lunedì 6 gennaio 2025

Mia Madre: Un secolo di mamma

 

Mia madre. Un secolo di mamma.


 Rita Levi Montalcini, Franca Valeri, Rachele mia madre

“La vecchiaia si può programmare, scrive Franca Valeri. A parte la conclusione. È una preparazione che comincia presto.” Da giovani, dico io. “La mia testa è come una piazza” continua Franca Valeri e uno spazio immenso e sconosciuto è la curiosità e poi immaginare ed è ciò che univa Franca Valeri alla mia mamma. Rimanere giovani essendo curiosi. Ogni periodo ha un suo aspetto che deve vestire prima di imporre la sua verità umana. E nei tanti personaggi si rivede l’attrice chiamando poi i suoi amici settantenni giovani. I libri che ho regalato a mia madre La vacanza dei superstiti di Franca Valeri, l’asso nella manica a brandelli di Rita Levi Montalcini e con lei diciamo che “la vecchiaia non debba essere vissuta nella memoria del tempo passato, ma nel programmare la propria attività per il tempo che rimane, sia questo un giorno, un mese o anni, nella speranza di poter realizzare progetti che negli anni giovanili non era stato possibile attuare” 

 Rita Levi Montalcini da lei amatissima

Mamma dall’Epifania è diventata altro da noi, da noi lasciati qui in balia del tempo. Lei senza tempo sta e a febbraio di questo anno per noi viventi avrebbe compiuto 100 anni. Cento anni un soffio e via.

«La vita è un soffio», mi disse lei pochi giorni prima lasciarci senza mai perdere la lucidità con la quale aveva letto gli avvenimenti epocali, la fine del mondo; di questi nostri anni di trasformazione, senza mai perdere la lucidità con la quale aveva sempre letto i rapporti familiari e di buon vicinato, l’aridità negli affetti, la dissoluzione di ogni famiglia, il vuoto nelle strade.

 X agosto era la poesia di Pascoli recitata tante di quelle volte nell’agosto del 2023, Ritornava una rondine al tetto e con tutta la poesia a memoria lei ci accompagnava.

Ne scrivo come testimonianza, come ciò che appartiene a me nella sfera personale, ma anche come ciò che appartiene a tutti nel far parte di una storia universale di affetti e ricordi.

 

La storia

 

Quando mamma aveva dodici anni era il 1936: lei ricordava la miseria, i bambini, scalzi d’inverno, vestiti con pantaloni aperti dietro affinché con facilità, afferrati i lembi della stoffa, potessero aprirli e fare la cacca per strada. Era appena arrivata la prima lampadina nelle case, in pochissime case, e lei si sentiva nel meraviglioso mondo della luce e guardava il prodigio di poter accendere e spegnere la luce. Qualche tempo prima, quando ancora non c’era la luce, nel buio delle prime ore del mattino mia nonna confuse il caffè con i chicchi da dare alle galline e quando si accorse dell’errore, per salvarle, prese una forbice e le operò ricucendole dopo aver svuotato il gozzo. La nonna, come nelle fiabe, con il ricavato della vendita delle uova riuscì a farsi un forno e durante la guerra mia mamma da una finestrella regalava il pane, restando spesso lei senza pane. Mia nonna le diceva che a loro bastava il profumo mentre tutti gli altri non avevano nemmeno quello. Mia nonna si privava per dare agli altri mentre ora, impunemente, vedo la miseria spirituale sbandierata come vessillo di grande idealità. Anche allora come ora una guerra è in atto.

 

Mia madre, da bambina, alla scuola elementare, si lavava il grembiule poi lo appendeva ad una frasca e lo infornava per asciugarlo. «Lei mi detta e io scrivo. Poi rileggo a voce alta per avere la sua approvazione». D’inverno, dunque, asciugava l’unico grembiule che aveva grazie al forno a legna di sua madre che faceva il pane per rivenderlo.

A scuola era molto brava a leggere il tedesco e il suo professore sempre le diceva «Leggi, Gigliotti» e lei era molto fiera di ciò.

