"Ognuno di noi è DeLuFa, è Sawa, è Su, è Ajie, è Jiya, è Steven, è Junjun, è Achao, è XiaoGang, ed è tutti gli uomini e tutte le donne che ho incontrato durante il viaggio, durante questo mio breve stare cinese, sull'isola di Hainan, a Chengdu o a Chongqing, su tra i monti delle fate o nelle viuzze di Qingyan, a Pechino o a Tianjin."
Karma Hostel Edizione Il Foglio febbraio 2019 Copertina di Claudio Parentela.
Scrivo pigiando forte sui tasti di un computer ormai spento da tempo, i tasti si rifiutano di riportare le sillabe e più forte devo pigiare i nomi di sconosciute località, di sconosciuti uomini incontrati dal protagonista del romanzo in questo suo reportage dall'Oriente, dalla Cina.
"A Pechino i sellini delle biciclette,le macchine e le luci venivano filtrate come attraverso un velo fitto; lo smog, infatti, si mischiava alla luminosità della sabbia filtrando le insegne al neon delle strade. Mancava soltanto che la gente cominciasse a correre atterrita gridando all’Apocalisse."
Scritto come se fosse un diario di guerra, sulle note dei commentari, sulle antiche riminiscenze mie di Plutarco e Cesare, scritto come una confessione, lo leggiamo come se stessimo con l'autore ad un bar seduti ad ascoltarlo. Da lui sentiamo ciò che impotenti noi già sappiamo, l'avvelenamento della Cina, l'avvelenamento del nostro pianeta, e poi il tentativo di pochi di scappare verso luoghi ancora possibili. Ci sediamo insieme a XiaoGang con una dombra,uno strumento musicale, e suonando in quel borgo tutto ha un'anima.
Karma Hostel è dunque un incontro fra uno di noi e uno di loro.
Il mio professore di Storia della filosofia ci spiegava come l'Oriente avesse in sé l'essere e l'Occidente il divenire. Era per questo motivo che la storia dell'Oriente rimase ferma per millenni nella contemplazione spirituale mentre il divenire, il progresso avesse trascinato eventi veloci nella storia dell'Occidente. In effetti nel nostro secolo questa dicotomia si è azzerata e il divenire ha conquistato la Cina e come un vortice ha spazzato storia millenaria.
Fra disperazione e frustrazione, fra speranza e desiderio di esserci, seguiamo le avventure e le trasformazioni di un luogo, impotenti noi come i nostri amici cinesi
"Non memorie né sogni... bensì fatti, situazioni, azioni in compimento, srotolantesi come scialli di papiro su aurighe in corsa" Le immagini di similitudini impossibili mi ricordano la stessa impossibilità provata da ragazzi nel leggere le avventure nei mari del Sud. Nel raccontare l'autore ci fa domande, come se volesse essere rassicurato da noi, chiedendo cos'altro avrebbe potuto fare. Lo chiede a noi lettori, altrettanto in stand by.
La novità del libro mi sembra la sincerità e l'originalità della trama, e credo bene come abbia dovuto penare l'autore per trovare un editore libero e coraggioso che lo pubblicasse. Siamo ai tempi in cui si discetta di fica, se sia la stessa o diversa dopo il tradimento, nel recente finalista al Premio Strega, siamo in tempi cretini e sguaiati e purtroppo avvelenati e questo libro lo testimonia con la serietà del cronista e la adesione alla condizione umana uguale ormai sia in Oriente che in Occidente.
Ippolita Luzzo
martedì 26 febbraio 2019
lunedì 25 febbraio 2019
Un saluto da Andrea Barbato
e ho detto tutto. Dal “Ti ricujjisti?” all’”esperimento socio culturale” credo che la raffinatezza della piana mefitica abbia completato l’opera iniziata con quella meravigliosa indifferenza con cui ha condito ogni giorno i piatti prima di servirli. Ora fra cancellazioni e offese, fra volgarità degne del parlare da menti impedite tutto si conforma al luogo misero. Ultimo in ordine di disimportanza ieri ma potrebbe essere domani uguale
martedì 29 gennaio 2019
Il Pantarèi di Ezio Sinigaglia
"Porta fortuna. Scriverò il romanzo. Come si modifica la cultura in cinque giorni. Pantarèi."
Lo avevo perso e per un istante ho pensato di non trovarlo ma poi l'ho chiamato e lui era lì sulla sedia della cucina ad aspettarmi.
Il Pantarèi di Ezio Sinigaglia ha una lunga storia, ne sentivo parlare da anni da Giuseppe Girimonti Greco, traduttore e consulente editoriale, nonché amico di Ezio. Insieme, loro due, in alcune avventure: traduzioni di racconti, curatele. Entrambi una vita trascorsa nella letteratura.
Il Pantarèi viene pubblicato da Giovanni Turi, direttore editoriale della Casa Editrice TerraRossa, una casa editrice virtuosa, nata da poco tempo, una casa editrice che, nella collana Fondanti, al suo quarto titolo, vuole riproporre opere che hanno avuto un significato fondamentale nel tempo e ora introvabili. Mi sembra bellissimo questo voler dare opportunità a ciò di cui si favoleggiava prima che l'incuria possa obliare la testimonianza.
