martedì 15 dicembre 2015

Natale in casa Cupiello. Luca De Filippo per noi


Per noi Luca De Filippo resta il giovane trentenne che alla domanda del papà, Luca Cupiello, interpretato da Eduardo De Filippo, suo padre anche nella vita,  te piace 'o presepe?, risponde sempre no, per tutto il tempo.
A niente valgono i tentativi  di circuirlo con regali di due cravatte, oppure facendo vedere le tecniche su come avrebbe fatto scendere l'acqua, niente, lui esaspera il padre finché nella rabbia lo caccia di casa. A parole.
Per noi il presepe è sempre la colla da scaldare, i pastori da comprare, sughero, muschio, corbezzoli e la carta argentata, per completare con fiumi e laghi, cielo e stelle il paesaggio su cui pregare.

Per noi presepe, nella commedia al secondo atto, resta  la vestizione dei re magi, quel presepe, quando tutto precipita nella lite e Luca, il capofamiglia e gli altri due, arrivano vestiti da Re Magi
Natale in casa Cupiello, in omaggio a Luca De Filippo che ci ha lasciato  il 27 novembre 2015 all'età di 67 anni, nella sua casa romana.
« Senza mio figlio forse io... scusate... me ne sarei andato all'altro mondo tanti anni fa. E io debbo a lui il resto della mia vita. Lui ha contraccambiato in pieno. Scusate se io faccio questo discorso e parlo di mio figlio. Non ne ho mai parlato! Si è presentato da sé. È venuto dalla gavetta, dal niente, sotto... il gelo delle mie abitudini teatrali. »
(Eduardo De Filippo, al XXX Convegno dell'Istituto del Dramma italiano a Taormina, 15 settembre 1984)
Natale in casa Cupiello 
Tre atti composti dal '31 al '34, via via arricchito di  episodi restando sempre integro l'asse portante del testo: La mistificazione e la rappresentazione. 
Siamo alla vigilia di Natale e una volta il presepe si faceva rispettando i tempi, quindi nell'approssimarsi della festa. 
Nella caparbietà dell'uomo che fa un presepe solo per sé, per divertirsi, così dice, all'inizio del secondo atto infatti Luca Cupiello  confessa  il suo pensiero a Raffaele, il portiere che si domanda fra sé e sè:"Vedete se è possibile che un uomo alla sua età si mette a fare il presepio. So' juta pe' le dicere:-Ma che 'o ffaie a fa'?-Sapete che mi ha risposto:-O faccio pe' me, ci voglio scherzare io!-"
la caparbietà si scontra con l'incomprensione del figlio che non vuole accontentarlo riconoscendo al papà quel divertimento, si scontra con la delusione della moglie di veder questo uomo perdersi in costruzioni futili. 
Nelle giornate, che tanti magari conosciamo, delle inevitabili liti oppure degli  equivoci, che costellano come stelle le riunioni familiari, la domanda sul presepe, se piace il presepe, vuole essere un riconoscimento degli affetti che avverrà solo in punto di morte, quando sembra che l'affetto e la vicinanza prevalga sui giochi egoistici di ciascuno dei componenti. 
Sul finale vediamo Luca Cupiello  (felice che sia riuscito a far fare la pace a Ninuccia e il marito, scambiando uno per un altro, ride soddisfatto) Hanno fatto pace, laggio fatto fa’ pace… Ha visto, Conce’? (a Ninuccia e Vittorio) Voi siete nati l’uno per l’altro. Vi dovete voler bene. Non fate prendere collera a Concetta che ha sofferto assai… (Ninuccia e Vittorio allentano la stretta della mano: ora Luca delirante farfuglia qualcosa di incomprensibile, agitando lentamente il braccio destro come per afferrare qualcosa in aria. E’ soddisfatto, vaga con lo sguardo intorno e chiede) Tommasi’, Tommasi’…
Tommasino (sprofondato nel suo dolore si avvicina al padre mormorando appena) Sto qua
Luca (mostra al figlio il braccio inerte, lo solleva con l’altra mano e lo fa cadere pesantemente come per dimostrare l’invalidità dell’arto. Poi chiede supplichevole) Tommasi’, te piace’ ‘o Presebbio?
Tommasino (superando il nodo di pianto che gli stringe la gola, riesce solamente a dire) Sì

