Dicono tutto le mani di Emilio Nigro al Tip Teatro stasera, durante una suonata silenziosa eppure rimasta nella nostra mente.
Quelle mani che stanno suonando nell'aria, senza strumento, un pianoforte, anzi una mano trema, trema nell'aria, catturando il nostro sguardo.
Le mani continuano a raccontare di un bambino prodigio che sapeva suonare l'Ave Maria di Schubert, l'Avemmaria, ed ora si trova in in riformatorio.
Nella storia, non siamo più in un monologo, stiamo con il protagonista nella sua scuola, mentre lui ci porge la sua vita, a scuola, in Chiesa, con sua madre, in questo legame oltre il male, e fatto di bene assoluto, di dedizione.
Lui sta su una sedia, in costrizione, in una cella, sta nel teatro che avviene davanti a noi.
Gli errori che si compiono, la storia di un ragazzo buono, ingenuo, che viene avviato alla droga, viene abituato a fumare la droga, a spacciare, a far parte di un giro di malavita. La chitarra ed il mondo fuori, il mondo dei peccati. I pellegrinaggi e le canzoni"Sono stati i miei peccati, Gesù mio perdon pietà"
Il limite contro cui il bene si infrange malgrado i nostri sforzi in una Calabria difficile.
A fine spettacolo Emilio Nigro ci parla di chi non ce l'ha fatta e nell'eterna lotta del bene contro il male è stato sopraffatto, di chi è più debole, meno attrezzato, di chi subisce il fascino degli uomini d'onore che sono in effetti senza onore.
Una grande preghiera è stata questa sera la performance di Emilio Nigro, una preghiera laica, una preghiera che affida al teatro di immaginare, affida al teatro una possibilità di vita, fuori dalla vergogna, fuori dal male.
Ippolita Luzzo
Emilio Nigro è scrittore, giornalista e critico teatrale. collabora con il trimestrale di teatro e spettacolo Hystrio ( Milano); il Quotidiano della Calabria; ha collaborato con le riviste online di critica teatrale Il Tamburo di Kattrin e Krapp’s Last Post. Scrive anche di cinema, musica, arte visiva. Ha ricevuto il Premio nazionale Nico Garrone 2011 “ai critici più sensibili al teatro che muta”; Premio nazionale Guasco 2012 “scritture contemporanee”; Premio della giuria popolare e menzione speciale della giuria al miglior testo concorso nazionale per monologhi Residenza Teatrale Orizzonti Meridiani; Premio nazionale NonfermARTI 2011 categoria scrittura creativa. Autore e interprete dello spettacolo “Teatranti” (2009) e “Rifarmi – soluzioni al precariato” (2012) e ha firmato drammaturgie tra cui “Visionaria”; “L’ indifferenza dei passanti”; “Donne & Iene”.
AVEMMARIA di e con Emilio Nigro Regia di Francesca Romana Miceli Picardi
migliore opera teatrale Festival Luccica di Bari
miglior testo Festival Urgenze Roma Teatro Tordinona
domenica 15 aprile 2018
mercoledì 11 aprile 2018
Giorgia Lepore Il compimento è la pioggia
Credo che il senso ultimo del libro sia "aspettare". Credo sia questo il delitto "Far aspettare"
I personaggi aspettano, quasi tutti, in questo bel racconto di Giorgia Lepore, aspettano che qualcuno torni, che qualcuno si faccia vivo.
Così è per l'ispettore Gerri Esposito, lasciato da bambino dalla mamma con le parole. " Aspetta qui che poi torno" così sarà per tante altre, a loro volta lasciate da Gerri, in attesa.
Aspetterà la bimba di cinque anni, una delle presenze più incantevoli del libro, per me la principessa del racconto, di nome Jennifer, che sbuca, come nelle fiabe, dalla cassapanca, insieme al suo fratello più piccolo, Kevin, di due anni, sul luogo del delitto.
Aspetteremo tutte noi il seguito, di leggere ancora altre vicende con una squadra di investigatori fatta di uomini imperfetti, eppure buoni, che stanno nella Questura di Bari, negli uffici della terza sezione.
Aspetteremo mentre giriamo per Bari vecchia, fra il disordine e il caos, nel budello oscuro, e mangeremo anche noi gli scagliozzi fritti, caldi caldi.
La storia è un noir, ci sta un delitto e ci starà una indagine, ci sta una città in festa, San Nicola, e ci starà ciò che ognuno di noi sa di trovare in un noir.
Nel mentre lo leggeremo prenderemo piacere, man mano, a sentire amicizia e consonanza con i personaggi, scopriremo lo stile della scrittrice, il testo ed i rimandi, i gusti e le canzoni, i film, la favola di Peter Pan, la neve che arriva a Bari e la pioggia.
"Non ti posso aspettare in eterno" urla Sara Coen, l'ispettrice, e forse innamorata, a Gerri.
"Sì, lo capiva. Aveva anche fatto un cenno di assenso col capo, al vuoto, al muro delle scale mentre scendeva: si era fermato un attimo, aveva trattenuto il fiato, pensato a cosa avrebbe potuto rispondere, e come sempre quella risposta era rimasta una delle tante conversazioni immaginarie che avevano luogo solo nel suo cervello. Diceva che in fondo non lo capiva per niente, perché lui invece stava aspettando qualcuno in eterno, e continuava. E allora, se lui poteva farlo per qualcuno, perché gli altri non potevano farlo per lui?"