 

15 maggio 2016

 

Mia mamma continua a sognare la scuola. L'altra notte ha sognato di stare con la nipote ed di chiedere a lei la giustificazione per andare a scuola dopo una assenza. Nel sogno la nipote le diceva: «Nonna, puoi andare senza, che ti serve giustificarti?».  Mia mamma allora argomentava che già un’ altra volta si era presentata a scuola senza giustificazione: questa volta doveva portarla, quindi le chiedeva di firmarla. Alla nipote. Ascoltavo quel sogno di mia mamma, che ha frequentato fino al quarto anno dell'istituto magistrale senza poi diplomarsi, ancora non so perché, e passò tutta la vita a rimpiangere la scuola dove sarebbe stata felice come insegnante.

Intanto arriva il 1974 e mamma va a votare per il divorzio, felice che le donne abbiano la possibilità di divorziare. Vedeva l’approvazione della legge sul divorzio come un atto di grande civiltà ed era attenta a tutte le esigenze delle donne, sapeva quanto fosse importante l’indipendenza economica che, a suo vedere, avrebbe consentito alle donne maggiore autonomia.

Leggeva i giornali, La Domenica del Corriere ed era una estimatrice di Susanna Agnelli. Era come tutte noi innamorate di Lady Diana.

Parliamo con la mia mamma di Lady Diana e lei mi risponde: «Quando uno ti vuol male c’è poco da fare». In realtà, il proverbio era: Per chi ti vuole male anche con cento sottane la carne ti pare. Su Carlo e Camilla dice che sono una coppia affiatata, e poi non posso riferire altro. Io non ho responsabilità penale su ciò che afferma mamma e lei ridendo mi risponde: «Ma io posso dire tutto. Ho cento anni». Rivendicando il diritto di parrasia afferma che il re Carlo è uno scimmio anche se pur sempre il re istituzionale di una monarchia costituzionale e la regina consorte lo è a sua volta perché è la moglie del re.

 

Alcuni stralci di conversazione 

10 ottobre 2023 “Queste lacrime sono inutili” mi dice lucida e ragionevole mia madre dopo un suo pianto bloccato sul nascere. 

31 ottobre 2023 “Ricordo tutto, anche le più piccole cose. Sì sì l’infinito, il gerundio, i verbi, gli articoli, tutti. Loro invece non ricordano niente. Ricordo i miei compagni di scuola. La Torrisi mia compagna di banco, la figlia del preside, bell’uomo, il preside Torrisi” e qui mamma mi dice i nomi dei suoi compagni di scuola! E mi recita X Agosto di Pascoli. 100 anni in poesia

16 settembre 23 Mia madre ora:- Quanta forza! Ed ora sono una canna - ed io di rimando:- Canne al vento Grazia Deledda- 

28 settembre 2020 E oggi mia madre mi fa:- Ora che sei qui raccontiamoci delle storie - e sulla narrazione dei fatti vicini e lontani si trascorre il pomeriggio dei “cunti” 

14 novembre 2021: Il tempo si è arrotolato sulle domeniche e da domenica a domenica sembra non ci siano più i giorni infrasettimanali. Scomparsi. Esistono solo queste tremende domeniche in cui mia madre, con la sua estrema lucidità, asserisce che il mondo si è capovolto, che non esiste più nessuno, non esistono i vicini di casa, i parenti, le visite di cortesia. È sparito tutto e ci resta solo da pregare, lei continua a dire, assertiva. La domenica è il giorno di libertà delle signore che vengono ad accudirla! Certo ci siamo io e mia sorella ma ma sempre poche siamo! Uno squallore! Ora anche Argo abbaia nelle scale. 

16 novembre 2018 Mia madre spolvera ogni oggetto di casa e oggi la trovo alle prese con la cristalleria. Mi chiede una mano per salire sulla sedia. Ohibò! Le dico di non fare simili esercizi ma lei è felice così e mi invita a prendermi un servizio di tazze, suppongo mie, che io rifiuto. A che serve oramai un servizio di tazze?

