Ospite dell'Uniter e presentata da Costanza FalvoD' Urso Maria Antonietta Ferraloro, il cinque maggio a Lamezia, ha esordito chiedendosi lo stesso concetto di tempo presente nel lavoro pittorico di Agostino Tulumello. Nell'opera di Agostino la parola tempo scritta con un pennello molto grosso si dilava sulla carta sotto tutta una ragnatela di segni incrociati che segnano la nostra intricata vicenda relazionale col tempo stesso.
Maria Antonietta inizierà la sua ricerca negli anni passati su un periodo della vita di Tomasi Di Lamedusa in cui lui soggiornò a Ficarra, paese di nascita e dell'infanzia di Maria Antonietta. Ficarra è un paese in provincia di Messina e lo scrittore vi soggiornò nell'estate del '43, tra gli ultimi giorni di luglio e la prima decade di agosto, il principe Giuseppe con la moglie, la psicoanalista Licy Wolff Stomersee, moglie con cui ha avuto fino a quel momento soprattutto un legame epistolare. Maria Antonietta si chiederà sempre quanto abbia influito quel soggiorno nello scrittore e se avesse potuto rinvenirne tracce nel suo romanzo Il Gattopardo. Dopo aver vinto il dottorato di ricerca all'Università di Catania, segue, come una Poirot in gonnella, ogni traccia e per un anno intero non trova nulla. Addirittura qualcuno, molto accreditato come studioso di Tomasi, la consiglierà di lasciar perdere.
Ma il tempo si sparge e si allarga e restituisce a chi sa quella traccia cercata perché sotto i vari lavaggi di un tessuto restano sempre impresse le tracce. Così poi per caso e all'improvviso ma frutto di tanto cercare Maria Antonietta può raccogliere testimonianze e riscontri precisi scoprendo anche per caso di aver scritto un libro. Un vero libro. Forte della concezione etica della letteratura diffonde il suo sapere e ce lo dona con semplicità e dolcezza. Ed eccola a mostrarci tutti coloro che parlarono di Tomasi dopo il successo del Gattopardo, da Spinazzola che lo definì romanzo ottocentesco a Calvino che ne rinvenne le raffinate esperienze di letteratura moderna. a Bazlen che scrisse: Una pagina brutta del Gattopardo vale tutti "I Gettoni"
E continua a parlarci delle lezioni che Tomasi teneva a pochissimi allievi, due, massimo cinque allievi, lezioni memorabili, mille e più pagine di sterminata cultura. Con Auerbach impariamo a non stravolgere il senso del testo analizzato ma a prendere ognuno di noi quel che ci piace e ci sembra consono, così anche questi miei appunti seguono la stessa linea, senza cambiare il senso. Con Maria Antonietta siamo a Ficarra, nel periodo della guerra della seconda guerra mondiale, allo sbarco degli alleati, a Brolo, e poi nel giardino di Lucio Piccolo, il cugino di Tomasi, giardino dove un soldato viene abbandonato morente dai tedeschi in fuga. Sarà lo stesso soldato, borbonico nel romanzo, che ritroviamo nelle prime pagine e del Gattopardo, scorto da Don Fabrizio durante la passeggiata. Siamo con Maria Antonietta da Montale e siamo in quella lettera in cui Tomasi scrive che non esistono i miracoli in letteratura o almeno pur se a volte accadono sono rarissimi. In realtà ogni nuovo vissuto letterario ha già vissuto nel tempo e ci viene restituito in altre forme attraverso quel reticolo di studi che aggangia saldamente uno studioso ad un altro nel bene immenso della letterarietà salvifica.
Nei miei appunti partecipati accanto a Maria Antonietta avrei scritto su tante altre meraviglie ascoltate ma rimando ognuno di coloro che mi leggerà ai due libri di Maria Antonietta nella felicità della Litweb. Il tempo ci sia clemente e misericordioso dai tempi dei tempi e non permetta il dilavamento delle conoscenza nel nome della pietas e di una letteratura etica
Ippolita Luzzo
Maria Antonietta Ferraloro autrice nel 2014 di Tomasi di Lampedusa e i luoghi del Gattopardo, finalista al premio Brancati, la studiosa siciliana pubblica nel mese di gennaio 2017 L’opera-orologio. Saggi sul Gattopardo, sempre per Pacini Editore
sabato 6 maggio 2017
lunedì 1 maggio 2017
Ho un altro sud in testa
Ho un altro sud in testa
il sud che ho conosciuto io
senza le tavolate e senza parenti intorno.
Il sud del silenzio e della monotonia.
Ho un altro sud da raccontarvi
dove la vita non ha colore
nemmeno al sole dell'estate,
senza mare e comitive, senza inviti.
Il sud della solitudine.
Un sud che non vuole far nascere
e se è nato non vuole far vivere quel corpo
che anelerebbe vita.
Uccisi dall'indifferenza
al sud si asciugano i giorni dietro un balcone.
Le buche, le cacche dei cani, le bottiglie vuote di birra,
le erbacce lungo i muri delle case, la spazzatura gigante,
ed il silenzio dei rapporti morti.
I vivi sono morti più dei morti,
di chi non ci sta più,
i vivi ci stanno da fantasmi e
il cimitero sembra il luogo più social di tutto il sud.
Ho un altro sud in testa
e mi spiace molto non averlo abbandonato al suo destino.
Un sud dove non vorrei mai ritornare,
sono stata qui ad espiare
non essendo riuscita ad andare via.
Ho un altro sud in testa
il sud della disperazione
e una faccia è l'inferno quotidiano.
il sud che ho conosciuto io
senza le tavolate e senza parenti intorno.
Il sud del silenzio e della monotonia.
Ho un altro sud da raccontarvi
dove la vita non ha colore
nemmeno al sole dell'estate,
senza mare e comitive, senza inviti.
Il sud della solitudine.
Un sud che non vuole far nascere
e se è nato non vuole far vivere quel corpo
che anelerebbe vita.
Uccisi dall'indifferenza
al sud si asciugano i giorni dietro un balcone.
Le buche, le cacche dei cani, le bottiglie vuote di birra,
le erbacce lungo i muri delle case, la spazzatura gigante,
ed il silenzio dei rapporti morti.
I vivi sono morti più dei morti,
di chi non ci sta più,
i vivi ci stanno da fantasmi e
il cimitero sembra il luogo più social di tutto il sud.
Ho un altro sud in testa
e mi spiace molto non averlo abbandonato al suo destino.
