venerdì 13 gennaio 2023

L' avversione di Tonino per i ceci e i polacchi di Giovanni Di Marco

 


La prima edizione Baldini+Castoldi è di agosto 2022 Giovanni Di Marco L’avversione di Tonino per i ceci e i polacchi comincia a narrare la storia di Tonino fin dal giorno della scomparsa della madre "Avevo poco più di sette anni quando è morta mia madre. Non saprei dire chi mi portò la notizia, né come mi venne data. La dinamica di quella giornata che ha stravolto la mia esistenza è avvolta nel mistero. Del giorno del suo funerale, invece, la mia mente ha conservato ogni dettaglio. Ricordo la mattinata trascorsa a casa di Tania, in un silenzio triste, quasi irreale; il lungo corteo funebre verso la chiesa madre; le nuvole bianche e gonfie che si stagliavano all’orizzonte; l’odore nauseabondo dei crisantemi "

La notizia dell’attentato al Papa, stabilisce in quale anno ci troviamo, il 13 maggio 1981, e subito tutti parlano solo del Papa, il Papa ferito, e nessuno parlerà della mamma di Tonino morta in giovane età, nessuno la ricorderà tranne Tonino, meravigliato e addolorato da tanta indifferenza, unico lenimento per lui la compagnia di Tania "mezza tedesca e mezza siciliana: sua madre era di Monaco, suo padre di Calatafimi. Lei era nata in Germania, ma dopo la morte di sua madre si era trasferita in Sicilia col padre, don Peppuccio. Poi, in seguito al matrimonio con Alfredo, era venuta ad abitare a Castelverde." Anche lei quasi estranea al paese così come si sentiva Tonino. Poi Tania parte per la Germania in visita ai parenti e Tonino un bimbo ancora si ritrova solo, nel dolore e nella nostalgia per la perdita della mamma e poi anche di Tania. 

Nel raccontarci di Tonino, nel raccontarlo lui, voce narrante, gli anni ottanta sono i protagonisti con le trasmissioni televisive, i giochi, i fumetti, i giocatori, usi e costumi molto lontani. Nel ritornare Tania porterà un pallone a Tonino e la musica, il mangianastri. 

"Allora io in radio ascoltavo solo Tutto il calcio minuto per minuto, la domenica pomeriggio. «Tania, quanti anni hai fatto?» «Si dice compiuto, Tonì. Ne ho compiuti ventiquattro sabato scorso. Sai ballare?» Feci di no con la testa. Tania capovolse la scatola e rovesciò sul tavolo della cucina una decina di musicassette. «Ti insegno io: rock’n’roll. Ci scateniamo, Tonì. Guarda qua! The Buggles, Video Killed the Radio Star. E c’ho pure i Police, David Bowie, Madness.»" Trovo delicato e amorevole il rapporto fra Tania, che non può avere figli e Tonino che non ha più la madre e mi sembra che il racconto stia nel contrasto fra la delicatezza di sentimenti della prima parte e la violenza nella seconda parte. e lasciamo Tonino e Tania sulla spiaggia di Cefalù certi che nessuno potrà togliere quel ricordo, lasciamo Tonino a scuola e sempre più solo, nell'estatico ricordo della sua mamma e in cerca di una carezza, di un affetto. 

Certo il libro poi è una denuncia di abusi da parte del prete, certo il libro è una denuncia su come sia difficile riuscire a scappare dal ruolo di vittima, certo il libro ci chiede di essere vigili, ma non dimenticheremo che il libro è anche un chiedere attenzione su una infanzia privata dalla mamma, su un voler rapporti di amicizia e di affetto, e di chiedere per tutti quella pulizia e felicitò che Tania e Tonino ci regalano. 

Un libro nel Regno della Litweb già da agosto 2023 ricordando il farragosto a Cefalù di Tania e Tonino.