Penso a Roland Barthes, ai suoi frammenti sul discorso amoroso, a quell'aspettare che ha tutti i momenti del delitto perfetto.
Penso a quei due punti, messi lì, mentre scendeva, a quel discorso diretto e indiretto, a quel dialogo che, spesso, non va da nessuna parte, per tutti noi, mentre si aspetta.
Ippolita Luzzo
Giorgia Lepore è archeologa e storica dell'arte, vive a Martina Franca e insegna Storia dell'Arte al Liceo da Vinci di Fasano. Ha pubblicato L’abitudine al sangue (Fazi 2009), I figli sono pezzi di cuore (E/O 2015) e Angelo che sei il mio custode (E/O, Sabot/age 2016).
I personaggi aspettano, quasi tutti, in questo bel racconto di Giorgia Lepore, aspettano che qualcuno torni, che qualcuno si faccia vivo.
Così è per l'ispettore Gerri Esposito, lasciato da bambino dalla mamma con le parole. " Aspetta qui che poi torno" così sarà per tante altre, a loro volta lasciate da Gerri, in attesa.
Aspetterà la bimba di cinque anni, una delle presenze più incantevoli del libro, per me la principessa del racconto, di nome Jennifer, che sbuca, come nelle fiabe, dalla cassapanca, insieme al suo fratello più piccolo, Kevin, di due anni, sul luogo del delitto.
Aspetteremo tutte noi il seguito, di leggere ancora altre vicende con una squadra di investigatori fatta di uomini imperfetti, eppure buoni, che stanno nella Questura di Bari, negli uffici della terza sezione.
Aspetteremo mentre giriamo per Bari vecchia, fra il disordine e il caos, nel budello oscuro, e mangeremo anche noi gli scagliozzi fritti, caldi caldi.
La storia è un noir, ci sta un delitto e ci starà una indagine, ci sta una città in festa, San Nicola, e ci starà ciò che ognuno di noi sa di trovare in un noir.
Nel mentre lo leggeremo prenderemo piacere, man mano, a sentire amicizia e consonanza con i personaggi, scopriremo lo stile della scrittrice, il testo ed i rimandi, i gusti e le canzoni, i film, la favola di Peter Pan, la neve che arriva a Bari e la pioggia.
"Non ti posso aspettare in eterno" urla Sara Coen, l'ispettrice, e forse innamorata, a Gerri.
"Sì, lo capiva. Aveva anche fatto un cenno di assenso col capo, al vuoto, al muro delle scale mentre scendeva: si era fermato un attimo, aveva trattenuto il fiato, pensato a cosa avrebbe potuto rispondere, e come sempre quella risposta era rimasta una delle tante conversazioni immaginarie che avevano luogo solo nel suo cervello. Diceva che in fondo non lo capiva per niente, perché lui invece stava aspettando qualcuno in eterno, e continuava. E allora, se lui poteva farlo per qualcuno, perché gli altri non potevano farlo per lui?"
Penso a Roland Barthes, ai suoi frammenti sul discorso amoroso, a quell'aspettare che ha tutti i momenti del delitto perfetto.
Penso a quei due punti, messi lì, mentre scendeva, a quel discorso diretto e indiretto, a quel dialogo che, spesso, non va da nessuna parte, per tutti noi, mentre si aspetta.
Ippolita Luzzo
Giorgia Lepore è archeologa e storica dell'arte, vive a Martina Franca e insegna Storia dell'Arte al Liceo da Vinci di Fasano. Ha pubblicato L’abitudine al sangue (Fazi 2009), I figli sono pezzi di cuore (E/O 2015) e Angelo che sei il mio custode (E/O, Sabot/age 2016).
lunedì 9 aprile 2018
D'amore e baccalà Alessio Romano
In ricordo e dedicato ad Antonio Tabucchi, scrive, alla fine di questo racconto su Lisbona, Alessio Romano. Come se fosse una vera guida turistica, Alessio ci segnala ristoranti, libri, film su Lisbona, e fra i film uno che non parla di Lisbona ma ne riporta tutte le suggestioni, Casablanca, un film che tutti abbiamo amato.
