sabato 4 febbraio 2023

Licia Giaquinto Cuori di nebbia


 Licia Giaquinto aveva già pubblicato i suoi racconti nel 2007 ma ora trova una nuova vita con  TerraRossa Edizioni  casa editrice che nasce con "l’idea di provare a seminare parole fuori dai tracciati consueti. 

"Opere significative, divise in due collane, entrambe di narrativa: Fondanti riproporrà, in una nuova edizione rivista, romanzi recenti ormai introvabili di autori che hanno rinnovato il panorama letterario; Sperimentali accoglierà opere inedite capaci di affrontare temi attuali attraverso una ricerca stilistica originale." questo troviamo scritto come presentazione sul sito di TerraRossa Edizioni.

 Libri curatissimi nella scelta dei materiali e nella cura grafica a partire dalle splendide copertine create da Francesco Dezio. 

Segnalato da Giuseppe Girimonti Greco, sempre attento a sentire i libri veri e autentici, Cuore di nebbia mi giunge per diversi incroci amicali, addirittura ho conosciuto Licia anni fa non direttamente ma tramite una mia amica che per caso si era seduta ad un bar vicino al suo tavolino a Bologna, da allora ho seguito il suo spendersi per il recupero di zone abbandonate come Aterrana in provincia di Avellino un borgo storico, un contesto dai colori d’altri tempi, una comunità da scoprire e valorizzare, nel cuore dell’Irpinia, luogo dove Licia ha trascorso infanzia e adolescenza prima di trasferirsi a Bologna. 

Cuori di nebbia è invece ambientato nella Padania, nella terra ricca, almeno io credevo prima di leggere questi racconti, con esistenze al limite di immensa povertà di spirito.  


La via Emilia mi appare un mondo perso, tagliato da una strada provinciale su cui passano i tir, accanto alla Ferrari di Maranello. "I camionisti si fermano dalle prostitute per un po’ di riposo, giovani ragazze dell’est arrivate dopo la caduta del Muro. È un’Italia consumata, ma ancora offesa. Nella storia di provincia, si incrociano il perbenismo, la noia matrimoniale, il voyeurismo, l’inganno, Chernobyl, la pedofilia, l’eroina, la cartomanzia (nel personaggio secondario più bello forse dell’opera, Donna Crisantema), l’omicidio, l’anoressia, l’hikikomori. Malattia mentale in tante forme, spesso quella delle deviazioni sessuali. È un romanzo strabordante di dolore, che si fa acuto proprio perché ciascuno dei protagonisti vive innocentemente dell’idea di essere nel giusto. La società, il loro lavoro, le loro vite dimostrano che purtroppo non c’è redenzione e scelta, il destino diventa qualcosa che sempre finisce per tradire, ingannando, distruggendo i sogni di ciascuno. Eppure, ci si affeziona ai vinti, agli insoddisfatti che si trovano a maneggiare qualcosa di più grande di loro." questo  è ciò che scrive Alessio Barettini su Senzadieci, ma sono tante i giornali che hanno accolto con recensioni attente il libro di Licia Giaquinto. 

Benvenuta al Nord, mi scrive Licia e io questo Nord lo trovo ancora più terribile del Sud, il suo vivere più misero, lo spreco delle esistenze ancora più amaro. Mirella, Natascia, Patrizia, e poi Filippo, Nicola, Francesco, Mirco, se questo è un uomo, mi viene da scrivere con Primo Levi, se questa è umanità. 

Licia Giaquinto riesce a portarci dove non vorremmo andare, a vedere ciò che non vorremmo vedere ed a provare una pietà per ogni sciupio di sogni, di desideri, delusi definitivamente. 

