mercoledì 4 settembre 2019

Le scortesie come opportunità

Fin quando non ci fiaccano inesorabilmente, le scortesie possono essere un modo come un altro per insegnarci a reagire.
Parlo delle scortesie che supponiamo di ricevere perché di quelle che facciamo noi verso altri, in modo volontario o involontario, nemmeno ci accorgiamo, nemmeno se, chi ha ricevuto da noi la scortesia, riesce a dircelo.
Noi allora negheremo di aver mai avuto quell'atteggiamento, di aver noi scaricato per prima, di aver noi voluto quell'incarico o aver noi voluto apparire al posto dell'altra. 
Noi mai abbiamo fatto sgarberie! Noi mai. 
Va da sé quindi che se interrogheremo chiunque se avrà mai fatto sgarberie nessuno ne confesserà e ci resterà quindi il dubbio di vivere in uno strano paradiso di gentilezza ed educazione e di non esserci mai accorti di ciò. 
Non è così però, visto che in tanti si lamentano di ricevere scortesie, alcune pesanti, come la mancata corresponsione finanziaria di un lavoro, altre meno percepibili ma altrettanti gravi, come il mancato riconoscimento per la risoluzione di un progetto, il mancato riconoscimento per aver creato un evento e favorito contatti e conoscenze. 
Siamo dunque al guado per capire chi mai farebbe queste scortesie se nessuno se ne confessa artefice e in tanti vediamo continuare a saltare e a cancellare proprio quella mano che li ha favoriti. 
La mano dimenticata, la persona dimenticata, colei che ha avuto l'idea, rimane così a rimuginare in solitaria malinconia di aver ricevuto un torto. 
Quanti stanno a rimuginare! Se io lo domandassi qui chissà quanti saprebbero dire di aver ricevuto sgarberie da colleghi, da suoceri e cognati, da fratelli e sorelle, perfino dagli stessi genitori, da mariti o mogli, da amiche e altro.
Forse gli unici che non ci hanno fanno e non faranno sgarberie sono proprio quelli che consideriamo nemici perché la scortesia è proprio un gesto di chi non ti aspetti, di chi ti è più caro, di chi ti fidi, di un intimo, di un socio, di un compagno e non un gesto di un nemico, perché in quel caso te lo aspetti e sei più guardingo. 
Dunque alcuni gesti scortesi ci possono fiaccare proprio perché vengono da un ambiente dove si opera, dove si ripone fiducia e si condividono idee, ci si confronta e ci si lega di affettività, convinti che noi saremo al loro fianco nella realizzazione di ciò in cui credevamo insieme. 
Se si vive e si scegli di vivere nel ruolo pubblico delle relazioni con gli altri poi tutto si amplifica e dal mio osservatorio raccolgo moltissime lamentele: C'è chi si è tanto dato da fare per un evento e poi se lo vede sfilato dalle mani oppure chi non solo non viene riconosciuto ma deve subire che si diffondano strane dicerie e maldicenze totalmente infondate sulla sua persona.
Un vero martellamento.  
Nel continuo lavorio di una mente allenata al ragionamento però non deve mancare il momento della decisione, del non farsi travolgere dai gesti altrui, dai sussurri e grida che inavvertitamente si intercettano e diventano scortesie verso la nostra persone.  
Tutto quindi gira nella giostra umana, nella commedia umana, direbbe Balzac, o nella bestia umana alla Zola, insomma nulla di nuovo sotto questo cielo per dirla con Mogol e Battisti, cantata da Mina. 
Resistere Resistere Resistere sembra che ci dicano scrittori e cantanti, visto che proprio nell'ambiente letterario o sedicente culturale le scortesie allignano, crescono e si riproducono con la facilità degli incontri e la piacevolezza degli scontri.
Ippolita Luzzo   

