Questo libro serve a mettere fine ad una maledizione, dice l'autrice Sara Di Furia in una intervista che mi sono appena ascoltata, in merito al libro nel libro, il libro che sarà scritto dal protagonista Niccolò Spirito, per scacciare una antica maledizione risalente al tempo delle Crociate. Un Paranormal Fantasy inserito in un definito periodo storico, nel 1793, a Venezia, e l'autrice rispetta i luoghi, le piazze, i personaggi di quel tempo.
Niccolò Spirito, primo fantasy che leggo, mi è venuto incontro alla fiera del libro a Roma, Più Libri più Liberi. Giorni fantasy per me. Fantastici.
Leggo quindi il libro amando quei giorni a Roma, gli incontri, le fotografie, le sintonie. Una fiera di conoscenze fra simili. Il mondo fantastico della piccola e media editoria indipendente. Astro del sol... ci verrebbe da cantare con tutti, mentre io mi fermo agli stand ed inneggio felice al mondo della lettura. Nel libro di Sara Di Furia la stessa passione è presente.
La voce narrante è una penna, la penna di Niccolò, questo nobile veneziano che sarà l'artefice di uno svelamento attraverso la lettura. Ed è tutto un inno alla lettura questo libro che inizia con l'incontro con Beatrice, mentre costei legge Les Femmes Savants di Molière
"mentre il buio avvolgeva, con le sue braccia stanche, i tetti dei palazzi"
e ritorniamo al motivo per cui maledizione fu gettata sugli Spirito
"lo stemma di famiglia Due spade si intersecavano a formare una
croce, facendo scaturire tre onde stilizzate del mare. Lo stemma
aveva origini molto antiche. Fu coniato durante la crociata del
1202 quando l’antenato della famiglia Spirito salpò, senza fare
mai ritorno, verso Gerusalemme, in difesa del cristianesimo. Il
padre di Niccolò amava raccontare di come quei tempi fossero
densi di moralità cristiana tradotta in atti concreti di eroismo,
in contrasto evidente con l’epoca frivola, superficiale e solo in
apparenza morale, a cui invece loro erano stati destinati. Niccolò però conosceva bene il paradosso dell’esperienza vissuta dal suo antenato e il peso che, a distanza di secoli, aveva ancora sulla sua famiglia. La crociata dei veneziani era passata alla storia come la più vergognosa per il mondo cattolico, poiché si trattò di una guerra fratricida. Il doge veneziano Enrico Dandolo infatti, essendo a conoscenza delle difficoltà logistiche della Chiesa nell'organizzare una nuova spedizione, offrì gratuitamente ai “soldati di Dio” le proprie navi, a patto che prima di arrivare a Gerusalemme si sbarcasse nella cristiana Costantinopoli. Lo scopo era in realtà la conquista della città ottenendo così il monopolio dei traffici con il Levante. Sangue versato per il vile denaro.
La liberazione di Gerusalemme dagli infedeli divenne allora un
fine accessorio. Si trattò di un ricatto conclusosi con la strage di
fratelli nella fede e che macchiò indelebilmente con una maledizione tutti coloro che vi parteciparono. La leggenda nera infatti, racconta che per aver sparso sangue innocente, i discendenti dei crociati non avrebbero vissuto oltre i cinquant'anni, schiacciati e logorati da un morbo invisibile, e che tutto sarebbe proseguito fino a quando anche un solo uomo avesse ridato il giusto peso ai valori cristiani."
Un libro scritto da chi ama la storia ed insieme l'immaginazione, da chi vive nella storia rispettandone i passaggi ed insieme ama la letteratura, riconoscendo alla scrittura, al potere del racconto, la salvezza.
Riuscirà la penna a sconfiggere la maledizione?
Leggo "Il regalo di Nessus" di William McIlvanney, uno dei maggiori scrittori scozzesi. Sul mito di Eracle e Deianira, sua moglie, sappiamo di quella tunica, regalo di Nessus, che Eracle indossò lacerandosi tutto il corpo per strapparsela di dosso. Cameron e la sua tunica.