Un sud dove non vorrei mai ritornare,
sono stata qui ad espiare
non essendo riuscita ad andare via.
Ho un altro sud in testa
il sud della disperazione
e una faccia è l'inferno quotidiano.
Fare Pubblico al Tip
In collaborazione con Primavera dei teatri il 28,29 e 30 aprile
Fare Pubblico / nuove dialettiche del fare e del vedere a Teatro
Pubblico · Organizzato da Scenari Visibili e TIP Teatro.
Tre giorni nel teatro.
Il teatro a Lamezia ha una tradizione forte ed ottime compagnie da molti anni sperimentano nuove forme di espressione e coinvolgono il pubblico e gli studenti con laboratori e proposte.
Il Tip Teatro, nato da pochi mesi, in un palazzo del centro storico cittadino, è uno dei luoghi dove è possibile assistere al teatro partecipato.
Così mi iscrivo felice a questa tre giorni di seminari e studio.
Gli appunti presi cominciano con le parole di Dario Natale, regista e attore della compagnia Scenari Visibili: Esigenza del presente.
Questi due giorni di seminari sono una esigenza del presente. E ci troviamo in una sede piccola, in una realtà nata da poco dopo che i teatri a Lamezia furono vinti per bando da una associazione di tecnici. Con noi alcuni alunni del Liceo Campanella e del Liceo Scientifico che frequenteranno i corsi sul teatro.
Albano, Pisano,Toppi, come Zoff, Burgnich e Facchetti. La difesa del nostro teatro declinata come i mitici tre di una nazionale di calcio
Ho segnato con un solo lemma a volte tutto un lungo raccontare di Settimio Pisano su Primavera dei Teatri a Castrovillari, realtà che compie 18 anni, nata nel '99, dal nulla.
Verginità di un territorio, teatro diverso e alto, qualità e poi quella prima volta con l'Orlando Furioso. Una scommessa difficile in un territorio lontano dalle vie di comunicazioni più accessibili e con un teatro cittadino chiuso da tempo. Ora invece le compagnie debuttano per la loro prima messa in scena proprio a Castrovillari davanti ad un pubblico eterogeneo fatto di persone che si fidano delle proposte. Un teatro legato al testo scritto, un teatro che deve parlare delle contraddizioni e dare un motivo a chi viene di sopportare il disagio del viaggio ed ai residenti l'orgoglio di parteciparvi.
Vincenzo Albano organizza a Salerno altra splendida realtà e stagione teatrale. E di lui mi piace ricordare le sue parole: "Siamo abituati a pensare in piccolo. Noi dobbiamo cambiare linguaggio e metodo per convincere i privati a sponsorizzare le nostre iniziative." Partendo dal dato di fatto che la manna dei contributi pubblici vada nel mare della nullità, chiunque voglia far teatro dovrà rivolgersi altrove con numeri alla mano e lavorare sulla visibilità e convenienza di quella iniziativa.
Conferma AlessandroToppi che i soldi pubblici vanno a Napoli, per esempio, ad un certo Alfredo Balsamo presidente di circuiti teatrali che dovrebbe circuitare e circuitizza un bel nulla.
Toppi ci racconta la sua formazione di critico partendo da Roberto De Monticelli, suoi pezzi di critica raccolti nel Le mille notti di un critico, e da Franco Quadri fino a Giulio Baffi che rappresenta gli anni ottanta novanta della critica. Una critica fatta senza slanci, anzi la prima frase che Baffi disse a Toppi fu: "La critica è morta." Per Toppi, come pure per me in altri campi, la funzione della critica è testimonianza. Veniamo da anni di sciupio incredibile, il ventennio berlusconiano ha dissolto troppo e tanto ma le radici di un territorio sopravvivono anche al fuoco e al gelo. Là dove non c'era nulla ora c'è una splendida realtà e il vincolo della fiducia fra noi si riforma nel riportare tutto ad un senso.
Dalla novella di Cechov " La legge del fucile" Toppi racconta con Cechov di quel fucile appeso ad un muro e descritto dal narratore all'inizio e conclude con l'esigenza che il fucile alla fine spari. Ogni cosa si riunisce al suo inizio in una circolarità che forma l'idea del tempo: esserci. L'esigenza del presente.
Paola Abenavoli ci raggiunge sabato mattina e racconta di una rinascita. il teatro che rinasce dalle periferie, ci racconta di una ricerca per un nuovo linguaggio contro la massificazione dei grandi teatri nazionali appannaggio di compagnie ormai consolidate.
Dalle periferie la voglia di recuperare il dialetto come diversità non come scimmiottamento, l'uso cambia, rispetto alle compagnie dialettali che sempre hanno portato in scena un modello stereotipato di dialetto, ora in queste nuove commistioni fra italiano e dialetto, in un dialetto ritrovato e rispettato ci sta tutta la carica rivoluzionaria di una conquista. Paola ricorda Dissonorata di Saverio la Ruina, la vita difficile al sud di donne sacrificate, Patres di Saverio Tavano, recitato da Dario Natale e GianLuca Vetromilo, l'avvelenamento dei rapporti padre figlio e l'avvelenamento di un territorio. Un dialetto che diventa una musica e quindi universale. Un dialetto come riscatto.
Con Albano tracciamo parabole e ricomponiamo frammenti a Salerno, la parola scritta compie una parabola e immaginiamo tutti questa linea andare da noi a loro, dal teatro alla strada, dal teatro all'interno dell'autore stesso in un attraversare che ci fa camminare e giocare insieme. Ci parla di scouting e di competenze trasversali affinché un testo venga letto tramite le fotografie e le musiche, con il retroterra di pensiero, nostra ricchezza.
E con il ritmo del verso modulato secondo il rumore delle onde del mare che Mimmo Borrelli, drammaturgo della zona Flegrea, di Bacoli, di Torre del Greco, insegna a contare ad Alessandro Toppi, sulle dita della mano, ci lasciamo cullare dal rumore del mare.
Un teatro amato.
Ippolita Luzzo
~ Settimio Pisano: Responsabile organizzativo di Scena Verticale e del festival Primavera dei Teatri (Premio Speciale UBU 2009, Premio G.Bartolucci 2001).