Il Tram 28 è l'emblema della città "Lisbona è davvero una delle città scenograficamente più spettacolari del mondo: e allora perché il suo simbolo non è il Castelo de São Jorge, vicino a dove ho scelto di abitare? O la Sé de Lisboa, la cattedrale che sembra una fortezza? O ancora le spettrali rovine del Convento do Carmo? Volevano a tutti i costi qualcosa di più moderno? C’è il neogotico Elevador de Santa Justa che non ha nulla da invidiare alla Torre Eiffel, tanto che in molti erroneamente pensano che sia stato progettato dallo stesso omonimo ingegnere francese. E invece no: hanno scelto proprio questo stupidissimo tram" e lo seguiamo per le vie e per le trattorie di Lisbona, con il fado, le poesie di Pessoa ed il selfie con Pessoa in Largo do Chiado, davanti al caffè A Brasileira, punto di ritrovo degli scrittori ed ora tappa per turisti in cerca di un selfie con Pessoa, in quel bar accanto all'ultimo dei suoi tavolini in strada sta in bronzo la statua che lo raffigura seduto. Un vero atto d'amore verso la città, i suoi cibi, i suoi colori, la sua musica. Una guida da portare con voi se andate a Lisbona, ma anche per qualsiasi altra destinazione, sarà un modo per imparare come vivere una città, come gustarla e farla propria. Moltissimi viaggiano solo per acquistare oggetti oppure scattare fotografie da riportare come cimeli, molti altri viaggiano così, come Alessio Romano, ed alcuni poi ne scrivono e come fa Alessio ci regalano queste piacevolezze. "sarò a scrivere per una settimana in Rua do Recolhimento. E pazienza se si è trattato di un equivoco linguistico: pensavo fosse la via del raccoglimento, elemento necessario alla scrittura. Invece il suo significato forse è ancora più bello: è la via della raccolta, del raduno in caso di assedio, dove veniva messa in salvo la popolazione, all'interno delle mura, ma non dentro la fortezza vera e propria."
Raccogliamoci come salvezza, sembra ci dica Alessio, raccogliamoci nella lettura e nella scrittura, nella bellezza dei luoghi e nel profumo della cucina, del baccalà, nel gioco dei rimandi, nella possibilità di parlare ancora con Tabucchi e con Pessoa, camminando per le vie, all'interno della città della letteratura.
Ippolita Luzzo
Alessio Romano nato nel 1978 a Pescara. Ha studiato Lettere Moderne a Bologna e poi Tecniche della Narrazione alla Scuola Holden di Torino. A Roma si è laureato con una tesi su John Fante. Il suo primo romanzo “Paradise for All” (Fazi, 2005) è stato salutato come uno dei migliori debutti dell’anno. Nel 2015 ha pubblicato “Solo sigari quando è festa”per Bompiani.
Il Tram 28 è l'emblema della città "Lisbona è davvero una delle città scenograficamente più spettacolari del mondo: e allora perché il suo simbolo non è il Castelo de São Jorge, vicino a dove ho scelto di abitare? O la Sé de Lisboa, la cattedrale che sembra una fortezza? O ancora le spettrali rovine del Convento do Carmo? Volevano a tutti i costi qualcosa di più moderno? C’è il neogotico Elevador de Santa Justa che non ha nulla da invidiare alla Torre Eiffel, tanto che in molti erroneamente pensano che sia stato progettato dallo stesso omonimo ingegnere francese. E invece no: hanno scelto proprio questo stupidissimo tram" e lo seguiamo per le vie e per le trattorie di Lisbona, con il fado, le poesie di Pessoa ed il selfie con Pessoa in Largo do Chiado, davanti al caffè A Brasileira, punto di ritrovo degli scrittori ed ora tappa per turisti in cerca di un selfie con Pessoa, in quel bar accanto all'ultimo dei suoi tavolini in strada sta in bronzo la statua che lo raffigura seduto. Un vero atto d'amore verso la città, i suoi cibi, i suoi colori, la sua musica. Una guida da portare con voi se andate a Lisbona, ma anche per qualsiasi altra destinazione, sarà un modo per imparare come vivere una città, come gustarla e farla propria. Moltissimi viaggiano solo per acquistare oggetti oppure scattare fotografie da riportare come cimeli, molti altri viaggiano così, come Alessio Romano, ed alcuni poi ne scrivono e come fa Alessio ci regalano queste piacevolezze. "sarò a scrivere per una settimana in Rua do Recolhimento. E pazienza se si è trattato di un equivoco linguistico: pensavo fosse la via del raccoglimento, elemento necessario alla scrittura. Invece il suo significato forse è ancora più bello: è la via della raccolta, del raduno in caso di assedio, dove veniva messa in salvo la popolazione, all'interno delle mura, ma non dentro la fortezza vera e propria."
Raccogliamoci come salvezza, sembra ci dica Alessio, raccogliamoci nella lettura e nella scrittura, nella bellezza dei luoghi e nel profumo della cucina, del baccalà, nel gioco dei rimandi, nella possibilità di parlare ancora con Tabucchi e con Pessoa, camminando per le vie, all'interno della città della letteratura.
Ippolita Luzzo
Alessio Romano nato nel 1978 a Pescara. Ha studiato Lettere Moderne a Bologna e poi Tecniche della Narrazione alla Scuola Holden di Torino. A Roma si è laureato con una tesi su John Fante. Il suo primo romanzo “Paradise for All” (Fazi, 2005) è stato salutato come uno dei migliori debutti dell’anno. Nel 2015 ha pubblicato “Solo sigari quando è festa”per Bompiani.
sabato 7 aprile 2018
Ernesto Aloia La Vita Riflessa - in Litweb
Leggo e rifletto.
Rifletto su come le situazioni della vita possano portare sconvolgenti cambiamenti oppure nessun cambiamento.