Prendo dall’intervista a Giovanni Di Marco su @Morel le voci dell’isola uno stralcio per segnalarvi questo interessante libro “Ho sempre letto molto, sin da ragazzino: fumetti, romanzi, saggi… e tempo fa mi sono imbattuto in un saggio sull’argomento di Federico Tulli, collega di Left, dal titolo “Chiesa e pedofilia”, edito da L’asino d’oro. Un libro che mi ha sconvolto e mi ha portato ad approfondire l’argomento. E più leggevo sul tema, più rimanevo turbato: dai numeri, dalle vicende, dalle migliaia di vittime sparse per il mondo, dalla mancanza di delicatezza e sensibilità da parte di chi da due millenni si erge con arroganza a guida morale dell’intera umanità; e soprattutto dal modus operandi messo in atto dalla Chiesa, emerso da documenti segreti e inchieste giornalistiche di altissimo profilo, portate avanti dal New York Times, dal Boston Globe, dall’Associated Press o dalla BBC. La Chiesa si è resa complice di reati gravissimi, negando, insabbiando, proteggendo sistematicamente i carnefici e la propria reputazione, a discapito delle vittime, abbandonate al proprio destino. Un silenzio ostinato e ingiustificato, un modo di procedere consolidato: la priorità della Chiesa era quella di non fare clamore, quindi silenzio, non collaborare con le polizie locali, pena la scomunica. Poi, se il mormorio diventava insostenibile, si procedeva a spostare il prete in questione da una parrocchia ad un’altra, favorendo ulteriori crimini, ulteriori abusi, ulteriori violenze. Mi sono spesso chiesto come si sarebbe comportato Gesù al cospetto di un minore abusato. Di certo, non come ha fatto la Chiesa di Wojtyla.”

Ippolita Luzzo 


lunedì 26 dicembre 2022

Francesca Veltri malapace Miraggi Edizioni

 

Leggendo malapace il libro di Francesca Veltri due sono i film che mi vengono a cercare: Le vite degli altri un film del 2006 di Florian Henckel von Donnersmarck, vincitore del Premio Oscar per il miglior film straniero e Le invasioni barbariche un film del 2003 diretto da Denys Arcand. In entrambi i film la stessa domanda su come sia possibile credere che qualcosa sia giusto e poi accorgersi dopo anni che quella cosa non era giusta affatto, su come sia possibile avere fiducia cieca in un ideale e poi accorgersi che quell'ideale una volta applicato diventa una tortura. Ce lo domandiamo insieme al protagonista di questa storia, François, che è detenuto in un campo di prigionia nell'autunno del '44 con l'accusa di aver collaborato con i tedeschi, con il regime fascista di Vichy, benché sia stato iscritto al partito comunista.

L'occasione per rivivere tutta la sua vita sarà l'incontro con Antoine, un uomo che lo ha conosciuto dall'infanzia, un incontro irritante e di disturbo, perché Antoine, fascista e provocante, cerca di spiazzare i ricordi che François ha e di rivoltarglieli contro. 

Un gioco al massacro di grande perfidia.

Nel rievocare una vita alcuni incontri restano come punti fermi, come presenze non ineludibili, l'incontro con Martine, da bambina e da adulta, l'incontro con il padre di Martine, il maestro che gli fa conoscere letture e pensieri, l'incontro e l'amicizia grande con Jean-Pierre che gli farà amare il comunismo e insieme prenderanno la tessera del partito comunista.

Già Francesca Veltri con Edipo a Berlino aveva narrato la storia del drammatico conflitto d’identità vissuto da un giovane militante nazionalsocialista che, nella Notte dei Cristalli, scopre di non essere ariano, ma di origine ebraica. Il protagonista sta al confine fra identità e menzogna, interrogandosi, ed anche qui ci interroghiamo insieme a tanti che ancora stiamo interdetti e confusi davanti alle guerre di oggi. 

Credere, credere, credere, in cosa credere, per cosa decidiamo di perdere la vita, come ci facciamo una opinione di tanti fatti intorno a noi e poi quel desiderio della pace, della pace a qualunque costo. 

Quando gli eventi storici ci travolgono cosa resta delle scelte individuali? cosa resta delle speranze e degli ideali? Quando Jean-Pierre sarà imprigionato dai compagni in cui credevano, quando ciò che si crede non corrisponde più a ciò per cui si è combattuto allora la disperazione fa scegliere altri errori, fa scegliere ciò che sembra ma non è "quella pace ad ogni costo" che perderà definitivamente la vita di François.

Non vi racconto nulla se non la bravura di Francesca Veltri che sa, che conosce il tormento di anime straziate, che vorrebbero stare dalla parte del giusto e del buono, e finiscono sballottati nel caos degli avvenimenti.