lunedì 12 agosto 2019

L'Officina del Racconto a cura di Rino Garro

"Ummagumma è vivo" Una telefonata ti salva la vita, dalla serie possiamo ricevere telefonate che ci ricordano un brano dei Pink Floyd, che ci ricordano quel momento importante, quel ricordo che possiamo avere solo in due, solo quei due. E poi il disco si trova, perché il disco è in cantina, fra lampade e sedie, e tanta polvere, in mezzo ai Genesis e a Bob Dylan, a James Taylor e Simon & Garfunkel, il primo Edoardo Bennato e De Gregori, Ummagumma è lì.
 Nella letteratura dei ritrovamenti si ritrova un foglio di saluto, nel saluto degli affetti mai taciuti, sempre vivi. 
Il Laboratorio Artigiano di Fantastica è un cantiere-officina ideato e guidato da Rino Garro per gli studenti dell’IIS Leonardo Da Vinci di Firenze. Più di centocinquanta studenti, divisi in gruppi, con otto capi cantieri, hanno dato vita all’Officina del racconto. I capicantieri sono alcuni dei più bravi scrittori italiani: Valerio Aiolli, Elisa Biagini, Enzo Fileno Carabba, Rino Garro, Emiliano Gucci, Alessandro Raveggi, Vanni Santoni, Marco Vichi. 
Viva la Scuola, scrive Rino Garro nei ringraziamenti e viva la scuola diremo noi il 22 agosto presso la Mondadori Bookstore facendo conoscere L’Officina del racconto. 
La costruzione di una storia, Andate via, Il mondo della fantasia, poesie e racconti: Copia e incolla, Le stagioni della moda. 
Scrivere non è mai inutile, nella postfazione di Marco Vichi, un’occasione di entrare nel nostro mondo interiore, qualcosa che era sconosciuto fino a poco prima anche a chi lo sta scrivendo. Siamo costretti quasi dalla scrittura a fare chiarezza perché dobbiamo raccontare quella storia agli altri e per saper fare ciò dobbiamo raccontarla a noi stessi. 
Un viaggio nella conoscenza di chi siamo e del mondo intorno a noi, è questo l’esercizio della scrittura. 
Nella prefazione a cura di Rino Garro stiamo con lui, nel momento iniziale, nel momento in cui l’insegnante entra nell'aula, saluta, e ricorda in quel preciso istante che anche lui è stato alunno, ricorda i suoi professori, ed anche a lui ora spetta un compito.
 Eccolo distribuire i fogli e invitarli a inventare storie. È faticoso ma un verso lo aiuta: The child is father of the man. Il fanciullo è il padre dell’uomo. 
Leggo in questa splendida raccolta di racconti a cura di Rino Garro un sogno che continua dopo svegli. "Andate via" si intitola e intanto io mi domando:-Quanto sono fra noi i sogni? Quanto abitano una realtà che ha sicuramente più piani? Quanto?- Io già lo so. Il sogno è uno strato di realtà, il sogno ci insegue e ci porta indietro, come l'infanzia, come i tanti io che fanno parte della nostra integrità. 
 Cantando alla maniera di Don Backy Canzone: Nel più bel sogno ci sei solamente tu, sei come un'ombra che... tornerà sotto forma di letteratura. Nella grazia del racconto, nell'Officina di Rino Garro.
Ippolita Luzzo  

martedì 6 agosto 2019

Matteo Meschiari Nelle terre Esterne Mucchi Editore

Matteo Meschiari in Lettere Persiane Collezione di saggi critici diretta da Luigi Weber.
La critica è una "lettera persiana", come Montesquieu ci racconta nella sua opera, una grande raccolta cronologica di lettere che, alcuni giovani persiani che visitano l’Europa e sostano per un certo periodo in Francia, si scambiano con i loro parenti e conoscenti orientali. 
Si ricorre sempre allo stratagemma dell'altro, di come ci vedano coloro che vengono da un altro paese, come anche nell'Urone di Voltaire, per rompere quella "lastra di ghiaccio" che immobilizza il pensiero nelle abitudini e consuetudini del luogo e del tempo. Compito della critica è permettere il movimento di pensiero, permettere che la curiosità sia possibile, permettere un passaggio da una sponda ad un'altra. 
"Nelle Terre Esterne" è il titolo di una raccolta di saggi di Matteo Meschiari, già ricercatore in Discipline Demoetnoantropologiche, professore associato in Geografia all'Università di Palermo.
Lo studio della geografia umana, l'ecologia culturale sono materia dei suoi studi ed io sento molto vicini al Regno della Litweb tutto ciò che leggo nei suoi saggi pubblicati come "Esercizi di lettura terrestre" così li chiama Matteo Meschiari ricordando un titolo e un libro del 1939 di Gianfranco Contini "Esercizi di lettura". 
Un libro decisivo per la critica letteraria del Novecento, ci dice  Andrea Cortellessa del libro di Contini, nella Prefazione alle Letture Terrestri di Matteo Meschiari, "un modo di conoscere il mondo attraverso il paesaggio, attraverso la terra".
Gli studi fatti ci permettono di leggere a partire del "Pensiero selvaggio" di Claude Lévi-Strauss del 1962 e di giungere al 2008 di Meschiari che pubblica "Sistemi selvaggi", e comprendere la complessità del "pensiero aperto, acentrico asimmetrico e anarchico" così da spezzare quella lastra di ghiaccio di cui parlava Montesquieu. 
Il coraggio è la leva con cui la conoscenza si fa largo in una discussione, ora che, parlando, ogni cosa si svuota di significato, quasi come in un sortilegio magico. 
Diventa un vuoto il paesaggio, la parola cultura una vera beffa, e serve, quasi come un imperativo, raccogliere e conservare per donarli nel silenzio della lettura "Saperi geo-logici". 
In questa raccolta di saggi il paesaggio letterario va da Sbarbaro a Gadda, da Stoppani a Biamonti ed è una griglia immaginata per far risaltare come il paesaggio e la parola fanno "rizoma assieme"in un innesto fra uomo e natura. Fra terra e uomo.
Ascoltiamo Leibniz  e l'evento iniziale che è all'origine delle cose: la separazione della luce dalle tenebre, ci ricorda Matteo nel suo saggio su Carlo Emilio Gadda, Cosmografie di carta, e gusteremo ogni squarcio di luce ogni ombra rischiarata di luce, e rileggeremo Gadda come epidermide, Gadda scrittore in geologia di tenebra e luce. 
Dalla rivoluzione della fisica quantistica, nel Novecento, come nella rivoluzione geologica del Settecento una nuova frontiera all'immaginazione. 
Saranno nuovi mondi letterari? Nella fenditura epocale dello spezzare la lastra di ghiaccio, L'Ora del mondo ci chiama, con Matteo Meschiari, Nelle terre Esterne.
Ippolita Luzzo  