~ Alessandro Toppi: Critico teatrale, direttore responsabile del magazine online ilpickwick.it
~ Vincenzo Albano: Ideatore e direttore artistico del festival Mutaverso Teatro (Salerno)
~ Paola Abenavoli: Giornalista e critico teatrale, collabora con il Sole 24 Ore, con il trimestrale di teatro Hystrio, suo il blog culturalife.it
Il programma:
28 aprile
● 10:00-11:00: "Il teatro contemporaneo, i suoi codici, i suoi festival" incontro a cura di Settimio Pisano (Scena Verticale - Primavera dei Teatri)
● 11:00-13:00: "Responsabilità dello spettatore, fruizione e traduzione di un'opera. La scena meridionale"
a cura di Alessandro Toppi (Il Pickwick, Napoli)
● 15:30-18:00: "Stati generali del teatro calabrese" assemblea plenaria costituente del Coordinamento Teatri Calabresi
● 21:00: "Come un granello di sabbia - Giuseppe Gulotta, storia di un innocente" (Mana Chuma Teatro, finalista In Box 2016)
/ 29 aprile /
● 10:00-11:00: "Teatri a Sud: nuova drammaturgia meridiana" incontro a cura di Paola Abenavoli (Hystrio, Cultural Life)
● 11:00-12:00: "Il teatro contemporaneo, i suoi codici, i suoi festival" incontro a cura di Vincenzo Albano (Mutaverso, Salerno)
● 12:00-13:00: "Responsabilità dello spettatore, fruizione e traduzione di un'opera. Forum recensioni partecipanti"
a cura di Alessandro Toppi (Il Pickwick, Napoli)
● 21:00: "Postit" (Studio) Scenari Visibili
/ 30 aprile /
● 10:00-12:00: "Responsabilità dello spettatore, fruizione e traduzione di un'opera. Forum recensioni partecipanti 2"
a cura di Alessandro Toppi (Il Pickwick, Napoli)
____________
FARE PUBBLICO è rivolto a studenti, operatori, artisti e pubblico.
Fare Pubblico / nuove dialettiche del fare e del vedere a Teatro
Pubblico · Organizzato da Scenari Visibili e TIP Teatro.
Tre giorni nel teatro.
Il teatro a Lamezia ha una tradizione forte ed ottime compagnie da molti anni sperimentano nuove forme di espressione e coinvolgono il pubblico e gli studenti con laboratori e proposte.
Il Tip Teatro, nato da pochi mesi, in un palazzo del centro storico cittadino, è uno dei luoghi dove è possibile assistere al teatro partecipato.
Così mi iscrivo felice a questa tre giorni di seminari e studio.
Gli appunti presi cominciano con le parole di Dario Natale, regista e attore della compagnia Scenari Visibili: Esigenza del presente.
Questi due giorni di seminari sono una esigenza del presente. E ci troviamo in una sede piccola, in una realtà nata da poco dopo che i teatri a Lamezia furono vinti per bando da una associazione di tecnici. Con noi alcuni alunni del Liceo Campanella e del Liceo Scientifico che frequenteranno i corsi sul teatro.
Albano, Pisano,Toppi, come Zoff, Burgnich e Facchetti. La difesa del nostro teatro declinata come i mitici tre di una nazionale di calcio
Ho segnato con un solo lemma a volte tutto un lungo raccontare di Settimio Pisano su Primavera dei Teatri a Castrovillari, realtà che compie 18 anni, nata nel '99, dal nulla.
Verginità di un territorio, teatro diverso e alto, qualità e poi quella prima volta con l'Orlando Furioso. Una scommessa difficile in un territorio lontano dalle vie di comunicazioni più accessibili e con un teatro cittadino chiuso da tempo. Ora invece le compagnie debuttano per la loro prima messa in scena proprio a Castrovillari davanti ad un pubblico eterogeneo fatto di persone che si fidano delle proposte. Un teatro legato al testo scritto, un teatro che deve parlare delle contraddizioni e dare un motivo a chi viene di sopportare il disagio del viaggio ed ai residenti l'orgoglio di parteciparvi.
Vincenzo Albano organizza a Salerno altra splendida realtà e stagione teatrale. E di lui mi piace ricordare le sue parole: "Siamo abituati a pensare in piccolo. Noi dobbiamo cambiare linguaggio e metodo per convincere i privati a sponsorizzare le nostre iniziative." Partendo dal dato di fatto che la manna dei contributi pubblici vada nel mare della nullità, chiunque voglia far teatro dovrà rivolgersi altrove con numeri alla mano e lavorare sulla visibilità e convenienza di quella iniziativa.
Conferma AlessandroToppi che i soldi pubblici vanno a Napoli, per esempio, ad un certo Alfredo Balsamo presidente di circuiti teatrali che dovrebbe circuitare e circuitizza un bel nulla.
Toppi ci racconta la sua formazione di critico partendo da Roberto De Monticelli, suoi pezzi di critica raccolti nel Le mille notti di un critico, e da Franco Quadri fino a Giulio Baffi che rappresenta gli anni ottanta novanta della critica. Una critica fatta senza slanci, anzi la prima frase che Baffi disse a Toppi fu: "La critica è morta." Per Toppi, come pure per me in altri campi, la funzione della critica è testimonianza. Veniamo da anni di sciupio incredibile, il ventennio berlusconiano ha dissolto troppo e tanto ma le radici di un territorio sopravvivono anche al fuoco e al gelo. Là dove non c'era nulla ora c'è una splendida realtà e il vincolo della fiducia fra noi si riforma nel riportare tutto ad un senso.
Dalla novella di Cechov " La legge del fucile" Toppi racconta con Cechov di quel fucile appeso ad un muro e descritto dal narratore all'inizio e conclude con l'esigenza che il fucile alla fine spari. Ogni cosa si riunisce al suo inizio in una circolarità che forma l'idea del tempo: esserci. L'esigenza del presente.
Paola Abenavoli ci raggiunge sabato mattina e racconta di una rinascita. il teatro che rinasce dalle periferie, ci racconta di una ricerca per un nuovo linguaggio contro la massificazione dei grandi teatri nazionali appannaggio di compagnie ormai consolidate.
Dalle periferie la voglia di recuperare il dialetto come diversità non come scimmiottamento, l'uso cambia, rispetto alle compagnie dialettali che sempre hanno portato in scena un modello stereotipato di dialetto, ora in queste nuove commistioni fra italiano e dialetto, in un dialetto ritrovato e rispettato ci sta tutta la carica rivoluzionaria di una conquista. Paola ricorda Dissonorata di Saverio la Ruina, la vita difficile al sud di donne sacrificate, Patres di Saverio Tavano, recitato da Dario Natale e GianLuca Vetromilo, l'avvelenamento dei rapporti padre figlio e l'avvelenamento di un territorio. Un dialetto che diventa una musica e quindi universale. Un dialetto come riscatto.