Ippolita Luzzo 



Licia Giaquinto è nata in Irpinia, dove ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza, ora vive a Bologna. Ha esordito nella narrativa con Fa così anche il lupo (Feltrinelli 1993), a cui sono seguiti È successo così (Theoria 2000), Cuori di nebbia (Dario Flaccovio 2007, ora riproposto da TerraRossa Edizioni), La ianara (Adelphi 2010), La briganta e lo sparviero (Marsilio 2014). Ha scritto anche testi teatrali, l’ultimo è Carmine Crocco e le sue cento spose. È ideatrice e anima dell’associazione Aterrana – Ater Ianua che vuole contrastare il degrado e lo stato di abbandono del borgo storico di Aterrana (Av).

giovedì 2 febbraio 2023

Rossella Pretto La Vita incauta

 

Leggendo Rossella Pretto nel suo viaggio sulle tracce della tomba di Macbeth e seguendo una messinscena realizzata dalla Compagnia dei Quattro con il testo tradotto dal nonno Elio Chinol, anglista e appassionato di Shakespeare noi con il libro La vita incauta siamo avvinti dalla tragedia una volta di più.

La tragedia di William Shakespeare, la trama storica viene riportata dal filosofo Boezio, in una cupa Scozia d'inizio Basso Medioevo si è appena conclusa una guerra e un sergente  riferisce al re Duncan di Scozia che i suoi generali, Macbeth, barone di Glamis, e Banco, hanno appena sconfitto le forze congiunte di Norvegia e Irlanda, guidate dal ribelle Macdonwald.

In una notte buia e tempestosa, per dirla con Snoopy, Linus e Lucy,  tre Streghe si incontrano in presenza di Macbeth e Banco, nella brughiera e profetizzano loro che Macbeth diverrà re mentre Banco  sarà il capostipite di una dinastia di re. La profezia trasformerà Macbeth da uomo leale in assassino. Come si cambia! E poi la follia del potere tutto involge.

Con Rossella Pretto che scrive:" Non mi sono mai chiesta in quale periodo dell'anno si svolgono le vicende di Macbeth ma lo posso intuire.. Sarà autunno inoltrato, inverno.. Chissà che vita vita fanno quelli che abitano queste lande, chissà che vita facevano quelli che le abitavano centinaia di anni fa. Me lo chiedo come non lo sapessi, come non sapessi che vita faccio, rintanata nello studio. La differenza sta nelle chiusure .. un tempo che mi inchioda alla sua dispersione" nella sua confessione sui nonni bravissimi, e su di lei che come nel libro di Hanry James "La bestia nella giungla" riconosce l'evento eccezionale quando è ormai passato. infatti tutto il libro è un interrogarsi sul libero arbitrio, sul destino, su ciò che noi responsabilmente possiamo. Nel Macbeth il sapere il futuro lo distrugge, lo fa diventare assassino, perché l'attesa diventa impossibile da reggersi. 

Un libro curatissimo e che ci invita alla riflessione come tutti quelli scelti dalla collana S-Confini diretta da Fabrizio Coscia per Editoriale Scientifica. 

Un libro diario di un viaggio, un libro diario di studi amatissimi, "C'é sempre un segno in attesa di essere leggibile" e a Forres al castello dell'apparizione mentre ascolta la guida lei si gira e sente anzi vede e sa di aver ora "iniziato questo viaggio alla ricerca dell'aderenza, ecco, ora posso dire che ha tutta l'aria di esserlo" Aprire la porta ai propri fantasmi. 


Leggendo il libro mi sovviene un'altra messinscena recente di Alessandro Serra con lo spettacolo Macbettu  Siamo in Scozia oppure in Barbagia, siamo dappertutto, dove a qualcuno viene promesso, viene pronosticato un futuro da re e tutto cambia. La situazione sfocia in tragedia dopo il dono avvelenato delle streghe. Uno spettacolo nello spettacolo, ridere ridere di ciò che le streghe faranno sul palco, ridere dei dispetti che si fanno, del loro camminare, quei passettini corti e veloci che ricordano i giochini a molla da caricare e far muovere sul tavolo, quegli sputi veri, quelle scope agitate al solo scopo di sollevare polvere,  gli uomini maiali grufolare nello scifo e il fantasma di Banco calpestare il pane sardo sul tavolo imbandito da Macbeth. Ed eccolo Macbettu, piccolo piccolo,  abbracciato alla moglie alta, abbracciato all'ambizione. Un Macbettu capace di riflettere sul male e perciò ancora più tragico in queste parole: "La vita è solo un’ombra che cammina, un povero attore che si pavoneggia e si dimena durante la sua ora sul palcoscenico, dopo non se ne sentirà più nulla. Una favola narrata da un idiota, piena di rumore e furia, che non significa nulla"