 29 novembre 2020 mia madre stamattina: “Il mondo è crollato, le persone chiuse in casa ammutoliscono paurose, cosa c’è da aspettare ancora dopo questo vuoto? Può durare così? Non può durare e ci sarà un cambiamento “ meglio lei che gli opinionisti 



estate 8 giugno 2023

 

Mia madre oggi mi dice: «Unmbalinu, ci fazzu na lienda, nu lavabis». Chiedo spiegazioni e lei mi chiarisce che la lienda è una lezione, e lavabis un discorso credo sempre di rimprovero a coloro che non valgono.

9 novembre 2017 Mia madre, anni 93, riceve suo primo fascio di rose rosse da un caro amico di gioventù. A 93 anni esser vedova alleggerisce i giorni e lei può permettersi la prima chiacchierata amichevole della sua vita.


14 settembre 2020 Sabato mia madre fa tre rampe di scale per andare a messa con mia sorella e io la fotografo al rientro vicino casa. Lunedì cade, si frattura il femore e l’omero. Giovedì la operano al femore e mettono tutore al braccio destro. Domani la dimettono e giustamente vuole ritornare a casa. A casa a casa. Intanto un evviva alla sanità pubblica, all’ospedale di Lamezia Terme con un ottimo reparto di ortopedia. Evviva ciò che ancora abbiamo

 16 settembre 2020 “Se non si è capaci di capire è tutto perso” mi dice la mia mamma ora al termine di un suo lungo ragionare. Lei ringrazia il reparto di Ortopedia, le infermiere che l’hanno accolta e coccolata, tutti quelli che l’hanno elogiata per la sua serenità e la sua limpida visione della realtà. Mi chiede di scrivere un pezzo difficilissimo per me, io non possiedo nemmeno un quarto della sua saggezza, della sua benevolenza e della sua grande pazienza


 

24 luglio 2021

 

Mia madre stamattina apprezza come mi sono vestita ma poi aggiunge: «Stamattina ti sei vestita bene ma tante volte pari na sciacquitta» Le chiedo il significato di sciacquitta e lei mi dice «sciacquitta come ‘na scupittinella». Ne so quanto prima.

La mia mamma non poteva mettersi un vestito senza maniche in estate ed io non potevo indossare pantaloni nel 1970. Regole di casa mia. Vietate minigonne e viaggi, vietato vivere. Vietare sembrava più facile al mio papà, sempre in contrasto col divenire dei tempi. Ora che sembra non ci sia più nulla da vietare si vieta di vietare così schizoidi e schizzati rimangono gli abitanti dei vestiti.

 

20 agosto 2016

 

Scherzando, lei di una sua coetanea centenaria dice che è una Cacafanara. Le chiedo cosa significhi e lei «una cosa che non serve». Mamma non aveva sorelle, la sua unica sorellina morì bruciata infilando un pettine in un braciere e suppongo fosse sola quando cadde nel braciere e morì. La nonna allora tesseva, lavorava sempre al telaio, prima di avviare il panificio, contro il volere di suo marito. Mamma aveva però due cugine quasi coetanee e con loro ha sempre avuto affettuosissimo rapporto.

Questo pezzo mamma lo lesse ridendo, perché era contenta di aver ritrovato sulle pagine quel momento della loro gioventù, quando zia Maria Gigliotti, da donna moderna, diede una svolta alla sua vita, negli anni Sessanta, suppongo.

 

Tutte le cose 17 ottobre 2011


Tutte le cose hanno un principio e una fine in questo misero mondo anche quelle che non iniziano…

muoiono, 

all'alba  grigia di un divenire.

La prima parte della frase era proverbiale a casa mia, sempre ripetuta, col commento scherzoso della reazione della cugina di mia mamma nel ricevere la lettera del fidanzato che, appunto con quella frase, chiudeva il legame, la lasciava.

Lei fece in mille pezzi la lettera e disse tante parolacce, così raccontano, poi seccata se ne andò ad insegnare a Merano dove sposò l’uomo più buono che noi avessimo conosciuto.

