sabato 12 luglio 2014

la dignità della solitudine


La dignità della solitudine

Ho popolato il mio tavolo di voi
ho fatto colazione pranzo e cena
chiacchierando con voi
e
fuori
poi
ho continuato a chiedermi di voi
senza però chiedervi niente
non si sfugge
al nostro destino
però si può
sicuramente
raggirarlo.
Una solitudine come destino
io l'ho presa in giro con un libro in mano,
con lo schermo di un pc
con un foglio bianco
che mi chiede
-Come stai?-




La convivenza silenziosa invecchia

Il silenzio amplifica i suoni.
La cialda del caffè nella Lavazza  Blue deflagra
sboom
cade giù e io aspetto che diventi rosso il tondo per girare e ... e  bermi il nero e schiumoso ristretto.
Lui è sul divano, dorme.
Di giorno si dorme.
Il silenzio ora è rotto dai tasti
un rumore inquietante, anche i tasti deflagrano, risuonano cupi in un martellare inchiodante e inutile.
Spariti i tempi di quando il pigiare era una vera comunicazione,
 le tante e le molte delusioni hanno reciso il suono umano 
 lasciando i tasti a risuonare da soli un'eco lontana.
Il tavolo è ingombro di fogli, qui
in cucina nessuno
lo specchio del bagno rimanda una ruga che non possedevo

Ippolita Luzzo a Cropani- 5 Agosto 2013 festivaletteratura 

lunedì 7 luglio 2014

Tabularasa oltre il pregiudizio universale





Tabularasa oltre il pregiudizio universale


Sui cieli di Reggio oltre il pregiudizio universale

Il film che mi porto nella testa.
Vittorio De Sica gira a Napoli nel 1961 il film Il Giudizio Universale

Alle 18:00 inizia il giudizio universale-ale-ale-ale... Il film inizia con le parole scandite da un vocione  che si mescola tra i nuvoloni di pioggia su una Napoli  tra lo stupore e la semi-indifferenza e termina con un Dio  che  cede a chi nega l'evidenza, il giudizio diventa un diluvio e sulle note di una dolce ninnananna antirazzista che scalda i cuori di tutto il mondo, esplode un tripudio di suoni e colori che sancisce l'avvento del sole. Gay pride.


Quando ho letto il titolo di Tabularasa, di questa sera, in testa ho avuto lo stesso vocione del film che tonante diceva .- questa sera inizia il pregiudizio universale!
Marchiati
Via tutti i pregiudizi locali, sui Calabresi testa dura e scarpe grosse, via tutti i pregiudizi su un marchio di omertosità e di falsità che appartiene a tutti i paesi del mondo, compreso il nostro, via al pregiudizio di genere, di razza, di altezza, di odore, di età, gli Hutu e i Tsuti  nel Ruanda si fecero guerra per nasi diversi, pregiudizi su etnie  diverse,
carcere immediato a chi punta  il dito contro, che io poi sarei per editto! Si mozzi quel dito!

Abbiamo lasciato sui cieli di Praga il fumo che sale, cantava Guccini, una speranza sui cieli di Praga, certo anche la pace viene irrisa da sempre e sembra sia lei il pregiudizio più grande,
Sembra che tutto debba andare in fumo
Ma non questa sera
 sui nostri cieli canteranno domani i cori e il sorriso di una Reggio che va oltre il pregiudizio e universale tende la mano a tutti i diversi che siamo tra noi.










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Erotico Critico- La panna montata

Ogni tanto leggo erotico, quel tanto che basti per nausearmi oppure per fare una grande risata.
 Sulle sfumature già vi dissi con mio post Siamo un popolo di guardoni, poi vi scrissi altro su you porn, cliccatissimo, ieri lessi L'Assaggiatrice di Giuseppina Torregrossa ed ero già al caffè. Sembrano le barzellette sporche che Pierino raccontava in comitive sudate e spalmate di crema solare a basso prezzo, le barzellette per decerebrati che  piacciono a tanti di voi.
Un erotico da sballo, con cappelle arrosolate al sole d'agosto, lucide e pronte per esser mangiate, panna montata da inghiottire golose per essere pronte, per essere inn gamba.
Una sola gamba? Meglio entrambe, attorcigliate, arcuate, aperte o a compasso, nelle infinite variazione di geometria.
Lingue al lavoro, alla vaccinara, alla romana, lingua che sa dove andare, che sa che sa, saprebbe parlare.
Poi mani che schiacciano bottoni, sempre un interruttore, chiamiamo Enel che forse è meglio, ed infine un tripudio, una volta, due volte, dieci, cento, mille, non si contano più le innumerevoli volte in cui acme si raggiungerà, nella stessa serata, nello stesso momento. Una Performance.
Ansimiamo che è meglio, nell'ansimo eterno dell'ultimo respiro perchè amore è morte e l'agonia sarà un piacere erotico in più, così mi aggiornano le tante letture. Si gode impiccandosi, infatti c'è il gioco, si gode morendo, e questo lo credo, si gode anche in due se si sa come fare, se i basilari verranno insegnati.
Poi come facciano a scriverci su questo erotico sempre uguale, su tutta questa noia mortale, io non me ne faccio una ragione. A Lamezia l'ultimo libro che ha venduto di più è di una tizia erotica che lo fa da sera a mattina per esperienza di vita spiritual.
Ok buongiorno a voi che credete ancora di comprare l'eros in macelleria con una bustina di spezie, di aromi e di saper poi venderlo come se fosse un piatto nuovo, liberatorio e suggestivo.
Avete ragione, la ggente si eccita sempre per niente non conoscendo l'eros mentale!