Ippolita Luzzo 

Rossella Pretto è laureata al Dams di RomaTre con una tesi sulla traduzione del Macbeth curata da Elio Chinol per la ‘Compagnia dei Quattro’, ha proseguito la sua formazione con esperienze in campo recitativo e teatrale. Il suo primo poemetto, Nerotonia, anch’esso ispirato al Macbeth, è uscito nel 2020 (Samuele Editore). Con Marco Sonzogni ha curato Memorial di Alice Oswald (Archinto 2020) e Speranza e Storia. Le quattro versioni sofoclee di Seamus Heaney (Il Convivio Editore, 2022). Ha curato inoltre La Terra desolata di T.S. Eliot per la riedizione della traduzione di Elio Chinol (InternoPoesia 2022). È presente in alcune antologie, con sue poesie e traduzioni. Suoi articoli sono apparsi su «Alias-Il Manifesto», «Poesia», «L’Ottavo», «Journal of Italian Translation», «Studi Cattolici» e «L’Estroverso».

martedì 17 gennaio 2023

Giacomo Sartori Fisica Delle Separazioni

Scrivo questa mio pezzo ascoltando Canzone di Adriano Celentano, con in testa "quando siamo alla fine di un amore soffrirà soltanto un cuore perché l'altro se ne va" e saper gestire una separazione comporta effettivamente gli otto movimenti nei quali Giacomo Sartori scandisce le tappe di un evolversi del sentimento amoroso fra due persone.  

Il punto di vista maschile del personaggio narrante sembra a me molto più interessante  che la canzone di Shakira, in testa agli ascolti in questi giorni, in cui lei racconta il tradimento del suo compagno e la fine del loro amore, cantando al mondo tutto che lui abbia scambiato un Rolex per un Casio, in tema di orologi, o una Ferrari per una Twingo, come se fosse un'automobile l'amore che sostituisce l'altro. 

Fisica delle separazioni inizia proprio a raccontarci cosa mancherà dell'altra che va via, e invita i delusi e gli abbandonati all'arte di dimenticare. Dimenticare sembra quasi un imperativo anche se poi nei nuovi rapporti che nascono ci si ritroverà a parlare di "un amore ormai troppo lontano" e qui mi sovviene Luigi Tenco con il suo Lontano Lontano e "qualche cosa negli occhi di un altro ti farà ripensare ai miei occhi... e lontano, lontano nel mondo una sera sarai con un altro e ad un tratto, chissà come e perché ti troverai a parlargli di me di un amore ormai troppo lontano"

Fisica delle separazioni in otto movimenti sembra un libro insostituibile in momenti in cui quasi tutti siamo passati, e il terzo movimento Chi lascia chi, ci invita quasi a conoscerci "La nuda verità è che non sappiamo quasi nulla di noi stessi, e ancora meno degli enigmi viventi che incrociano o condividono il nostro percorso: compresi gli esseri che ci sono più vicini e che amiamo. Passiamo il tempo a fingere il contrario, a cercare di illuderci che conosciamo noi stessi e gli altri, e teniamo le redini della nostra esistenza, ma non è così"

Ho messo molte orecchiette a questo libro bellissimo bellissimo, e nel mentre che siamo impegnati a Diagnosticare le vere ragioni cerchiamo di monitorare le parole quelle parole che all'inizio di una relazione sono "fiumi di parole" ed alla fine diventano parole mute, che rimandano a rancori e incomprensioni "ed improvvisamente ti accorgi che il silenzio ha il volto delle cose che hai perduto" finendo con Mina che ci canta La voce del silenzio.