Ottenuto il sospirato “si”, Luca disperde lo sguardo lontano, come per inseguire una visione incantevole: un Presepe grande come il mondo, sul quale scorge il brulichio festoso di uomini veri, ma piccoli piccoli, che si danno un dà fare incredibile per giungere in fretta alla capanna, dove un vero asinello e una vera mucca, piccoli anch'essi come gli uomini, stanno riscaldando con i loro fiati un Gesù bambino grande grande che palpita e piange, come piangerebbe un qualunque neonato piccolo piccolo…

Luca (perduto dietro quella visione, annuncia a se stesso il privilegio) Ma che bellu Presebbio! Quanto è bello!

Con un grande applauso a Luca De Filippo 



lunedì 14 dicembre 2015

Dio non gioca a scacchi e suona da Antonello Anzani

Orazio Garofalo parla del Verbo ed il Verbo è presso Dio. Nel sacro della serata ci stavano le vecchie e le nuove scritture. Litweb e Bibbia salutano i partecipanti.
Nelle vesti di Antonello Anzani, perfetto Dio Michelangiolesco della Cappella Sistina.
Una serata a Cosenza, dove io sono stata invitata per una incursione su un tema musicale, il ritmo del romanzo, dolce o crudele, amaro dovremmo dire, in antitesi al dolce ci sta solo l'amaro? 

La serata, condotta ed ideata da Gianfranco Labrosciano, presentava una artista che di secondo nome faceva Fiammetta e, come una fiamma intensa e appassionata, ci parlò dei suoi quadri in esposizione, dei duemila quadri lasciati dal suo papà, del suo amore per la pittura.
Mentre parlava tremava ed io pensai, ora è troppo, ci muore qui, ed invece con la presenza di Gianfranco che la rassicurava, finì suo dire e dipingere parole come se avesse fatto un quadro di visioni nell'aria.
Difficile tornare nella terraferma dopo di lei.
Viaggiammo infatti a ritroso, mia cronaca è proprio a ritroso, dalla fine verso l'inizio, viaggiando come Matilde, protagonista del libro di Daniela, viaggiando con lei, sui ponti del nostro immaginare.
Commistione fra quadri, musica e libri, al violino di Pasquale Allegretti con Capriccio numero 24 di Paganini, all'arpa di Rosalba,  e ritorno su Orazio,  Stefania e Giuseppe Perrone.

 Ritorno ad Antonello Anzani e il suono del vivere. La musica usata per sedare o per ribellarsi. 
Le frequenze
432 rilassarsi
440 nervosismo
rispondenza fisica alla musica, ed io direi a tutto, anche alle parole. Se leggo un libro senza ritmo io mi ammalo. Mi viene mal di stomaco.
Se sento un parlare vano mi viene mal di testa.
Se suoniamo, vibriamo, nell'elettricità, scambi di sinapsi e tutto torna. Anche il libro vibra, non di emozioni, avrei voluto io gridare ieri sera, no, di liberazione. Certo ci sta tutto il momento intenso, tutto, però se suoniamo, parliamo, cantiamo e scriviamo vogliamo liberare l'energia che possediamo. 
Evviva evviva questo spazio bianco che mi permetterà di dirvelo ancora. Evviva evviva Alberto Badolato, che ha reso possibile  il ponte fra me e voi stasera, evviva evviva la musica. 
Forse sarà la musica del mare... 
Ci salverà la musica...
E con tanta musica in testa, compresa quella dell'universo, del silenzio, del testo, del dolore e della gioia, chiudo con le parole di Antonello che ci riportano al testo che ha un ritmo, alle parole delle canzoni. 
Dal testo della serata uno stralcio di un giornale... perché poi, tornata a casa, ho studiato!
Dimenticai dirvi di  Riccardo che mi ha regalato bellissimo disegno sul mio quadernone verde. Lo ha intitolato: Lo SparaNemici