"La storia di un rapporto è un po' come la storia di una società.Inizialmente è piuttosto disorganizzata.Ferisci l'altro in modo discontinuo. Ma con il tempo ogni cosa diventa classificabile e centralizzata. La specializzazione prende piede."
Edizioni Paginauno nella collana Il Bosco di Latte, nei tascabili, propone due autori irlandesi, racconti brevi. Frank O’ Connor e Liam O’Flaherty, due scrittori, entrambi del segno zodiacale della vergine, entrambi quindi con una scrittura attenta alle sfumature, ai dettagli. Due scrittori del secolo scorso, due scrittori civili, attenti alla storia del loro paese, alle rivendicazioni di autonomia, alle lotte di un popolo per conquistare dignità e riconoscimento sia umano che politico.
La storia dell’Irlanda nei quattro racconti di “Ospiti della nazione” di Frank O’ Connor diventa una storia individuale, si insinua nei rapporti coniugali e familiari e confonde i ruoli, portando alla rovina situazioni già al limite. Nel racconto “La moglie di Jumbo” fra delatori e combattenti, fra violenze coniugali e ordine costituito, la moglie di Jumbo, una donna malmenata e umiliata, mostra una lettera giunta al marito ad un uomo che sta combattendo in clandestinità. L’uomo quindi viene a sapere che Jumbo è una spia. “Ognuno di noi non sa che effetto avranno le nostre azioni” questa frase di Pomilio mi sta nella testa per tutta la durata della lettura di questo racconto che vi fermerà a considerare quanto le nostre azioni vadano al di là del fine per cui avvennero.
Resterete a guardare la casa del racconto “Le sorelle” e chissà quanti rapporti di dipendenza e solitudine vi si riaffacceranno nella memoria visiva della vostra lettura!Una folla di uomini e donne chiusi nelle stanze dei rapporti, dipendenti gli uni degli altri, come “Le sorelle“.
Il racconto che ho amato di più sta nel libro di Liam O’ Flaherty “Il cecchino”. “Il re di Inishcam”. Leggetelo e mi direte uguale. Io l’ho letto accatto al caminetto, a casa dei miei genitori, e l’isoletta di Inishcam, separata dalla terraferma era in quel momento il regno della Litweb, quel luogo non istituzionale, lontano da quel mondo dove per scrivere bisognerebbe essere accreditati. Nell’isola l’industria principale è la distillazione illegale di whiskey. C’è un re in quest’isola, io mi sono subito sentita chiamata in causa, perché “Se un uomo viene chiamato “re” anche se solo per scherzo, nel corso del tempo acquisisce atteggiamenti regali.” Un duello fra due individui che indossano ruoli contrapposti eppure capaci di stimare uno l’operato dell’altro. Mentre la guerra imbratta di sangue e sciupa la vita di soldati e civili, questo racconto sembra appartenere ad un immaginario luogo in cui possano le azioni umane rimettere le cose a posto.
Negli altri racconti “La guerra civile”, “Il cecchino” le armi, fanno fuoco mirando alla testa le paure e le attese di ogni soldato. In “Verso l’esilio” sarà un’altra la morte che si affronterà, il distacco, la partenza dei figli. Una mamma dovrà morire in quell’attimo in cui tutto si compie e loro van via. “Pazienza” questa pazienza che ci fa sembrare vivi da morti, questa pazienza che sento svanire in me con un moto di ribellione e che mi viene regalata ora da letture così interessanti , così curate da indurmi a consigliarle a chi mi leggerà.
Ippolita Luzzo
C'è un quadro che inizia e finisce il film nel circolare che chiude una storia di un viaggio fatto da quattro amiche sorprese nel passaggio da una vita all'altra.
C'è un trasloco da una stanza universitaria ad una vita di lavoro e responsabilità. Passano libri dagli scaffali negli scatoloni nel momento di abbandonare un luogo e c'è il quadro che viene preso da una delle quattro amiche a testimoniare un momento che resta. Resta il quadro alla parete della nuova casa di Caterina, una casa da adulta, con tanto di fiori alla finestra e con quel quadro che, per fortuna c'è, rimane, appeso alla parete, col rosso del colore la passione della vita.
Nella trama il viaggio verso il lavoro di una delle amiche, la nascita di un figlio per un'altra, il ritorno alla cura, per una malattia e lo svelamento di un tradimento per le altre due protagoniste.