Giacomo Sartori nel Regno della Litweb con un libro amatissimo e non ci separeremo facilmente da lui. 

Ippolita Luzzo 

 

venerdì 13 gennaio 2023

L' avversione di Tonino per i ceci e i polacchi di Giovanni Di Marco

 


La prima edizione Baldini+Castoldi è di agosto 2022 Giovanni Di Marco L’avversione di Tonino per i ceci e i polacchi comincia a narrare la storia di Tonino fin dal giorno della scomparsa della madre "Avevo poco più di sette anni quando è morta mia madre. Non saprei dire chi mi portò la notizia, né come mi venne data. La dinamica di quella giornata che ha stravolto la mia esistenza è avvolta nel mistero. Del giorno del suo funerale, invece, la mia mente ha conservato ogni dettaglio. Ricordo la mattinata trascorsa a casa di Tania, in un silenzio triste, quasi irreale; il lungo corteo funebre verso la chiesa madre; le nuvole bianche e gonfie che si stagliavano all’orizzonte; l’odore nauseabondo dei crisantemi "

La notizia dell’attentato al Papa, stabilisce in quale anno ci troviamo, il 13 maggio 1981, e subito tutti parlano solo del Papa, il Papa ferito, e nessuno parlerà della mamma di Tonino morta in giovane età, nessuno la ricorderà tranne Tonino, meravigliato e addolorato da tanta indifferenza, unico lenimento per lui la compagnia di Tania "mezza tedesca e mezza siciliana: sua madre era di Monaco, suo padre di Calatafimi. Lei era nata in Germania, ma dopo la morte di sua madre si era trasferita in Sicilia col padre, don Peppuccio. Poi, in seguito al matrimonio con Alfredo, era venuta ad abitare a Castelverde." Anche lei quasi estranea al paese così come si sentiva Tonino. Poi Tania parte per la Germania in visita ai parenti e Tonino un bimbo ancora si ritrova solo, nel dolore e nella nostalgia per la perdita della mamma e poi anche di Tania. 

Nel raccontarci di Tonino, nel raccontarlo lui, voce narrante, gli anni ottanta sono i protagonisti con le trasmissioni televisive, i giochi, i fumetti, i giocatori, usi e costumi molto lontani. Nel ritornare Tania porterà un pallone a Tonino e la musica, il mangianastri. 

"Allora io in radio ascoltavo solo Tutto il calcio minuto per minuto, la domenica pomeriggio. «Tania, quanti anni hai fatto?» «Si dice compiuto, Tonì. Ne ho compiuti ventiquattro sabato scorso. Sai ballare?» Feci di no con la testa. Tania capovolse la scatola e rovesciò sul tavolo della cucina una decina di musicassette. «Ti insegno io: rock’n’roll. Ci scateniamo, Tonì. Guarda qua! The Buggles, Video Killed the Radio Star. E c’ho pure i Police, David Bowie, Madness.»" Trovo delicato e amorevole il rapporto fra Tania, che non può avere figli e Tonino che non ha più la madre e mi sembra che il racconto stia nel contrasto fra la delicatezza di sentimenti della prima parte e la violenza nella seconda parte. e lasciamo Tonino e Tania sulla spiaggia di Cefalù certi che nessuno potrà togliere quel ricordo, lasciamo Tonino a scuola e sempre più solo, nell'estatico ricordo della sua mamma e in cerca di una carezza, di un affetto. 

Certo il libro poi è una denuncia di abusi da parte del prete, certo il libro è una denuncia su come sia difficile riuscire a scappare dal ruolo di vittima, certo il libro ci chiede di essere vigili, ma non dimenticheremo che il libro è anche un chiedere attenzione su una infanzia privata dalla mamma, su un voler rapporti di amicizia e di affetto, e di chiedere per tutti quella pulizia e felicitò che Tania e Tonino ci regalano. 

