lunedì 19 novembre 2018

Giovanna Villella mi presenta così

IPPOLITA LUZZO: RITRATTO DI DONNA NON CONVENZIONALE
Fantasiosa, visionaria e irriverente quanto basta, se dovessi paragonarla ad un artista di teatro, sarebbe una Paolo Poli in gonnella senza le metafore erotico-verbali che Poli - tuttavia -sapeva porgere con tanto candore.
Se fosse un quadro sarebbe La donna che legge di Van Gogh.
Se  fosse un libro sarebbe il suo, ovvero un non libro. I libri, i suoi libri, sono oggetti animati, abitano la sua casa, non sono mere suppellettili. Camminano, si nascondono, parlano con lei, pranzano e cenano alla sua tavola. Quando non riesce a trovarne uno, lo chiama come se fosse il gatto di casa.
Se fosse una fiaba Alice nel Paese delle Meraviglie ex-aequo con la moderna Cenerentola che ascolta i Joy Division di Romeo Vernazza.
Se dovesse scegliere un mestiere farebbe la “donna di lettere” nel senso della postina però, con gli stessi poteri del postino di Domenico Dara.
Non ama defininirsi blogger, anche se ha un blog seguitissimo. Non è una donna del Sud. Recentemente ha scoperto il termine fanzine. Ma in realtà è una linker ovvero una persona che riesce a creare collegamenti  in una prospettiva multidisciplinare e di scambio continuo.
Ippolita, regina senza corona di un regno che non c’è, come l’isola di Peter Pan e di Peter Pan ha mantenuto quella euforia, quello stupore, quello spirito fanciullino che le fa battere le mani esclamando “Evviva” quando una cosa le piace, la fa felice. E a proposito di felicità, le basta davvero poco. Piccole felicità… per dirla con libro che entrambe abbiamo amato e raccontato.
Un regno doppiamente virtuale il suo, perché non è di questa terra ma neanche di lassù. Appartiene a quella vita parallela, quella second life, magistralmente raccontata nella favola della gabbietta. Un giardino recintato dove tutti siamo più o meno rinchiusi e dove lei, dopo essere stata bannata, segnalata ed espulsa, perché considerata un troll che, nel gergo di internet, è soggetto che interagisce con gli altri tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso, con l'obiettivo di disturbare la comunicazione e fomentare gli animi, si è ritagliata il suo spazio social a cui affida le proprie riflessioni personali e metaletterarie. Così, in poco tempo, viene seguita, corteggiata, ricercata, invitata come un vero e proprio guru della letteratura soprattutto per la sua capacità di scouting nello scovare giovani talenti. Da bannata a blandita… ma non tutti è concesso di entrare a far parte del suo regno.
Il regno della Litweb, finestra sul mondo. Elemento architettonico familiare dalle molteplici declinazioni estetiche o funzionali, la finestra  gioca un ruolo essenziale nella vita quotidiana, tanto individuale quanto sociale: essa è fonte di luminosità, di visibilità, di comunicazione e, nel contempo frontiera tra due spazi, quello esterno e quello interno, spesso antitetici. Nel primo caso, quello esterno, delimita un frammento di reale che si offre alla rappresentazione. Nel secondo caso, quello interno, perimetra uno spazio altro, più intimo, votato alla contemplazione e all’immaginazione.
Tuttavia, la finestra chiusa segna una separazione radicale tra questi due spazi antitetici organizzati intorno ai poli opposti silenzio/rumore, solitudine/folla, calma/frenesia, calore/freddo.
Se invece la finestra è aperta o socchiusa, lo spazio privato può far trapelare delle informazioni personali, intime che investono lo spazio pubblico e viceversa ciò che appartiene allo spazio pubblico può interferire con il proprio privato influenzandolo e modificandolo. 
Testimone di questa reversibilità degli spazi, la finestra partecipa così al doppio gioco della esibizione e della dissimulazione diventando dunque metafora dell’occhio e quindi della stessa attività di creazione estetica, poetica o simbolica.
È così che Ippolita elabora una propria visione del mondoriuscendo in quel delicato e difficile lavoro di sintesi del “doppio sguardo” che procede dall’esterno all’interno e viceversa. 
I suoi scritti sono a prima vista deliranti, non certo nell’accezione psicopatologica di disturbo caratterizzato da un’alterata interpretazione della realtà, ma in senso etimologico. Dal latino lira, "solco", per cui delirare significa etimologicamente "uscire dal solco", ovvero dalla dritta via della ragione - del conformismo dire io.
In questi anni di stupido cicaleccio sentimentale e di scribacchini innalzati al ruolo di scrittori, Ippolita è una eretica della scrittura che non ama compiacere. I suoi testi, spesso, non hanno un filo conduttore visibile, ma hanno un andamento irregolare, random quasi. Zeppi di richiami e di rimandi incrociati… Si passa dalle canzoni alla filosofia, dalla nutella a Dio, dalle filastrocche alla fisica quantistica… e con leggerezza (che leggerezza non è superficialità, come diceva Italo calvino)ci invitano a leggere la contemporaneità in una prospettiva nuova, insolita a volte, ma mai banale.  