Un film che ho letto quasi solo in immagini, mancandomi il testo per un audio non perfettamente calibrato nel pur bellissimo teatro dove è stato proiettato.
Moltissimi i momenti in cui mi è sembrato di veder quadri di pittori famosi e riferimenti a libri e ad altri registi, del resto Piccioni stesso poi nella conversazione fatta alla fine del suo applaudito film ha raccontato di aver "rubato" ai registi serbi, a Tolstoj di Guerra e Pace, alle tante letture le suggestioni fatte vivere sullo schermo.
Nella vita interiore che il film ha, mi restano le dissolvenze, l'ombra del corpo di Liliana che si alza dal letto, nella sua stanza, il surreale delle teste delle clienti, con i capelli in attesa della parrucchiera, la madre di Liliana, alla ricerca di una verità intuita. "Conviene ciò che accade" ci ripete Piccioni, nel conversare, e nel continuo sorprendersi che la vita sia un attimo, che il passato non si sa dove sia andato, ma è passato, e come è stato possibile? una domanda eterna, io scrissi, nel mio pezzo " Ciò che non muta" in quel continuo arrovellarci non muta lo stupore.
E non muta la voglia della giovinezza, di guardarla la giovinezza, con occhi teneri, delicati e rispettosi, come momento fragile, ma tenace, dove ritornare per un sorriso in più. E col sorriso che ci dona la voglia di alzarci ogni mattina il film dipinge su una tavolozza andata e ritorno on the road i colori di Questi Giorni
Ha vinto Margie: Un bacio
Margie: il tempo del perdono.
Il corto di Domenico Modafferi condensa in pochissimi minuti il passaggio dalla disperazione all'accettazione, al perdonare e perdonarsi e riprendere il dono della vita che si voleva buttar via. Sul terrazzo di un condominio si incontrano un cieco, il vate cieco, quasi, e la ragazza seduta sul muretto con le gambe penzolanti nel vuoto.
Vertigine.
La vertigine del nulla davanti. Un dialogo attento, una stesura senza sdolcinature, misurata e di una semplicità umana, ci coinvolge sul terrazzo e insieme a lei, alla ragazza, scenderemo dal muretto
Nella magia del cinema il signore cieco sembra l'inviato della speranza, e la sua sigaretta lasciata a spegnersi su quel muretto sembra che abbia fatto beffa alle Parche.
Vi dovrete accontentare di un mozzicone- sembra dica alla signora in nero che stava sul muretto a ghermire la ragazza
Due i colori: il nero soprattutto e il rosso del rossetto, del papillon,
il rosso che vincerà su nero nella dicotomia eterna fra vincere e perdere al gioco della vita
E il bianco a far da contraltare, a dare tutte le sfumature che renderanno possibile ogni diversità
Inizio l'anno ospite del blog di Giacomo Verri con un mio pezzo su Libri tanto amati. Ve lo ripropongo qui rimandandovi al blog di Giacomo.
Ho comprato I Miei Premi di Thomas Bernhard dopo.
Non sapevo più da tempo dove fosse quel mio simile e simile di Bernhard che mi chiamava zia, ma nel mio letterario immaginario era esistito uguale, se pur nell’espace d’un matin, quel giovane che, a me adulta, lui, come Bernhard, chiamava zia. Gli avrei fatto leggere Bernhard, se solo avessi avuto altra opportunità, ed ora, che nel tempo ogni cosa svanisce, voglio ricordare come i rapporti filiali, affettivi, parentali, sono scelte e vanno ben al di là dello schema usuale.
Thomas Bernhard, lo scrittore austriaco, geniale e ironico, scomparso nel 1989, viveva con una donna molto più anziana di lui, una donna che lui chiamava zia, in una famiglia scelta per grande comprensione, per somiglianza.
https://giacomoverri.wordpress.com/2017/01/02/libri-tanto-amati-ippolita-luzzo-e-thomas-bernhard/
Discorso di fine anno alla Fabio Volo.
Tre puntini sospensivi e una pagina bianca, tante pagine bianche...
Tre puntini sospensivi e siete tutti scrittori come Céline...