Con Albano tracciamo parabole e ricomponiamo frammenti a Salerno, la parola scritta compie una parabola e immaginiamo tutti questa linea andare da noi a loro, dal teatro alla strada, dal teatro all'interno dell'autore stesso in un attraversare che ci fa camminare e giocare insieme. Ci parla di scouting e di competenze trasversali affinché un testo venga letto tramite le fotografie e le musiche, con il retroterra di pensiero, nostra ricchezza.
E con il ritmo del verso modulato secondo il rumore delle onde del mare che Mimmo Borrelli, drammaturgo della zona Flegrea, di Bacoli, di Torre del Greco, insegna a contare ad Alessandro Toppi, sulle dita della mano, ci lasciamo cullare dal rumore del mare.
Un teatro amato.
Ippolita Luzzo
~ Settimio Pisano: Responsabile organizzativo di Scena Verticale e del festival Primavera dei Teatri (Premio Speciale UBU 2009, Premio G.Bartolucci 2001).
~ Alessandro Toppi: Critico teatrale, direttore responsabile del magazine online ilpickwick.it
~ Vincenzo Albano: Ideatore e direttore artistico del festival Mutaverso Teatro (Salerno)
~ Paola Abenavoli: Giornalista e critico teatrale, collabora con il Sole 24 Ore, con il trimestrale di teatro Hystrio, suo il blog culturalife.it
Il programma:
28 aprile
● 10:00-11:00: "Il teatro contemporaneo, i suoi codici, i suoi festival" incontro a cura di Settimio Pisano (Scena Verticale - Primavera dei Teatri)
● 11:00-13:00: "Responsabilità dello spettatore, fruizione e traduzione di un'opera. La scena meridionale"
a cura di Alessandro Toppi (Il Pickwick, Napoli)
● 15:30-18:00: "Stati generali del teatro calabrese" assemblea plenaria costituente del Coordinamento Teatri Calabresi
● 21:00: "Come un granello di sabbia - Giuseppe Gulotta, storia di un innocente" (Mana Chuma Teatro, finalista In Box 2016)
/ 29 aprile /
● 10:00-11:00: "Teatri a Sud: nuova drammaturgia meridiana" incontro a cura di Paola Abenavoli (Hystrio, Cultural Life)
● 11:00-12:00: "Il teatro contemporaneo, i suoi codici, i suoi festival" incontro a cura di Vincenzo Albano (Mutaverso, Salerno)
● 12:00-13:00: "Responsabilità dello spettatore, fruizione e traduzione di un'opera. Forum recensioni partecipanti"
a cura di Alessandro Toppi (Il Pickwick, Napoli)
● 21:00: "Postit" (Studio) Scenari Visibili
/ 30 aprile /
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domenica 30 aprile 2017
Cercando Dalida al Maggio dei Libri
Un omaggio a Dalida viene fatto da Titti Preta giorno 2 Maggio al Palazzo Nicotera. Avremo modo di rivedere l'artista e di sentirla cantare e rivivremo la sua vicenda umana con le parole dell'autrice di questa testimonianza. Una vita difficile quella di Dalida, una vita che non conosciamo malgrado ci sembra di conoscerla molto. Nelle vicende costruite dei giornali ho letto recentemente questa lettera che smonta tutto un gioco amoroso in cui i giornalisti intinsero molte volte i loro articoli. Questa è una lettera che Tenco fa a Valeria, il suo amore di quel periodo. Sulla manipolazione che viene fatta all'insaputa degli stessi protagonisti. Stritolati dal gossip. Ed anche Dalida non è questa che viene descritta da Tenco in una lettera a Valeria. Un solo frammento.
Luigi Tenco a Valeria
S.l., 18 novembre 1966
Amore mio,
Adriana ha promesso di farti avere questa lettera: ti prego, leggila, mi è costato scriverla, ammettere la mia stupidità, la mia presunzione, le mie debolezze, la mia ingenuità. Sono solo un uomo, e non tra i migliori, se mi sono lasciato trascinare in questa situazione assurda e non ho la forza e la volontà di uscirne, perché se lo tentassi ne sarei distrutto, comunque. Io ho sbagliato tutto nella mia vita, l'unica cosa giusta, pulita sei stata tu e a te non voglio e non posso rinunciare.
È tutta colpa mia: io ho permesso a quella donna di costruire tutta questa storia, mi sono prestato al suo gioco, perché da idiota io lo credevo solo un gioco. Tenco e Dalida, la coppia vincente del prossimo festival. Che notizia golosa per i giornalisti! Io ho permesso agli altri di ricamarci sopra (ma se mi conoscessero veramente, come potrebbero crederci?). E poi, poi, quando tu te ne sei andata ho pensato di poter fare l'amore con lei, per punirti, per ferirti come tu stai ferendo me.
No! Non ha funzionato. Ho tentato in tutti i modi, ho passato delle notti intere (aspetta un attimo!) a bere, a cercare di farle capire chi sono, cosa voglio, e poi... ho finito col parlarle di te, di quanto ti amo. Che gran casino, vero! Certo, lei si è dimostrata molto "comprensiva", ma mi ha detto che ormai dovevamo portare avanti questa "assurda" faccenda agli occhi degli altri. È una donna viziata, nevrotica, ignorante, che rifiuta l'idea di una sconfitta, professionale o sentimentale che sia. E ora non so più come uscirne.
Luigi
Il 25 gennaio 1992 vennero rese pubbliche le lettere di Luigi Tenco a Valeria, che il noto cantautore conobbe a Milano nel 1964. Di questo amore segreto rimane un fitto carteggio."
Il 2 maggio 1987, trenta anni fa, dopo aver chiamato il fratello-manager Bruno, annunciandogli il rinvio di un previsto servizio fotografico a causa del freddo, e dopo aver detto alla cameriera che sarebbe andata a teatro, uscì con la vettura, fece il giro dell'isolato, imbucò una lettera per il fratello e si recò nella sua casa in rue d'Orchampt sulla Butte di Montmartre e ingerì dei barbiturici.
Luigi Tenco a Valeria
S.l., 18 novembre 1966
Amore mio,
Adriana ha promesso di farti avere questa lettera: ti prego, leggila, mi è costato scriverla, ammettere la mia stupidità, la mia presunzione, le mie debolezze, la mia ingenuità. Sono solo un uomo, e non tra i migliori, se mi sono lasciato trascinare in questa situazione assurda e non ho la forza e la volontà di uscirne, perché se lo tentassi ne sarei distrutto, comunque. Io ho sbagliato tutto nella mia vita, l'unica cosa giusta, pulita sei stata tu e a te non voglio e non posso rinunciare.
