sabato 18 luglio 2015

Arrivi alle cose in base alle intuizioni che hai- Al sur de las cosas

Modo e forma nel porgere pensieri, osservazione di realtà interiore ed esteriore, gioco e tormento, con poetico distacco. Intuire il mondo che gira e rigira, intuizione che poesia diverrà.


Il viaggio A Sud Delle cose
 “Book-Crossing”  La condivisione gratuita dei libri. 
Pasqualino Bongiovanni affida suo libro all'’iniziativa del “Passalibro” chiedendo   che il libro non venga abbandonato, ma  passato a persona che possa essere interessata a gustarlo e, a sua volta, poi lo passi  ad altra persona adatta ad apprezzarlo.
Ad Isernia giunge copia numero cinque di “Al sur de las cosas” e viene affidata   all’italo-argentina Patricia Angela Vecchiarelli, nata a Moron (Buenos Aires) nel 1971 e tornata 24 anni fa ad Agnone, paese natìo dei genitori. Qui incontra   Domenico Lanciano che  ha avuto l’idea di creare la copia speciale di “Al sur de las cosas” e di inviarla a Papa Francesco, e l’Università delle Generazioni di Agnone (IS) che realizza e fa  – pervenire al Pontefice  “Al sur de las cosas”,  la traduzione argentina di “A sud delle cose” a cura di José Maria Carcione pubblicata a Buenos Aires nel 2012 in edizione bilingue. Tale copia è stata contraddistinta come copia numero zero. 
Speciale Passalibro: dal Molise giunge a Papa Francesco la copia numero zero di “Al sur de las cosas”

venerdì 17 luglio 2015

Kitesurf- Campionati del mondo a Gizzeria- dalla Litweb


Race, oggi. Corrente correre corsa gara. Hang loose Beach
Carmelo Cammarisano  sta preparando ordine di servizio:
Togliere fuori spazzatura dal bar  e pulire postazione 
Strappare i ticket utilizzati a fine servizio.
Sono due fogli di ordini semplici che lui, con pennarello nero, sta redigendo mentre io sbircio e copio e  aspetto Luca Valentini, suo socio e frontman della competizione, come Giuseppe,  fratello di Luca,  mi informa.
Giochi olimpici internazionali nel 2020, medaglia olimpica, se nel 2024 si faranno in Italia , questa località, come Olimpia sarebbe sede…
Non lo seguo più scrivendo queste date,  fantascienza di una probabile Olimpiade qui, nel Golfo di Sant'Eufemia, luogo dove Ercole passò per rubare  i buoi a Gerione.
Scrivo queste date sentendole lontanissime ed insieme vicinissime, di corsa, correre. Race.
Intanto oggi e sabato si correranno le semifinali, domenica la finale con la “medal race”, cioè con la gara dei migliori kiters che si contenderanno il titolo mondiale assoluto.
La competizione è seguita da Rai Sport, Sky,   dalla Grecia e dalla Germania. Dieci giornalisti di tutto il mondo  e produzioni video e distribuzione su piattaforma internazionali.

Kiteworld- stanno scrivendo sui loro pc i giornalisti seduti di fronte a me, mentre io, con penna e foglio, appunto queste poche righe per mio blog e per portale web.
Sollevata di non aver compito di dirvi altro,  passo a bearmi di Alice, stupenda bimba di nemmeno due anni, in braccio a suo papà, Luca Valentini, e scendo sulla spiaggia per seguire il ballo del Kite.


Le gare.
Questo anno Paola non mi fa fretta, come era successo con altra amica in anni passati,   ed io la ringrazio per l’opportunità di seguire la danza delle vele nel mare. 
Una quadriglia. 
Le vele si allineano al corridoio di partenza poi cambiano posizione, fanno virata, vanno alla base opposta, ritornano ritmiche al suono dell’aria, del vento.

