lunedì 7 luglio 2014

Erotico Critico- La panna montata

Ogni tanto leggo erotico, quel tanto che basti per nausearmi oppure per fare una grande risata.
 Sulle sfumature già vi dissi con mio post Siamo un popolo di guardoni, poi vi scrissi altro su you porn, cliccatissimo, ieri lessi L'Assaggiatrice di Giuseppina Torregrossa ed ero già al caffè. Sembrano le barzellette sporche che Pierino raccontava in comitive sudate e spalmate di crema solare a basso prezzo, le barzellette per decerebrati che  piacciono a tanti di voi.
Un erotico da sballo, con cappelle arrosolate al sole d'agosto, lucide e pronte per esser mangiate, panna montata da inghiottire golose per essere pronte, per essere inn gamba.
Una sola gamba? Meglio entrambe, attorcigliate, arcuate, aperte o a compasso, nelle infinite variazione di geometria.
Lingue al lavoro, alla vaccinara, alla romana, lingua che sa dove andare, che sa che sa, saprebbe parlare.
Poi mani che schiacciano bottoni, sempre un interruttore, chiamiamo Enel che forse è meglio, ed infine un tripudio, una volta, due volte, dieci, cento, mille, non si contano più le innumerevoli volte in cui acme si raggiungerà, nella stessa serata, nello stesso momento. Una Performance.
Ansimiamo che è meglio, nell'ansimo eterno dell'ultimo respiro perchè amore è morte e l'agonia sarà un piacere erotico in più, così mi aggiornano le tante letture. Si gode impiccandosi, infatti c'è il gioco, si gode morendo, e questo lo credo, si gode anche in due se si sa come fare, se i basilari verranno insegnati.
Poi come facciano a scriverci su questo erotico sempre uguale, su tutta questa noia mortale, io non me ne faccio una ragione. A Lamezia l'ultimo libro che ha venduto di più è di una tizia erotica che lo fa da sera a mattina per esperienza di vita spiritual.
Ok buongiorno a voi che credete ancora di comprare l'eros in macelleria con una bustina di spezie, di aromi e di saper poi venderlo come se fosse un piatto nuovo, liberatorio e suggestivo.
Avete ragione, la ggente si eccita sempre per niente non conoscendo l'eros mentale!

venerdì 4 luglio 2014

Tabularasa- La paura di avere paura- W la libertà

Dal trono vuoto di Andò
Il potere ci vuole impauriti
crea la paura per dominare

la paura di avere paura
se ho paura del buio accendo la luce
se ho paura del vuoto mi lego, mi appoggio
se ho paura dei cani ci sto lontano
Paura che ho rimedio si trova
Ho paura del futuro, del presente, del momento
ho paura del vento, del mare, del  cambiamento
ho paura del nero, del giallo e del verde
ho paura del sempre diverso che arriva
Paura che abbiamo di avere paura
la nave partire non fa.
La nave Gelsomina vince nel 1970 lo zecchino d'oro con un testo contro la paura.
 La nave é una nave paurosa,  dirindindindina non vuole navigare
insiste il capitano bisogna farla andare
Ha paura del pescecane
Ha paura della balena
E perfino della sardella
dirindindina dirindindella
ma quando vince l'emozione non si ferma più
La paura di avere paura dell'ignoto
oltre lo stretto di Gilbilterra
Al tempo delle Colonne d'Ercole
Beh! Avevano paura di trovare l'America
vi rendete conto?
L'America che poi fu il sogno di tanti, oggi mica tanto
Oggi hanno paura di noi, Marchiati  facciamo paura,
 ma noi non abbiamo paura, non avendo niente da perdere, avendoci tolto tutto, liberi siamo.
Male non fare paura non avere
un vecchissimo proverbio, non vero,
noi proviamo ad avere coraggio
ed a dare fiducia ad un essere umano.

Paura non ho di te
Paura non hai di me
Chiunque tu sia,
qualunque cosa tu faccia io non ti temo
La nostra preghierà sarà

Giorgio Faletti che amo.

