fortunati, si ricordano.
Via Margutta (1956)
l'idea che precede l'opera d'arte e che è pura INTUIZIONE. Solo e solamente l'intuizione conduce alla creazione artistica. Ad essa fa seguito l'ISPIRAZIONE, cioè il pensiero che interpreta l'opera e gli conferisce un significato concettuale e rappresentativo, estrinsecato nel titolo. Intuizione, ispirazione e titolo sono le tre marche irrinunciabili dell'oggetto artistico, sia dipinto che scolpito… “e scritto.”
La zanzara (1967/1993)
Mortal cosa son io, fattura umana
Tutto mi turba, un soffio sol mi abbatte
Il Tempo, che mi crea, quel mi combatte
(C. Monteverdi - G. Badoaro, Il ritorno di Ulisse in Patria, 1640)
Evviva.
Ci sono momenti della vita in cui tutte le energie sono impegnate nella sopravvivenza. Quando si arriva a dire: "Questo è come morire", non è più questione di aspettative di felicità e di vita migliore, che potrebbero essere puerili. Basta che smetta presto quella cosa che è come morire.
L'attraversamento della notte (2012)
Noi pittori si pigliamo licentia
che si pigliano i poeti et i matti
(Paolo Veronese, 1528-1588)
Intermezzo (1978) e poi Contraltare
“L’ordalia” ingoio e arriva
L’indulgenza
E poi “a che serve sapere che forse c'era un triclinio? Come farsi un impero per conto proprio. A che servono le conoscenze che non diventano patrimonio di tutti?”
E ha continuato a dirlo, 'Tu sei come me', tutto il tempo".
Gli occhi di Clara brillano. "Fantastico. Io non credo che si possa dire qualcosa di più bello a chi si ama". Il verbo amare mi colpisce allo stomaco.
A chi cerca cose nuove è promessa un’eterna primavera.
"Lascia stare Clemente Alessandrino”
Aspetto da un momento all'altro che si prendano la mano sul tavolino di marmo e facciano un miracolo, quello che hanno chiesto senza volerlo per tutti questi anni. Il finale che ci aspettiamo da tutte le storie, che il disamore sia solo incomprensione, che si arrivi alla spiegazione che basta a spazzare via tutti gli ostacoli.
Non è per questo che si canta e si scrive musica, perché chi ascolta quei suoni si senta amato? Perché si senta toccato con tenerezza da quella mano che tanti anni fa, con tanto coraggio, si è tesa in avanti? Sembra una briciola caduta dal banchetto del mondo ma forse è quel conoscerci cui tendiamo invano per tutta la vita, noi che siamo sazi, anche quando ci lasciamo dietro le nostre storie perché qualcuno le legga e immagini un finale diverso dalla sconfitta. Infilo la mano nella borsa, sento il duro della copertina sotto le dita. Io non sono più capace di immaginare quel finale, ma qualcun altro potrebbe. Senza guardare cosa faccio, prendo il quaderno e lo appoggio al davanzale di una finestra. E mi allontano.
Ippolita Luzzo
Dodici posti dove non volevo andare (ed. Lettere Animate)
Una raccolta di racconti che si legge come un romanzo. La storia sopra le righe di una famiglia romana dagli anni ’50 a oggi, attraverso le sfide e le perdite della vita, con la guida dell’amore per la musica e per l’arte e di una tenace capacità di resistenza. I tre personaggi principali della vicenda incarnano tre generazioni in successione: William, un cantante americano depresso e deluso, che cerca nella musica e in Roma la consolazione per il suo fallimento; Clara che ricorda il passato e scruta negli animi mentre vive una vita che avrebbe voluto diversa, il giovane pittore Roy che viene abbandonato da tutti i suoi amori tranne che da quello per Roma. Un’ironia partecipe guida l’intreccio delle storie fin dove si intravede una pace possibile, quella del perdono. Tutti sono assolti, generazione dopo generazione, e dopo i tre giorni di tenebre viene un giorno come tutti gli altri.