Un libro nel Regno della Litweb già da agosto 2023 ricordando il farragosto a Cefalù di Tania e Tonino.

Prendo dall’intervista a Giovanni Di Marco su @Morel le voci dell’isola uno stralcio per segnalarvi questo interessante libro “Ho sempre letto molto, sin da ragazzino: fumetti, romanzi, saggi… e tempo fa mi sono imbattuto in un saggio sull’argomento di Federico Tulli, collega di Left, dal titolo “Chiesa e pedofilia”, edito da L’asino d’oro. Un libro che mi ha sconvolto e mi ha portato ad approfondire l’argomento. E più leggevo sul tema, più rimanevo turbato: dai numeri, dalle vicende, dalle migliaia di vittime sparse per il mondo, dalla mancanza di delicatezza e sensibilità da parte di chi da due millenni si erge con arroganza a guida morale dell’intera umanità; e soprattutto dal modus operandi messo in atto dalla Chiesa, emerso da documenti segreti e inchieste giornalistiche di altissimo profilo, portate avanti dal New York Times, dal Boston Globe, dall’Associated Press o dalla BBC. La Chiesa si è resa complice di reati gravissimi, negando, insabbiando, proteggendo sistematicamente i carnefici e la propria reputazione, a discapito delle vittime, abbandonate al proprio destino. Un silenzio ostinato e ingiustificato, un modo di procedere consolidato: la priorità della Chiesa era quella di non fare clamore, quindi silenzio, non collaborare con le polizie locali, pena la scomunica. Poi, se il mormorio diventava insostenibile, si procedeva a spostare il prete in questione da una parrocchia ad un’altra, favorendo ulteriori crimini, ulteriori abusi, ulteriori violenze. Mi sono spesso chiesto come si sarebbe comportato Gesù al cospetto di un minore abusato. Di certo, non come ha fatto la Chiesa di Wojtyla.”

Ippolita Luzzo 


lunedì 26 dicembre 2022

Francesca Veltri malapace Miraggi Edizioni

 

Leggendo malapace il libro di Francesca Veltri due sono i film che mi vengono a cercare: Le vite degli altri un film del 2006 di Florian Henckel von Donnersmarck, vincitore del Premio Oscar per il miglior film straniero e Le invasioni barbariche un film del 2003 diretto da Denys Arcand. In entrambi i film la stessa domanda su come sia possibile credere che qualcosa sia giusto e poi accorgersi dopo anni che quella cosa non era giusta affatto, su come sia possibile avere fiducia cieca in un ideale e poi accorgersi che quell'ideale una volta applicato diventa una tortura. Ce lo domandiamo insieme al protagonista di questa storia, François, che è detenuto in un campo di prigionia nell'autunno del '44 con l'accusa di aver collaborato con i tedeschi, con il regime fascista di Vichy, benché sia stato iscritto al partito comunista.

L'occasione per rivivere tutta la sua vita sarà l'incontro con Antoine, un uomo che lo ha conosciuto dall'infanzia, un incontro irritante e di disturbo, perché Antoine, fascista e provocante, cerca di spiazzare i ricordi che François ha e di rivoltarglieli contro. 

Un gioco al massacro di grande perfidia.

Nel rievocare una vita alcuni incontri restano come punti fermi, come presenze non ineludibili, l'incontro con Martine, da bambina e da adulta, l'incontro con il padre di Martine, il maestro che gli fa conoscere letture e pensieri, l'incontro e l'amicizia grande con Jean-Pierre che gli farà amare il comunismo e insieme prenderanno la tessera del partito comunista.

Già Francesca Veltri con Edipo a Berlino aveva narrato la storia del drammatico conflitto d’identità vissuto da un giovane militante nazionalsocialista che, nella Notte dei Cristalli, scopre di non essere ariano, ma di origine ebraica. Il protagonista sta al confine fra identità e menzogna, interrogandosi, ed anche qui ci interroghiamo insieme a tanti che ancora stiamo interdetti e confusi davanti alle guerre di oggi. 