Il libro di Ernesto Aiola ci presenta fin da subito un uomo con una laurea in lettere che tenta di fare delle sue competenze un lavoro “eppure, ero costretto ad ammetterlo, la bibliotecaria coi baffi non aveva torto. Gli anni che erano seguiti non erano stati altro che una lunga, umiliante discesa nel maelstrom del bracciantato intellettuale, tra correzioni di bozze, penose traduzioni dall'inglese tecnico e commerciale, articoli sottopagati, stage non retribuiti e persino lettura e valutazione di testi per conto di una grande casa editrice milanese che mi pagava cinquantamila lire lorde a manoscritto, compresa una scheda riassuntiva ed escluse le spese di viaggio verso gli uffici di quel tempio della cultura in cui mi toccava ridiscutere scelte e giudizi davanti a stagisti poco più̀ che ventenni, più̀ ignoranti ma non meno pezzenti di me.” e a volte bisogna ringraziare le situazioni sconfortanti se quella sofferenza fondatrice crea altro.
Un altro lavoro.
Il racconto ci presenta un ragazzino insieme ad un amico in un gioco con le pietre ed il lancio di una pietra colpisce una giovane contadina di passaggio. Fuggire via dalla responsabilità, sembra ci dicano le prime pagine.
Sconcerta già dall'inizio questa interessante lettura, profonda e diversa dall'usuale raccontare, sconcerta quel momento del lancio della pietra, fatto senza alcun motivo, e sconcerta, nel senso positivo, ogni altra riflessione, fatta in prima persona dal ragazzino di allora, ormai uomo. “Oltre una certa età̀, riflettei con amarezza, la maggior parte degli uomini riescono a vedersi solo se hanno bisogno l’uno dell’altro. Se non sei utile, il tuo corpo esiste in una fascia al di sotto dello spettro del visibile, la tua voce vibra su una frequenza muta: se gli porgi la mano la ignorano, se gli parli non ti sentono.”
Ogni storia è una monade, parafrasando la monade di Leibniz, e così qui i vari protagonisti stanno e non stanno in rapporto con gli eventi e con i successivi svolgimenti degli eventi “Io immagino un lago. Milioni di metri cubi, e c’è qualcosa dentro di noi, una diga che gli impedisce di travolgerci. Un diaframma della volontà̀. Solo che col tempo il lago diventa sempre più̀ grande e profondo, e oscuro. Così qualche volta la diga cede e tutta quell’acqua precipita, ci sommerge. Può̀ succedere, no?”
“Non saresti qui se non succedesse.”
Aggiunsi che, per quanto mi riguardava, quella diga era una pia illusione, per non parlare del diaframma della volontà̀. L’idea di un controllo consapevole, di tenere il passato al suo posto, la trovavo ridicola.”
Quel che viene dalla lettura è una riflessione sulla volontà, sul cosa vogliamo e cosa di quella volontà si riesca fare: Una vita, una amicizia, un amore, sono frutti di una volontà?
Non si sa. Ho trovato questa storia molto ben costruita, molto utile, una storia che evidenzia il falso, la finzione, non voluto, il falso come modo per sopravvivere. “Tutti fingono di credere che il matrimonio, i giorni insieme, finiscano per chiarire le cose. Ma non è così. Sono balle. A poco a poco l’unità, la stessa consistenza dei tuoi sentimenti diventa un’illusione.”
Sia nei nostri rapporti individuali, benché li crediamo veri, che nei social manovrati “In pratica riorientiamo la corrente di opinione negativa che i nostri clienti, per i motivi più̀ vari, hanno avuto la sfortuna di suscitare. Il primo passo, il lavoro sporco, è l’acquisto dei follower. Li prendiamo a pacchetti di duemila per venti euro. Ma questo lo fanno tutti, serve solo a far massa, a millantare credibilità̀ e influenza, e di solito prima o poi si viene scoperti. Noi cerchiamo di fare in modo che succeda poi, quando non gliene frega più̀ niente a nessuno.” Sembra di uscire da Ready player one, l’ultimo film di Spielberg, il gioco e il virtuale hanno ricadute in avvenimenti reali. Dunque la vita riflessa chiede a noi: Di cosa siamo responsabili? Riflettiamo.
Ippolita Luzzo
Recensione su Liberi di Scrivere https://liberidiscrivere.com/2018/04/04/la-vita-riflessa-di-ernesto-aloia-bompiani-2018-a-cura-di-ippolita-luzzo/
Ernesto Aloia è nato a Belluno, il 5 dicembre 1965. Laureato in lettere, vive a Torino. Il suo primo racconto, dal titolo Nel cortile in un angolo d’ombra, è stato pubblicato nel 1995 su Maltese Narrazioni. Per minimum fax ha pubblicato nel 2003 Chi si ricorda di Peter Szoke?, e nel 2006 Sacra fame dell’oro. Il racconto La situazione è stato pubblicato in precedenza nella raccolta La qualità dell’aria. Storie di questo tempo (2004), a cura di Nicola Lagioia e Christian Raimo. Nel 2007 esce il suo primo romanzo, I compagni del fuoco (Rizzoli). Nel 2011 esce il suo secondo romanzo, Paesaggio con incendio (minimum fax). È stato redattore nella rivista letteraria Maltese Narrazioni, uscita dal 1989 al 2007, su cui ha anche pubblicato diversi racconti. Lavora come bibliotecario, occupandosi di catalogazione e reference, nella Biblioteca “Giovanni Tabacco” del Dipartimento di Storia dell’Università di Torino.
domenica 1 aprile 2018
OndAnomala di Mimmo Crudo & Lady U la luce in musica
La luce che rimane:
OndAnomala
La danza dei capelli in una nuova dimensione.