Alleluia Alleuia
la bacchetta magica arrivò, il regno trionfò e l'anno passò.
Discorso fra il serio e il faceto, più faceto che serio, sull'anno che arriva e che paura ci fa, come ignoto, poco noto, sconosciuto. Chissà come sarà...
Meglio lo sconosciuto che il conosciuto, direte voi, e su questa certezza che approvo, iniziano le danze, i brindisi e i canti.
Oh Lallà Faccela vedè faccelà toccà... facci vedere l'alba di un nuovo giorno, di un nuovo mese, di un nuovo anno.
E nel chiederci con Aristotele e Platone: che cos'è un anno nuovo se non un uovo? Leggeremo il libro della Metafisica e della meraviglia.
Oh Che stupore! c'è un nuovo odore! Sarà l'uovo.
E nel domandarci domande antiche se sia nato prima l'uovo o la gallina e nel risponderci risposte antiche trascorreremo felici e contenti i giorni i mesi e l'anno del serpente.
Mi dicono che sia l'anno del gallo e non quello del serpente ma serviva una rima di sera e di mattina. Io misi, in vignetta, la gallina!
Sarà il 2017 l'anno della Litweb? A dir il vero sono già quattro anni che si veleggia felici e contenti nel mare magnum della lettura, della scrittura e della frittura con tutto il piacere della scultura e della visura... catastale.
Auguri Auguri a grandi e piccini, leggete, bevete, non birra e vino ma acqua corrente, mangiate genuino e guardatevi intorno, siate liberi e attenti nel paludume del circondario e sarete salvi dallo stupidario generale.
Auguri
Pezzo di Ippolita Luzzo su vignetta di Fabio Magnasciutti
Siamo nella Casa di riposo Bosco Sant'Antonio, struttura comunale gestita dalla cooperativa Cepros e Primavera, che ospita anziani assistiti da personale specializzato. Come Stampa alternativa impropria io vengo invitata dalla cerimoniera del Lions Club Di Lamezia, Avvocato Anna Moricca, per assistere al dono di un defibrillatore che il Lions fa alla Casa di Riposo quale attenzione del Club alle realtà del territorio. Sono presenti il presidente del comparto Silvio Serrao, la responsabile del Service, Ippolita Lo Russo, il Sindaco e tutta la stampa vera che vi farà articolo circostanziato.
Io vi porgo i miei appunti dal titolo " Da Trieste a Gaspare"
La Casa di riposo si trova nel cuore storico, accanto al Convento di Sant'Antonio, protettore della città, e su una collinetta che ai più sembra Fiesole.
Non ero mai stata a visitare questo luogo e ringrazio Anna dell'invito, ho trascorso un piacevolissimo pomeriggio fra storia e vicinato, chiacchierando con gli ospiti.
La signora Trieste ha compiuto 100 anni a Novembre ed il suo papà era militare a Trieste durante la guerra nel 1916, è originaria di Carlopoli, e da casa sua vedeva i monti della Sila.
Trieste, deliziosa, mi racconta che è infastidita dalle tante domande che le fanno, e mentre mi parla del suo papà in guerra, a Trieste, nel 1916, mi sembra di vedere la sua mamma star per partorire e decidere col marito di chiamare la bambina Trieste come la città dove lui in quel momento rischiava ogni giorno la sua vita.
Gaspare ha 87 anni. Alla mia domanda su come si chiami lui mi dice che ha il nome con cui i suoi genitori lo hanno sempre chiamato e mi porge l'indovinello dei tre magi. Mi chiamo come uno dei re magi...
Da Trieste a Gaspare aggiungo il nome di una splendida assistente, Jessica, ed il nome non può che ricordarmi come la televisione abbia sostituito nell'immaginario collettivo i nostri nomi Trieste, Gaspare e Ippolita. Un secolo si può raccontare anche così con i nostri nomi che cambiano, dando identità del tempo che attraversiamo.
Storia fatta di piccole gesti, di particolari e di ricorrenze, ora sta parlando Ippolita, mia omonima, nel porgere in dono un defibrillatore affinché i cuori battano con regolarità al passaggio della Storia universale nel nostro cuore individuale.