"Risulta estremamente difficile e triste pensare che la musica, che essenzialmente ci fa stare così bene, sia in realtà influenzata da fattori così negativi. L’intonazione a 440 Hz, alla quale siamo oramai assuefatti, è invece praticamente innaturale, crea disarmonie difficilmente percettibili dagli esseri umani, ha poche armoniche ed evidentemente non è stata scelta casualmente come intonazione standard. Scoperta dall'intelligenza militare tedesca e usata durante l’olocausto, anche per spronare al lavoro più arduo nei campi di concentramento. I tentativi di ritornare al La verdiano sono inevitabilmente falliti. La differenza tra le due frequenze si ritrova anche a livello fisico. Basta osservare le forme che si vengono a creare  comprendendo che 432 Hz esse sono decisamente più armoniche. Fortunatamente esistono ancora degli artisti (anche se veramente molto rari) che compongono la loro musica con un’intonazione a 432 Hz. Tra questi non possiamo non citare i Pink Floyd che, specialmente in The Dark Side Of The Moon, possono darci un esempio lampante della differenza tra le varie frequenze.

I 432 Hz compongono quella che viene chiamata Love frequency e che fa parte di ciò che si trova alla base della natura, dell’universo, della filosofia portata avanti da diversi studiosi (tra cui Platone). È collegata al chakra del cuore, quello del sentimento, mentre i 440 Hz vengono ricollegati al chakra che si occupa del… controllo del cervello."

giovedì 10 dicembre 2015

Alessandro Iovinelli. La scala d'oro

Nato il 17/09/1957 Alessandro Iovinelli è del mio segno zodiacale, per quel che può significare, un quasi mio coetaneo, essendo io del 13 settembre del 54 
Scrivo sempre questa storia del segno zodiacale perché sono moltissimi gli scrittori nati a Settembre, come se il mese, oltre che per l'autunno e la stagione della semina, fosse il mese della scrittura.
Naturalmente è una mia fissazione, smentita da chissà quanti altri scrittori di altri mesi. 
Alessandro Iovinelli: La scala d'oro
Sette racconti per una raccolta. Si raccolgono i pensieri per donarli come fiori.


Giuseppe Antonelli nella prefazione scrive  “Perché in questi racconti si alternano luoghi e personaggi diversi – è vero – momenti di felicità e sentimenti di perdita, però c’è un unico protagonista che resta sempre in scena e dà il tono a tutto il resto. La letteratura. La lettura come strenua forma di interpretazione della realtà: leggo dunque penso. E, ancor più, «la scrittura come forma irriducibile dell’essere»: scrivo dunque sono.” “Nondimeno, Alessandro Iovinelli decide di correre ancora una volta il rischio, lasciando la scena al suo Doppelgänger: un personaggio che vive la letteratura come un’infinita illusione senza lieto fine e racconta la sua vita come un saggio narrante.”  Adorabile la bella ironia con cui  ci racconta di Kirsten Dunst e del suo manoscritto come libello amoroso