giovedì 1 agosto 2019

Marisa Salabelle L'ultimo dei Santi

"Marisa Salabelle è una delle animatrici della libreria indipendente Les Bouquinistes di Pistoia" così leggo nel risvolto di copertina, ma io non ho bisogno di leggerlo amando da anni quella libreria e i suoi animatori, amando da anni quelle splendide locandine con cui vengono informati i lettori degli eventi. Come se io ne facessi parte, condividendo anche il dolore per la scomparsa di Sergio Salabelle amatissimo. 
L'ultimo dei Santi mi giunge a Luglio, un mese esatto oggi, e mi ritrovo a conservare la suggestione della lettura amando il racconto come se fosse una persona. 
Un racconto su un luogo, gli Appennini, sui paesini dell'Appennino, sugli abitanti. Su un giornalista, su degli incidenti che si riveleranno degli omicidi, sulla morte dei fratelli Santi.
 Tutti hanno segreti, anche il giornalista: "Presto la bomba sarebbe scoppiata, ormai lui se la sentiva granire, e non aveva un piano, se non quello di temporeggiare il più possibile." Ed eccoci anche noi nel racconto a Tetti, il luogo da dove e per dove si arriva e si parte e si svolgono i fatti.
"Subito dopo la guerra Tetti avrà avuto quanto, cinquecento abitanti. Più altri cento sparsi per le varie borgate. In piazza c’era la bottega di alimentari, che vendeva tutti i generi necessari, la pasta sfusa, che si prendeva con un paletta e si metteva in un foglio di carta gialla, la farina, il riso, lo zucchero, che invece la carta ce l’aveva azzurra e nessuno sapeva perché, e il sapone in polvere, le saponette Palmolive, il sale e le sigarette, che la bottega aveva l’insegna dei Sali e Tabacchi." Tutto il resto, frutta, verdura, uova, veniva prodotto dagli abitanti, tutti avevano le galline e tutti si facevano il pane in casa anche se uno aprirà un forno e molti trovarono comodo comprarlo. Subito dopo la guerra stiamo parlando di più di settanta anni fa. Nulla sembra più come allora tranne forse le saponette Palmolive che hanno potere nel bagno di mia madre da sempre. "Per le scarpe dovevi andare a Porretta." C’era il bar trattoria, la scuola elementare aveva due classi, e infine fu chiusa negli anni settanta perché non c’erano più bambini in paese. Ma ora bisogna fare una mostra sulla storia di Tetti, con pannelli degli ultimi cinquanta anni e con le fotografie degli abitanti. Così ognuno aveva cercato e trovato vecchie foto e tutti si raccontavano gli episodi dimenticati mostrando le persone morte o andate via.
 Cara Marisa, io credo invece che della nostra epoca non resterà proprio nulla perché un profilo non è una scatola di cartone ma un evanescente luogo web di cui non siamo proprietari.
"Tutti mettevano le mani dentro la scatola e tiravano fuori le foto, c’erano i genitori di Teresa, il giorno del matrimonio...Tutti si meravigliavano e si passavano le foto l’un l’altro, commentando, neanche non l’avessero mai viste" Siamo già all'inizio della storia.
Leggere è viaggiare. Sono andata a Tetti, Casaccia, Fossalta, con Marisa Salabelle in giro sull’Appennino. Vi invito ad andare a Strapiombo... quattro chilometri in macchina, poi si deve entrare nel bosco... ci vorrà una mezzoretta di cammino, come minimo. Andate a trovare gli Elfi. Io vado ora 
Così scrivo con ancora l'amore per una scrittura affettuosa, per un modo di descrivere luoghi e persone che sento familiari, con una vera partecipazione ai fatti e all'inesorabile cambiamento che questi tempi senz'anima stanno portando nei paesi e nelle famiglie. 
Credo di essere fortunata nel Regno della Litweb di poter accogliere e parlare, di poter conoscere libri veri, racconti come questo, al quale auguro di raggiungere tutte le librerie, dalle Alpi agli Appennini, comprese le isole. 
Un grande applauso dal Regno della Litweb ed un triplice evviva per Marisa.
Ippolita Luzzo 