Nel salone delle feste, azzurre ed increspate piastrelle del mare fanno giungere brezza ad ombrelloni di paglia e ad una  bagnante, me, che ride felice  e  batte le mani di un sogno che si fa realtà. Olimpia qui

giovedì 16 luglio 2015

A sud delle cose- Una solitudine affollata

Una volta la solitudine non esisteva, nel senso di individuo solo e sconnesso dal suo abitare. Non esisteva questa solitudine perché ognuno aveva un ruolo ed era connesso, funzionante al suo stato. Non c'era alienazione a sud delle cose. Esisteva la lontananza, la malinconia, la nostalgia. Il dolore del ritorno, la struggente voglia di un paese amato e la estraneità al nuovo, dopo emigrazione. Lunghe lettere univano gli emigranti ai familiari e le rimesse venivano impiegate per alzare stanzette per la vecchiaia, quando questi  sarebbero ritornati a sud, per sereni giorni e infine essere seppelliti nel piccolo cimitero del paese natio.
Mai più nessuno tornerà a sud. 
Tramontato quel mondo, i nuovi emigranti vanno a nord per insegnare, per studiare, e nuovi migranti giungono a sud da ancora più a sud, soli e sconnessi da loro mondo.
Il fluire di modi ha creato nuove solitudini di individui vaganti e residenti in luoghi che non saranno di alcuno.
Senza storia.
Una solitudine astorica, lontana dai sensi di un conoscere fonti e testimonianze, lontana da studi, e relegata in centri di accoglienza, centri commerciali, centri di niente. 
Dal sociale all'individuo poi anime smarrite ed inconsapevoli vivono il disagio di stare in uno spazio che non riconoscono. Più che il tempo è lo spazio che è sconosciuto benché affollato, troppo affollato. 
Attrezzarsi quindi dobbiamo, nel messaggio civile della poesia, a lenire, a raggirare, a superare il varco col salto dei versi, con l'ironia, l'intelligenza, la conoscenza di chi poetò per noi e per lui.

martedì 14 luglio 2015

Per associarsi non è necessario...

Mie care associazioni scrivo per voi, per le associazioni in quanto tali, e non,  si badi bene, per ognuna delle  due o tre associazioni che hanno i miei conoscenti. Assolutamente nulla di personale. Il mio pensiero vola su contingente momento storico e si innalza sopra il particulare. 
Mie care associazioni, per associarsi,  voi credete sia necessario fare associazione? Veramente?
 No
Voi non dovete associare alcunché, visto che già tutti siamo appartenenti a società in-civile, facciamo parte di una comunità, di un popolo, di una gente. 
Ah, ho detto comunità!
Comunità, parola ora di moda, completa ogni discorso alto e vi ruba la scena, mie care associazioni. Comunità  e  rete. 
Come si vive bene! come siamo associati! mai come ora, mai quanto ora, un abbraccio amorevole di mille associazioni. 
Voi vi meravigliate delle mie parole, lo so, direte, fra voi,  che io sono una che prende per vero il vostro dettato, che sono ingenua, che non è mica vero dobbiate associare, dovete soltanto avere un progetto, vendere un prodotto, fare una sagra, creare uno scambio di favori, condivisi, e su questa base partire convinte di riuscire a guadagnare, se non danaro,  almeno successo.
Poi, non contente di scriver una cosa e di  smentirla,  vi truccate tutte con un aggettivo,  che vi è sconosciuto nella sostanza e pure nell'uso, però vi serve per farvi belle perché, lo dite sempre, la bellezza salverà il mondo.
... e la bellezza sta in quello aggettivo che vi porta a passeggio nel luogo giusto, presso la cattedra e sacrestia, presso un giornale e una abbazia. 
Voi lo mettete ad ogni uscita e poi vi associate con cortesia,   con tutte le altre associative,  consorelle in  associazioni  simili e uguali.
Associazioni...
forza,  uno sforzo per indovinare quell'aggettivo che vi piace tanto:  culturale. Che associazioni sareste se voi non  foste associazioni culturali?
facile vero?
Però sappiate che la cultura vi potrà insegnare, se mai per caso la incontrerete, che, per associarsi,  non è necessario fare associazione
con timbri e bolli, basta soltanto associare idee
  