Portai e lessi- Io Uccido- nel reparto, allora



Letterarietà       9 giugno 2011
Se ci fermassimo ad ascoltare, se provassimo a stare zitti, se placassimo il nostro turbinio potremmo iniziare a conoscere. Senza fretta senza domande aspettando con attenzione. Abbiamo tutti bisogno di attenzione. Ricchi, poveri. Poi tutti raccontiamo.  A me raccontano di tutto.
Tu scrivi- mi dicono- racconta la mia storia
 Così un fiume incontrollato di sensazioni, di sogni e di realtà mi immerge in un mondo che prima conoscevo solo letterariamente.  Se scrivo vuol dire che ho tanto letto, molto, di tutto, anche, come ci ha raccontato Faletti,  l’altra sera, il cartone dei detersivi. Se scrivo viene da sé, dopo aver ascoltato, dopo aver digerito il malessere o l’allegria del momento. Scrivo su pezzi di carta che poi perdo, sulle agende degli anni passati, sulle buste della posta che poi dimentico di aprire, scrivo ora da poco sul computer, pigiando i tasti ad uno ad uno, con un solo dito. Ma tutti scriviamo. Ho spesso strappato ciò che ho scritto. Poi ho dovuto difendermi  ed invece di urlare, litigare, andare per vie legali, ho preferito letterarizzare la mia vita,  leggere in pubblico quello che scrivo. Nella biblioteca comunale, al circolo di riunione, all’uniter, in televisione privata, in negozi, così, col foglio in mano la mia vita prende le sue ragioni. Le scrivo, le leggo, che voglio di più? Scrivo ora di altro, di film visti, di spettacoli, di racconti di altri.
 – Ma almeno ti pagano?- mi ha chiesto una volta qualcuno. No, non mi pagano
- ed allora perché lo fai?- Mi ascoltano- ho risposto. Ha scosso la testa  sulla stranezza di una donna che invece di preparare cibi, stirare, lavare e stare zitta, scrive. Alcuni eliminerebbero le donne che scrivono, la scrittura poi, così faticosa! Ma non è vero che scrivo e basta, faccio compere, la spesa, cucino, metto in ordine i cassetti, telefono  e ritelefono all’agronomo che è sparito lasciandomi i registri aziendali in macchina, al geometra che non si decide di mandarmi la planimetria ed ora vado a prepararmi. S’è fatto tardi e l’architetto mi aspetta per le dieci sul  cantiere per scegliere i colori del complesso  in costruzione. Ma non sono ricca. Neanche tu probabilmente lo sarai altrimenti non insisteresti su una casa in cooperativa, bella sicuramente, ma che qui qualsiasi professionista ha comprato con un mutuo quindicennale. Neanche tu mi ascolti, non puoi diventare più profondo se non ti fermi ad ascoltare. Non perderti in mille rivoli, fermati e ascolta

20 Maggio 2012
Questo scrivevo alloraconvinta che esistesse l'ascolto
Poi ho visto il mio errore sulle pagine sempre più bianche di un dialogo interrotto.
Questo ora ridico con l’illusione sempre viva di essere un essere umano fra esseri umani.

Reale ed irreale … è solo un sogno
Nessuno ascolta e scrivere diventa solo un bisogno 
Morto l'architetto, morto Faletti