Alessandro Iovinelli: Saggio come aggettivo qualificativo e come sostantivo concreto. Colui che sa.
Uno stocco al suo interno- Leggo la storia del teatro Ambra Jovinelli raccontato da lui che lo vide come patrimonio di famiglia, da lui che, bambino, guarda quel nonno alto e forte con un bastone con cui difendersi. Uno stocco al suo interno. Lo stocco è una spada. Così il racconto leggendario si mescola alle parole della mamma a cui Alessandro dedica il libro, si arricchisce con le cronache dell'epoca e con le trasfigurazioni cinematografiche. 
Cosa sia il passato non sappiamo più.
" In tema di memoria bisogna essere molto cauti prima di convalidare l’autenticità di una reminiscenza. Su questo punto sono del tutto d’accordo con Mark Twain, quando afferma: più invecchio e meglio ricordo gli eventi che non ho vissuto. A un certo punto però mi è passata pure la voglia di sognare e tanto meno di scherzare sull'argomento. Ho deciso di non farmi più illusioni e di accettare la dura verità. Non avrei mai potuto recuperare tutto quel che il mio bisnonno aveva tirato su dal nulla. Eppure potevo fare un’altra cosa. Era un atto che dovevo a mio padre e ai miei antenati. Dovevo scrivere la loro storia, la storia della famiglia Jovinelli. Ci riuscirò? Porterò mai a termine una tale impresa? Non lo so. Ma so che è un mio dovere: es muss sein"
così scrive Alessandro e poi racconta in sette racconti sette, con il sette magico, racconta e racconta ancora, mentre io non distinguo più la lettura dallo scrivere e dagli  incontri favolistici.
Mai avrei immaginato di incontrarlo qui. 
Commossa. Strabiliata. Confessavo oggi a Maria Caterina Prezioso come io abbia letto molto tempo fa il racconto su Tabucchi fatto da Alessandro Iovinelli. Lo lessi avidamente allora. Lo imparai a memoria.  Io avevo scritto, tempo fa, in un mio pezzo "Ad un anno dalla morte di Tabucchi". Uno dei miei pezzi da semplice lettrice ed intanto preparavo, forse sempre quell'anno, la presentazione del libro "Frontiera" di Pina Majone Mauro per il Maggio dei Libri. Quel Maggio facevo chiacchierare la poetessa con Pessoa. 
Al di là dei miei fatti ininfluenti, resta la magia della testimonianza di Alessandro, al quale sono legata affettuosamente prima ancora di conoscerlo, di sapere chi fosse quello studioso che non prese appunti mentre Tabucchi parlava e che però è consapevole che qualcosa resta oltre noi.
Ascoltiamo il  racconto di Alessandro 
Dialoghi manca(n)ti   La scrittura come forma irriducibile dell’essereecco, questo è il messaggio che ci ha lasciato Tabucchi   Di tutto resta un poco.“Il tempo stringe” è l’ironia, quasi lo scherno dell’esistenza nei confronti dell’uomo: «Purtroppo nella vita non c’è mai molto tempo. Voglio dire: sembra che ci sia un sacco di tempo, ma poi, in realtà, non c’è mai molto tempo». Un teatro perfetto, quello della vita.  
"Tabucchi ritornò sul tema al centro di quel racconto  e, più in generale, di tutta la raccolta: il tempo. Le sue riflessioni mi anticiparono la trama sottesa a tutte le nove storie, nelle quali la dimensione temporale spariglia il classico ordine cronologico di
fatti passati, presenti e futuri, interrogandosi bensì sull'implosione temporale di tutto ciò che si compie e finisce il suo ciclo. Ascoltai questa sorta di autocommento con un senso di inquietudine, come se fossi anch'io un viaggiatore che sente descrivere un paese ancora ignoto, poco prima di attraversarlo
di persona."
Il tempo è circolare, scrissi in un altro mio pezzo "Dove ritorniamo" 
Nel viaggio che si chiama vita capita poi di inciampare, di fermarsi, di non partire affatto.
Alcune volte sono proprio gli inciampi che sublimeranno un vivere complicato in pagine di scrittura  immensa. 
Completando studi amati e letture vissute, la scala d'oro può essere nello stesso tempo The Golden Stairs, il dipinto del preraffaellita Edward Burne-Jones, oppure la scala dove tutti saliremo, quella dell' ascendere verso la saggezza,  del far tesoro di ogni difficile prova che il destino ha in serbo, trasformando il tutto in letteratura. 
La scala d'oro: La scrittura come forma irriducibile dell'essere