venerdì 4 luglio 2014

Tabularasa- La paura di avere paura- W la libertà

Dal trono vuoto di Andò
Il potere ci vuole impauriti
crea la paura per dominare

la paura di avere paura
se ho paura del buio accendo la luce
se ho paura del vuoto mi lego, mi appoggio
se ho paura dei cani ci sto lontano
Paura che ho rimedio si trova
Ho paura del futuro, del presente, del momento
ho paura del vento, del mare, del  cambiamento
ho paura del nero, del giallo e del verde
ho paura del sempre diverso che arriva
Paura che abbiamo di avere paura
la nave partire non fa.
La nave Gelsomina vince nel 1970 lo zecchino d'oro con un testo contro la paura.
 La nave é una nave paurosa,  dirindindindina non vuole navigare
insiste il capitano bisogna farla andare
Ha paura del pescecane
Ha paura della balena
E perfino della sardella
dirindindina dirindindella
ma quando vince l'emozione non si ferma più
La paura di avere paura dell'ignoto
oltre lo stretto di Gilbilterra
Al tempo delle Colonne d'Ercole
Beh! Avevano paura di trovare l'America
vi rendete conto?
L'America che poi fu il sogno di tanti, oggi mica tanto
Oggi hanno paura di noi, Marchiati  facciamo paura,
 ma noi non abbiamo paura, non avendo niente da perdere, avendoci tolto tutto, liberi siamo.
Male non fare paura non avere
un vecchissimo proverbio, non vero,
noi proviamo ad avere coraggio
ed a dare fiducia ad un essere umano.

Paura non ho di te
Paura non hai di me
Chiunque tu sia,
qualunque cosa tu faccia io non ti temo
La nostra preghierà sarà

Giorgio Faletti che amo.

Portai e lessi- Io Uccido- nel reparto, allora



Letterarietà       9 giugno 2011
Se ci fermassimo ad ascoltare, se provassimo a stare zitti, se placassimo il nostro turbinio potremmo iniziare a conoscere. Senza fretta senza domande aspettando con attenzione. Abbiamo tutti bisogno di attenzione. Ricchi, poveri. Poi tutti raccontiamo.  A me raccontano di tutto.
Tu scrivi- mi dicono- racconta la mia storia
 Così un fiume incontrollato di sensazioni, di sogni e di realtà mi immerge in un mondo che prima conoscevo solo letterariamente.  Se scrivo vuol dire che ho tanto letto, molto, di tutto, anche, come ci ha raccontato Faletti,  l’altra sera, il cartone dei detersivi. Se scrivo viene da sé, dopo aver ascoltato, dopo aver digerito il malessere o l’allegria del momento. Scrivo su pezzi di carta che poi perdo, sulle agende degli anni passati, sulle buste della posta che poi dimentico di aprire, scrivo ora da poco sul computer, pigiando i tasti ad uno ad uno, con un solo dito. Ma tutti scriviamo. Ho spesso strappato ciò che ho scritto. Poi ho dovuto difendermi  ed invece di urlare, litigare, andare per vie legali, ho preferito letterarizzare la mia vita,  leggere in pubblico quello che scrivo. Nella biblioteca comunale, al circolo di riunione, all’uniter, in televisione privata, in negozi, così, col foglio in mano la mia vita prende le sue ragioni. Le scrivo, le leggo, che voglio di più? Scrivo ora di altro, di film visti, di spettacoli, di racconti di altri.
 – Ma almeno ti pagano?- mi ha chiesto una volta qualcuno. No, non mi pagano
- ed allora perché lo fai?- Mi ascoltano- ho risposto. Ha scosso la testa  sulla stranezza di una donna che invece di preparare cibi, stirare, lavare e stare zitta, scrive. Alcuni eliminerebbero le donne che scrivono, la scrittura poi, così faticosa! Ma non è vero che scrivo e basta, faccio compere, la spesa, cucino, metto in ordine i cassetti, telefono  e ritelefono all’agronomo che è sparito lasciandomi i registri aziendali in macchina, al geometra che non si decide di mandarmi la planimetria ed ora vado a prepararmi. S’è fatto tardi e l’architetto mi aspetta per le dieci sul  cantiere per scegliere i colori del complesso  in costruzione. Ma non sono ricca. Neanche tu probabilmente lo sarai altrimenti non insisteresti su una casa in cooperativa, bella sicuramente, ma che qui qualsiasi professionista ha comprato con un mutuo quindicennale. Neanche tu mi ascolti, non puoi diventare più profondo se non ti fermi ad ascoltare. Non perderti in mille rivoli, fermati e ascolta

20 Maggio 2012
Questo scrivevo alloraconvinta che esistesse l'ascolto
Poi ho visto il mio errore sulle pagine sempre più bianche di un dialogo interrotto.
Questo ora ridico con l’illusione sempre viva di essere un essere umano fra esseri umani.