È tutta colpa mia: io ho permesso a quella donna di costruire tutta questa storia, mi sono prestato al suo gioco, perché da idiota io lo credevo solo un gioco. Tenco e Dalida, la coppia vincente del prossimo festival. Che notizia golosa per i giornalisti! Io ho permesso agli altri di ricamarci sopra (ma se mi conoscessero veramente, come potrebbero crederci?). E poi, poi, quando tu te ne sei andata ho pensato di poter fare l'amore con lei, per punirti, per ferirti come tu stai ferendo me.
No! Non ha funzionato. Ho tentato in tutti i modi, ho passato delle notti intere (aspetta un attimo!) a bere, a cercare di farle capire chi sono, cosa voglio, e poi... ho finito col parlarle di te, di quanto ti amo. Che gran casino, vero! Certo, lei si è dimostrata molto "comprensiva", ma mi ha detto che ormai dovevamo portare avanti questa "assurda" faccenda agli occhi degli altri. È una donna viziata, nevrotica, ignorante, che rifiuta l'idea di una sconfitta, professionale o sentimentale che sia. E ora non so più come uscirne.
Luigi
Il 25 gennaio 1992 vennero rese pubbliche le lettere di Luigi Tenco a Valeria, che il noto cantautore conobbe a Milano nel 1964. Di questo amore segreto rimane un fitto carteggio."
Il 2 maggio 1987, trenta anni fa, dopo aver chiamato il fratello-manager Bruno, annunciandogli il rinvio di un previsto servizio fotografico a causa del freddo, e dopo aver detto alla cameriera che sarebbe andata a teatro, uscì con la vettura, fece il giro dell'isolato, imbucò una lettera per il fratello e si recò nella sua casa in rue d'Orchampt sulla Butte di Montmartre e ingerì dei barbiturici.
sabato 29 aprile 2017
Come un granello di sabbia. Salvatore Arena
Aria e mare... contando i passi.
Come un granello di sabbia
Giuseppe Gulotta, Storia di un innocente.
Al TIP Teatro di Lamezia Terme, nell'ambito di FARE/PUBBLICO, tre giorni di seminari con studenti e artisti, operatori e pubblico, assistiamo al monologo di Salvatore Arena, Mana Chuma Teatro finalista in Box 2016. Salvatore Arena e Massimo Barilla testo e regia. Non vi racconterò la storia tratta da una vicenda vera, raccontata in un libro da Giuseppe Gulotta con Nicola Biondo: ALKAMAR la mia vita in carcere da innocente.
Vi dirò invece cosa io ho preso nei miei appunti.
Appunti al buio intanto, quindi aggiunti a caso.
Come si conta l'aria, quanti respiri facciamo svegli, quanti ne facciamo la notte, quanti ne facciamo in 18 anni, di quanti respiri è fatta una vita? E contiamo respiri e passi fino agli auguri dei 18 anni, della canzoncina che "Tanti auguri a te" ci cantano ai brindisi. Contiamo e cantiamo insieme quella canzone dei 18 anni "Andava a piedi nudi per la strada mi vide e come un'ombra mi seguì Col viso in alto di chi il mondo sfida e tiene ai piedi un uomo con un sì. Anima mia dei Cugini di campagna" per segnare gli anni 1976
"La strage avvenne il 27 gennaio 1976 ad Alcamo Marina in provincia di Trapani, all'interno di una stazione dei Carabinieri, quando nella notte due carabinieri vennero assassinati a colpi di arma da fuoco." Fu accusato e condannato Giuseppe Gulotta, innocente.
Altri appunti nell'inferno dei giorni in caserma. Lui firmerà. Firma Firma firma... La firma che segnerà un destino, una confessione. La firma che ci ferma ad una morte in vita. Contiamo anche noi e il bastone sbatte e fa un cerchio sul legno della scena. La verità è come un diamante, duro. L'isolamento continua. La parola che lava è la stessa che ha lordato e qui ormai Giuseppe sono io e passano e spassano i due testimoni del processo, e passano e spassano, e non ricordano.
Negli anni perduti, sulla scena, il respiro si conta, l'attore dona i gesti, il suo viso, le sue palpebre gonfie di una sconfinata tristezza, il suono di una voce che cambia, il rumore di una motocicletta che corre verso il mare.
Quanti aspettano senza avere una voce, quanti? Contiamoli, fuori e dentro il carcere. Quanti aspettano che il loro destino sciupato venga restituito nelle mani di chi lo sconta vivendo?
Forse non tutti i momenti avevano uno stesso pathos ma io ho sempre sentito sulla pelle il brivido freddo dell'ingiustizia, del gesto che condanna e disprezza, che impone e fa scontare ad altri la malvagità in questo atomo opaco del male.
Respiriamo se possiamo, contando i respiri.
Ippolita Luzzo
Come un granello di sabbia
Giuseppe Gulotta, Storia di un innocente.
Al TIP Teatro di Lamezia Terme, nell'ambito di FARE/PUBBLICO, tre giorni di seminari con studenti e artisti, operatori e pubblico, assistiamo al monologo di Salvatore Arena, Mana Chuma Teatro finalista in Box 2016. Salvatore Arena e Massimo Barilla testo e regia. Non vi racconterò la storia tratta da una vicenda vera, raccontata in un libro da Giuseppe Gulotta con Nicola Biondo: ALKAMAR la mia vita in carcere da innocente.
Vi dirò invece cosa io ho preso nei miei appunti.
Appunti al buio intanto, quindi aggiunti a caso.
Come si conta l'aria, quanti respiri facciamo svegli, quanti ne facciamo la notte, quanti ne facciamo in 18 anni, di quanti respiri è fatta una vita? E contiamo respiri e passi fino agli auguri dei 18 anni, della canzoncina che "Tanti auguri a te" ci cantano ai brindisi. Contiamo e cantiamo insieme quella canzone dei 18 anni "Andava a piedi nudi per la strada mi vide e come un'ombra mi seguì Col viso in alto di chi il mondo sfida e tiene ai piedi un uomo con un sì. Anima mia dei Cugini di campagna" per segnare gli anni 1976
"La strage avvenne il 27 gennaio 1976 ad Alcamo Marina in provincia di Trapani, all'interno di una stazione dei Carabinieri, quando nella notte due carabinieri vennero assassinati a colpi di arma da fuoco." Fu accusato e condannato Giuseppe Gulotta, innocente.