Un uomo che lei comandò aspramente, forse facendo scontare a lui il rifiuto del suo primo amore. Lui, dolcissimo, la adorava

Lei, malgrado le sue stranezze, le sue uscite spiazzanti, corrosive, era benvoluta da tutto il parentado, era così, "sprudente" -diceva la mia mamma.

Credo invece che questa mia zia sia stata una donna  pratica  e non  si sia fatta comandare da nessuno e che abbia attraversato fascismo e guerra con la freschezza della sincerità ed abbia anticipato movimenti  e ideologie con una semplicità disarmante.

Quasi tutte le altre donne, compresa la sorella, rimasero ingabbiate in rapporti  subiti, dolorosamente distruttivi, ed a nulla valse loro una laurea, un insegnamento o una abnegazione costante ma  rimasero stritolate da uomini incapaci, fannulloni e prepotenti e conclusero la vita con l’amarezza di averla malamente sciupata.


Guardo mia mamma e la sorella di mia zia, guardo queste donne ottantenni, capaci, intelligenti, che hanno allevato figli, hanno insegnato eppure ingabbiate. 

A mamma non è stato concesso nemmeno di terminare l’ultimo anno di scuola superiore ed ha trascorso la sua vita sognando di insegnare.

Guardo queste donne che non vogliono parlare più, che vogliono solo dimenticare lo sciupio delle loro capacità e ne provo una pena infinita.

 

Otto marzo 2023

 

Dovrei parlarvi di mia madre, anni 99, che voleva finire l’istituto magistrale, le mancava un solo anno, ma la bocciarono, almeno questo io so, e le impedirono di ripetere l’anno perché intanto le sciagure si avvicinavano nella sua vita rendendola vittima delle situazioni come in Berta Isla con Tom Nevinson. Così si sposa per modo di dire, cioè, sposa un vita di servizio al servizio di una numerosa famiglia da accudire tutta. Una donna angelo che si è fatta carico della malattia di mio fratello rendendolo autonomo e regalandogli una vita decente a discapito della sua. Non ho mai visto servizi sociali aiutarci. Mai. A mia madre che ora mi bacia le mani e mi carezza le guance, cosa mai successa negli anni passati, a mia madre che sa perdonare e sa amare, a mia madre che ha sempre un sorriso nella cattiva sorte, dedico la giornata dell’unica donna per me. Lei era per me sempre lei, ma anche tutte le donne di un secolo di storia.

 

Ho visto donne                                                                             

Ho visto donne preparare tinozze d’acqua calda e strofinare suocere e mariti

Ho visto donne che lavavano i piedi a uomini giovani, maturi

Ho visto donne spadellare pranzo e cena, primo, secondo, contorno e frutta, senza sedersi, servendo mariti, cognati, figli.

Ho visto donne preparare grandi bracieri dove loro non si sarebbero mai potute riscaldare,

lavare lenzuola al fiume e lasciarli poi in grandi ceste con la liscivia a profumare,

donne curve su camicie da stirare, su melanzane da tagliare.

Ho visto donne partorire e rialzarsi perché lui era tanto stanco.

Allattare pulire il piccolo e senza cibo riallattare, senza tempo per sé stesse.

Ho visto di tutto di più ed ho trascorso infanzia e adolescenza borbottando, ribellandomi e schifando un servilismo immondo anche per lo stesso uomo al quale era diretto. 

Mi ero giurata che mai avrei perpetuato nessuno di quei gesti e così ho fatto, non per mia bravura, ma perché la modernità avanzava e disfaceva il feudalesimo con lavatrici, lavastoviglie e riscaldamenti.

Le donne hanno studiato, si sono laureate, ma la mente imprigionata ha imbracato, imbavagliato, le donne per metà.

Il tempo delle donne è ancora a disposizione di un lui, di una famiglia, di un figlio, di un nipote.

il tempo delle donne è sempre tempo perso ad aspettare un lui che dice: - Sei pronta? Sto arrivando.