Leggere un libro per interrogarci, come il protagonista delle Invasioni barbariche che rimane anche lui sorpreso quando conosce gli errori ed orrori perpetrati da Mao in Cina, leggere il libro con le immagini delle Vite degli altri, il clima di sospetto e diffidenza, le spie, i vicini di casa orribili come la vicina di casa della cugina di Martine, e interroghiamoci ancora sugli orrori del capitalismo di ogni genere, sulla falsa democrazia e sul fascismo, su ogni terribile forma di incubo chiamato storia.

Ippolita Luzzo 


sabato 17 dicembre 2022

Astor, un secolo di tango Stagione teatrale AMA Calabria

 



Devi andare stasera a teatro, mi chiama apposta da Bologna Anna, devi andare, c’è il maestro di teatro di Viviana, il regista dello spettacolo, Carlos Branca, bravissimo, un fenomeno, devi andare. Non posso esimermi dunque e la ringrazio perché la sua sollecitudine mi ha permesso di estasiarmi di fronte ad uno spettacolo perfetto. Perfetto nelle forme, nei gesti, nella scenografia essenziale fatta dai colori nello sfondo, perfetto nella musica suonata in scena e accompagnata da un’orchestra invisibile, perfetto tutto fin nello sguardo dei ballerini, nelle pose plastiche e scultoree che segnavano tutti i passi del tango con l’innesco nella danza classica e moderna.


Il tributo ad Astor Piazzolla si materializza così sulle scene del Teatro Grandinetti, un grande racconto con la voce narrante in idioma spagnola e io ho capito il perché ma avrei preferito in italiano, un grande racconto di corpi che si accarezzano e si allontanano, mentre il maestro accarezza i suoi strumenti e poi accarezza la rotula del suo ginocchio, mentre il colore del cielo e del mare, l’azzurro è lo sfondo di partenza. Poi avremo altri colori, poi avremo il rosso.

Un grande omaggio ad Astor Piazzolla

Negli applausi del pubblico qualcuno vorrebbe un bis, un bis di tutto il racconto, di ricominciare daccapo suppongo da un libertango, un tango rivoluzionario. La leggenda narra che la prima volta che Borges ascoltò Piazzolla in concerto uscì dalla sala sbraitando: "Questo non è tango". Era il nuovo tango,  quello pensato, ideato, suonato da Astor Piazzolla, un'altra storia, un'altra cosa, una rivoluzione. 

Ippolita Luzzo 

Intanto vi riporto le notizie ufficiali con : "Concerto di Danza con Mario Stefano Pietrodarchi e i danzatori del Balletto di Roma

Le Musiche di Astor Piazzolla arrangiate da Luca Salvadori ed eseguite da Mario Stefano Pietrodarchi con fisarmonica e bandoneon affiancato da un'orchestra virtuale, accompagnano La Compagnia del Balletto di Roma che celebra il centenario della nascita del musicista  Astor Piazzolla (Mar del Plata, 11 marzo 1921)

Valerio Longo porterà otto danzatori del Balletto di Roma a compiere un viaggio trasformativo in cui respiri e abbracci saranno al centro di azioni coreografiche intense, astratte e fuse in quel moto ondulatorio magico del bandoneón. A disegnare i contorni dei protagonisti saranno i costumi di Silvia Califano, assidua collaboratrice del Balletto di Roma e dei principali teatri italiani ed esteri.

La parola chiave sarà “coraggio”: quello declamato dai testi immortali di Jorge Luis Borges nei suoi tanghi e milonghe, così come quello dello stesso Piazzolla, che ha rotto gli schemi della musicalità del “tango viejo” per arrivare al “nuevo tango” che tanto lo ha reso celebre nel mondo.