Altri appunti nell'inferno dei giorni in caserma. Lui firmerà. Firma Firma firma... La firma che segnerà un destino, una confessione. La firma che ci ferma ad una morte in vita. Contiamo anche noi e il bastone sbatte e fa un cerchio sul legno della scena. La verità è come un diamante, duro. L'isolamento continua. La parola che lava è la stessa che ha lordato e qui ormai Giuseppe sono io e passano e spassano i due testimoni del processo, e passano e spassano, e non ricordano.
Negli anni perduti, sulla scena, il respiro si conta, l'attore dona i gesti, il suo viso, le sue palpebre gonfie di una sconfinata tristezza, il suono di una voce che cambia, il rumore di una motocicletta che corre verso il mare.
Quanti aspettano senza avere una voce, quanti? Contiamoli, fuori e dentro il carcere. Quanti aspettano che il loro destino sciupato venga restituito nelle mani di chi lo sconta vivendo?
Forse non tutti i momenti avevano uno stesso pathos ma io ho sempre sentito sulla pelle il brivido freddo dell'ingiustizia, del gesto che condanna e disprezza, che impone e fa scontare ad altri la malvagità in questo atomo opaco del male.
Respiriamo se possiamo, contando i respiri.
Ippolita Luzzo
Antonio Pujia Veneziano presenta Lit art con Litweb al Maggio Dei Libri
Per Ippolita nata post/uma di Antonio Pujia Veneziano
Con questo appuntamento del 26 aprile, inserito nel fitto programma de “Il Maggio dei Libri” 2017, ci accingiamo a varcare la soglia del regno della LITWEB, un blog di cui Ippolita Luzzo ne è, come delle Amazzoni, la regina, e lo facciamo presentando una nuova raccolta dei suoi post, raggruppata sotto l’articolato titolo "LIT ART con LITWEB dalla POP ART alla POST ART - leggere l’arte con letteratura nel regno della Litweb".
Questi ultimi pezzi o post sono stati anticipati da una precedente raccolta che risale al 2014 dal titolo “Venti POST/UMI Per Voi, che rimandavano al titolo di una poesia della nostra autrice:"Io pubblicherò postuma"
È come se Ippolita, consapevole del suo modo di agire, voglia preannunciare la possibilità e il rischio di rimanere postuma, richiamando alla mente la celebre frase di Nietzsche, il quale mettendo le mani avanti avvisava che i suoi testi erano rivolti ai "pochissimi", cioè per quelli che erano in grado di comprenderlo, ammettendo che il suo messaggio era destinato a rimanere inascoltato per molto tempo.
Da qui vorrei avviare la mia riflessione, ritenendo necessario soffermarmi su questa ipotetica probabilità che i post possano rimanere POST/UMI, in quanto la Litweb, sovverte la maniera di leggere e fruire l’arte.
Ma in cosa consiste questa sua personale modalità di indagare e leggere "ogni momento letterario ed artistico, interpretando in modo originale il senso del testo"?
La prima risposta può venire direttamente guardando la sua formazione culturale di natura filosofica-letteraria che le consente di leggere l’arte o meglio il mondo delle immagini attraverso gli studi di estetica e semiologia, tutto filtrato attraverso la parola scritta in forma poetica.
La seconda componente di questa nuova modalità, penso sia strettamente connessa alla sua capacità di utilizzare e padroneggiare i nuovi media, caratterizzati dalla velocità e dalla sintesi, a vantaggio "del contenuto e del significato" come lei stessa sottolinea nel primo pezzo di questa ultima raccolta. Questi elementi costitutivi si trasformano in un continuo divenire e attraversamento dei linguaggi con rimandi e associazioni ad "altro", in un pulsare spazio-tempo che paradossalmente vuole asserire un "Hic et Nunc" della nostra contemporaneità.
Un "qui e ora", nel nostro caso, che diviene anche sinestesia del linguaggio, facendoci assaporare i colori delle opere come si fa con i dolci, attraverso il giallo solare dei limoni di Amalfi, il trionfo dei mandarini di Sicilia, le arance, fino a farci vivere le esperienze tattili attraverso un tessuto Missoni e al leggerissimo verde delle foglie appena nate.
Penso che la sua modalità, più esattamente metodo, per descrivere queste esperienze artistiche consiste in questo flusso incessante di collegamenti. Ippolita, in questi suoi rapidi Attraversamenti, crea sobbalzi emotivi, evocando i Rolling Stones, la Pop Art e infine Alan Jones dal quale coglie al volo la frase provocatoria "l’arte bisogna cercarla nelle osterie perché nei musei si fa ideologia".
Da tutto ciò traspare la contemporaneità dei post di Ippolita che sono l’opposto della staticità e lontani dalla monumentalità. Non pretendono di occupare uno scaffale impolverato, ma aspirano a percorrere gli spazi infiniti della Litweb, comunicando emozioni reali ed esperienze vissute.
Così lei ci conduce al Premio Internazionale Limen nello splendido Palazzo Gagliardi a Vibo Valentia e nell’andare possiamo raccontarci di Antonio Presti e di Fiumara Arte con in mano un libro. Ogni post è tanti luoghi, infinite sensazioni e innumerevoli incontri: Il MAON di Rende, la galleria Because, Studio Gallery, l’Associazione P-Art, il MARCA, il MAM a Cosenza per Tornare a Itaca e poi Aurelio Amendola, Andy Warhol, Mimmo Rotella e Philippe Daverio, con tanto di stacco pubblicitario del PUNT e MES e annunciare il viaggio verso Corigliano per visitare la mostra personale del sottoscritto nel monumentale Castello Ducale, parlando di beni culturali, di Pietro Bernini, del Teatro settecentesco di Terranova di Sibari.
Questi e altri, gli argomenti di cui abbiamo parlato con Ippolita, temi importanti che animano il dibattito pubblico italiano intorno al sistema dell’arte e al patrimonio culturale e paesaggistico, che sono "il fulcro della nostra identità nazionale e della nostra memoria storica", come afferma Salvatore Settis, dall'alto della sua competenza.
Lo studioso asserisce che il nostro patrimonio culturale non è solo la somma dei suoi monumenti, musei e bellezze naturali, "Al contrario, la forza del «modello Italia» è tutta nella presenza diffusa, capillare, viva di un patrimonio solo in piccola parte conservato nei musei, e che incontriamo invece, anche senza volerlo e anche senza pensarci, nelle strade delle nostre città, nei palazzi in cui hanno sedi abitazioni, scuole e uffici, nelle chiese aperte al culto; che fa tutt'uno con la nostra lingua la nostra musica e letteratura, la nostra cultura."