Coraggio e passione, credere e agire, mi sembra il dettato di questa casa editrice che seguo, ammirandone le scelte di contenuto. Nel senape della copertina di Francesco Dezio la bellissima ed elegante Olivetti sta al centro di tutte le cose, di tutte le parole nate da lei.
Pubblicato per la prima volta nel 1985 Il Pantarèi mi porta al mio concorso per l'insegnamento, proprio in quegli anni, gli anni ottanta, quando ancora si poteva fare un progetto, vincere un concorso, avere un ruolo.
Tutto scorre e di quegli anni è rimasto solo il ticchettio della macchina da scrivere.
Ezio Sinigaglia scriverà questo romanzo dall'ottobre del 1976 al maggio del 1980, ed il titolo iniziale era I romanzi e i giorni.
Avrebbe dovuto raccontare il romanzo, come un ascensore, i romanzi stavano sull'ascensore di sinistra, i giorni su quella di destra. La dimostrazione che il romanzo non fosse morto: I romanzi erano la scala saggistica, i giorni quella narrativa. Ezio ci spiega, nella prefazione, quella illuminazione notturna della genesi del romanzo, costruito per omaggiare il romanzo stesso, come atto d'amore verso la narrativa, verso tutta la letteratura. Del ticchettio della macchina da scrivere ora restano questi tasti del computer, dove anche io indegnamente pigio, e Stern, il protagonista, che non avrebbe potuto più svolgere quelle mansioni, "curare enciclopedie" essendo terminata la stagione delle enciclopedie. "L'avanguardia di oggi è la retroguardia di domani" dice Ezio e noi con lui, nel vedere ormai come sono spariti o quasi i telefoni fissi, le macchine da scrivere, i mangianastri.
Eppure il fascino sta tutto nella sparizione, sta tutto nella freschezza di un mondo eterno nelle sue dinamiche, nelle sue passioni per Proust, citato nel capitolo primo in in una edizione francese, per Joyce, per Svevo, per Cèline, per Robbe-Grillet.
Il Pantarèi corre nei corridoi della letteratura con la stessa leggerezza con cui Ezio Sinigaglia passeggia fra la sua sterminata conoscenza regalandoci il romanzo.
" Sax dunque. Nome?” “Dario” “Dario Sax. Non ci mette molto lei a fare una firma” “ No, certo.” “Anni?” “ Ventidue” “Complimenti non ne dimostra più di quindici” Arrossendo arrossendo la faccia infuocata arrossito fino alla radice dei capelli cortissimi. “ Già lo so soprattutto con i capelli tagliati così corti” “Militare?” “Appena finito" Romanzo di Daniele Stern.
"Porta fortuna. Proprio lì davanti. Deve avere un significato. Scriverò il romanzo. Signor Stern, qualcuno ha lasciato un messaggio per lei. Già, purtroppo non l'ho visto in tempo. Meglio così. Porta fortuna. Scriverò il romanzo. Come si modifica la cultura in cinque giorni. Pantarèi."
Magistralmente scritto e condotto, la lettura ci abbraccia, a Stern non piace Cèline, e che bello poter dirlo! nella gassificazione della critica letteraria, ed intanto restiamo con quella stupenda domanda: "Una leggenda sfatata può essere rifatata?"
Nello splendore della letteratura stiamo con Ezio Sinigaglia.
In Litweb in tripudio " Porta fortuna. Scriverò il romanzo. Come si modifica la cultura in cinque giorni. Pantarèi" Si vede che lo amo moltissimo? Lo amerete tutti: Porta fortuna leggerlo.
Ippolita Luzzo
Lo avevo perso e per un istante ho pensato di non trovarlo ma poi l'ho chiamato e lui era lì sulla sedia della cucina ad aspettarmi.
Il Pantarèi di Ezio Sinigaglia ha una lunga storia, ne sentivo parlare da anni da Giuseppe Girimonti Greco, traduttore e consulente editoriale, nonché amico di Ezio. Insieme, loro due, in alcune avventure: traduzioni di racconti, curatele. Entrambi una vita trascorsa nella letteratura.
Il Pantarèi viene pubblicato da Giovanni Turi, direttore editoriale della Casa Editrice TerraRossa, una casa editrice virtuosa, nata da poco tempo, una casa editrice che, nella collana Fondanti, al suo quarto titolo, vuole riproporre opere che hanno avuto un significato fondamentale nel tempo e ora introvabili. Mi sembra bellissimo questo voler dare opportunità a ciò di cui si favoleggiava prima che l'incuria possa obliare la testimonianza.
Coraggio e passione, credere e agire, mi sembra il dettato di questa casa editrice che seguo, ammirandone le scelte di contenuto. Nel senape della copertina di Francesco Dezio la bellissima ed elegante Olivetti sta al centro di tutte le cose, di tutte le parole nate da lei.