Raffaele Gaetano Le Idee Estetiche Di Pietro Ardito

Raffaele Gaetano si è occupato di Estetica con diverse opere fra cui "Viaggio Pittoresco", su Richard De Saint-Non, ha scritto di Pietro Ardito in "Artista e Critico", entrambi editi Rubbettino. Numerosi sono gli studi di Raffaele Gaetano, sempre attento a raccogliere e indagare sulla bellezza nel territorio calabro troppo bistrattato da tanta realtà terribile. 
In questo libro si sofferma sulla figura e sulle idee di Pietro Ardito, dopo aver indagato in "Artista e Critico"  la riflessione del teorico, la pratica dell'artista e il giudizio del critico. 
Lo studio prende il largo dal giudizio di Francesco Fiorentino «Artista e Critico è diviso in tre parti: Estetica, Arte e Critica... La forma di questo libro è piana, lucida, castigata; il contenuto ne è serio, pensato e rivela nell'autore un lungo ed attento studio sulla nostra letteratura, non scompagnato da quello delle letterature straniere» e vuole smentire quella "marginalità" quasi uno stigma della perifericità della Calabria e dei suoi studiosi.
In una collana prestigiosa, diretta da Romeo Bufalo, sui Pensatori Calabresi, si vuole contribuire alla costruzione di una "geografia mentale" che vada da Mario Alcaro, autore per Rubbettino nel 2011 di un volume sulla Storia del pensiero filosofico in Calabria da Pitagora ai giorni giorni nostri" a questi volumi pubblicati da Il Testo Editor. 
L'opera è pubblicata con il contributo del Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università della Calabria. 
Tiro un sospiro sperando di aver scritto tutto per bene dopo aver letto e apprezzato di uno studioso al quale a Lamezia è stata intestata la Scuola Media "Pietro Ardito" che io ho frequentato e dove ogni anno si svolge un Premio Pietro Ardito che premia gli alunni e i lavori dei gruppi di classe. A Lamezia dunque il suo nome è ricordato ma così non è nella manualistica più recente.  
Artista e Critico è l'opera più penetrante di Pietro Ardito eppure il nome di Pietro Ardito è andato incontro a una "damnatio memoriae", scrive Raffaele Gaetano, ricordando anche Antonio Tari, il filosofo di Estetica Ideale. 
Non conosciamo le ragioni dell'oblio che avvolge alcuni studiosi e compito interessante è proprio cercare di sollevare la coltre e mostrare quanta meraviglia sia nascosta. 
Pietro Ardito preferiva il dialogo, aveva una idea della letteratura capace di cogliere il divenire, i rapporti con la religione e con l'arte, ben legata ai bisogni della realtà. Sembra di leggere Filippo La Porta, sembra di leggere il dibattito contemporaneo su ciò che sia o non sia letteratura, per Ardito come per noi, in un'epoca di grandi contrasti. 
Anche al tempo di Pietro Ardito i contrasti erano accesi fra laici e cattolici ed egli tornò a Nicastro abdicando alla possibilità di insegnare Letteratura italiana all'Università di Napoli. 
Scrivendo mi ricordo il mio luminoso Preside Oreste Borrello, anche lui un apprezzato filosofo, e di cui mi auguro di leggere i suoi scritti. 
Un intellettuale di confine, Pietro Ardito, così Raffaele Gaetano lo consegna alla curiosità di chi vuole conoscere di più sul critico e teorico letterario. 
Dal Seminario Vescovile cittadino, vera fucina di talenti, dove Pietro Ardito entra nel 1840, dopo la morte del padre nel 1837, unico luogo dove fosse possibile studiare, all'insegnamento di lettere nello stesso Seminario e poi Direttore del Seminario, man mano studi e aderenza ai moti liberali, in quella unità di intenti fra conoscenza e azione.
Quel che ci avvince nella lettura è vedere come anche nell'asfittico spazio del destino di tempi difficili ogni studioso possa ritrovare un suo luogo per studiare e per incontrare, per leggere e per vivere e possa poi essere riconosciuto al di là del tempo e del luogo. 
Questa è la bella opportunità dell'incontro con la lettura sulle idee che viene coltivata nelle "Radici del Tempo", nome dell'associazione culturale che ha la proprietà letteraria del testo.
Ippolita Luzzo       