Il topo morto con la pancia all'aria

Vi risparmio la vista.
Trattengo il conato di vomito ed inghiotto a vuoto.
Sta lì all'angolo dell'arco in via D'Ippolito, centro storico del paese.
Sta lì difronte le scale che salgono verso la Chiesa di Santa Maria Maggiore, in effetti Chiesa di San Francesco.
Sta lì sul selciato, un grosso topo di fogna, morto nel giorno 9 del dicembre 2015, all'alba del nuovo che avanza. 
Il topo morto non viene rimosso, dall'alba al tramonto se ne sta in panciolle. 
In un centro storico preso a martellate, affinché la bruttezza abbia sempre la meglio e faccia perdere per sempre, negli antichi e pochi abitanti che furono, il ricordo della pulizia. 
Se una volta il grido era "tornate nelle fogne" ora il grido è " salite dalle fogne" vivi o morti uguale è il vomito. Servite uguali al disservizio. 
Destrutturare e distruggere tessuti urbani, non pulire più, cacche di cani a calpestare, bicchieri e bottiglie di birra abbandonati, piscio di umani ad ogni muro, scritte idiote per terra, case cadenti, in demolizione, non con le ruspe, ma con le erbacce. 
Palazzi sventrati per farne garage, e tutto chiuso, in un puzzo di morte.
Su tutto trionfano le multiservizi, trionfano i grandi stipendi ai dirigentidipendenti, alle attività sociali e parasociali, da anni da tempo in un inferno continuo.
I topi invaderanno la città, vi rosicchieranno le orecchie, vi trasmetteranno malattie.
Cominceranno dal basso, come in ogni epidemia, ma poi ma poi, la malattia raggiungerà i piani alti, altissimi,  dei vostri stipendi, dei vitalizi, delle confraternite e degli stendardi, delle fondazioni e dei multitavoli, degli organismi costituiti, delle CoCoCo delle commissioni, delle terribili associazioni, e tutti i topi trascineranno anche i vostri pacchi e pacchetti, alberi e viaggi al sole, trascineranno via, tutto via lasciando la lebbra sulla fattoria   

domenica 6 dicembre 2015

Gli Indolenti- come me


Libertà, Eguaglianza, Diversità. Ip Ip Urrà
Nel regno della Litweb gli indolenti stanno benone, unica domanda che vi faccio: come mai non ci sono anche io che sono la regina degli indolenti?
E dire che cominciate con Bertrand Russel ed io che ho dedicato tutta la mia esistenza alla contemplazione ed al vuoto dove sto?" Il vuoto come liberazione dal dovere e dall'ubbidienza"
La mia vita è una pausa e quel che scrive Luca Desdra sembra mio autoritratto. Non per nulla sto qui a pigiare tasti di domenica pomeriggio, dopo aver osservato filosoficamente il sole e fatta passeggiata a passi lenti ed infine sbocconcellato un pane arabo con fetta di formaggio parmigiano leggendo i vostri racconti. Come scrittrice sarei indolente ed il mio blog lo testimonia, ma come lettrice, ah come lettrice io sono regina!
Io sono una pioniera, una avventuriera, una amante del rischio su carta stampata!    
Vi presento intanto  gli  autori dei racconti
Alessio Viola scrive. Con “la Repubblica Bari”, con il “Corriere del Mezzogiorno” 
Nicola Manuppelli scrive, traduce, cura e “importa” autori. Tiene corsi 
Claudio Marinaccio scrive  nel 2014  il romanzo Scomparire. 
Pasquale Braschi scrive  sui siti Santippe e PugliaLibre occupandosi di recensioni di libri.