A dirigere tutti gli elementi compositivi di quest’opera/concerto sarà la maestria e l’esperienza di Carlos Branca, regista argentino di spicco sulla scena internazionale e profondo conoscitore dell’uomo Piazzolla."





giovedì 15 dicembre 2022

Sara Maria Serafini Rigenerazione K035 Divergenze


A Belgioioso ci sta un castello dove io non sono ancora stata ma mi auguro sia possibile un giorno. 
Belgioioso è la sede della casa editrice Divergenze, una casa editrice che cura i libri con veste sartoriale di alta moda.
Diverse le collane della casa editrice: Le Scie, Il Simposio, I fuoriserie, Le Ciliegie, ed (ec)citazioni, collana di alta moda del pensiero.  
Questo libro fa parte della collana (ec)citazioni ed è già un gioiello, realizzato con materiali pregiati, ed addirittura cucito a filo di refe in finissimi ottavi, da una legatoria etrusca separata dalla tipografia. 
Sono stupita. 
Più la grande distribuzione del libro e la produzione del libro vanno verso prodotti simili e da mandare al macero velocemente maggiore è la sfida delle piccole case editrici a produrre libri curatissimi. 
Mi ricorda la stessa cura un libro che mi piace citare qui di Domenico Conoscenti, "Intimo Paradiso" un'altra opera d'arte. Quindi libri unici. 
D'altronde la Casa editrice Divergenze è presente nelle menzioni di merito dell'Osservatorio sulla qualità dell'editoria che certifica dal 1989 l'impegno dei bravissimi. 
La collana (ec)citazioni è inaugurata da Antonina Nocera con Metafisica del sottosuolo, ora alla quarta ristampa, un saggio nel "sottosuolo" di Dostoevskij e Sciascia, per trovare punti di incontro, e divergenze: da una parte Il contesto (1971) e dall'altra I fratelli Karamazov
Ultima in ordine di uscita ora Sara Maria Serafini con Rigenerazione K035 con un racconto distopico, anche se di distopico è rimasto ben poco perché la realtà si incarica sempre di raggiungere e superare qualsiasi più orrenda visione profetica.
"In uno Stato che ha per obiettivo l'incapacità sociale di fallire, Lia si macchia di un delitto senza ragione. La sua memoria sarà ripulita e inserita in una trama di simulazioni in cui il suo alter ego, Amalia, non dovrà cadere di nuovo in errore."
Questo è scritto sulla quarta di copertina e guardo quel treno, nel quadrante di un orologio che segna un tempo del non luogo, un tempo senza luogo e senza spazio. 
A Campara ci spostiamo ma poi siamo da Platone, nella ultima lettera a lui attribuita, in cui anche lui, smarrito dagli avvenimenti politici, teorizza che solo i filosofi dovrebbero regnare. 
Leggendo La Repubblica lui espone come dovrebbe essere uno stato ideale, ricordo tutto e pure le assurdità, perché la teoria a volte non tiene conto che la perfezione non esiste e non si può realizzare essendo noi uomini imperfetti dalla nascita e dotati di pulsioni e sentimenti irrazionali. 
"Il sogno del Legislatore diviene lo stesso del dottore pazzo" scrive infatti anche Sara. e così leggo nella interessante introduzione di Erika Cancellu. 
Nel racconto vi è un gioco di specchi, a Campara, il 24 dicembre 2006 Lia ha 35 anni, "a Campara il cielo è pulito come la coscienza di un neonato." scrive Sara. 
Campara si trova a 612 metri dal livello del mare, ed ogni volta che nasce un paese inventato ha tutta la precisione del luogo, del tempo e dello spazio in cui si trova. 
Lia dunque abita a Campara, cammina e riconosce la Panda di Fabio come potrebbe incontrare la mia Panda, solo il colore differisce, la mia è viola, quella di Fabio è una Panda 4x4 verde oliva. Lei sale in macchina e ascoltano Karma Police da CD masterizzati di Fabio. 
Darko, Francesco, Raffaele Lia, Fabio, aspettano un treno, quel treno che campeggia nella quarta di copertina.
Mi metto a leggere ora l'Agenda 2100, un programma di richiami, mi ricordo un altro racconto di punizioni per ottenere una società perfetta, è il libro di Elena Giorgiana Mirabelli Maizo, su tre adolescenti e continuo a leggere con in testa tanti riferimenti. 
Il soggetto preso in esame qui ha 35 anni, una laurea in Architettura presso la Sapienza di Roma, con votazione finale 103/110 uguale al mio voto di laurea!
Fino all'età di diciotto anni Lia vive a Campara e poi a Roma e insomma leggerete il libro e vedrete che le vite, le nostre vite, se diventano una somma di malattie, interventi chirurgici, titoli di studi, e altre notizie qui e lì, in effetti sono assurde schede ma non servono a certificare il fatto, il fatto inspiegabile di un evento terribile.
Senza Movente. 
Il racconto mi ricorda il film Arancia Meccanica, senza movente la violenza, supponente invece l'opera rieducativa che a me fece più impressione della violenza stessa. 
Ivano Porpora, nella postfazione, si chiede chi siano le due protagoniste, Amalia e Lia, vissute a distanza di cento anni, ed eppure segnate da un destino che l'Agenda 2100 vorrebbe incanalare. raddrizzare, perfezionare. Ivano risale anche ai Vangeli per dire qualcosa sulla serietà e sulla leggerezza, in un momento storico che ci richiede attenzione e sacralità 
Leggendo faccio salti temporali e leggendo ho sensazioni di déjà-vu leggendo ritorno a Platone, al suo inutile sognare di poter aggiustare le cose di Atene con la filosofia, le cose degli uomini con la filosofia, le cose che ci accadono e chi noi siamo con la filosofia. 
Il racconto di Sara Maria Serafini scritto con bravura e competenza conferma le doti di una scrittrice sempre più rivolta ad analizzare le pieghe dell'animo umano, i contorni e gli spazi, l'architettura del nostro abitativo in un contesto politico di redenzione e punizione, di male e bene, eterna duplicità della storia
Un plauso all'autrice e un plauso immenso a Divergenze e a Fabio Ivan Pigola editore nel Regno della Litweb 
Ippolita Luzzo
     