Con la stessa casualità, Ippolita Luzzo, senza alcun preconcetto e con semplicità, ci prende per mano e ci conduce nel territorio dell’arte.
Antonio Pujia Veneziano
Nella Foto Giacinto Gaetano direttore del Sistema Bibliotecario inaugura alla presenza dell'assessore alla cultura Graziella Astorino il Maggio dei libri 2017 con Lit Art in Litweb di Ippolita Luzzo presentata da Antonio Pujia Veneziano. Foto di Daniele Rizzuti
Con questo appuntamento del 26 aprile, inserito nel fitto programma de “Il Maggio dei Libri” 2017, ci accingiamo a varcare la soglia del regno della LITWEB, un blog di cui Ippolita Luzzo ne è, come delle Amazzoni, la regina, e lo facciamo presentando una nuova raccolta dei suoi post, raggruppata sotto l’articolato titolo "LIT ART con LITWEB dalla POP ART alla POST ART - leggere l’arte con letteratura nel regno della Litweb".
Questi ultimi pezzi o post sono stati anticipati da una precedente raccolta che risale al 2014 dal titolo “Venti POST/UMI Per Voi, che rimandavano al titolo di una poesia della nostra autrice:"Io pubblicherò postuma"
È come se Ippolita, consapevole del suo modo di agire, voglia preannunciare la possibilità e il rischio di rimanere postuma, richiamando alla mente la celebre frase di Nietzsche, il quale mettendo le mani avanti avvisava che i suoi testi erano rivolti ai "pochissimi", cioè per quelli che erano in grado di comprenderlo, ammettendo che il suo messaggio era destinato a rimanere inascoltato per molto tempo.
Da qui vorrei avviare la mia riflessione, ritenendo necessario soffermarmi su questa ipotetica probabilità che i post possano rimanere POST/UMI, in quanto la Litweb, sovverte la maniera di leggere e fruire l’arte.
Ma in cosa consiste questa sua personale modalità di indagare e leggere "ogni momento letterario ed artistico, interpretando in modo originale il senso del testo"?
La prima risposta può venire direttamente guardando la sua formazione culturale di natura filosofica-letteraria che le consente di leggere l’arte o meglio il mondo delle immagini attraverso gli studi di estetica e semiologia, tutto filtrato attraverso la parola scritta in forma poetica.
La seconda componente di questa nuova modalità, penso sia strettamente connessa alla sua capacità di utilizzare e padroneggiare i nuovi media, caratterizzati dalla velocità e dalla sintesi, a vantaggio "del contenuto e del significato" come lei stessa sottolinea nel primo pezzo di questa ultima raccolta. Questi elementi costitutivi si trasformano in un continuo divenire e attraversamento dei linguaggi con rimandi e associazioni ad "altro", in un pulsare spazio-tempo che paradossalmente vuole asserire un "Hic et Nunc" della nostra contemporaneità.
Un "qui e ora", nel nostro caso, che diviene anche sinestesia del linguaggio, facendoci assaporare i colori delle opere come si fa con i dolci, attraverso il giallo solare dei limoni di Amalfi, il trionfo dei mandarini di Sicilia, le arance, fino a farci vivere le esperienze tattili attraverso un tessuto Missoni e al leggerissimo verde delle foglie appena nate.
Penso che la sua modalità, più esattamente metodo, per descrivere queste esperienze artistiche consiste in questo flusso incessante di collegamenti. Ippolita, in questi suoi rapidi Attraversamenti, crea sobbalzi emotivi, evocando i Rolling Stones, la Pop Art e infine Alan Jones dal quale coglie al volo la frase provocatoria "l’arte bisogna cercarla nelle osterie perché nei musei si fa ideologia".
Da tutto ciò traspare la contemporaneità dei post di Ippolita che sono l’opposto della staticità e lontani dalla monumentalità. Non pretendono di occupare uno scaffale impolverato, ma aspirano a percorrere gli spazi infiniti della Litweb, comunicando emozioni reali ed esperienze vissute.
Così lei ci conduce al Premio Internazionale Limen nello splendido Palazzo Gagliardi a Vibo Valentia e nell’andare possiamo raccontarci di Antonio Presti e di Fiumara Arte con in mano un libro. Ogni post è tanti luoghi, infinite sensazioni e innumerevoli incontri: Il MAON di Rende, la galleria Because, Studio Gallery, l’Associazione P-Art, il MARCA, il MAM a Cosenza per Tornare a Itaca e poi Aurelio Amendola, Andy Warhol, Mimmo Rotella e Philippe Daverio, con tanto di stacco pubblicitario del PUNT e MES e annunciare il viaggio verso Corigliano per visitare la mostra personale del sottoscritto nel monumentale Castello Ducale, parlando di beni culturali, di Pietro Bernini, del Teatro settecentesco di Terranova di Sibari.
Questi e altri, gli argomenti di cui abbiamo parlato con Ippolita, temi importanti che animano il dibattito pubblico italiano intorno al sistema dell’arte e al patrimonio culturale e paesaggistico, che sono "il fulcro della nostra identità nazionale e della nostra memoria storica", come afferma Salvatore Settis, dall'alto della sua competenza.
Lo studioso asserisce che il nostro patrimonio culturale non è solo la somma dei suoi monumenti, musei e bellezze naturali, "Al contrario, la forza del «modello Italia» è tutta nella presenza diffusa, capillare, viva di un patrimonio solo in piccola parte conservato nei musei, e che incontriamo invece, anche senza volerlo e anche senza pensarci, nelle strade delle nostre città, nei palazzi in cui hanno sedi abitazioni, scuole e uffici, nelle chiese aperte al culto; che fa tutt'uno con la nostra lingua la nostra musica e letteratura, la nostra cultura."
Con la stessa casualità, Ippolita Luzzo, senza alcun preconcetto e con semplicità, ci prende per mano e ci conduce nel territorio dell’arte.
Antonio Pujia Veneziano
Nella Foto Giacinto Gaetano direttore del Sistema Bibliotecario inaugura alla presenza dell'assessore alla cultura Graziella Astorino il Maggio dei libri 2017 con Lit Art in Litweb di Ippolita Luzzo presentata da Antonio Pujia Veneziano. Foto di Daniele Rizzuti
venerdì 28 aprile 2017
Albano, Pisano, Toppi. La formazione che vogliamo
Sono le 16,00 ed ancora elaboro una mattinata di seminario al Tip di Lamezia Terme con Albano, Pisano e Toppi. Gli appunti presi cominciano con le parole di Dario Natale: Esigenza del presente.