Siamo pronte… ma…

Le donne ancora aspettano con costanza, senza nessun cedimento, senza accorgersi di ripetere le nonne, le mamme, le zie, tutte le altre donne che hanno condannato. Aspettano

Ancora oggi

Troppe donne vengono uccise, troppe donne vengono picchiate e tutte, proprio tutte, chiudono un occhio, anche due, sulle innocenti evasioni di un carissimo lui, basti che torni a casa.

Basti che torni a casa

La strada è lunga, è tanto lunga

E passa per un solo sentiero ancora poco asfaltato

Il sentiero del rispetto e della amicizia

Delle donne con sé stesse



Questa è la mia riflessione sulla vita di mia madre, di mia zia, di tante donne che dovranno conciliare un femminile empatico ed un femminile pratico, un patto con le nostre emozioni e la realtà effettuale delle cose.


e poi Mia mamma ci ha insegnato che, quando qualcuno ci veniva a trovare a casa, doveva essere messo a suo agio, gli si doveva offrire subito un caffè, un bicchiere d’acqua e poi, quando andava via, lei regalava qualcosa: un litro d’olio, una bottiglia di vino. Lei ci ha insegnato ciò come regola di buona educazione. Stamani, dopo la sua morte, siamo stati a fare gli auguri per un compleanno e abbiamo portato un dolce. Mah! Nemmeno la finta di offrire un caffè! Evidentemente non si usa più, veramente la fine del mondo! La fine dell’educazione.


Voglio terminare con la mia mamma nel suo ragionare. Mi dice:  «Continuo a progettare e a pensare che quando mi riprenderò, farò cose, andrò fuori, preparerò pranzetti a Francesco (suo nipote) poi dopo aver progettato, mi dico che non farò nulla di tutto questo. Le corna che tengo in testa farò, ho cento anni cento anni».

 Ciò che lei mi dice appartiene a noi tutti al nostro continuo attaccamento al futuro, proprio come ci dice Rita Levi Montalcini

 



30 dicembre 2023

 

Ieri pomeriggio mamma ha mangiato una pera grande, morbida e dolce. L’ha mangiata tutta e io ero contenta come si è contenti quando mangiano i bimbi, ed ho capito che la vita è il cerchio che si ricongiunge. In fondo la vita è niente, mi ha detto mamma pochi giorni fa, ed io aggiungo però che in quel niente ci sta tutto il bene e tutto il male conosciuto. La vita è una pera, penso sorridendo e ricorderò la pera nella sua e nella nostra unicità.

 


Da mamma


Mamma, vado in edicola, ti porto un giornale? Certo, portami la Gazzetta del Sud così pulisco i vetri.

Ippolita Luzzo 


sabato 4 gennaio 2025

L'ombra di Pirandello Le circostanze fragili di Virginia Asaro

 


Nata ad Agrigento Virginia Asaro già editor freelance per Navarra Editore, si cimenta con la sua scrittura, col suo stile, e racconta gli anni a cavallo del Novecento in Sicilia, a Girgenti, luogo dove vivono la famiglia Portulano e la famiglia di Luigi Pirandello, peraltro imparentate. Si intreccia fra la storia di queste famiglie, famose per essere i suoi consanguinei gli uni e gli altri, la moglie appartenente ai Portulano, la storia di Francesca, di cui nulla sapremmo se non avessimo avuto la ventura di leggere questo bel racconto. 

Dedicato a Francesca, Francesca la cui vita viene riportata dagli atti notarili, ritrovati dalla autrice. Francesca è la bisnonna di Virginia Asaro e sembra che lei abbia dettato alcune pagine. 

Francesca vivrà in casa Portulano senza essere mai accettata da Antonietta sua coetanea, e dai fratelli di Antonietta, figli della prima moglie di Calogero Portulano, scomparsa da giovane. Vivrà da esclusa malgrado Calogero Portulano portasse verso di lei un sincero affetto e fossero entrambi nella possibilità di sposarsi.  