Io mi sono fatta una mini rassegna di voi 
 Gli Indolenti
Alessio Viola… Il profumo fradicio dei tamburi. Il rugby a Taranto e poi la morte nell'aria che si respira
Nicola Manuppelli… Una storia di conchiglie. Con chi vorresti tu sentire il rumore del mare se non con il tuo amore? Paco ed il sassofono. Sono rumori che si sognano.
 Claudio Marinaccio… Delirio di negazione. Un po’ di polvere nera
Foog. Nel 2023 sarà proprio così, anzi peggio ed il 2038 abbiamo risolto tutto. 
Una giornata da dimenticare. Se Nacho può sedere a tavolo può anche lavorare.
Pasquale Braschi… Liberi di sognare. Inizio il mio viaggio sulle ali della fantasia. Adoro i limoni. L’isola di fuoco. Naufraghi di una stessa nave.
 Il diario di mia madre. In casa Ditumolo 17 maggio 1952 lei  e poi nel 1955 insieme a noi quel giorno l’acquedotto della Puglia. 
La lettrice con vizio di scrittura. Il nostro meraviglioso stivale anfibio. La lettrice che vuole cambiare il finale dei libri e comincia con Emma Bovary, e Cosimo del Barone rampante… Emma non si suicida e va a Bari…  e Cosimo  si sposa  
Christian Dellavedova  ha disegnato la copertina 
Luca Desdra ha scritto l’introduzione
Ed io vi ho letto con grande partecipazione. Mi sono letta,  potrei scrivere. 
Dal regno della Litweb  una lettura indolente e lenta lenta 
Ma noi ci capiremo. Sempre con voi, a disposizione


Dice Luca Desdra nella introduzione  "Qui dentro non troverete racconti accomodanti che vi risuoneranno familiari. Perché l'atto creativo si è fatto essenza ed è andato a cercare momenti di assoluta verità. Qui troverete degli scrittori che si spogliano di ogni conformismo e diventano se stessi nel modo più puro, palpabile e negligente possibile. L'accidia sia con loro. E che questa resistenza passiva sia foriera di un ritorno alla purezza del racconto e al valore alto della creatività al di là di ogni adesione a canoni, cortili letterari o dittatura dei presunti lettori."
Da "Elogio dell'indolenza" 

giovedì 3 dicembre 2015

La penna singhiozzante

La penna singhiozzante nel discorso della regina
Dal dunque carducciano alla tazza di caffè americano
Sui tasti di un web dove mi diverto sempre meno
Eppure sempre di più del reale acquitrino geografico

Mi viene in versi stamattina  come le stanze del Poliziano,
Come i furori di Vittorio Alfieri, come Furore di Steinbeck
Mi viene un Giorno di Parini con il giovin signore educato
Conteso da tutta l’allegra compagnia di donne altolocate 

Mi viene il canto della solitaria regina di un regno che non c’è
Se vi ho donato un libro poi non mi parlate più, ormai lo so
Se vi sto vicino sarà per poco e poi con ogni gradevolezza
Tutto finirà in gloria, in salmo, in una Bibbia capace di

Contenere tutto il bello e tutto il brutto che fatto sia.
Troppo poco sarà il dirlo al mondo che parlare non so,
vero cara? Troppo poco ignorare che io scriva, vero cara?
E non è una sola la cara, siete in tante
Troppo poco e troppo inutile scriverlo poi qui


Nell'immensità del web e nel mio regno di tasti e di cartone.
Dalla penna singhiozzante al divenire del web 
da Furore "Mine eyes have seen the glory
I miei occhi hanno visto la gloria
Of the coming of the Lord
Della venuta del Signore
He is trampling out the vintage
Egli sta calpestando la vendemmia
Where the grapes of wrath are stored
Dove Furore sono memorizzati
He hath loosed the fateful lightning
Egli ha sciolto il fulmine fatale
Of His terrible swift sword
Della sua terribile spada rapida
His truth is marching on
La sua verità è in marcia su

Let us live to make men free
Viviamo per rendere gli uomini liberi

Il titolo originale The Grapes of Wrath,  I grappoli d'ira (o I grappoli d'odio), è un verso tratto da The Battle Hymn of the Republic, di Julia Ward Howe)
Fino all'Apocalisse

martedì 1 dicembre 2015

Bellezza e crudeltà. Da Attilio a Maria Parafati

La difficoltà di far vivere le librerie.