Questi due giorni di seminari sono una esigenza del presente. E ci troviamo in una sede piccola, in una realtà nata da poco dopo che i teatri a Lamezia furono vinti per bando da una associazione di tecnici. Con noi alcuni alunni del liceo Campanella che frequenteranno i corsi sul teatro.
Albano, Pisano,Toppi, come Zoff, Burgnich e Facchetti. La difesa del nostro teatro declinata come i mitici tre di una nazionale di calcio
Ho segnato con un solo lemma a volte tutto un lungo raccontare di Settimio Pisani su Primavera dei Teatri a Castrovillari, realtà che compie 18 anni, nata nel '99, dal nulla.
Verginità di un territorio, teatro diverso e alto, qualità e poi quella prima volta con l'Orlando Furioso. Una scommessa difficile in un territorio lontano dalle vie di comunicazioni più accessibili e con un teatro cittadino chiuso da tempo. Ora invece le compagnie debuttano per la loro prima messa in scena proprio a Castrovillari davanti ad un pubblico eterogeneo fatto di persone che si fidano delle proposte. Un teatro legato al testo scritto, un teatro che deve parlare delle contraddizioni e dare un motivo a chi viene di sopportare il disagio del viaggio ed ai residenti l'orgoglio di parteciparvi.
Albano organizza a Salerno altra splendida realtà e stagione teatrale. E di lui mi piace ricordare le sue parole: "Siamo abituati a pensare in piccolo. Noi dobbiamo cambiare linguaggio e metodo per convincere i privati a sponsorizzare le nostre iniziative." Partendo dal dato di fatto che la manna dei contributi pubblici vada nel mare della nullità, chiunque voglia far teatro dovrà rivolgersi altrove con numeri alla mano e lavorare sulla visibilità e convenienza di quella iniziativa. Conferma Toppi che i soldi pubblici vanno a Napoli, per esempio, ad un certo Alfredo Balsamo presidente di circuiti teatrali che dovrebbe circuitare e circuitizza un bel nulla.
Toppi ci racconta la sua formazione di critico partendo da Roberto De Monticelli, suoi pezzi di critica raccoliti nel Le mille notti di un critico, e da Franco Quadri fino a Giulio Baffi che rappresenta gli anni ottanta novanta della critica. Una critica fatta senza slanci, anzi la prima frase che baffi disse a Toppi fu: "La critica è morta." Per Toppi come pure per me in altri campi, la funzione della critica è testimonianza. Veniamo da anni di sciupio incredibile, il ventennio berlusconiano ha dissolto troppo e tanto ma le radici di un territorio sopravvivono anche al fuoco e al gelo. Là dove non c'era una prima ora c'è una splendida realtà e il vincolo della fiducia fra noi si riforma nel riportare tutto ad un senso.
Dalla novella di Cechov " La legge del fucile" Toppi racconta con Cechov di quel fucile appeso ad un muro e descritto dal narratore all'inizio e conclude con l'esigenza che il fucile alla fine spari. Ogni cosa si riunisce al suo inizio in una circolarità che forma l'idea del tempo: esserci. L'esigenza del presente.
Ippolita Luzzo
Questi due giorni di seminari sono una esigenza del presente. E ci troviamo in una sede piccola, in una realtà nata da poco dopo che i teatri a Lamezia furono vinti per bando da una associazione di tecnici. Con noi alcuni alunni del liceo Campanella che frequenteranno i corsi sul teatro.
Albano, Pisano,Toppi, come Zoff, Burgnich e Facchetti. La difesa del nostro teatro declinata come i mitici tre di una nazionale di calcio
Ho segnato con un solo lemma a volte tutto un lungo raccontare di Settimio Pisani su Primavera dei Teatri a Castrovillari, realtà che compie 18 anni, nata nel '99, dal nulla.
Verginità di un territorio, teatro diverso e alto, qualità e poi quella prima volta con l'Orlando Furioso. Una scommessa difficile in un territorio lontano dalle vie di comunicazioni più accessibili e con un teatro cittadino chiuso da tempo. Ora invece le compagnie debuttano per la loro prima messa in scena proprio a Castrovillari davanti ad un pubblico eterogeneo fatto di persone che si fidano delle proposte. Un teatro legato al testo scritto, un teatro che deve parlare delle contraddizioni e dare un motivo a chi viene di sopportare il disagio del viaggio ed ai residenti l'orgoglio di parteciparvi.
Albano organizza a Salerno altra splendida realtà e stagione teatrale. E di lui mi piace ricordare le sue parole: "Siamo abituati a pensare in piccolo. Noi dobbiamo cambiare linguaggio e metodo per convincere i privati a sponsorizzare le nostre iniziative." Partendo dal dato di fatto che la manna dei contributi pubblici vada nel mare della nullità, chiunque voglia far teatro dovrà rivolgersi altrove con numeri alla mano e lavorare sulla visibilità e convenienza di quella iniziativa. Conferma Toppi che i soldi pubblici vanno a Napoli, per esempio, ad un certo Alfredo Balsamo presidente di circuiti teatrali che dovrebbe circuitare e circuitizza un bel nulla.
Toppi ci racconta la sua formazione di critico partendo da Roberto De Monticelli, suoi pezzi di critica raccoliti nel Le mille notti di un critico, e da Franco Quadri fino a Giulio Baffi che rappresenta gli anni ottanta novanta della critica. Una critica fatta senza slanci, anzi la prima frase che baffi disse a Toppi fu: "La critica è morta." Per Toppi come pure per me in altri campi, la funzione della critica è testimonianza. Veniamo da anni di sciupio incredibile, il ventennio berlusconiano ha dissolto troppo e tanto ma le radici di un territorio sopravvivono anche al fuoco e al gelo. Là dove non c'era una prima ora c'è una splendida realtà e il vincolo della fiducia fra noi si riforma nel riportare tutto ad un senso.
Dalla novella di Cechov " La legge del fucile" Toppi racconta con Cechov di quel fucile appeso ad un muro e descritto dal narratore all'inizio e conclude con l'esigenza che il fucile alla fine spari. Ogni cosa si riunisce al suo inizio in una circolarità che forma l'idea del tempo: esserci. L'esigenza del presente.
Ippolita Luzzo
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