𝗦𝗮𝗿𝗮 𝗠𝗮𝗿𝗶𝗮 𝗦𝗲𝗿𝗮𝗳𝗶𝗻𝗶 è laureata in Ingegneria, PhD in Urbanistica, insegna ed è direttore di RISME rivista e servizi editoriali. Suoi racconti sono usciti su diverse riviste (Carie, Crack, L’Irrequieto, Narrandom) e in antologie (due delle quali edite da La Stampa e Giunti Scuola). Ha pubblicato i romanzi 𝘘𝘶𝘢𝘯𝘥𝘰 𝘶𝘯𝘢 𝘥𝘰𝘯𝘯𝘢 (2019) e 𝘓’𝘢𝘮𝘰𝘳𝘦 𝘤𝘩𝘦 𝘥𝘦𝘷𝘪 (2021) per Morellini Editore. Il racconto lungo selezionato è uscito da poco col titolo 𝘙𝘪𝘨𝘦𝘯𝘦𝘳𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘒035 per Divergenze.

mercoledì 14 dicembre 2022

L'intelligenza artificiale vincerà il Nobel?


 Le conquiste della scienza spazzano via ogni pretesa di individualità e con l'intelligenza artificiale si può avere opere d'arte e racconti, si può superare il fastidio di avere a che a fare con un essere umano limitato e insicuro, imprevedibile e umorale. 

Basterà chiedere ad una macchina, ad un computer, ad un programma e romanzi avvolgenti verranno scritti, serie televisive verranno sceneggiate, opere d'arte stampate e voilà. 

Non è questo il nuovo che avanza insieme allo sfacelo della sanità pubblica, insieme allo sfacelo dell'attenzione verso la scuola, verso ogni istituzione che possa garantire la dignità di non chiedere? 

Avremo invece tutto sintetico e forse neppure ci ricorderemo più di come si fa ad essere umani, a fare una pur misera telefonata ormai superata da un vocale WhatsApp, a fare una passeggiata, una lite normale e non un batti e ribatti e su un social. 

I segnali del nulla ormai sono qui a farci compagnia nel cercare un momento consolatorio. 

Non ci sono più non ci sono più i simboli di riferimento, non ci sono più vergogna pudore rispetto attesa, non ci sono più fiducia sorriso e riconoscenza.

Nel duemila e ventidue che se ne va se ne va tutto quello che si era creduto facesse parte dell'umanità. 

Il 2023 è l'anno del Coniglio d'Acqua.

Secondo il calendario cinese, ad ogni anno corrisponde un animale dello zodiaco cinese, seguendo un ciclo di 12 anni.

sarà un coniglio artificiale

Ippolita Luzzo 

giovedì 1 dicembre 2022

Filippo Polenchi La Casa in fiamme


 Edizioni Industria &Letteratura per la collana L'Invisibile pubblica dopo Giordano Meacci "Cittadino Cane", e Nicola Feninno "Una storia vera", Filippo Polenchi "La casa in fiamme". 