lunedì 13 luglio 2015

Alfredo Cosco e Carmelo Musumeci: Le Urla Dal Silenzio

Le Urla dal silenzio: Blog composto dagli scritti di chi sta in carcere, da  chi sta fuori del carcere, da chi sta nella linea dell'interesse e vuole conoscere le condizioni di pene che già Beccaria condannò. Dei delitti e delle pene. Quante pene per i delitti. Sono delitti anche le pene? Seguendo Beccaria che già nel 1764  chiedeva abolizione della pena di morte, essendo questa un altro delitto, leggiamo il libro di Alfredo e Carmelo, oggi, 12 Luglio 2015, on the road, in una via di Lamezia, nella domenica assolata d'estate. Le sedie fuori dal Comics, locale che Gian Lorenzo fa vivere, invitando fumettisti, recentemente c'è stato Daw, cantautori come  Colandrea, giornalisti e scrittori, c'è stato  Domenico Marcella con le sue interviste a donne catanesi, questa sera ospita Alfredo Cosco, ricercatore.
  Siamo pronti. Ascoltiamo la favolistica storia dell'incontro e dell'intrecciarsi una corrispondenza fra Alfredo, studioso e curioso di situazioni al limite, e Carmelo, ergastolano ostativo. Alfredo è in piedi, nella strada. Nessun automobile passa e il carcere sembra una irrealtà, inventata e dimenticata. Sembra  sia impossibile che un luogo di rieducazione, così il fine delle pene dovrebbe tendere, sia invece un luogo di vessazioni, di umiliazioni, di tormento. Si sta parlando del carcere duro, carcere poi soppresso, come l'Asinara, carcere dove si perseguiva l'annientamento della resistenza individuale con violenze e torture.
Carmelo Musumeci da quel carcere è andato via, benché ancora in carcere. Andato via, volando sui fogli della corrispondenza umana, trasvolando mari di incomunicabilità con lo studio, oltrepassando ogni sbarra con tutti i libri che lui ha letto, facendo dello studio il suo paradiso, e rimanendo ancorato al mondo dei carcerati  come un megafono che urla dal silenzio. Questo ci sta dicendo Alfredo, mentre noi ci sentiamo piccolissimi, inutili e decisamente inadeguati davanti a queste forze centripete che irradiano energia. La fuga sta nel correre verso il centro della circonferenza. Nessun carcere potrà impedirlo. Da Cesare Beccaria, aspettando, noi tutti,  l'Illuminismo.     “Il fine delle pene non è di tormentare ed affliggere un essere sensibile. Il fine non è altro che d'impedire il reo dal far nuovi danni ai suoi cittadini e di rimuovere gli altri dal farne uguali.” 

venerdì 10 luglio 2015

Maschere di vetro e polvere- L’Amore Cattivo

Maschere di vetro e polvere (Falco Editore) 
 L’Amore Cattivo (Giraldi Editore)

L’ incipit di L’Amore di cattivo di Francesca Mazzucato dialoga con Maschere di vetro e polvere di Jesa Aroma.


Scriverò del libro di Francesca in un altro post, per ora mi piace immaginarli così.
Da Francesca “non una traccia di polvere, nessuna sbavatura, andrà bene, ripete, andrà tutto benissimo.
L’amore feroce, quello delle bestie selvagge.
Che scortica, taglia, incide.
Quello storto, che diventa crimine.
L’aveva conosciuto troppo presto.
Le era rimasto addosso come un’ustione.”
Vetro e polvere. Maschere, dice Jesa Aroma, e con lei molti altri  autori,  siamo tutti maschere.
Opera prima di questa autrice calabrese, il libro racconta una vicenda di riscatto e liberazione da un amore cattivo.
La trama svolge con temporalità consequenziale, forse troppo  veloce gli avvenimenti, così il ritmo, che  ha pagine molto musicali, segue la vicenda, scandendo i fatti.
 Per l’autrice, come per noi lettori, il grande amore per tutti i libri letti trasforma ogni nuovo racconto in un continuo atto d’amore verso gli altri libri che hanno salvato i loro lettori.
Penso che per Jesa sia stato Pirandello e le maschere che indossiamo, così lei scrive, facendo domandare alla protagonista se diventerà folle anche lei “ Ogni realtà è un inganno” Uno, nessuno e centomila.
“quindi tutto quello che mi sembra vero non lo è, è solo un trucco. Ognuno di noi indossa una maschera e noi non siamo altro che la maschera che indossiamo giorno dopo giorno”
Maschere di vetro e polvere, è uno stranissimo impasto. Mi sforzo di immaginare tale maschera sul viso. Taglierebbe? La polvere appiccicata al vetro? Nel mio visualizzare mi arrendo e guardo bella copertina inquietante e con risvolto splendido viso e sorriso di Jesa a porgere un racconto di possibile salvezza.
Mentre scrivo, nella calura di luglio, il mare azzurro sul tavolo del pc, il sole squaglia Snoopy sulla sua cuccia,
e tutti i mostri dentro e fuori svaniscono.
Dalla lettura di romanzi con vittime e carnefici, dalle letture ci rimane l’ultimo scatto. Lo sfraghis, il segno della salvezza. Il segno che gli ebrei fecero sulle porte per essere riconosciuti  al passare dell’angelo del Signore che passerà oltre, nella Pasqua di salvezza.
Rimane il sollievo e la certezza che buoni libri servano sempre a liberare chi prigioniero è o si sente dietro una maschera di vetro e polvere.