Pubblicato per la prima volta nel 1985 Il Pantarèi mi porta al mio concorso per l'insegnamento, proprio in quegli anni, gli anni ottanta, quando ancora si poteva fare un progetto, vincere un concorso, avere un ruolo.
Tutto scorre e di quegli anni è rimasto solo il ticchettio della macchina da scrivere.
Ezio Sinigaglia scriverà questo romanzo dall'ottobre del 1976 al maggio del 1980, ed il titolo iniziale era I romanzi e i giorni.
Avrebbe dovuto raccontare il romanzo, come un ascensore, i romanzi stavano sull'ascensore di sinistra, i giorni su quella di destra. La dimostrazione che il romanzo non fosse morto: I romanzi erano la scala saggistica, i giorni quella narrativa. Ezio ci spiega, nella prefazione, quella illuminazione notturna della genesi del romanzo, costruito per omaggiare il romanzo stesso, come atto d'amore verso la narrativa, verso tutta la letteratura. Del ticchettio della macchina da scrivere ora restano questi tasti del computer, dove anche io indegnamente pigio, e Stern, il protagonista, che non avrebbe potuto più svolgere quelle mansioni, "curare enciclopedie" essendo terminata la stagione delle enciclopedie. "L'avanguardia di oggi è la retroguardia di domani" dice Ezio e noi con lui, nel vedere ormai come sono spariti o quasi i telefoni fissi, le macchine da scrivere, i mangianastri.
Eppure il fascino sta tutto nella sparizione, sta tutto nella freschezza di un mondo eterno nelle sue dinamiche, nelle sue passioni per Proust, citato nel capitolo primo in in una edizione francese, per Joyce, per Svevo, per Cèline, per Robbe-Grillet.
Il Pantarèi corre nei corridoi della letteratura con la stessa leggerezza con cui Ezio Sinigaglia passeggia fra la sua sterminata conoscenza regalandoci il romanzo.
" Sax dunque. Nome?” “Dario” “Dario Sax. Non ci mette molto lei a fare una firma” “ No, certo.” “Anni?” “ Ventidue” “Complimenti non ne dimostra più di quindici” Arrossendo arrossendo la faccia infuocata arrossito fino alla radice dei capelli cortissimi. “ Già lo so soprattutto con i capelli tagliati così corti” “Militare?” “Appena finito" Romanzo di Daniele Stern.
"Porta fortuna. Proprio lì davanti. Deve avere un significato. Scriverò il romanzo. Signor Stern, qualcuno ha lasciato un messaggio per lei. Già, purtroppo non l'ho visto in tempo. Meglio così. Porta fortuna. Scriverò il romanzo. Come si modifica la cultura in cinque giorni. Pantarèi."
Magistralmente scritto e condotto, la lettura ci abbraccia, a Stern non piace Cèline, e che bello poter dirlo! nella gassificazione della critica letteraria, ed intanto restiamo con quella stupenda domanda: "Una leggenda sfatata può essere rifatata?"
Nello splendore della letteratura stiamo con Ezio Sinigaglia.
In Litweb in tripudio " Porta fortuna. Scriverò il romanzo. Come si modifica la cultura in cinque giorni. Pantarèi" Si vede che lo amo moltissimo? Lo amerete tutti: Porta fortuna leggerlo.
Ippolita Luzzo
lunedì 28 gennaio 2019
Dalle gru al canto libero fra gli alunni
La scuola è fatta da bianche gru e da alunni in fiore. " Oggi 28 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, nell’Aula Magna dell’Istituto Comprensivo di S. Eufemia, alle ore 16,00, si è tenuto il recital degli alunni delle classi quarte, intitolato “La memoria rende liberi”, in omaggio a Liliana Segre, superstite dell’Olocausto e testimone dei campi di concentramento nazisti." leggo il comunicato stampa e partecipo su invito dell'insegnante che ha curato, insieme alle colleghe, l'evento.
La Dirigente scolastica mi saluta cordiale con:- Ah abbiamo la blogger!- ed io felice faccio alcune fotografie a ciò che entrambe abbiamo notato, le gemme. L'albero dell'istallazione ha le gemme. Le gemme fioriranno a primavera, pensiamo. Le gemme, come la libertà, in fiore, una promessa. Leggo ancora sul comunicato "Nell’ambito della manifestazione, alla Segre è stata dedicata anche un’opera installazione
“Un albero della memoria per coltivare la speranza”, arricchito da gru di carta realizzate dai bambini e splendidi origami ottenuti utilizzando fotocopie delle pagine del suo libro “Fin quando la mia stella brillerà”. Le gru costruite con gli origami, presso i popoli orientali rappresentano la speranza e sono segno beneaugurante che si dona a chi è malato e sofferente. Quest’opera dunque, è una metafora della speranza. Essa, nel solco fertile delle parole della Segre, permette di sognare un mondo migliore, in cui “la memoria rende liberi”."