venerdì 12 luglio 2019

Remo Bassini La donna di picche


Una lettura gradevole e affettuosa mi fa compagnia nel pomeriggio afoso di un luglio non particolarmente ostile. Una lettura che mi porta a Vercelli, sede quindi di una mia vacanza sui tasti e sulle pagine del libro di Remo Bassini, La donna di Picche. 
Ambientato a Vercelli, il racconto inizia proprio con il tempio abbandonato di Saletta, nel Vercellese, vicino ad Alessandria. 
Il tempio è rotondo. ha dodici colonne, un sotterraneo. Un tempio forse pagano intorno al quale sorgono leggende di orme gigantesche e di fantasmi, il fantasma di una bellissima dama bianca. 
Esiste la leggenda di un amore impossibile e dei due innamorati contrastati che si tolgono la vita vicino al tempio e lì vicino satanisti si riuniscono per i misteri che ci intrigheranno. 
La trama e i fatti vengono narrati da due voci femminili, ognuna di queste voci con le esigenze proprie, una sorta di possesso sul personaggio di cui dicono. 
Il protagonista dell'inchiesta non ci dice altro se non quello che ci viene raccontato di lui.
"Il commissario Pietro Dallavita, inviato, dalla Omicidi di Torino, in missione speciale a Vercelli e insieme a lui, a far luce sull'efferato assassinio di un brillante avvocato, il fedele ispettore Domenico Tavoletti e due donne, una di cuori e una di picche." 
In effetti ci spiazza questa storia raccontata da due donne, una storia torbida di delitti. Inizia con l'uccisione della mamma di una delle due donne e prosegue con una indagine più intorno all'anima dei sospettati e dello stesso commissario che alla ricerca dei fatti. 
Non potrebbe essere diversamente, anche se una delle due donne, Micaela, è una collega del commissario, una ispettrice, e lavora nella stessa squadra. Vediamo un po' come è fatta questa squadra dalle parole del questore:" Sai qual è la cosa peggiore che devi affrontare quando sei al comando di altri uomini? Al primo posto c’è l’inaffidabilità: lavorare con soggetti inaffidabili.. Al secondo posto c’è la litigiosità, gli scontri tra bande o tra singoli. Al terzo posto l’incapacità, soggetti che avrebbero dovuto fare altro. Con gli incapaci è facile, basta affidargli mansioni semplici.. con gli inaffidabili bisogna fare attenzione, evitare che ti accoltellino.. Ma se una testa calda è bravo e affidabile sono cavoli amari." 
Marco Bellomo, il questore di Torino così dice a Micaela dei suoi uomini e così si potrebbe dire in generale di tutti i luoghi dove molti si relazionano. Nella difficoltà fra ciò che si vuole e ciò che si può si muovono e si incagliano i desideri, gli amori taciuti e non. Nella difficoltà di essere e non essere, in un divenire sempre più torbido fra rapporti familiari malati, il legame di sangue diventa il cappio che soffocherà la vita che lo stesso legame crea. Un fare, anzi un creare, all'interno delle famiglie, e un distruggere. Qui noi lo leggiamo sotto forma di noir grazie a Remo Bassini.
Ho letto anche altri racconti di Remo Bassini e in tutti ho trovato il gusto del leggere storie ben costruite e narrate con l'oralità tipica dei racconti delle nonne. Lo stile affabulatorio del raccontare un meccanismo che ci attrae e ci inganna, uno stile personalissimo che fa di un thriller, di un noir, un racconto psicologico, un viaggio interiore, una introspezione poliziesca fatta con affetto.
Ippolita Luzzo 

Remo Bassini, classe 1956, è scrittore e giornalista. Per nove anni è stato direttore del periodico La Sesia di Vercelli, città dove vive e lavora. Ha pubblicato, tra gli altri, per Fernandel il giallo politico Lo scommettitore, finalista al concorso Libro dell’Anno per il programma radiofonico Fahrenheit, per Newton & Compton La donna che parlava con i morti, per Mursia Dicono di Clelia. Con La notte del santo fa il suo esordio nel catalogo Nero italiano di Fanucci.