La casa editrice era nata nel 2015 dall’idea di un gruppo di amici, che vollero concretizzare un progetto di ricerca storica sui partigiani (La memoria che resiste – Vol. 1 e La memoria che resiste – Vol. 2), e dopo poche altre pubblicazioni, ha sospeso le attività fino al 2020. Nell'estate del 2020 è ripartita con la collana Pianeti erranti, cui è seguita l’avventura di Poetica, vera collana-anima della casa editrice, che, con il primo titolo "Quanti" di Flavio Santi ha vinto il Premio Viareggio-Rèpaci.

Oggi la casa editrice è diretta da Gabriel Del Sarto. 

"L’invisibile è una collana di narrativa, diretta da Martino Baldi, che vuol mostrare le infinite possibilità del racconto lungo, una misura poco frequentata dall’editoria attuale, e invece tanto gravida di possibilità come strumento di rappresentazione, approfondita e sensibile, anzi ultrasensibile, della realtà."

La forma del libro è da tenere in tasca, come un amico, come un'agenda da consultare, un piccolo block notes per gli appunti. 

Il contenuto è un racconto lungo, invisibile nel suo significato più profondo, la realtà che sta e che ci brucia 

Sembra di stare sempre sospesi fra quel nulla e quel niente che ci appartiene, mentre seguiamo il protagonista alla ricerca di una stanza in affitto, non avendo un posto dove abitare, ha perso la sua casa nel fuoco dell'incendio.

Siamo ospiti anche noi ora in questa casa abitata da alcune ragazze, ne impariamo i nomi: Velma, Felicia, Elena, Stella, un ragazzo coreano che non dice una parola e un quarantenne. 

Ci sarà quel giorno un evento millenario, un allineamento di luna, terra e sole  e sarà il giorno più buio degli ultimi quattrocento anni. Incontriamo Clarissa dai capelli medusei e sappiamo che la casa, l'appartamento ha un vicino pazzo. 

Sono pezzi di umanità senza passato senza presente, sono pezzi di umanità senza ricordi, e l'unico che ha un frammento, alcuni frammenti, è il protagonista. Lui ha conservato dall'incendio in cui ha perso casa alcuni frammenti e fra questi una fotografia che porta con lui per tutto questo tempo. 

"Vedere questa immagine, questa fotografia, ammesso che si tratti di una fotografia, è il tipo di esperienza che immagino debba avere uno che sta per diventare cieco." 

Il racconto ipnotico e coinvolgente di Filippo Polenchi ci riconcilia con la lettura, con la musicalità della colonna sonora indicata: Massimo Volume , Stanze, del 1993. 

Suonano le stanze abitate da solitudini inquiete, suonano le stanze abitate ma in realtà disabitate da un vivere senza un rituale da rispettare, suonano i gesti e le frasi, suonano senza pietà, senza un altro che raccolga e conserva quel suono, quella fotografia, e ci ridia il senso del vedere e del sentire. 

Un racconto amatissimo nel Regno della Litweb

Ippolita Luzzo 


martedì 15 novembre 2022

C'era una volta il Regno della Litweb. Due Fiabe per l'Uniter

Il racconto con due fiabe sui dieci anni del Regno della Litweb, un regno fantastico e magico: Il regno della fantasia
Le fiabe sono costruzioni fantastiche e magiche, senza un luogo di riferimento, senza uno spazio ben delimitato, senza un tempo, il tempo è il c'era una volta, lo spazio è un castello, una torre, i personaggi hanno poteri magici perché  nella fiaba troviamo proprio la presenza dell'elemento fantastico e magico.