Credere, credere, credere, in cosa credere, per cosa decidiamo di perdere la vita, come ci facciamo una opinione di tanti fatti intorno a noi e poi quel desiderio della pace, della pace a qualunque costo. 

Quando gli eventi storici ci travolgono cosa resta delle scelte individuali? cosa resta delle speranze e degli ideali? Quando Jean-Pierre sarà imprigionato dai compagni in cui credevano, quando ciò che si crede non corrisponde più a ciò per cui si è combattuto allora la disperazione fa scegliere altri errori, fa scegliere ciò che sembra ma non è "quella pace ad ogni costo" che perderà definitivamente la vita di François.

Non vi racconto nulla se non la bravura di Francesca Veltri che sa, che conosce il tormento di anime straziate, che vorrebbero stare dalla parte del giusto e del buono, e finiscono sballottati nel caos degli avvenimenti.

Leggere un libro per interrogarci, come il protagonista delle Invasioni barbariche che rimane anche lui sorpreso quando conosce gli errori ed orrori perpetrati da Mao in Cina, leggere il libro con le immagini delle Vite degli altri, il clima di sospetto e diffidenza, le spie, i vicini di casa orribili come la vicina di casa della cugina di Martine, e interroghiamoci ancora sugli orrori del capitalismo di ogni genere, sulla falsa democrazia e sul fascismo, su ogni terribile forma di incubo chiamato storia.

Ippolita Luzzo 


sabato 17 dicembre 2022

Astor, un secolo di tango Stagione teatrale AMA Calabria

 



Devi andare stasera a teatro, mi chiama apposta da Bologna Anna, devi andare, c’è il maestro di teatro di Viviana, il regista dello spettacolo, Carlos Branca, bravissimo, un fenomeno, devi andare. Non posso esimermi dunque e la ringrazio perché la sua sollecitudine mi ha permesso di estasiarmi di fronte ad uno spettacolo perfetto. Perfetto nelle forme, nei gesti, nella scenografia essenziale fatta dai colori nello sfondo, perfetto nella musica suonata in scena e accompagnata da un’orchestra invisibile, perfetto tutto fin nello sguardo dei ballerini, nelle pose plastiche e scultoree che segnavano tutti i passi del tango con l’innesco nella danza classica e moderna.


Il tributo ad Astor Piazzolla si materializza così sulle scene del Teatro Grandinetti, un grande racconto con la voce narrante in idioma spagnola e io ho capito il perché ma avrei preferito in italiano, un grande racconto di corpi che si accarezzano e si allontanano, mentre il maestro accarezza i suoi strumenti e poi accarezza la rotula del suo ginocchio, mentre il colore del cielo e del mare, l’azzurro è lo sfondo di partenza. Poi avremo altri colori, poi avremo il rosso.

Un grande omaggio ad Astor Piazzolla

Negli applausi del pubblico qualcuno vorrebbe un bis, un bis di tutto il racconto, di ricominciare daccapo suppongo da un libertango, un tango rivoluzionario. La leggenda narra che la prima volta che Borges ascoltò Piazzolla in concerto uscì dalla sala sbraitando: "Questo non è tango". Era il nuovo tango,  quello pensato, ideato, suonato da Astor Piazzolla, un'altra storia, un'altra cosa, una rivoluzione. 

Ippolita Luzzo 

Intanto vi riporto le notizie ufficiali con : "Concerto di Danza con Mario Stefano Pietrodarchi e i danzatori del Balletto di Roma

Le Musiche di Astor Piazzolla arrangiate da Luca Salvadori ed eseguite da Mario Stefano Pietrodarchi con fisarmonica e bandoneon affiancato da un'orchestra virtuale, accompagnano La Compagnia del Balletto di Roma che celebra il centenario della nascita del musicista  Astor Piazzolla (Mar del Plata, 11 marzo 1921)

Valerio Longo porterà otto danzatori del Balletto di Roma a compiere un viaggio trasformativo in cui respiri e abbracci saranno al centro di azioni coreografiche intense, astratte e fuse in quel moto ondulatorio magico del bandoneón. A disegnare i contorni dei protagonisti saranno i costumi di Silvia Califano, assidua collaboratrice del Balletto di Roma e dei principali teatri italiani ed esteri.