L’albero dei giusti, l’albero delle gru, costruito con rami in gemme e sui rami i fogli del libro di Liliana Segre, in forma di gru. Leggono gli alunni stralci del libro di Liliana Segre, testimone di ciò che non dovrà essere dimenticato. Leggono alternando canzoni che conosciamo: La guerra di Piero, Ad Auschwitz, Imagine, e scorrono immagini su un video dal campo di concentramento. I bimbi sono bellissimi, mai ho visto bimbi così belli, così interessati. In un altro video vediamo le classi all'opera, mentre preparano gli origami e mentre li appendono all'albero. L'istallazione resterà in ricordo, nella scuola, resterà come memoria di un sapere artistico che illumina sempre il fare. Una promessa di libertà. In canto.
Ippolita Luzzo
La Dirigente scolastica mi saluta cordiale con:- Ah abbiamo la blogger!- ed io felice faccio alcune fotografie a ciò che entrambe abbiamo notato, le gemme. L'albero dell'istallazione ha le gemme. Le gemme fioriranno a primavera, pensiamo. Le gemme, come la libertà, in fiore, una promessa. Leggo ancora sul comunicato "Nell’ambito della manifestazione, alla Segre è stata dedicata anche un’opera installazione
“Un albero della memoria per coltivare la speranza”, arricchito da gru di carta realizzate dai bambini e splendidi origami ottenuti utilizzando fotocopie delle pagine del suo libro “Fin quando la mia stella brillerà”. Le gru costruite con gli origami, presso i popoli orientali rappresentano la speranza e sono segno beneaugurante che si dona a chi è malato e sofferente. Quest’opera dunque, è una metafora della speranza. Essa, nel solco fertile delle parole della Segre, permette di sognare un mondo migliore, in cui “la memoria rende liberi”."
L’albero dei giusti, l’albero delle gru, costruito con rami in gemme e sui rami i fogli del libro di Liliana Segre, in forma di gru. Leggono gli alunni stralci del libro di Liliana Segre, testimone di ciò che non dovrà essere dimenticato. Leggono alternando canzoni che conosciamo: La guerra di Piero, Ad Auschwitz, Imagine, e scorrono immagini su un video dal campo di concentramento. I bimbi sono bellissimi, mai ho visto bimbi così belli, così interessati. In un altro video vediamo le classi all'opera, mentre preparano gli origami e mentre li appendono all'albero. L'istallazione resterà in ricordo, nella scuola, resterà come memoria di un sapere artistico che illumina sempre il fare. Una promessa di libertà. In canto.
Ippolita Luzzo
giovedì 24 gennaio 2019
La donna in grigio Anna Maria Villalonga
Titolo originale dell'opera: La dona de gris
Libres de Delicte, Barcelona 2014
Traduzione dal Catalano di Laura Mongiardo.
Edizione della Goccia ottobre 2018
Mai avrei conosciuto Anna Maria Villalonga se non tramite Laura Mongiardo, traduttrice dal catalano di questo noir che vi farà stare col respiro sospeso. La donna in grigio è un ottimo noir, ha i tempi perfetti, le situazioni si uniscono con logica consequenzialità e il ritmo della storia è incalzante.
"Tutto ebbe inizio come un gioco per scongiurare la routine. Non gli pass per il capo che, talvolta, i giochi ci sfuggono di mano, impossibili da controllare" L'idea del libro è mia compagna da anni, scongiurare la solitudine interessandomi della vita raccontata. Nasce proprio così il regno della Litweb " Senza nulla di concreto da fare, si sente ogni giorno più slegato dalla realtà. L'aspetto delle cose, le sensazioni, le voci... Tutto ha assunto una cadenza nuova... immagina di essere andato a finire in un universo parallelo, in un mondo identico a quello di sempre ma... una scenografia dipinta male... Nessuno lo attende a casa al suo rientro e nessuno sentirebbe la sua mancanza se un giorno se ne andasse. Se ne sta al mondo immobile, solo, divenuto l'ombra di qualcun altro, accettando come propria la vita altrui. Non è una persona, è un automa" Bisogna lottare contro l'abulia e trovare un motivo per vivere, un interesse. Il protagonista da subito ci appare simile, nella diversità delle situazioni. Lui ha perso suo padre, è in pensione e vive solo.
"Vuole fuggire dalla noia" ed è questo che ce lo rende caro, carissimo. Fuggire dalla noia come se si stesse costruendo un romanzo, come se fosse possibile incontrare i personaggi letterari al bar, oppure far diventare un personaggio letterario la donna che ora entra nel bar e "Né giovane né anziana, né alta né bassa, né bella né brutta. La normalità che trasuda, tanto evidente quanto la propria, attira la sua attenzione. Vestita di grigio, fa un cenno al cameriere e infila la testa nella borsa fino ad estrarne un portamonete. A causa del movimento, il foulard che porta al collo, l'unico dettaglio di civetteria che la contraddistingue, scivola delicatamente, come una piuma, e cade a terra."
Presento così il protagonista e la donna al bar, alle prese con un caffellatte e una ensaimada, una brioche, a tre e cinquanta.
Il foulard sarà il filo conduttore della storia, e mi guardo intorno toccando il mio foulard, le mie sciarpe, da oggi in poi anch'esse un topos letterario.