Fra i creatori di fiabe più celebri troviamo il danese Hans Christian Andersen, l'italiano Carlo Collodi autore di Pinocchio, ricordiamo la fiaba di Peter Pan, quella di Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie e le fiabe di  Gianni Rodari 


Fra gli autori più famosi di fiabe ci fu in Italia Giambattista Basile che, nel XVII secolo, scrisse il Pentamerone o Lo cunto de li cunti, in cui rielaborò in lingua napoletana cinquanta fiabe popolari, o in Francia Charles Perrault che scrisse, sempre nel XVII secolo, I racconti di Mamma Oca ispirandosi a motivi popolari. Un posto a parte nel nostro cuore occupa Letterio Di Francia con Re Pepe e il vento magico, raccolta di fiabe e novelle calabresi. Re Pipuzzu fattu a manu impastato di fantasia  

Tutto questo per dire che stiamo sul terreno fiabesco con l'invenzione di un regno che non esiste, non ha un terreno, non ha confini e non ha neppure istituzioni e tesserino. Un regno costruito come un'astrazione mentale sulla falsariga delle fiabe di cui vi ho detto. 

Il 20 maggio 2018 scrivo spiegando cosa fosse il regno della Litweb con una fiaba 


DOMENICA 20 MAGGIO 2018

Il marchese di Carabas c'est moi


Scherzosamente mi diverto ad affermare di essere come il personaggio della nota fiaba popolare "Il gatto con gli stivali". 

In quella fiaba raccontata nella seconda metà del ‘500 quando Giovanni Francesco Straparola la incluse nella raccolta intitolata Piacevoli notti, con il titolo di "Costantino Fortunato", da Basile e  Perrault, si narra: "Un mugnaio, morendo, non lasciò altra eredità ai suoi tre figliuoli che un mulino, un asino e un gatto.

Le divisioni perciò furono presto fatte, e non ci fu bisogno di chiamare né il notaio, né il procuratore, i quali avrebbero finito col mangiarsi anche quel poco che c'era.

Il maggiore si prese il mulino, il secondo l'asino e il più giovane dei fratelli dovette accontentarsi del gatto."

Nella miseria più totale il giovane si dibatteva quando il gatto chiese al suo padrone un sacco e un paio di stivali. Così attrezzato il gatto andò nel bosco e catturò di volta in volta un coniglio e due pernici che offrì al re come dono del suo padrone, il marchese di Carabas. Un bel giorno il gatto viene a sapere che il re sarebbe passato in carrozza lungo la riva del fiume assieme alla figlia e dice al padrone: "Se badate al mio consiglio, la vostra fortuna è fatta: andate a fare il bagno nel fiume, fingete di annegare nel punto che io vi indicherò, e poi lasciate fare a me". Così fu e il re riconoscendo il gatto con gli stivali nella strada a chiedere aiuto per il suo padrone subito diede ordini di salvare il giovane. Mentre proseguivano verso la città reale il gatto era andato avanti ad istruire e minacciare i lavoratori a rispondere come aveva loro impartito. Così alle domande del re su chi fosse il proprietario di quelle terre essi rispondevano: Del marchese di Carabas.

Con questo stratagemma il giovane fu accolto alla reggia e alla fine sposò la principessa. Una fiaba.


Da sei anni a questa parte faccio uguale, porto pernici e conigli al re di un territorio letterario e quando mi chiedono chi manda questi doni rispondo che sono doni del regno della Litweb, unendo in unico personaggio il gatto e il marchese. Esiste un regno della Litweb? la risposta, nella fiaba, è sicuramente sì.

Come il marchese di Carabas: Un espediente, un personaggio inventato tramite il quale poter aver accesso nel regno delle costruzioni immaginarie.

Esiste l'isola del tesoro? Esiste Vigata? Esistono le città invisibili di Calvino? Esistono nella stessa eccezione del regno della Litweb. Hanno vita e riferimenti come se ci fosse per loro una collocazione fatta di interazioni, di meme, di associazioni e collegamenti mentali in un mondo a parte. "Atlante dei luoghi letterari" è il libro a cura di Laura Miller. 

Creare un personaggio significa farlo vivere, inverarlo e impersonarlo, come il Marchese di Carabas, nel gioco letterario dei luoghi creati dalla fantasia.


