mercoledì 11 aprile 2018

Giorgia Lepore Il compimento è la pioggia

Credo che il senso ultimo del libro sia "aspettare". Credo sia questo il delitto "Far aspettare" 
I personaggi aspettano, quasi tutti, in questo bel racconto di Giorgia Lepore, aspettano che qualcuno torni, che qualcuno si faccia vivo.
Così è per l'ispettore Gerri Esposito, lasciato da bambino dalla mamma con le parole. " Aspetta qui che poi torno" così sarà per tante altre, a loro volta lasciate da Gerri, in attesa.
Aspetterà la bimba di cinque anni, una delle presenze più incantevoli del libro, per me la principessa del racconto, di nome Jennifer, che sbuca, come nelle fiabe, dalla cassapanca, insieme al suo fratello più piccolo, Kevin, di due anni, sul luogo del delitto.
 Aspetteremo tutte noi il seguito, di leggere ancora altre vicende con una squadra di investigatori fatta di uomini imperfetti, eppure buoni, che stanno nella Questura di Bari, negli uffici della terza sezione. 
Aspetteremo mentre giriamo per Bari vecchia, fra il disordine e il caos, nel budello oscuro, e mangeremo anche noi gli scagliozzi fritti, caldi caldi.
La storia è un noir, ci sta un delitto e ci starà una indagine, ci sta una città in festa, San Nicola, e ci starà ciò che ognuno di noi sa di trovare in un noir.
Nel mentre lo leggeremo prenderemo piacere, man mano, a sentire amicizia e consonanza con i personaggi, scopriremo lo stile della scrittrice, il testo ed i rimandi, i gusti e le canzoni, i film, la favola di Peter Pan, la neve che arriva a Bari e la pioggia.
"Non ti posso aspettare in eterno" urla Sara Coen, l'ispettrice, e forse innamorata, a Gerri.
"Sì, lo capiva. Aveva anche fatto un cenno di assenso col capo, al vuoto, al muro delle scale mentre scendeva: si era fermato un attimo, aveva trattenuto il fiato, pensato a cosa avrebbe potuto rispondere, e come sempre quella risposta era rimasta una delle tante conversazioni immaginarie che avevano luogo solo nel suo cervello. Diceva che in fondo non lo capiva per niente, perché lui invece stava aspettando qualcuno in eterno, e continuava. E allora, se lui poteva farlo per qualcuno, perché gli altri non potevano farlo per lui?"
Penso a Roland Barthes, ai suoi frammenti sul discorso amoroso, a quell'aspettare che ha tutti i momenti del delitto perfetto. 
Penso a quei due punti, messi lì, mentre scendeva, a quel discorso diretto e indiretto, a quel dialogo che, spesso, non va da nessuna parte, per tutti noi, mentre si aspetta.
Ippolita Luzzo 

   
Giorgia Lepore è archeologa e storica dell'arte, vive a Martina Franca e insegna Storia dell'Arte al Liceo da Vinci di Fasano. Ha pubblicato L’abitudine al sangue (Fazi 2009), I figli sono pezzi di cuore (E/O 2015) e Angelo che sei il mio custode (E/O, Sabot/age 2016).

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