La libreria di Maria Parafati a Chiaravalle, grosso centro nelle Serre Calabresi, compie domani due anni. Nel nostro felice augurare a lei, ai suoi bimbi, ai suoi frequentatori, un compleanno solare, regalo due esordi letterari, letti di recente. Uno è "Finché dura la colpa" di Crocefisso Dentello, del quale ho già scritto e che di sicuro presenterò un giorno, l'altro è di Attilio Alessandro Ortalano, edito La Gru  " Bellezza e crudeltà"

Nel leggere la dedica che Attilio mi scrive sul libro ho il desiderio che sia vera. " Ogni persona ogni giorno combatte una propria battaglia, ma la letteratura ci insegna che nessuno è solo"
Cara Maria, tu alle prese con ordini, fatture e commercialisti, bolle e rese di magazzino, non sei sola.
Noi, i lettori, siamo la forza delle librerie. 

Jonathan, il protagonista del libro di Attilio, vaga in un 2112 dove i libri e coloro che se ne occupano verranno chiusi in manicomio...
ahah
"Il mattino dopo Jonathan fu deportato in una clinica ed etichettato come possibile sovvertitore dello stato. La sua libreria fu chiusa. Non gli fu data nemmeno la possibilità di salutare Aurora." 
Ridendo del riso della consapevolezza scrivo però che noi correremo e sfideremo qualsiasi Grande Fratello e occhio di controllo. 
" Correva Jonathan." e noi con lui. 
"Corriamo ogni giorno alimentati più dall'angoscia dei desideri irrealizzati, che non con l'intenzione di realizzare veramente quelli che abbiamo"
" Cerchiamo persone ovunque, nell'esistenza ci dimeniamo tra il desiderio di avvicinarci agli altri ed il senso di allontanamento da questi"
" Ciò che non abbiamo può essere raggiunto"
"Jonathan aveva capito che cercando di possedere qualsiasi cosa, in realtà non si possedeva veramente nulla" ed ancora
" Chi non fa ciò che vorrebbe ha sempre la sensazione che manchi del tempo"
Lui sognava contro tutti, correva ora più veloce che mai.
Un libro che io ho letto, iniziando a volte dall'inizio, come si dovrebbe fare, a volte dalla fine, procedendo a ritroso, e mi è sembrato più affascinante leggerlo così. Come il gambero. 
Un libro che ama i libri fino alla corsa 
I libri di carta, i libri che parlano, i libri frutto del genio individuale, i libri non solo carta scritta dal presentatore o dalla attrice, "che poi sappiatelo che non li scrivono loro!", un libro scritto dal suo autore e amato, stampato e mandato nel mondo come creatura vivente.
a pagina 50 " Un libro lo scrive una sola persona"
e potrei ricopiare qui tanti altri momenti in cui si affida al libro la difesa delle nostre individualità, delle nostre librerie e relativi libraie e librai, del mondo della lettura non omologato come un pacco di detersivi. Che poi lo sappiamo che tutti i detersivi uguali sono composti, cambia solo il nome! I libri no, I libri, malgrado il tentativo in atto, di farne tante scatole di detersivi, troveranno in Attilio, in Crocifisso Dentello, in Fabrizio Coscia, in Romeo Vernazza e Domenico Dara, in Maria Parafati, "Come l'insalata sotto la neve", il risveglio e la difesa contro l'attuale barbarie. 

Attilio è del 1993, al suo esordio nella battaglia.
Con un grande bacio a tutti voi dal regno della Litweb