Alessandro
Bozzo con noi, a Lamezia Terme, oggi
Non conta
quello che vuoi non vuoi conta quello
che puoi o non puoi dal film Il sud è niente di Fabio Mollo
E noi cosa
possiamo fare per vivere a modo nostro?
a modo mio,
dice canta Lucio Dalla, quel che ho fatto l’ho voluto io.
Essere
diversi in un mondo che il bavaglio impone, un mondo di interessi e di
traffici, di menzogne.
Anche andare
a parlare in tv diventa la menzogna più grande.
Si accendono
le luci e hai dieci minuti, Alessandro era stato in tv, poi vai via, avanti un
altro e resti ancora più solo perché gli
altri invidiano o compatiscono oppure ti danno del protagonista…oppure altri
pensano come neutralizzarti. Dirlo a tutti per non dirlo a nessuno.
In un mondo
dove si organizzano conferenze stampa, per non dire niente, per fare plauso di
qualsiasi sconcezza,
- Che
invitate a fare la stampa se non può fare domande vere?- Si chiede Alessandro e insieme a lui
Aldo Varano, insieme a lui chi vuole fare una professione vera. Ripeto sempre
questo aggettivo in un mondo di finzioni, dove l’etica non è etica, e la
cultura è solo un sacco da riempire con slogan remunerativi.
Questo lo
sappiamo tutti, sappiamo tutti che senza dignità sul lavoro ci ammaliamo, che
senza soddisfazione del vissuto ci sentiamo inutili e incapaci e diventiamo
clienti di farmacie senza slanci.
La risata
che ci salverà
Può una
risata, un’astrazione, un film, uno sport modellarci una realtà più consona?
Si tenta.
Alessandro
trovava i personaggi, anche io e Salvatore D’Elia abbiamo i nostri personaggi.
Lui chiamava
il direttore di una rete televisiva – Serafino Gubbio operatore- dal racconto
di Pirandello. Serafino totalmente alienato dal suo lavoro di cineoperatore era
diventato una mano. Senza comunicare niente.
Noi abbiamo
le nostre Salomè e Erode, Ponzio Pilato e Coordinatori che non coordinano,
soprannomi messi così per ridere della terribile strettoia che ci obbliga a
vedere donne offrenti a posti dove dovrebbe esserci professionalità e uomini
incapaci che si ingozzano con il patrimonio comune. Una vera infelicità. Poi ci
si ride con la risata dell’astrazione, della delusione, del non darsi per
vinto, con la risata dei Gormiti, dei Muppet, di Rowlf, la risata della fantasia
e della denuncia di una inadeguatezza in un luogo senza vergogna. Un luogo
senza pudore.
Fare
giornalismo nella terra del disprezzo, dove ti disprezzano se possiedi testa, mi
sembra impossibile. Senza che ci prendiamo in giro.
Conta però
per tutti i diversi che incontro e che ci sono, conta sapere che esistiamo,
esiste fiducia, che io ho trovato, esiste la stima ed esiste il rispetto,
esiste qualcosa di sacro che è in noi, nel biunivoco incontro con un nostro
diverso.
Alessandro
ho detto bene? Ridiamoci su, con simpatia
Ippolita Luzzo
pezzo che porterà nella giornata della libertà di stampa.