domenica 9 ottobre 2016

Amarcord a Tropea

Sono alcuni anni che insieme a Gabriella e Pietro ad ottobre andiamo a Tropea.

Ogni anno Gabriella cerca la pianta di cappero che vorrebbe far crescere nel suo giardino e non vi riesce.  Qui ogni parete di arenaria è abitata da rigogliose piante di capperi, ma impresa ardua, se non impossibile, si dimostra quella di strappare una talea e riprodurla altrove. 
Ci limitiamo ad ammirare quel verde di capperi e oleandri e risentire lo "sciauro" delle piante frammisto alla salsedine del mare.
Gabriella ha vissuto a Tropea da quando aveva due anni fino ai dieci anni e, da qualche anno, con noi cammina nel tempo della sua infanzia, regalandoci una Tropea viva dei suoi giochi per le strade, dei suoi amici, del momento in cui aspettavano, lei, le sue sorelle e la mamma, l'arrivo del padre alla stazione. 
Una Tropea lontana di sessanta anni fa. 
Lei racconta di quel gran sentirsi liberi nelle strade di Tropea fin da molto piccoli. Poter stare fuori, andare a comprare il pane all'angolo e, nel mentre, mi mostra il locale dove ora ci sta altro, riflettiamo sulla libertà che i bimbi di oggi non hanno mai conosciuto.
L'anno scorso passammo da Chiara Condò, la libraia di "Il Pensiero Meridiano"  e comprammo Paolo Zardi.
Oggi l'attività apriva alle 16,30 e noi dovevamo andare via, ritorneremo.
La libreria, mi racconta Gabriella, si trova in una piazza dove un tempo vi era una grande pescheria di Tropea ed allora il pesce vivo saltava nelle ceste.
Incontriamo i palazzi: Palazzo di Tocco, Palazzo Gabrielli, vicino al cannone, Palazzo Naso (ex Convento di Santa Domenica), i tanti Palazzi Toraldo,.
Siamo giunti all'Ospedale civile che ha da un lato la Chiesa di Santa Chiara e dall'altro la sua scuola elementare
L'allora scuola elementare di Tropea
Eccola giù, e immaginatevi il mare subito entrando in quel verde portone. Una scuola elementare retta dall'ordine delle suore della carità di Santa Giovanna Antida, suore che facevano da maestre. La superiora e direttrice, Suor Emanuela Alemanno, percorreva eterea i corridoi lasciando il fruscio del suo passaggio ed ognuno in silenzio stava.
 Da sola lei, piccola, andava a scuola, da Largo Gesuiti a Piazza Ruffa, dal Palazzo Toraldo di Francia giungeva all'affaccio ed il mare in alcuni giorni d'inverno arrivava ad abbracciarla mentre lei passava, quasi a rapirla. Eccola rasentare la casa del beato Mottola e quella di Raf Vallone, amico del suo papà. 
Camminando sul corso, seguendola nel tempo, incontriamo anche noi, che camminiamo con lei nel suo rappresentare, il sindaco Lydia Serra Toraldo, che abitava proprio lì, ci mostra il palazzo, seguiamo il sindaco ogni mattina andare in Comune, attraversando piazza Gesuiti, austera, decisa, in tailleur, con la busta sotto il braccio.

Amarcord è  una parola della lingua italiana che indica il ricordo nostalgico, il parlare in modo malinconico di momenti ormai lontani nel tempo. Originariamente, però, il termine viene dal dialetto romagnolo “a m'arcord” che vuol dire “io mi ricordo“.  
Io mi ricordo e mostro  l'Università per gli stranieri dove ha insegnato Valentina Di Cesare, mia amica, conosciuta attraverso il suo libro,  e intanto siamo  con Pasquale Galluppi (1770-1846), suo il busto lungo il corso principale, con Raf Vallone (1916-2002) del quale avremmo voluto vedere, se non fosse stata chiusa,  la mostra fotografica al primo piano presso l’antico Sedile dei nobili di piazza Ercole su corso Vittorio Emanuele.
Sul mare passa quello che era l'unico motoscafo di quel periodo, il motoscafo di Raf Vallone, che ho fotografato proprio mentre noi gustavamo un caldo e ottimo panino alla piastra  con pomodoro mozzarella e insalata al lido Isola Bella.
Ippolita Luzzo
  

1 commento:

Vittoria Saccà ha detto...

Ricordi, questi, che profumano di amore verso una terra di straordinaria bellezza.