Parleremo delle Lettere tra l'erba con Clara Cerri domani, intanto oggi ripropongo un mio pezzo del 2015
SABATO 10 OTTOBRE 2015
Dodici posti dove non volevo andare- Clara Cerri
Sinossi a modo mio
Dodici Posti dove non volevo andare
L'americano stanco
Tutti gli incontri che un uomo può fare, diceva, tutta l'amicizia che può dare, tutta la musica che canta, tutte le parti di felicità che può strappare alla vita, sono cose preziose. Non si misurano e non si pesano. Se si è fortunati, si ricordano.
Via Margutta (1956)
l'idea che precede l'opera d'arte e che è pura INTUIZIONE. Solo e solamente l'intuizione conduce alla creazione artistica. Ad essa fa seguito l'ISPIRAZIONE, cioè il pensiero che interpreta l'opera e gli conferisce un significato concettuale e rappresentativo, estrinsecato nel titolo. Intuizione, ispirazione e titolo sono le tre marche irrinunciabili dell'oggetto artistico, sia dipinto che scolpito… “e scritto.”
La zanzara (1967/1993)
Mortal cosa son io, fattura umana
Tutto mi turba, un soffio sol mi abbatte
Il Tempo, che mi crea, quel mi combatte
(C. Monteverdi - G. Badoaro, Il ritorno di Ulisse in Patria, 1640)
Evviva.
Ci sono momenti della vita in cui tutte le energie sono impegnate nella sopravvivenza. Quando si arriva a dire: "Questo è come morire", non è più questione di aspettative di felicità e di vita migliore, che potrebbero essere puerili. Basta che smetta presto quella cosa che è come morire.
L'attraversamento della notte (2012)
Noi pittori si pigliamo licentia
che si pigliano i poeti et i matti
(Paolo Veronese, 1528-1588)
Intermezzo (1978) e poi Contraltare
“L’ordalia” ingoio e arriva
L’indulgenza
E poi “a che serve sapere che forse c'era un triclinio? Come farsi un impero per conto proprio. A che servono le conoscenze che non diventano patrimonio di tutti?”
E ha continuato a dirlo, 'Tu sei come me', tutto il tempo".
Gli occhi di Clara brillano. "Fantastico. Io non credo che si possa dire qualcosa di più bello a chi si ama". Il verbo amare mi colpisce allo stomaco.
A chi cerca cose nuove è promessa un’eterna primavera.
"Lascia stare Clemente Alessandrino”
Aspetto da un momento all'altro che si prendano la mano sul tavolino di marmo e facciano un miracolo, quello che hanno chiesto senza volerlo per tutti questi anni. Il finale che ci aspettiamo da tutte le storie, che il disamore sia solo incomprensione, che si arrivi alla spiegazione che basta a spazzare via tutti gli ostacoli.
Non è per questo che si canta e si scrive musica, perché chi ascolta quei suoni si senta amato? Perché si senta toccato con tenerezza da quella mano che tanti anni fa, con tanto coraggio, si è tesa in avanti? Sembra una briciola caduta dal banchetto del mondo ma forse è quel conoscerci cui tendiamo invano per tutta la vita, noi che siamo sazi, anche quando ci lasciamo dietro le nostre storie perché qualcuno le legga e immagini un finale diverso dalla sconfitta. Infilo la mano nella borsa, sento il duro della copertina sotto le dita. Io non sono più capace di immaginare quel finale, ma qualcun altro potrebbe. Senza guardare cosa faccio, prendo il quaderno e lo appoggio al davanzale di una finestra. E mi allontano.
Ippolita Luzzo
Dodici posti dove non volevo andare (ed. Lettere Animate)
Una raccolta di racconti che si legge come un romanzo. La storia sopra le righe di una famiglia romana dagli anni ’50 a oggi, attraverso le sfide e le perdite della vita, con la guida dell’amore per la musica e per l’arte e di una tenace capacità di resistenza. I tre personaggi principali della vicenda incarnano tre generazioni in successione: William, un cantante americano depresso e deluso, che cerca nella musica e in Roma la consolazione per il suo fallimento; Clara che ricorda il passato e scruta negli animi mentre vive una vita che avrebbe voluto diversa, il giovane pittore Roy che viene abbandonato da tutti i suoi amori tranne che da quello per Roma. Un’ironia partecipe guida l’intreccio delle storie fin dove si intravede una pace possibile, quella del perdono. Tutti sono assolti, generazione dopo generazione, e dopo i tre giorni di tenebre viene un giorno come tutti gli altri.
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