Francesca è Onda anomala.
OndAnomala in concerto a Lamezia Terme
Francesca Salerno Voce, Mimmo Crudo Basso,Vincenzo Oppedisano Chitarra, Federico Placanica Batteria e al violino Beatrice Limonti.
Tu ci sei: Frontman di OndAnomala Francesca Salerno vive e conquista la scena, vittoriosa, ha sciolto i suoi lunghi capelli e canta col corpo, con la voce, coi gesti, canta danzando fili sottili, canta: Vorrei che l’uomo avesse un’altra dimensione, vorrei che non finisse la voglia di reagire, eppure è facile cadere. Siamo piume al vento, erranti.
Siamo capelli al vento, questa sera come l’altra sera alla danza dei capelli di Francesco Loccisano.
I capelli scuotono le coscienze e invitano al fare, a battere il ritmo della volontà.
La rassegna musicale Terra tra due mari per Settembre al parco potrebbe proprio chiamarsi così La danza dei capelli, capelli che trasportano nel vento il canto migliore del sud. Il canto della grande qualità e bravura. Musicisti di abilità eccezionale, alla chitarra battente, con Loccisano, l’altra sera, e questa sera al basso Mimmo Crudo, bassista e colonna portante del miglior periodo de “Il Parto delle Nuvole Pesanti” e Francesca “OndAnomala”: OndAnomala nasce a Bologna da una idea di Mimmo Crudo con Francesca Salerno e Checco Salerno, alla chitarra. Checco, durante la preparazione della compilation, non è più con loro, però rimane, entra ed esce in punta di piedi, leggiamo nella copertina a lui dedicata. Tu ci sei, canta Francesca.
Tutti bravissimi. Alibi alibi alibi, mi incanta, affoga dentro il male la nostra civiltà.
Il ritmo ci fa muovere mani e piedi ed intanto i testi ci chiedono adesione a pensieri sulle cose che mi restano, le cose che restano non sono quelle che vorrei.
Ho preso appunti sentendo i suoni del violino, il respiro e le onomatopee di Francesca, quel riprodurre difficoltà e speranza, rabbia e riscatto in musicalità vitale.
Scrivo fra le nuvole sono una donna che non ha più nulla nulla da vincere o da perdere.
Vive a Riace Francesca e vede ogni giorno destini rubati, migranti, il mare... immenso sudario.
Ne chiama uno Acikof, lo chiama più volte: Acickof Dance.
La tragedia di moltissimi uomini giunti sulle spiagge di Riace e senza permesso, quel permesso utile a spostarsi ad andare verso l’Europa.
Acickof Song: Quel permesso chiamato desiderio. Desiderio di non essere sfruttato. Nel nuovo credo che potremmo pregare ci sta il credo è espiare quell'ora di lotta mio padre mia madre, la mia vita distrutta.
Il credo è marciare sulle anime nere. In marcia.
Fra rabbia e rancore, la musica sale, si innalza felice e dona energia. Io sono la luce, la luce che rimane. Fuori è buio ma io sono luce. Una serata incredibile, un concerto di cui ancora parleremo, parleremo ancora di Riace, e Forse anche io al posto tuo resterei indifferente, sta cantando Francesca, però io sono luce.
Io sono luce è il nostro motivo in testa a illuminare il tutto.
Applausi
Ippolita Luzzo
OndAnomala
La danza dei capelli in una nuova dimensione.
Francesca è Onda anomala.
OndAnomala in concerto a Lamezia Terme
Francesca Salerno Voce, Mimmo Crudo Basso,Vincenzo Oppedisano Chitarra, Federico Placanica Batteria e al violino Beatrice Limonti.
Tu ci sei: Frontman di OndAnomala Francesca Salerno vive e conquista la scena, vittoriosa, ha sciolto i suoi lunghi capelli e canta col corpo, con la voce, coi gesti, canta danzando fili sottili, canta: Vorrei che l’uomo avesse un’altra dimensione, vorrei che non finisse la voglia di reagire, eppure è facile cadere. Siamo piume al vento, erranti.
Siamo capelli al vento, questa sera come l’altra sera alla danza dei capelli di Francesco Loccisano.
I capelli scuotono le coscienze e invitano al fare, a battere il ritmo della volontà.
La rassegna musicale Terra tra due mari per Settembre al parco potrebbe proprio chiamarsi così La danza dei capelli, capelli che trasportano nel vento il canto migliore del sud. Il canto della grande qualità e bravura. Musicisti di abilità eccezionale, alla chitarra battente, con Loccisano, l’altra sera, e questa sera al basso Mimmo Crudo, bassista e colonna portante del miglior periodo de “Il Parto delle Nuvole Pesanti” e Francesca “OndAnomala”: OndAnomala nasce a Bologna da una idea di Mimmo Crudo con Francesca Salerno e Checco Salerno, alla chitarra. Checco, durante la preparazione della compilation, non è più con loro, però rimane, entra ed esce in punta di piedi, leggiamo nella copertina a lui dedicata. Tu ci sei, canta Francesca.