Appena letto appena arrivato mi ha trascinato nella sua storia e non ho potuto che farmi prendere e portarmi da loro, dalle due protagoniste. Di una, Antonietta Portulano, la moglie di Luigi Pirandello, ne sentiamo la voce, ci parla e ci ripete il suo malessere, la sua esclusione dal mondo, il suo odio verso la nuova compagna del padre, la sua gelosia e insieme l’amarezza di un matrimonio fatto per interessi. 

Venduta quasi lei era stata a Luigi Pirandello che aveva accettato perché era lui a vendersi in realtà. La dote di Antonietta Portulano accettata per fare più facilmente il suo lavoro di scrittore.

 E poi la storia di Francesca la compagna di Calogero Portulano, il padre di Antonietta. Una storia sconosciuta di rimozioni, di carte ritrovate, di avidità assoluta dei figli di Calogero che impongono al padre di rinnegare Francesca. 

Francesca non ha voce nel libro se non quando si rivolge a Calogero per informarlo che è incinta. Francesca è la ragazza che lavora a casa Portulano e alla morte della moglie di Calogero Portulano rimarrà nella casa e vi rimarrà ma non sarà accettata dai figli di Calogero di cui lei è coetanea, coetanea quasi di Nietta, Antonietta. Nietta però non ha nessuna sorellanza con lei anzi la odia, la invidia. E Francesca non ha voce, per lei parlano gli atti notarili ritrovati da Virginia Asaro, da lei che con grande sensibilità letteraria è riuscita a dare voce, a dare forma ad una indicibile ingiustizia. 

Mi ricorda il libro di Jane Austin Ragione e Sentimento, quando il figlio legittimo spinto dall’ avarizia della moglie negherà ogni eredità alle sorellastre. Orribile anche in quel libro la grettezza della cognata verso le sorelle del marito. 

Qui nel libro, già amatissimo, giganteggia per cattiveria, per povertà di sentimenti, per essere anche lei una vittima, Antonietta Portulano, ma giganteggia con la sua lealtà con la sua abnegazione, Francesca, nella semplicità e nella dolcezza di cercare una vita dignitosa malgrado ogni inciampo a cui doveva sottomettersi. 

Libro scritto quasi con la voce di Francesca che io ormai vedo la vedo sulle scene a raccontare a raccontarci oltre il tempo la condizione di essere donna, madre, compagna, di essere privata dalla volontà di decidere e rimanere però con l’affetto e la dedizione immutati.

 Ciò che conta ora è leggere questo libro, farlo leggere e conoscere, ciò che conta è come Virginia Asaro lo ha fatto, anch’esso nato come un atto d’amore verso la verità di fatti storici taciuti, nascosti ma che lei ha ritrovato con in mano quella torcia illuminante che si chiama letteratura. Ci consegna due figure di donne vive: la tragica Antonietta e la dolce Francesca, due donne che resteranno a lungo nel nostro immaginario.

Resta in ombra Luigi Pirandello, grande scrittore e drammaturgo ma incapace di capire la moglie e di essere da luce in una esistenza, quella di Antonietta, già di prigionia. 

Resta vittima delle circostanze lo stesso Don Calogero Portulano, vittima dell'avidità dei figli e quindi impedito a sposare una donna che amava ed anche lui un debole. 

Restano le circostanze a fare una vita riuscita o meno, le circostanze che ci fanno trovare in un luogo oppure in un altro, in una famiglia oppure in un'altra, ed anche la ricchezza sembra un cappio per la buona riuscita di una esistenza. 