Mi rendo conto di aver imparato a memoria le strade e la casa, la vicina di pianerottolo e il cameriere del bar, Hector, e seguo la tragedia, perché assumerà i toni della tragedia la storia di Glòria Riera Munoz, della donna in grigio.
Guardo sempre al destino benigno quando arrivano simili libri a casa, da me, nel regno uguale, nel regno della costruzione di un personaggio e della relazione fra personaggi.
Come può nascere una storia? Nasce se c'è un interesse, ci dice Anna Maria Villalonga, nasce se si vuole cercare, ricercare, partecipare. Essere quasi un destino. Chiamerei destino il personaggio principale, certo un destino anch'esso annoiato e abulico e quindi in cerca di un diversivo. Conosceremo Albert e Cèlia, conosceremo Cris, ed avremo la grande pietas verso ogni personaggio colpito dalla sorte, nella lotta fra il bene e il male.
" L'uomo si china e raccoglie il foulard, che è rimasto incastrato tra le gambe di uno sgabello. Fa un tentativo di chiamarla" ed io rileggo ogni istante ripetendo il gesto e svolgendo la trama.
Tradotto con uno stile musicale, aderente al racconto, voi amerete tanto questo libro almeno quanto io l'ho amato e lo raccomando al regno immaginario della Litweb raccogliendo il foulard.
Ippolita Luzzo
Libres de Delicte, Barcelona 2014
Traduzione dal Catalano di Laura Mongiardo.
Edizione della Goccia ottobre 2018
Mai avrei conosciuto Anna Maria Villalonga se non tramite Laura Mongiardo, traduttrice dal catalano di questo noir che vi farà stare col respiro sospeso. La donna in grigio è un ottimo noir, ha i tempi perfetti, le situazioni si uniscono con logica consequenzialità e il ritmo della storia è incalzante.
"Tutto ebbe inizio come un gioco per scongiurare la routine. Non gli pass per il capo che, talvolta, i giochi ci sfuggono di mano, impossibili da controllare" L'idea del libro è mia compagna da anni, scongiurare la solitudine interessandomi della vita raccontata. Nasce proprio così il regno della Litweb " Senza nulla di concreto da fare, si sente ogni giorno più slegato dalla realtà. L'aspetto delle cose, le sensazioni, le voci... Tutto ha assunto una cadenza nuova... immagina di essere andato a finire in un universo parallelo, in un mondo identico a quello di sempre ma... una scenografia dipinta male... Nessuno lo attende a casa al suo rientro e nessuno sentirebbe la sua mancanza se un giorno se ne andasse. Se ne sta al mondo immobile, solo, divenuto l'ombra di qualcun altro, accettando come propria la vita altrui. Non è una persona, è un automa" Bisogna lottare contro l'abulia e trovare un motivo per vivere, un interesse. Il protagonista da subito ci appare simile, nella diversità delle situazioni. Lui ha perso suo padre, è in pensione e vive solo.
"Vuole fuggire dalla noia" ed è questo che ce lo rende caro, carissimo. Fuggire dalla noia come se si stesse costruendo un romanzo, come se fosse possibile incontrare i personaggi letterari al bar, oppure far diventare un personaggio letterario la donna che ora entra nel bar e "Né giovane né anziana, né alta né bassa, né bella né brutta. La normalità che trasuda, tanto evidente quanto la propria, attira la sua attenzione. Vestita di grigio, fa un cenno al cameriere e infila la testa nella borsa fino ad estrarne un portamonete. A causa del movimento, il foulard che porta al collo, l'unico dettaglio di civetteria che la contraddistingue, scivola delicatamente, come una piuma, e cade a terra."
Presento così il protagonista e la donna al bar, alle prese con un caffellatte e una ensaimada, una brioche, a tre e cinquanta.
Il foulard sarà il filo conduttore della storia, e mi guardo intorno toccando il mio foulard, le mie sciarpe, da oggi in poi anch'esse un topos letterario.
Mi rendo conto di aver imparato a memoria le strade e la casa, la vicina di pianerottolo e il cameriere del bar, Hector, e seguo la tragedia, perché assumerà i toni della tragedia la storia di Glòria Riera Munoz, della donna in grigio.
Guardo sempre al destino benigno quando arrivano simili libri a casa, da me, nel regno uguale, nel regno della costruzione di un personaggio e della relazione fra personaggi.
Come può nascere una storia? Nasce se c'è un interesse, ci dice Anna Maria Villalonga, nasce se si vuole cercare, ricercare, partecipare. Essere quasi un destino. Chiamerei destino il personaggio principale, certo un destino anch'esso annoiato e abulico e quindi in cerca di un diversivo. Conosceremo Albert e Cèlia, conosceremo Cris, ed avremo la grande pietas verso ogni personaggio colpito dalla sorte, nella lotta fra il bene e il male.
" L'uomo si china e raccoglie il foulard, che è rimasto incastrato tra le gambe di uno sgabello. Fa un tentativo di chiamarla" ed io rileggo ogni istante ripetendo il gesto e svolgendo la trama.