giovedì 9 luglio 2015

Whiplash- Da UNA



Whiplash: la stessa storia per un  cortometraggio al Sundance Festival poi diventata un lungometraggio, vincitore di tre Oscar,  il film  è stato diretto da un regista sconosciuto quasi trentenne: Damien Chazelle, che ha raccontato una iniziazione crudele  alla vita, al successo con  musica, competizione, passione, sacrifico. Una scuola di vita?
Siamo in una prestigiosa scuola e uniche  parole sensate del professore mi sembrano queste: Non c’è nulla di più dannoso che dire ad un altro “ Ben Fatto”
Mi ha ricordato una mamma di una mia alunna, molto brava, che venne a rimproverarmi per aver io messo ottimo, come sempre,  al compito di sua figlia. Alla mia sorpresa domanda lei mi rispose che se la figlia non avesse sentito lo sprone a far meglio, se avesse visto sempre premiato anche un tema minore, avrebbe livellato le sue capacità e si sarebbe impegnata di meno.
Più o meno lo stesso concetto del protagonista della vicenda.
Allora io diedi ragione alla mamma, anche se lasciai il voto, che pur sempre meritato era. 
Questa sera riconosco unica frase plausibile in un insegnante terribilmente sadico che abusa del suo potere per far sclerare i suoi alunni.
Credo proprio che il regista abbia voluto proprio affermare questo ed in effetti fa iniziare il film con una batteria che suona rabbia, più forte, sempre più forte in un incontro fra allievo al primo anno e il professore mitico che sparisce e ritorna per prendersi la giacca, quasi per umiliare col silenzio ed indifferenza.
Swing in double time.
In tempo doppio.
 La cosa più vergognosa che fa il professore sarà usare informazioni private, confidenze fatte a lui dagli allievi in un momento di fiducia, per darli in pasto, in pubblico, deridendoli.Ma magari tanti fanno così. Se qualcuno si confida con un altro, queste confidenze verranno sparpagliate al vento come le canne del canneto di re Mida. Chi sparpaglia ed offende una canna è 
Doccia scozzese, colpo di frusta, altalena di esaltazione e di annientamento sarà questo l'insegnamento che mira a fortificare o a distruggere animo di alunno?
Tu sei qui per un motivo- il professore intima. 
“ Io sono qui per un motivo” l'alunno soggiace.
 Ed io aggiungerei che l’alunno è lì per dare un motivo a questo insegnante monco, mancante di equilibrio, di rispetto.
Certo Parker divenne Parker e produsse Bird per aver ricevuto una batteria in testa da Jones ma questo metodo educativo aveva anche procurato impiccagione in Ben  Casey, Alunno di Flecter e da lui compianto, dopo morto.
“Metz non era stonato” dice Flecter, il professore, dopo aver umiliato alunno ed averlo espulso dall'orchestra, come faceva mia collega di francese, in quella classe di cui sopra.
Ero sempre stupita di come gli alunni stessero immobili con lei, nelle ore di compresenza, e di come lei li umiliasse con metodo.
Ho sempre accettato che nelle mie ore gli alunni si sentissero più liberi, e,  malgrado meno disciplinati, più rispettati. Per questo non riesco a veder nessun elemento di scusante in un professore che esercita un potere su menti giovani ed invece ammiro alunno che, forte del suo entusiasmo, continua a battere fino al sangue i piatti.
Un film quindi di grande amore verso la musica, verso una fissazione, alla Coltrane, un film di scontro fra due personalità forti, perché nessuno dei due avrebbe mai voluto vivere la banalità degli altri. Credo che la testardaggine del ragazzo venisse più dalla ribellione verso un modello familiare di rinuncia che dalla vessazione di un professore cattivo. Sono sicura che il regista aveva modello preciso davanti a sé.  
Un film con un ritmo continuo e spezzato, una musica insegnamento ad una vita difficile. 
Caravan suonerà