Svelare è letteratura. Svelare e raccontare con atti notarili una vicenda individuale ma nello stesso tempo letteraria proprio per lambire la vita di tanti personaggi letterati creati da Luigi Pirandello. Luigi Pirandello luci ed ombre. Luigi Pirandello come non è stato mai raccontato. Ed insieme qui la voce di una donna mai raccontata, di Antonietta Portulano ci parla e ci dice, si parla in un dialogo interiore oppure parla ad un interlocutore che non ebbe mai. Lei orfana di padre, orfana di figli, non perché non ci fossero ma perché inesistente il dialogo con lei. Appare in questo svelamento Francesca, la compagna amata da Don Calogero ma mai accettata dai figli avuti dalla moglie. A Francesca è dedicato questo libro ed io lo raccomando vivamente alla lettura per vederlo poi recitato come atto teatrale su quelle scene dove le commedie di Luigi Pirandello giganteggiavano riportando la vita vera. Ed è questa la verità

Comincia così il 2025 con un libro amatissimo nel Regno Della Litweb 

Ippolita Luzzo 

lunedì 23 dicembre 2024

Il limbo 23 dicembre 2020

 Il limbo. Se un immagine stamani mi sovviene per dare un nome al 2020 il limbo dantesco mi sembra riassuma tutti i giorni vissuti in attesa, al chiuso o all’aperto, ma in attesa di passare da un’altra parte. Una umanità impaurita e confusa, un caos di sensazioni e di informazioni, una approssimazione politica fatta di incompetenza e cialtroneria, una comunicazione di ombre. Fantasmi. Sembrano giorni o mesi di impedimenti, di difficoltà a lasciare il peso di un anno che va via col suo pesante sacco di iniquità

domenica 15 dicembre 2024

Miscellanea di Maurizio Carnevali a Proposte Design

 


In  via Conforti numero 8 a Lamezia Terme Proposte Design crea uno spazio che permette “un legame emotivo tra persone e design, sottolineando storia, funzionalità e bellezza di ogni pezzo esposto.” Proprio in questa funzione di tramite fra arte e oggetto risiede la scelta di Proposte Design di inaugurare “Miscellanea” del Maestro Maurizio Carnevali, curata da Giorgia Gargano, mostra di quadri, sculture, acquarelli, che rimarrà dal 14 dicembre 2024 al 31 gennaio 2025.


 Si sente sempre il desiderio di avere un luogo ampio, luminoso, dove poter far vivere le opere, dove conoscerle e ammirarle e ogni volta che succede ciò nella mia città è una festa.

 Ieri sera tantissimi gli appassionati di arte hanno potuto ammirare opere e insieme oggetti di design con la piacevolezza di vivere nel bello. Nel bello e nel mito, nel bello e nella storia, nel bello e nella letteratura. 


Le sculture ci parlavano del dolore di Achille alla morte di Patroclo, di maternità nell’abbraccio di una mamma e un bambino e di visionaria follia con Don Chisciotte, le pitture di Fetonte sul carro del Sole sempre più in alto e accanto il carro di Nyx (in greco antico: Nύξ, Nýx, "notte") una delle divinità primordiali della mitologia greca, nel blu dipinto di blu. 


I colori vivevano e vedevamo la grana farsi immagine nel sapore di un gusto antico e pur sempre presente della sfida al tempo. Non teme il tempo l’arte perché essa interpreta il tempo, lo dipinge e lo mostra come se fosse un altro balocco. Torneremo ancora a trovare la natività all’ingresso e poi Demetra e Ligea e le sue sorelle, il giovane Orfeo e Tiresia, torneremo a rileggerci il mito, la storia, la letteratura su sedie anch’esse che sfidano il tempo 

Ippolita Luzzo 

giovedì 5 dicembre 2024

Dieci anni fa

Faccio slalom con sci mai messi.  

Rimugino e cammino con mie gambe fra paletti e ostacoli di una discesa che traguardo non ha.  

Faccio slalom fra la neve dei rapporti


Ippolita Luzzo 

venerdì 29 novembre 2024

I baci del 2014

 Due baci del 2014.

Due baci puri e depositati sulla stessa guancia. 

La destra

Il 25 luglio e il 28 novembre.

Li amo entrambi. Per entrambi ho provato uno stupore e una appartenenza  al tutto, al mare, al cielo, alla vita. Lei mi si è avvicinata saltando sul tavolo e poggiando il muso con delicatezza estrema, lui è risalito i gradini dell'anfiteatro nell'agorà umana. 