Tradotto con uno stile musicale, aderente al racconto, voi amerete tanto questo libro almeno quanto io l'ho amato e lo raccomando al regno immaginario della Litweb raccogliendo il foulard.
Ippolita Luzzo
lunedì 21 gennaio 2019
Lettere e disarmonia di Francesco Giampietri
Gennaio 2019 con un libro carissimo in arrivo. Quasi un fratello, così lo sento al primo sfogliare.
“Ricucio la trama sfibrata/ e nascondo la cicatrice/ In un mondo che si trasforma/ mi trasformo anch’io”
Ogni pensiero, ogni pezzo, ogni quadro di questo libro mi appartiene a cominciare da "Camere di vita quotidiana", i nonni, l’infanzia, l’amore come “illusione benefica di immortalità” dalla etimologia stessa della parola.
Stranissimo incastro con altra mia etimogia. Francesco cita “A-mors” amore, toglimento di morte ed io “A-moveo” muovere verso” non più la a privativa ma l’andare incontro.
Anche questo libro è fatto di pezzi e ogni pezzo contiene il tutto, come la logica dell’ologramma. Ogni pezzo ha in sé rimozione e ricomposizione del tempo, degli incontri, ed insieme, per mano, io e Francesco passeggiamo nei boschi narrativi mostrandoci il Liceo Classico in un vecchio convento carmelitano, la facoltà di filosofia, il binario 20 bis “la metafora più compiuta del Molise. Dal Molise, suo luogo di nascita, Venafro, a Roma, ora in pullman leggendo un romanzo e chiacchierando con un occasionale ragazzo biondo esilissimo dagli occhi cristallini. Stazione Termini, ed è la nostra stazione nel biglietto scritto di getto lasciando “Roma alle spalle sul primo treno regionale”ed ora “(Mal)destri: il ricordo di Tangentopoli, di una politica mediatica, fenomeno di Bagaglino. Crescere intanto e osservare posticci immagini di escort al servizio di ciò che era ideologia e speranza. Non esiste una destra liberale e il telegiornale è la fabbrica della paura. Una delle fabbriche. Troveremo conforto in Spinoza? Ci diciamo io e Francesco mano in mano camminando nello scorrere degli anni. Forse è il caso di spegnere il televisore, mi dice lui, ed io l’ho già spento da anni il televisore e non saprei più riaccenderlo. Pensieri su pensieri: su ciò che sia diventata ora la politica, subordinata alla tirannia di nuovi campi come Auschwitz.
Un mondo dove troviamo campi di concentramento nelle varie campagne e serre di raccolta di pomodori, di fragole e di ogni altro cibo.
Pensare come forma di resistenza. L’imperativo di Francesco è meditare, pensare. Nel “Pensiero d’appendice” la riflessione su noi e gli altri, sul diverso, sullo straniero. “L’invenzione del nemico è l’esaltazione del pregiudizio” del resto Lèvi-Strauss scrive che è proprio del barbaro respingere quanti, esso stesso, considera barbari. E Van Gennep parla di civiltà se vi è apertura. Come se ci leggessimo i nostri stessi pensieri, le conferme, in Marginalia stiamo con Deleuze: siamo macchine desideranti. Un vuoto da riempire con la creatività, con il cinema, con Virzì, un regista di sentimenti nel suo film con un omaggio a Livorno.
Se di incontri si può parlare su Facebook allora questo con Francesco Giampietri è uno dei più compiuti, nella somiglianza di immagini conservate: Hegel adulto, Talete caduto nel pozzo per distrazione, il Socrate di Aristofane in un cesto, Luciano con l’asta dei filosofi, per venderli al maggiore offerente. I filosofi visti come stravaganti e d'altronde quando io scelsi filosofia mio padre in disaccordo mi disse profetico: “Povera e nuda vai, Filosofia” eppure “la filosofia è la chiave di volta per la comprensione e poi la spiegazione dell’informazione”
"La filosofia è un metodo, una via da seguire”
Francesco Giampietri è storico del pensiero filosofico e collabora con l’Università di Roma Tre. Questo è il suo Diario minimale dove smonta pezzo per pezzo nel tentativo di darsi da fare per contrastare l’ozio, primo passo verso la stupidità, e per rimandare ad altro, affinché si raggiunga un senso delle cose.
“L’armonia è una ispirazione” ci lascia in regalo lui a chiusura di una resistenza umana. “Resistere è creare.” “Quello che fai accadere ti salverà”
Con l’augurio che il libro di Francesco giunga nelle menti pensanti e possa io parlarne in una scuola, in una libreria, in uno dei meravigliosi luoghi del nostro vivere possibile, lo affido al Regno della Litweb.
Ippolita Luzzo
“Ricucio la trama sfibrata/ e nascondo la cicatrice/ In un mondo che si trasforma/ mi trasformo anch’io”
Ogni pensiero, ogni pezzo, ogni quadro di questo libro mi appartiene a cominciare da "Camere di vita quotidiana", i nonni, l’infanzia, l’amore come “illusione benefica di immortalità” dalla etimologia stessa della parola.