Tutti bravissimi. Alibi alibi alibi, mi incanta, affoga dentro il male la nostra civiltà.
Il ritmo ci fa muovere mani e piedi ed intanto i testi ci chiedono adesione a pensieri sulle cose che mi restano, le cose che restano non sono quelle che vorrei.
Ho preso appunti sentendo i suoni del violino, il respiro e le onomatopee di Francesca, quel riprodurre difficoltà e speranza, rabbia e riscatto in musicalità vitale.
Scrivo fra le nuvole sono una donna che non ha più nulla nulla da vincere o da perdere.
Vive a Riace Francesca e vede ogni giorno destini rubati, migranti, il mare... immenso sudario.
Ne chiama uno Acikof, lo chiama più volte: Acickof Dance.
La tragedia di moltissimi uomini giunti sulle spiagge di Riace e senza permesso, quel permesso utile a spostarsi ad andare verso l’Europa.
Acickof Song: Quel permesso chiamato desiderio. Desiderio di non essere sfruttato. Nel nuovo credo che potremmo pregare ci sta il credo è espiare quell'ora di lotta mio padre mia madre, la mia vita distrutta.
Il credo è marciare sulle anime nere. In marcia.
Fra rabbia e rancore, la musica sale, si innalza felice e dona energia. Io sono la luce, la luce che rimane. Fuori è buio ma io sono luce. Una serata incredibile, un concerto di cui ancora parleremo, parleremo ancora di Riace, e Forse anche io al posto tuo resterei indifferente, sta cantando Francesca, però io sono luce.
Io sono luce è il nostro motivo in testa a illuminare il tutto.
Applausi
Ippolita Luzzo
sabato 31 marzo 2018
Roberto Saporito Jazz, Rock Venezia
Il libro di Roberto Saporito arriva in Aprile in libreria. Questa la mia lettura. “Adesso devi solo trovare la tua isola, ma con i soldi si trova tutto, e l’unica cosa che non ti manca in questo momento, sono proprio i soldi.
In questa parte di mondo i soldi possono anche risolvere i problemi esistenziali e chi dice il contrario mente, sapendo di mentire.”
Conosco e leggo Roberto Saporito da alcuni anni.
Elogiava la sua scrittura Nicola Vacca, critico letterario molto attento al fermento letterario, ed erano queste le sue parole nel 2014 su Satisfiction “Roberto Saporito è uno dei migliori scrittori della nostra narrativa.” “Gli scrittori veri a questo servono. A cambiare radicalmente i lettori nel bene e nel male ma anche al di là del bene e del male. Perché quello che conta quando chiudiamo un libro è cercare di capire se le pagine scritte fanno parte di noi. Con i libri di Roberto questo accade. Ma lui è uno scrittore vero.” Credo come Nicola che Roberto sia uno scrittore vero e credo che questo suo libro, da poco uscito per la casa editrice Castelvecchi, sia uno dei suoi racconti più interiore e intimo. Mi ritrovo proprio in questa storia, raccontata tra una musica jazz e rock in cui Venezia resta protagonista assoluta e suona con noi e i My Velvet Red.
“Stai pensando che la solitudine si combatte con l’estremizzazione della solitudine stessa, mettendo a nudo il proprio cuore davanti al nulla totale. Che un’isola è quello che ti ci vuole in questo momento. Un’isola e un motoscafo per scappare dall'isola quando il bisogno di vedere altre persone diventa veramente impellente, necessario, non un obbligo sociale, ma una cosa cercata unicamente nel momento in cui diventa urgente vedere davvero altre persone, come una forma di misantropia benigna”
Le nuvole di Venezia: “Sposti lo sguardo al cielo striato da nuvole grigie sovrapposte da nuvole meno grigie, sovrapposte ad un ulteriore strato di nuvole bianco sporco, merlate e frastagliate e lievemente in movimento, nuvole che attraversano silenziose la laguna.”
E intanto quello spazio interiore vissuto dalla solitudine. “È che non sei più abituato alle case vuote tutte per te, la tua casa da troppi anni sono gli alberghi, non sei abituato alla solitudine, non sei abituato ad un luogo dove non si può ordinare la colazione in camera semplicemente alzando la cornetta di un telefono, dove uscendo dalla stanza si incontra sicuramente qualcuno, mentre qui fuori non c’è nessuno”
Leggo e vorrei tratteggiare e salvare e riportare intere frasi molto vicine al camminare e con in testa l’ultimo di libro di Thomas Bernhard "Camminare".
e da Roberto Saporito “Camminare così, con questa andatura da persona che sembra che stia davvero andando da qualche parte, da persona con una vera meta da raggiungere quasi con una certa fretta, mi calma, mi dà equilibrio, mi azzera i pensieri fastidiosi, mi alleggerisce il peso che spesso mi grava sulle spalle, che mi provoca dolorosi mal di schiena, e mal di testa” Con Roberto andiamo via sull'isola, la nostra isola letteraria che stasera ci salva, senza bisogno di soldi, con un buon libro in mano.
Ringraziando l’autore.
Ippolita Luzzo
In questa parte di mondo i soldi possono anche risolvere i problemi esistenziali e chi dice il contrario mente, sapendo di mentire.”