Forse ho spaventato la gatta lanciando i miei inopportuni suoni, lei è fuggita via, forse nessun si ferma dopo. 

L'attimo fuggente

Ippolita Luzzo 

giovedì 28 novembre 2024

Il dottor Pistelli Alessandro Trasciatti

 


La prima volta che sentii parlare di Alessandro Trasciatti fu da un amico che lo aveva conosciuto ad un incontro poetico con Roberto Amato. Da allora ho sempre letto i post di Alessandro come se lo conoscessi e avevo gustato i suoi deliziosi racconti "Acrobazie" usciti per  Il ramo e la foglia edizioni. “Ora sono qui nell’edicola di via degli Oleandri. Guardo le femmine che passano, mi sembrano tutte più belle e appetibili della mia. E qui all’edicola c’è un gran passaggio, ma io non posso mica andarci dietro, divento lo zimbello del quartiere. Io dovevo fare un lavoro diverso, tipo il fotografo delle modelle, ecco, quello mi piaceva. Però mi sa che anche lì sarei rimasto solo a guardare, non ho il fisico del latin lover.

No, non ho fatto un bel lavoro con la mia vita. Però la sera, prima di dormire, penso sempre di potermi rifare nella prossima, basta che la scriva.” 

Vi metto solo questo per assaggiare Alessandro che racconta in modo surreale storie di gatti e di un lui argentino che torna in Italia per inseguire una sorella che non lo vuole e finisce a fare l’edicolante con una moglie che non ama. Il libro è arricchito da disegni piacevolissimi e seguiamo questa vita dall’infanzia alla adolescenza e alla maturità sorridendo anche di noi.

 Nel libro Il dottor Pistelli una vita in ritardo Tralerighe libri ritroviamo un mister Magoo innocente e garbato alle prese con episodi vari della vita. Il primo lavoro, precario, l’archivista in un paese di montagna, lavorare per conservare e poi distruggere, il secondo lavoro inaspettato il postino con un contratto a tempo indeterminato. 

Così mi rivolgo al suo autore: "Alessandro  non avevo veramente idea che il protagonista del libro fosse effettivamente un postino! Ieri trovo nella buca della posta la ricevuta per ritirare la posta presso Via Aldo Moro e subito mi avvio alla posta. Prendo il numero e una donna mi fa:- Sicuramente è una multa!- io le sorrido augurandomi di no e la smentisco categoricamente. Allo sportello dopo avermi chiesto i documenti mi consegnano il tuo plico ed io abbracciandolo mi avvio verso la mia Panda Viola. Appena giunta so che devo aprirlo e fotografarlo e trovo il tuo delizioso biglietto e per me i regali di Natale numerosi giungono così con i tuoi disegni che farò incorniciare con il libro di tua madre Il postino Cavallo  e il tuo libro Il dottor Pistilli sempre un postino è"

Lui mi risponde: "Cara Ippolita, certamente il dottor Pistelli è (anche) un postino, così come il sottoscritto è stato (anche) un postino. E postino era Facteur Cheval (lui stesso ci scherzava sul suo nome da trottatore). Che vuol dire tutto ciò? Non lo so. Certamente le Sante Poste sono una presenza molto ingombrante, nel bene e nel male, impossibile per me ignorarle. Che tutta questa faccenda tu la accosti ai regali di Natale non può farmi che piacere."

ma Alessandro in Avevo costruito un sogno, aveva raccontato le storie e le fatiche di un postino francese dell’Ottocento, Ferdinand Cheval, che in trent’anni di lavoro solitario costruì, pietra su pietra, il Palazzo Ideale, un’opera colossale e ingenua ammirata dai surrealisti e tuttora meta frequentata dai turisti. E se ha scritto quel libro, è anche perché un altro postino, anzi ex postino, Angelo Ferracuti, scrittore e reporter, lo volle nella collana editoriale che dirigeva. 

Bello ora leggere e avere accanto questi due deliziosi racconti per me un vero regalo

Ippolita Luzzo