Stranissimo incastro con altra mia etimogia. Francesco cita “A-mors” amore, toglimento di morte ed io “A-moveo” muovere verso” non più la a privativa ma l’andare incontro.
Anche questo libro è fatto di pezzi e ogni pezzo contiene il tutto, come la logica dell’ologramma. Ogni pezzo ha in sé rimozione e ricomposizione del tempo, degli incontri, ed insieme, per mano, io e Francesco passeggiamo nei boschi narrativi mostrandoci il Liceo Classico in un vecchio convento carmelitano, la facoltà di filosofia, il binario 20 bis “la metafora più compiuta del Molise. Dal Molise, suo luogo di nascita, Venafro, a Roma, ora in pullman leggendo un romanzo e chiacchierando con un occasionale ragazzo biondo esilissimo dagli occhi cristallini. Stazione Termini, ed è la nostra stazione nel biglietto scritto di getto lasciando “Roma alle spalle sul primo treno regionale”ed ora “(Mal)destri: il ricordo di Tangentopoli, di una politica mediatica, fenomeno di Bagaglino. Crescere intanto e osservare posticci immagini di escort al servizio di ciò che era ideologia e speranza. Non esiste una destra liberale e il telegiornale è la fabbrica della paura. Una delle fabbriche. Troveremo conforto in Spinoza? Ci diciamo io e Francesco mano in mano camminando nello scorrere degli anni. Forse è il caso di spegnere il televisore, mi dice lui, ed io l’ho già spento da anni il televisore e non saprei più riaccenderlo. Pensieri su pensieri: su ciò che sia diventata ora la politica, subordinata alla tirannia di nuovi campi come Auschwitz.
Un mondo dove troviamo campi di concentramento nelle varie campagne e serre di raccolta di pomodori, di fragole e di ogni altro cibo.
Pensare come forma di resistenza. L’imperativo di Francesco è meditare, pensare. Nel “Pensiero d’appendice” la riflessione su noi e gli altri, sul diverso, sullo straniero. “L’invenzione del nemico è l’esaltazione del pregiudizio” del resto Lèvi-Strauss scrive che è proprio del barbaro respingere quanti, esso stesso, considera barbari. E Van Gennep parla di civiltà se vi è apertura. Come se ci leggessimo i nostri stessi pensieri, le conferme, in Marginalia stiamo con Deleuze: siamo macchine desideranti. Un vuoto da riempire con la creatività, con il cinema, con Virzì, un regista di sentimenti nel suo film con un omaggio a Livorno.
Se di incontri si può parlare su Facebook allora questo con Francesco Giampietri è uno dei più compiuti, nella somiglianza di immagini conservate: Hegel adulto, Talete caduto nel pozzo per distrazione, il Socrate di Aristofane in un cesto, Luciano con l’asta dei filosofi, per venderli al maggiore offerente. I filosofi visti come stravaganti e d'altronde quando io scelsi filosofia mio padre in disaccordo mi disse profetico: “Povera e nuda vai, Filosofia” eppure “la filosofia è la chiave di volta per la comprensione e poi la spiegazione dell’informazione”
"La filosofia è un metodo, una via da seguire”
Francesco Giampietri è storico del pensiero filosofico e collabora con l’Università di Roma Tre. Questo è il suo Diario minimale dove smonta pezzo per pezzo nel tentativo di darsi da fare per contrastare l’ozio, primo passo verso la stupidità, e per rimandare ad altro, affinché si raggiunga un senso delle cose.
“L’armonia è una ispirazione” ci lascia in regalo lui a chiusura di una resistenza umana. “Resistere è creare.” “Quello che fai accadere ti salverà”
Con l’augurio che il libro di Francesco giunga nelle menti pensanti e possa io parlarne in una scuola, in una libreria, in uno dei meravigliosi luoghi del nostro vivere possibile, lo affido al Regno della Litweb.
Ippolita Luzzo
martedì 15 gennaio 2019
Letteratura nascente sotto l’ombra dei grandi
Ci sono moltissime rassegne letterarie, festival letterari e
saloni letterari, caffè letterari e poi c’è la Litweb, un modo di stare nel
letterario con una lanterna in mano, come Diogene, per vedere l’attimo
nascente, il pullulare di nuove suggestioni.
Tutto è stato detto, tutto è stato scritto, però cambia il modo di dire e di scrivere, a secondo dei tempi. Noi viviamo tempi apparentemente di libertà, di opportunità, eppure sono tempi confusi e abbondanti, e l’abbondanza non sempre sazia, anzi a volte disgusta.
Nel desiderio di scegliere cosa leggere e cosa proporre sembra interessante fermarsi sul momento nascente di una letteratura scherzosa e profonda, divertente e consolante, di denuncia e civile, mai inutile.
Tutto è stato detto, tutto è stato scritto, però cambia il modo di dire e di scrivere, a secondo dei tempi. Noi viviamo tempi apparentemente di libertà, di opportunità, eppure sono tempi confusi e abbondanti, e l’abbondanza non sempre sazia, anzi a volte disgusta.