La parola chiave sarà “coraggio”: quello declamato dai testi immortali di Jorge Luis Borges nei suoi tanghi e milonghe, così come quello dello stesso Piazzolla, che ha rotto gli schemi della musicalità del “tango viejo” per arrivare al “nuevo tango” che tanto lo ha reso celebre nel mondo.

A dirigere tutti gli elementi compositivi di quest’opera/concerto sarà la maestria e l’esperienza di Carlos Branca, regista argentino di spicco sulla scena internazionale e profondo conoscitore dell’uomo Piazzolla."





giovedì 15 dicembre 2022

Sara Maria Serafini Rigenerazione K035 Divergenze


A Belgioioso ci sta un castello dove io non sono ancora stata ma mi auguro sia possibile un giorno. 
Belgioioso è la sede della casa editrice Divergenze, una casa editrice che cura i libri con veste sartoriale di alta moda.
Diverse le collane della casa editrice: Le Scie, Il Simposio, I fuoriserie, Le Ciliegie, ed (ec)citazioni, collana di alta moda del pensiero.  
Questo libro fa parte della collana (ec)citazioni ed è già un gioiello, realizzato con materiali pregiati, ed addirittura cucito a filo di refe in finissimi ottavi, da una legatoria etrusca separata dalla tipografia. 
Sono stupita. 
Più la grande distribuzione del libro e la produzione del libro vanno verso prodotti simili e da mandare al macero velocemente maggiore è la sfida delle piccole case editrici a produrre libri curatissimi. 
Mi ricorda la stessa cura un libro che mi piace citare qui di Domenico Conoscenti, "Intimo Paradiso" un'altra opera d'arte. Quindi libri unici. 
D'altronde la Casa editrice Divergenze è presente nelle menzioni di merito dell'Osservatorio sulla qualità dell'editoria che certifica dal 1989 l'impegno dei bravissimi. 
La collana (ec)citazioni è inaugurata da Antonina Nocera con Metafisica del sottosuolo, ora alla quarta ristampa, un saggio nel "sottosuolo" di Dostoevskij e Sciascia, per trovare punti di incontro, e divergenze: da una parte Il contesto (1971) e dall'altra I fratelli Karamazov
Ultima in ordine di uscita ora Sara Maria Serafini con Rigenerazione K035 con un racconto distopico, anche se di distopico è rimasto ben poco perché la realtà si incarica sempre di raggiungere e superare qualsiasi più orrenda visione profetica.
"In uno Stato che ha per obiettivo l'incapacità sociale di fallire, Lia si macchia di un delitto senza ragione. La sua memoria sarà ripulita e inserita in una trama di simulazioni in cui il suo alter ego, Amalia, non dovrà cadere di nuovo in errore."
Questo è scritto sulla quarta di copertina e guardo quel treno, nel quadrante di un orologio che segna un tempo del non luogo, un tempo senza luogo e senza spazio. 
A Campara ci spostiamo ma poi siamo da Platone, nella ultima lettera a lui attribuita, in cui anche lui, smarrito dagli avvenimenti politici, teorizza che solo i filosofi dovrebbero regnare. 
Leggendo La Repubblica lui espone come dovrebbe essere uno stato ideale, ricordo tutto e pure le assurdità, perché la teoria a volte non tiene conto che la perfezione non esiste e non si può realizzare essendo noi uomini imperfetti dalla nascita e dotati di pulsioni e sentimenti irrazionali. 
"Il sogno del Legislatore diviene lo stesso del dottore pazzo" scrive infatti anche Sara. e così leggo nella interessante introduzione di Erika Cancellu. 