Conosco e leggo Roberto Saporito da alcuni anni.
Elogiava la sua scrittura Nicola Vacca, critico letterario molto attento al fermento letterario, ed erano queste le sue parole nel 2014 su Satisfiction “Roberto Saporito è uno dei migliori scrittori della nostra narrativa.” “Gli scrittori veri a questo servono. A cambiare radicalmente i lettori nel bene e nel male ma anche al di là del bene e del male. Perché quello che conta quando chiudiamo un libro è cercare di capire se le pagine scritte fanno parte di noi. Con i libri di Roberto questo accade. Ma lui è uno scrittore vero.” Credo come Nicola che Roberto sia uno scrittore vero e credo che questo suo libro, da poco uscito per la casa editrice Castelvecchi, sia uno dei suoi racconti più interiore e intimo. Mi ritrovo proprio in questa storia, raccontata tra una musica jazz e rock in cui Venezia resta protagonista assoluta e suona con noi e i My Velvet Red.
“Stai pensando che la solitudine si combatte con l’estremizzazione della solitudine stessa, mettendo a nudo il proprio cuore davanti al nulla totale. Che un’isola è quello che ti ci vuole in questo momento. Un’isola e un motoscafo per scappare dall'isola quando il bisogno di vedere altre persone diventa veramente impellente, necessario, non un obbligo sociale, ma una cosa cercata unicamente nel momento in cui diventa urgente vedere davvero altre persone, come una forma di misantropia benigna”
Le nuvole di Venezia: “Sposti lo sguardo al cielo striato da nuvole grigie sovrapposte da nuvole meno grigie, sovrapposte ad un ulteriore strato di nuvole bianco sporco, merlate e frastagliate e lievemente in movimento, nuvole che attraversano silenziose la laguna.”
E intanto quello spazio interiore vissuto dalla solitudine. “È che non sei più abituato alle case vuote tutte per te, la tua casa da troppi anni sono gli alberghi, non sei abituato alla solitudine, non sei abituato ad un luogo dove non si può ordinare la colazione in camera semplicemente alzando la cornetta di un telefono, dove uscendo dalla stanza si incontra sicuramente qualcuno, mentre qui fuori non c’è nessuno”
Leggo e vorrei tratteggiare e salvare e riportare intere frasi molto vicine al camminare e con in testa l’ultimo di libro di Thomas Bernhard "Camminare".
e da Roberto Saporito “Camminare così, con questa andatura da persona che sembra che stia davvero andando da qualche parte, da persona con una vera meta da raggiungere quasi con una certa fretta, mi calma, mi dà equilibrio, mi azzera i pensieri fastidiosi, mi alleggerisce il peso che spesso mi grava sulle spalle, che mi provoca dolorosi mal di schiena, e mal di testa” Con Roberto andiamo via sull'isola, la nostra isola letteraria che stasera ci salva, senza bisogno di soldi, con un buon libro in mano.
Ringraziando l’autore.
Ippolita Luzzo
Pablo Paolo Peretti Cinque streghe danesi e un poeta
Piccoli cerchi che si espandono.
La coincidenza del sabato santo lega le poesie di Pablo Paolo Peretti ai riti religiosi della settimana santa, una settimana in cui la Chiesa celebra il sacrificio, la morte e la resurrezione.
Nel libro di Pablo le donne sono protagoniste anch'esse di martirio, furono duemila in Danimarca le donne accusate e uccise per stregoneria. Torturate dal tribunale dell'Inquisizione con spietatezza, già nel 1487, l'inquisitore Kramer descriveva e consigliava i trucchi per svelare chi fosse una strega. Da allora fino al 1700, le donne ostetriche, studiose, o con forte carattere, venivano bruciate al rogo. La Chiesa vedeva in loro il maligno, vedeva nella forza, nella conoscenza, la morte e il peccato. Secoli bui.
Di queste donne il poeta sente ancora le voci e ne sceglie cinque, cinque donne a cui dare voce, cinque donne da fare parlare all'alba degli anni duemila, anni altrettanto problematici per chi vuole vivere di conoscenze e di autenticità.
Johanne, Giertrud, Anna L., Maren, Anna B., parlano attraverso Pablo, il medium, il poeta tramite, lui che è voce e vive insieme a loro. Lui sceglie di firmare insieme a loro la prima delle dieci poesie che ogni donna avrà per presentarsi al mondo.
Mi succede alcune volte di intercettare amicizie e sinergie, amicizie e compagnia, lontane nel tempo e nello spazio, e sono felice di avere qui con me questi versi in cui vi è amicizia e somiglianza fra le donne ingiustamente arse e noi, fra il poeta e le donne, e lo stesso disprezzo verso le tante ingiustizie. Maren Spliids messa al rogo nel 1641
Il vostro sputo
il vostro disprezzo
lo porterò
dentro quel fuoco che vi libererà di me.
E voi vi sentirete sollevati
condannandomi
a rinascere dalle mie ceneri.
Cominciate a chiudervi in casa.
Il mio bussare alle vostre porte
non conoscerà tregua.