Nel desiderio di scegliere cosa leggere e cosa proporre sembra interessante fermarsi sul momento nascente di una letteratura scherzosa e profonda, divertente e consolante, di denuncia e civile, mai inutile.
Il grande fermento letterario dell’inizio anni 2000 fino al
2018 letto e incontrato sulle riviste
nuove nuovissime di Caterina Arcangelo con FuoriAsse, FLR, di Alessandro Raveggi, di Antonio Russo De Vivo , Alfredo Zucchi, Luca
Mignola, Andrea Zandomeneghi con
Crapula, e Maria Rosaria Vado e Nando
Vitali con Achab. Da” Achab” a
“Crapula”, da Urban Apnea di Stefania (Dafne Munro) ed Emanuele ai consigli di
Vanni Santoni agli scrittori esordienti. "Scrivete e fatevi conoscere sulle
riviste letterarie. E leggete le riviste
letterarie , da “Verde rivista” a “In fuga dalla bocciofila”, Un vivacissimo scrivere vivente scuote le
foglie, anzi i fogli di ciò che è il mercato letterario in mano alle grandi
organizzazioni, ai grandi dell’editoria nazionale. Quello che giunge nelle librerie, nelle televisioni, nelle graduatorie di vendite è un
prodotto a volte perfetto , però spesso privo di quella vitalità che hanno gli
scritti sconosciuti, nati dall’urgenza di comunicare un senso, un disagio, una
risata. Piccole e medie editoria di
qualità cercano spazi, autori che faticano ad arrivare nelle librerie, mentre
assistiamo ad offerta esagerata di
prodotti spesso non letterari.
Sullo strapotere mediatico e di distribuzione dei grandi
comparti editoriali si è molto discusso, vedendo confluire in un vertice sempre
più ristretto ciò che riguarderebbe la libertà del narrare, dello
scrivere.
Sarà quindi questo il nostro un tentativo di dare spazio alla vita letteraria nascente lontana dai colossi editoriali, lontana dalle scuole di scrittura super accessoriate , una vita letteraria , la nostra, vicina al gesto semplice del narrare la vita nel difficilissimo spazio che non c’è. Nel tentativo di legare il nostro territorio al fermento nazionale, nella conoscenza e valorizzazione di autori che mai arriverebbero al sud, benché del sud.
Sarà quindi questo il nostro un tentativo di dare spazio alla vita letteraria nascente lontana dai colossi editoriali, lontana dalle scuole di scrittura super accessoriate , una vita letteraria , la nostra, vicina al gesto semplice del narrare la vita nel difficilissimo spazio che non c’è. Nel tentativo di legare il nostro territorio al fermento nazionale, nella conoscenza e valorizzazione di autori che mai arriverebbero al sud, benché del sud.
Simone Ghelli: Non Risponde mai nessuno Edizioni Miraggi
Peppe Millanta
Vinpeel degli orizzonti Edizioni NEO
Simone Lisi: Un’altra cena Edizioni EFFEQU
Elena Mearini Strategia dell’addio LiberAria Edizioni
Giorgia Lepore: Il compimento è la pioggia edizioni E/O
Fabrizio Coscia La
bellezza che resta
Edizione Melville
Romeo Vernazza: Cenerentola ascolta i joy Division Tempesta
Editore
Elisabetta Bucciarelli La Resistenza del maschio NNE edizioni
Nicola Cosentino Vita
e morte delle aragoste Edizione Voland
Pasquale Braschi Gli Indolenti Cicorivolta edizioni
Clara Cerri Venti
posti dove non volevo andare
Alessandro Zaccuri Lo
spregio Marsilio
Maria Antonietta Ferrarolo
Il gattopardo spiegato a mia figlia
La Nuova Frontiera
Leonardo Malaguti Dopo il diluvio Exorma edizioni
Smettere di respirare Tunuè , Vanni Santoni e lo scouting letterario
Pietro Criaco Via Dall’Aspromonte Rubbettino
Sonia Serazzi Il cielo comincia dal basso Rubbettino
Olimpio Talarico, Domenico Dara e Giuseppe Aloe, Nicola Fiorita
con I Lou Palanca, Gioacchino Criaco, Giuseppe
Girimonti Greco, Raffaele Mangano, Raffaele Tarì … Claudio Grattacaso, Patrizio
Zurru…
Il Blog di Giacomo
Verri, La rivista di Enzo Paolo Baranelli, Cabaret Bisanzio.
Nella letteratura
nascente un ricordo di Alessandro Leogrande (Taranto, 20 maggio 1977
– Roma, 26 novembre 2017) Frontiera, Uomini e caporali, poi altro importante incontro Romana Petri in un omaggio a Rocco Carbone, (Reggio
Calabria, 20 febbraio 1962 – Roma, 18 luglio 2008,) nostro scrittore su riviste importanti come
“Nuovi argomenti” autore di Padre
americano e Per il tuo Bene, autore calabrese che non è più in vita ma continuerà a vivere con noi nell’ombra di
quel fiore chiamato resistenza letteraria
Ippolita Luzzo
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