mercoledì 2 luglio 2014

Relax Vodafone a Lamezia Terme

Le splendide Signorine della Vodafone di Lamezia mi offrono pacchetto Relax, tutto incluso.
Io vorrei conservare mia scheda e numero precedente- non c'è problema- mi dicono.
Mi fanno firmare contratto mi danno cellulare e mi spediscono a casa. 
Guardo quel cellulare e ignara trasbordo scheda dal vecchio al nuovo.
Inutilmente cerco di telefonare. Nulla. 
passano due o tre giorni e ritorno da loro che, sempre molto gentilmente, mi illuminano su scheda non attiva per giorni. 
Se voglio posso mettere scheda che si troverà in dotazione e poi passati cinque giorni...
Aspetto altri giorni e non cambio scheda, mi sembra inutile per due o tre giorni, riprovo dopo una settimana e ritorno da loro. La situazione è invariata, dico, non posso telefonare.
Sì, ma io con chi delle due ho parlato? Forse con la collega? Insomma una scarica sull'altra le non informazioni che mi avrebbero dato. Loro due sono indistinguibili per la totale non presenza di tratti caratteristici difformi.
Alla fine una delle due, non posso dettagliatamente raccontarvi  le peripezie, mi travasa tutto su scheda da un suo telefono, in azienda, e mi ridà cellulare, a suo dire, funzionante. 
Lo riapro in macchina, vado per scorrere rubrica e mi parte telefonata per una certa Iolanda, in Australia, mai vista e mai sentita. Sarà un'amica di Vodafone?
Mi accorgo con orrore che ho in rubrica moltissimi numeri di sconosciuti, Iolanda, Carmen, Carmensita, Checca, Cumpari e Cummari e ignoro come cancellare, torno in negozio.
Le due fate dalle unghie smaltate non sanno come cancellare. Non conoscono il cellulare che mi hanno dato in dotazione e una di loro rimette scheda nel suo telefono e ad alta voce vorrebbe che io le indicassi quali numeri cancellare alla presenza degli altri clienti. Voglio cancellare Catitribù? Chi cavolo è? Sicuramente una di loro
Sono molto rilassata, tanto rilassata da chiedere modello di dismissione contratto.
Augurandomi di non incontrare mai più simili professioniste del mondo della comunicazione!
 

lunedì 30 giugno 2014

Un muro davanti



Il muro davanti

Sempre più raramente mi siedo a scrivere davvero.

Sempre più raramente mi accingo a dire, poi taccio.

Le parole hanno preso significato altro.

Volo, nolo e malo, vola, gala e mala

Cultura etica e bellezza, Libertà della libertà, popolo delle libertà.

Il muro davanti

Non esiste libertà, non è mai esistita, era una semplice tensione ad un vivere possibile

Non esiste e però vedere questa tensione imbrattata e ridicolizzata mi dà un piccolo dolore.

Non esiste la bellezza, era armonia, equilibrio, serenità, ho studiato io.

Ora vedere bellezza nel corpo spogliato e venduto un tanto al chilo mi addolora

Il muro davanti a me

Cuktura terribikle, metto le kappa, una volta mettevano le kappa per evidenziare un regime.

Non so se abbia ancora un senso parlare di regime, di soffocamento, di nodo scorsoio che stringe il collo di esseri vari.

Alla berlina di Clown siamo, di spietati killer dell’etica. Voleva dire praticare la virtù, essere etici, avere un costume morale, non vestire un tacco quindici e sculettare. Non vendere voti, idee, non comprare solo un televisivo, non accettare che tutto diventi un orrendo Circo Barnum.

Un muro davanti a voi tutti che allegramente ci ballate sopra, nei vostri Club, nei vostri lidi, fra un mix di alcool e una sniffata, sentendovi tutti i re dell’universo.

Un muro alto, altissimo, che crollerà come Babilonia
e non basteranno tutti i vostri premi, tutte le convention, tutti gli stage, tutti i vostri cavalierati ed eccellenze, tutto il vostro, a salvarvi dalla sputo dell'indigenza. L'indigenza della spiritualità.

sabato 28 giugno 2014

Vita da bonobi



Vita da bonobi     11settembre2011

I bonobi vivono sulla rive gauche  del fiume Congo, sulla destra vivono gli scimpanzé.

Gli scimpanzé sono aggressivi, conservatori, prepotenti, sono di destra.

I bonobi sono liberi, anticonvenzionali, anticonformisti, emancipati, sono di sinistra.

I bonobi hanno coniato la frase- facciamo l’amore non la guerra- e passano il tempo a trastullarsi, beati loro, senza  frustrazioni, senza digiuni, in pace, hanno sconfitto l’aggressività con la  sessualità.