Sembra di vedere Maren e Pablo insieme alle altre, sul palco della nazione Danimarca, di ogni nazione, di vederli mano in mano, di vederli in piedi, dritti, davanti ai regnanti, ai cardinali, ai giudici, ai torturatori. Sembra di sentire quel bussare, nella potenza evocativa del verso, nella forza della poesia.
Cinque donne innocenti e un poeta.
Giertrud morta nel 1577
la sua quotidianità,
Una tovaglia a fiori/che contrasta con un giardino/millecolori./ Seduto/mangio pane e estate/lasciandomi provocare da una mosca/...
Sono erba, luce e cielo
e l'ultima strega condannata a Ribe, Danimarca, nel 1652, Anna Bruds: Sei il fiore/ dentro il bicchiere/ quello/ che colora questa stanza.
Ed ancora nei cerchi che si espandono
Mi piacerebbe fermare la vita su queste mie fantasie di uomo solo il dialogo con Johanne, diventa un cerchio che si allarga sempre più.
I cerchi di Pablo
Ippolita Luzzo
Pablo Paolo Peretti è nato il 5 Ottobre 1957 a San Donà di Piave, Venezia. Dal 1999 abita a Copenhagen. Le sue pubblicazioni sono Crowded Airports and Tired Queens / Aeroporti affollati e stanche regine (2016); Cucina di rabbia e poesia (2015). Ha scritto poesie contenute nei romanzi Olivia e Noi due come un romanzo (Mondadori) di Paola Calvetti. Nel 1994 è stato freelance e opinionista per il mensile Moda (Nuova Eri). Sue poesie sono state lette su RAI3 e citate su importanti riviste italiane.
La coincidenza del sabato santo lega le poesie di Pablo Paolo Peretti ai riti religiosi della settimana santa, una settimana in cui la Chiesa celebra il sacrificio, la morte e la resurrezione.
Nel libro di Pablo le donne sono protagoniste anch'esse di martirio, furono duemila in Danimarca le donne accusate e uccise per stregoneria. Torturate dal tribunale dell'Inquisizione con spietatezza, già nel 1487, l'inquisitore Kramer descriveva e consigliava i trucchi per svelare chi fosse una strega. Da allora fino al 1700, le donne ostetriche, studiose, o con forte carattere, venivano bruciate al rogo. La Chiesa vedeva in loro il maligno, vedeva nella forza, nella conoscenza, la morte e il peccato. Secoli bui.
Di queste donne il poeta sente ancora le voci e ne sceglie cinque, cinque donne a cui dare voce, cinque donne da fare parlare all'alba degli anni duemila, anni altrettanto problematici per chi vuole vivere di conoscenze e di autenticità.
Johanne, Giertrud, Anna L., Maren, Anna B., parlano attraverso Pablo, il medium, il poeta tramite, lui che è voce e vive insieme a loro. Lui sceglie di firmare insieme a loro la prima delle dieci poesie che ogni donna avrà per presentarsi al mondo.
Mi succede alcune volte di intercettare amicizie e sinergie, amicizie e compagnia, lontane nel tempo e nello spazio, e sono felice di avere qui con me questi versi in cui vi è amicizia e somiglianza fra le donne ingiustamente arse e noi, fra il poeta e le donne, e lo stesso disprezzo verso le tante ingiustizie. Maren Spliids messa al rogo nel 1641
Il vostro sputo
il vostro disprezzo
lo porterò
dentro quel fuoco che vi libererà di me.
E voi vi sentirete sollevati
condannandomi
a rinascere dalle mie ceneri.
Cominciate a chiudervi in casa.
Il mio bussare alle vostre porte
non conoscerà tregua.
Sembra di vedere Maren e Pablo insieme alle altre, sul palco della nazione Danimarca, di ogni nazione, di vederli mano in mano, di vederli in piedi, dritti, davanti ai regnanti, ai cardinali, ai giudici, ai torturatori. Sembra di sentire quel bussare, nella potenza evocativa del verso, nella forza della poesia.
Cinque donne innocenti e un poeta.
Giertrud morta nel 1577
la sua quotidianità,
Una tovaglia a fiori/che contrasta con un giardino/millecolori./ Seduto/mangio pane e estate/lasciandomi provocare da una mosca/...
Sono erba, luce e cielo
e l'ultima strega condannata a Ribe, Danimarca, nel 1652, Anna Bruds: Sei il fiore/ dentro il bicchiere/ quello/ che colora questa stanza.
Ed ancora nei cerchi che si espandono
Mi piacerebbe fermare la vita su queste mie fantasie di uomo solo il dialogo con Johanne, diventa un cerchio che si allarga sempre più.
I cerchi di Pablo
Ippolita Luzzo
Pablo Paolo Peretti è nato il 5 Ottobre 1957 a San Donà di Piave, Venezia. Dal 1999 abita a Copenhagen. Le sue pubblicazioni sono Crowded Airports and Tired Queens / Aeroporti affollati e stanche regine (2016); Cucina di rabbia e poesia (2015). Ha scritto poesie contenute nei romanzi Olivia e Noi due come un romanzo (Mondadori) di Paola Calvetti. Nel 1994 è stato freelance e opinionista per il mensile Moda (Nuova Eri). Sue poesie sono state lette su RAI3 e citate su importanti riviste italiane.
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