Nel racconto vi è un gioco di specchi, a Campara, il 24 dicembre 2006 Lia ha 35 anni, "a Campara il cielo è pulito come la coscienza di un neonato." scrive Sara. 
Campara si trova a 612 metri dal livello del mare, ed ogni volta che nasce un paese inventato ha tutta la precisione del luogo, del tempo e dello spazio in cui si trova. 
Lia dunque abita a Campara, cammina e riconosce la Panda di Fabio come potrebbe incontrare la mia Panda, solo il colore differisce, la mia è viola, quella di Fabio è una Panda 4x4 verde oliva. Lei sale in macchina e ascoltano Karma Police da CD masterizzati di Fabio. 
Darko, Francesco, Raffaele Lia, Fabio, aspettano un treno, quel treno che campeggia nella quarta di copertina.
Mi metto a leggere ora l'Agenda 2100, un programma di richiami, mi ricordo un altro racconto di punizioni per ottenere una società perfetta, è il libro di Elena Giorgiana Mirabelli Maizo, su tre adolescenti e continuo a leggere con in testa tanti riferimenti. 
Il soggetto preso in esame qui ha 35 anni, una laurea in Architettura presso la Sapienza di Roma, con votazione finale 103/110 uguale al mio voto di laurea!
Fino all'età di diciotto anni Lia vive a Campara e poi a Roma e insomma leggerete il libro e vedrete che le vite, le nostre vite, se diventano una somma di malattie, interventi chirurgici, titoli di studi, e altre notizie qui e lì, in effetti sono assurde schede ma non servono a certificare il fatto, il fatto inspiegabile di un evento terribile.
Senza Movente. 
Il racconto mi ricorda il film Arancia Meccanica, senza movente la violenza, supponente invece l'opera rieducativa che a me fece più impressione della violenza stessa. 
Ivano Porpora, nella postfazione, si chiede chi siano le due protagoniste, Amalia e Lia, vissute a distanza di cento anni, ed eppure segnate da un destino che l'Agenda 2100 vorrebbe incanalare. raddrizzare, perfezionare. Ivano risale anche ai Vangeli per dire qualcosa sulla serietà e sulla leggerezza, in un momento storico che ci richiede attenzione e sacralità 
Leggendo faccio salti temporali e leggendo ho sensazioni di déjà-vu leggendo ritorno a Platone, al suo inutile sognare di poter aggiustare le cose di Atene con la filosofia, le cose degli uomini con la filosofia, le cose che ci accadono e chi noi siamo con la filosofia. 
Il racconto di Sara Maria Serafini scritto con bravura e competenza conferma le doti di una scrittrice sempre più rivolta ad analizzare le pieghe dell'animo umano, i contorni e gli spazi, l'architettura del nostro abitativo in un contesto politico di redenzione e punizione, di male e bene, eterna duplicità della storia
Un plauso all'autrice e un plauso immenso a Divergenze e a Fabio Ivan Pigola editore nel Regno della Litweb 
Ippolita Luzzo
     
𝗦𝗮𝗿𝗮 𝗠𝗮𝗿𝗶𝗮 𝗦𝗲𝗿𝗮𝗳𝗶𝗻𝗶 è laureata in Ingegneria, PhD in Urbanistica, insegna ed è direttore di RISME rivista e servizi editoriali. Suoi racconti sono usciti su diverse riviste (Carie, Crack, L’Irrequieto, Narrandom) e in antologie (due delle quali edite da La Stampa e Giunti Scuola). Ha pubblicato i romanzi 𝘘𝘶𝘢𝘯𝘥𝘰 𝘶𝘯𝘢 𝘥𝘰𝘯𝘯𝘢 (2019) e 𝘓’𝘢𝘮𝘰𝘳𝘦 𝘤𝘩𝘦 𝘥𝘦𝘷𝘪 (2021) per Morellini Editore. Il racconto lungo selezionato è uscito da poco col titolo 𝘙𝘪𝘨𝘦𝘯𝘦𝘳𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘒035 per Divergenze.