Sono molto simili  e dissimili da noi. Noi non riusciamo ancora a trovare il filo conduttore dei nostri istinti, malgrado tanta filosofia, tanta cultura. Gli uomini proprio non riescono, i bonobi sì. Mai sentito di  un bonobi chiamare lei troia, puttana, zoccola, mai. Mai sentito una lei bonobi chiamare lui cornuto, vigliacco, stronzo, mai. Hanno sconfitto l’aggressività. Noi,invece, continuiamo ad ondeggiare fra il vecchio e il nuovo, fra peccato e perversione,  fra istinto e repressione,  insulto e desiderio, sporcando irrimediabilmente una esigenza naturale. La donna che fa è una grande troia, chi non fa una sessuofoba, una che se la tira. Mah! Alcune imitano le bonobi  ed ondeggiano sugli alberi della comunicazione discinte, scomposte, offrendo il prodotto già pronto. Saranno felici, in pace? Chissà! Altre tentano una mediazione,  uno status da moglie, un prodotto da salvaguardare. La terza via è più  complessa, prescinde dal prodotto  e vorrebbe  veramente l’armonia fra sessi  bisognevoli uno dell’altro senza zoccole e cornuti. Ma noi, che non siamo fra i bonobi, noi siamo complicati, noi dobbiamo sedurre e poi dobbiamo abbandonare, noi non ci divertiamo se non facciamo un pò soffrire, noi che conosciamo il bene e il male. Noi siamo e non siamo, non sappiamo neppure chi siamo, vogliamo e non vogliamo, però se lei ci sta è una puttana. Non so da che parte andare! Guardo solo da lontano! Guardo un mondo sofferente che si uccide per un gioco, che uccide per passione ,per vendetta, per amore. Guardo un mondo senza pace, senza educazione, un mondo che non piace, guardo tutto impoverito, guardo e sogno  un altro giorno sulla nostra rive gauche, sulla riva del rispetto della nostra umanità.

PS mi vergogno un po’ma le parolacce erano necessarie – Scusatemi, di solito non le uso

Però mi piace proprio la storia dei bonobi. Chissà come mi è venuta in mente.  Non lo so neppure io! E comunque è proprio vera

Io mi sono molto divertita a scriverla e mentre scrivevo  ridevo,  perché tutto fa ridere  visto da fuori!

                                                                                                                   

lunedì 23 giugno 2014

Il rapporto con te-Chat Uno Nessuno Centomila

Te lo scrivo in messaggio privato, più intimo è. Ahah
Intimo e biunivoco in messaggio che tu, che noi, che voi, in plurimo facciamo, si disperde nei rivoli di un messaggio per tutti.
Chat Chiacchiera é.
Il professore di teoretica Valenti, nei lontani anni settanta, ci diede un tomo, sulla chiacchiera interumana, da studiare.
  Non era questo il libro che studiai, questo che scopiazzo da internet ha  il senso  simile. Da sempre si sa che Chiacchiera non è conversazione, che falso è il conversare se manca alterità. Rispetto che l'altro sia anche te.
la comunicazione in se stessa – il «dire pur di dire», si potrebbe affermare parafrasando Heidegger – ha assunto maggiore importanza rispetto ai contenuti e al destinatario a cui la comunicazione medesima si rivolge – deve fare i conti con gli spettri dell’isolamento che in essa si generano. Il problema che a questo punto si pone è se sia possibile parlare di «pubblico» (dimensione pubblica) a prescindere dall’«altro» (alterità). entativo buberiano di pensare il fondamento dei rapporti col mondo non nei termini di «egoità», ma nei termini di «relazione» posta dalle due parole fondamentali, trova un’affinità col tentativo di Levinas di pensare la soggettività come «passività», pensare cioè una soggettività capace di ospitare l’altro come volto che apra l’infinito, l’al di là della totalità ontologica imposta dalla metafisica occidentale. . Come dimostra il seguente passo tratto da «Essere e tempo», anche Heidegger ritiene che nella pubblicità del «Si» – ovvero nella quotidianità pubblica in cui primeggia la «chiacchiera» – l’altro sia annullato da una moltitudine indistinta che nell’anonimato smarrisce ogni possibilità di esistenza autentica. Heidegger sottolinea infatti che nell’inautenticità pubblica «l’Esserci non ha trovato, o ha perduto, il proprio Esserci e l’autenticità degli Altri». In ciò si ravvisa indubbiamente un punto di contatto tra Buber e Heidegger, poiché per entrambi la moltitudine comporta il rischio del velamento dell’altro ente strumento della falsità: «Se, anziché dire quel che ho da dire, mi accingo a dar voce a un io che vuol farsi valere, ho irreparabilmente fallito ciò che avrei avuto da dire; la mia parola entra nella conversazione in modo falso e la conversazione diventa falsa».