Reale ed irreale … è solo un sogno
Nessuno ascolta e scrivere diventa solo un bisogno 
Morto l'architetto, morto Faletti

mercoledì 2 luglio 2014

Relax Vodafone a Lamezia Terme

Le splendide Signorine della Vodafone di Lamezia mi offrono pacchetto Relax, tutto incluso.
Io vorrei conservare mia scheda e numero precedente- non c'è problema- mi dicono.
Mi fanno firmare contratto mi danno cellulare e mi spediscono a casa. 
Guardo quel cellulare e ignara trasbordo scheda dal vecchio al nuovo.
Inutilmente cerco di telefonare. Nulla. 
passano due o tre giorni e ritorno da loro che, sempre molto gentilmente, mi illuminano su scheda non attiva per giorni. 
Se voglio posso mettere scheda che si troverà in dotazione e poi passati cinque giorni...
Aspetto altri giorni e non cambio scheda, mi sembra inutile per due o tre giorni, riprovo dopo una settimana e ritorno da loro. La situazione è invariata, dico, non posso telefonare.
Sì, ma io con chi delle due ho parlato? Forse con la collega? Insomma una scarica sull'altra le non informazioni che mi avrebbero dato. Loro due sono indistinguibili per la totale non presenza di tratti caratteristici difformi.
Alla fine una delle due, non posso dettagliatamente raccontarvi  le peripezie, mi travasa tutto su scheda da un suo telefono, in azienda, e mi ridà cellulare, a suo dire, funzionante. 
Lo riapro in macchina, vado per scorrere rubrica e mi parte telefonata per una certa Iolanda, in Australia, mai vista e mai sentita. Sarà un'amica di Vodafone?
Mi accorgo con orrore che ho in rubrica moltissimi numeri di sconosciuti, Iolanda, Carmen, Carmensita, Checca, Cumpari e Cummari e ignoro come cancellare, torno in negozio.
Le due fate dalle unghie smaltate non sanno come cancellare. Non conoscono il cellulare che mi hanno dato in dotazione e una di loro rimette scheda nel suo telefono e ad alta voce vorrebbe che io le indicassi quali numeri cancellare alla presenza degli altri clienti. Voglio cancellare Catitribù? Chi cavolo è? Sicuramente una di loro
Sono molto rilassata, tanto rilassata da chiedere modello di dismissione contratto.
Augurandomi di non incontrare mai più simili professioniste del mondo della comunicazione!
 

lunedì 30 giugno 2014

Un muro davanti



Il muro davanti

Sempre più raramente mi siedo a scrivere davvero.

Sempre più raramente mi accingo a dire, poi taccio.

Le parole hanno preso significato altro.

Volo, nolo e malo, vola, gala e mala

Cultura etica e bellezza, Libertà della libertà, popolo delle libertà.

Il muro davanti

Non esiste libertà, non è mai esistita, era una semplice tensione ad un vivere possibile

Non esiste e però vedere questa tensione imbrattata e ridicolizzata mi dà un piccolo dolore.

Non esiste la bellezza, era armonia, equilibrio, serenità, ho studiato io.

Ora vedere bellezza nel corpo spogliato e venduto un tanto al chilo mi addolora

Il muro davanti a me

Cuktura terribikle, metto le kappa, una volta mettevano le kappa per evidenziare un regime.

Non so se abbia ancora un senso parlare di regime, di soffocamento, di nodo scorsoio che stringe il collo di esseri vari.

Alla berlina di Clown siamo, di spietati killer dell’etica. Voleva dire praticare la virtù, essere etici, avere un costume morale, non vestire un tacco quindici e sculettare. Non vendere voti, idee, non comprare solo un televisivo, non accettare che tutto diventi un orrendo Circo Barnum.

Un muro davanti a voi tutti che allegramente ci ballate sopra, nei vostri Club, nei vostri lidi, fra un mix di alcool e una sniffata, sentendovi tutti i re dell’universo.

Un muro alto, altissimo, che crollerà come Babilonia
e non basteranno tutti i vostri premi, tutte le convention, tutti gli stage, tutti i vostri cavalierati ed eccellenze, tutto il vostro, a salvarvi dalla sputo dell'indigenza. L'indigenza della spiritualità.