Con un altra fiaba invece vi racconto la strada che gli abitanti del Regno della Litweb hanno scelto, la strada del fanciullo che grida Il re è nudo nella celebre favola di Andersen i vestiti nuovi dell'imperatore.  La strada di coloro che non si uniformano all'applauso generale

La fiaba parla di un imperatore vanitoso, completamente dedito alla cura del suo aspetto esteriore, e in particolare del suo abbigliamento. Un giorno due imbroglioni giunti in città spargono la voce di essere tessitori e di avere a disposizione un nuovo e formidabile tessuto, sottile, leggero e meraviglioso, con la peculiarità di risultare invisibile agli stolti e agli indegni, oppure a chi ricopre un incarico non avendone le competenze 


I cortigiani inviati dal re non riescono a vederlo; ma per non essere giudicati incompetenti, riferiscono all'imperatore la magnificenza del tessuto e danno incarico di preparare un abito. Quando l'abito viene consegnato, però, l'imperatore si rende conto di non essere neppure lui in grado di vedere alcunché; attribuendo la non visione del tessuto a una sua indegnità che egli certo conosce, e come i suoi cortigiani prima di lui, anch'egli decide di fingere e di mostrarsi estasiato per il lavoro dei tessitori.

Col nuovo vestito sfila per le vie della città di fronte a una folla di cittadini i quali applaudono e lodano a gran voce l'eleganza del sovrano, pur non vedendo alcunché nemmeno essi e sentendosi segretamente colpevoli di inconfessate indegnità. Questa specie di incantesimo finisce al che un bambino, sgranando gli occhi, grida con innocenza "Ma il re non ha niente addosso!" (o, secondo una variante, "Il re è nudo!"). Ciononostante, il sovrano continua imperterrito a sfilare come se nulla fosse successo.

Solo una fiaba? Io non credo. Impariamo a riconoscere i segni.


Cultura vuol dire vedere il valore di uno scritto, di un pensiero, di un abito e saper districarsi dall'omologante applauso indistinto. Cultura non è un tesserino, una iscrizione ad un ordine per poter scrivere o intervistare, cultura è il grido di quel bambino, non infinocchiato dai pubblicitari di allora.


Troveremo il bambino che gridi per noi? Per noi che asseriamo di esser cultura? Forse una pernacchia ci starebbe bene. Impariamo a far le pernacchie… 


Nelle fiabe poi restiamo e sempre nel Regno della Litweb le racconteremo o ci racconteranno con un semplice pezzo per dire Dove ritorniamo, raccontando una vita come se fosse la vita di tutti con due pennellate 


Dove ritorniamo        

6 luglio 2011

Nella circolarità della nostra vita ritorniamo sempre all'infanzia, all'adolescenza, tutto quel che succede dopo è un giro di giostra, una schermata e poi l’infanzia ci insegue e ci riporta indietro. 

A lei ritorniamo più o meno consapevoli, più o meno felici, più o meno soddisfatti. 

Le rondini di maggio, i loro voli, circolari, rasenti il mio balcone e di fronte la Chiesa barocca, il suo bellissimo giardino che nessuno ricorda più.

La nonna che fumava qualche sigaretta, di nascosto, come una ladra, dietro una finestra, lo zio lento, maldestro, che sicuramente avrebbe rotto qualche tazza, avrebbe versato il latte per le scale. 

La mia mamma che lavorava, con i capelli corti, un foulard in testa, scendeva in una botola, prendeva la carbonella, preparava un braciere per una serie di maschi ai quali era d’uopo riscaldarsi. 

Le donne di casa preparavano grandi ceste con cenere fumante e le lenzuola bianche sotto la cenere profumavano, di buono, di famiglia.

Ugo mi accompagnava a scuola, Palma veniva dalla nostra campagna, dormiva da noi il sabato, poi  ritornava alle sue galline, ai suoi cani, ai gatti.

La cucina in muratura, il forno a legna per fare il pane, i taralli per Pasqua, con l’anice nero, ed il baccalà con le patate del venerdì.


Come se fossi ancora in quella casa dove peraltro non vivo più da tanti anni.

Ma non sono vissuta  da nessuna altra parte, non ho ricordi delle altre case dove ho abitato, non ho ricordi di questa dove abito da più di quindici anni. Tutti noi non andiamo da nessuna parte, ma è bello andare. 

l tempo è circolare, nulla si perde e tutto è per sempre, ma la selezione annulla il superfluo, il banale, il quotidiano, annulla lo squallore di una vita falsa e ci ridà le immagini essenziali a dirci chi siamo.

Nella favola bella che ieri ci illuse e oggi ci illude nel grande gioco letterario del Regno della Litweb

Ippolita Luzzo