giovedì 15 novembre 2018

Nadia Terranova Addio Fantasmi



 Leggo e ritrovo nel libro di Nadia Terranova spezzoni di vita conosciuta, di quando una mia mia amica mi disse come Sara a Ida,  mi ritrovo nei dialoghi fra Ida e la sua mamma, con storie e reconditi fatti passati molti diversi.
Il dialogo plausibile e universale, uguale al nostro dialogare, racconta, senza raccontarlo, il compito del lettore nel suo dialogo con un testo. 
Se il testo fosse Ida e io fossi Sara, Se il testo fosse la mamma e io fossi Ida e viceversa, facendo questo gioco ho preso a leggere e rileggere Addio Fantasmi relegando alla trama un lato, una vista laterale. Affascinata da ciò che tutti noi, scriventi, abbiamo colpevolmente cercato: l'attenzione sui nostri scritti.
Una vera ossessione.
Il Libro di Nadia Terranova è fatto di rimandi e di ritorni, di rimpianti e di rancore, di risposte e di rincorse, di rassicurazione e di rumori.
La lettera erre del nostro alfabeto ci rovista e ci ritrova. 
Addio fantasmi, amandovi e facenti parte del nostro vissuto, addio e arrivederci, telefonando e telefonando a chi ci risponderà, per non lasciarci soli con voi.
La voce del marito di Ida risponde dal luogo della necessità, necessità di un equilibrio, affinché la protagonista non sia presa per mano dal fantasma che sta in lei.
Ida fa il suo viaggio di andata e ritorno e resiste.       
Nadia Terranova a pagina 147 fa dire ad Ida: "Chiusi la conversazione, strinsi il telefono fra le mani e ringraziai il miracolo tecnologico che permetteva di lasciarsi invadere da un'altra persona a centinaia di chilometri di distanza, farsi modificare l'umore da lei e chiederle aiuto per resistere"
Nel farsi crescere dal racconto altrui, nel farsi idea di ciò che lei sia, nel farsi storia di un racconto unico, mi sembra un farsi fascinante questo romanzo che consiglio, che amo, che mi abbraccio. 
" Veniamo tutti da un funerale, tutti abbiamo perso qualcuno e sappiamo quanto lunghissimo e ingiusto sia il tempo davanti a noi, il tempo senza quella persona. Il tempo che cominceremo a contare anno dopo anno, a partire dalla perdita. Delle vite degli altri non so molto, ma se aprissi uno spiraglio la mia solitudine diventerebbe affollata" pagina 195
Ed ora mi appunto questa lettura che Nadia Terranova fa in una intervista: "C’è un racconto di Leonardo Sciascia che ha un incipit bellissimo e dice che esiste soltanto un paese  nella vita cui poi torniamo e che ricreiamo nella letteratura, si intitola "Paese con figure" contenuto nella raccolta "Il fuoco nel mare" pubblicata da Adelphi. "Quando saremo lontani da questo piccolo paese in cui siamo nati e viviamo, quando finalmente ci sentiremo nascere dentro amore e nostalgia per le cose che oggi ci circondano e mortalmente ci annoiano -  di queste povere case ammucchiate, di queste persone che ogni giorno  incontriamo, il nostro ricordo riuscirà forse a comporre una  di quelle infantili e amorevoli costruzioni in cui cubetti di legno e figurine di coccio fanno affettuosa armonia; una povera e incantata armonia’’. Trovo in queste righe la sintesi di quello che accade quando ricostruiamo con la letteratura il nostro luogo dell’infanzia, senza mitizzarlo però, cioè rendendoci conto che da un punto di vista umano, personale e psicologico è stato comunque una burrasca. Non abbiamo scelto, certo, il posto in cui vivere,  non abbiamo scelto la famiglia dalla quale siamo stati condizionati e spesso ne siamo scappati, come anche nel mio caso. E poi, a un certo punto, siamo tornati in quella provincia  alla quale  attribuivamo tutti i mali del mondo pensando magari da ragazzini : "se non avessi vissuto qua, chissà cosa sarei, cosa farei, mi tocca questo luogo’’. Invece abbiamo letto, pensato, amato, c’è tutto quello che poi siamo diventati."
Grazie mille a Nadia Terranova 
Addio Fantasmi amatissimi nel Regno della Litweb 
Ippolita Luzzo 


lunedì 12 novembre 2018

Le storie di Domenico Conoscenti: Quando mi apparve amore

Storie più che racconti compongono il libro di Domenico Conoscenti. Leggo questi nove racconti, più la lettera al lettore, a modo mio, mi ritrovo a ridere con l'autore quando, iniziando io spesso dalla fine, vedo subito scoperto il mio gioco dal suo consiglio, dal suo immaginarmi leggere un solo racconto al giorno, qualunque sia la forma o la durata. Saltello leggendo squarci, faccio orecchiette, orecchiette al libro, non al sugo, e mi ritrovo in quella alunna al primo banco, intenta a scrivere e scrivere sul mio diario, sul banco.
 C'era proprio tutto questo sul mio diario: strofe di canzone, versi e cancellature, scarabocchi e Jacovitti, disegni e titoli, malessere di un tempo diventato scrittura e poi un bel giorno strappato e buttato, dopo essere stato conservato per anni.
"Il dettaglio anomalo" è la scrittura di oggi, quel varcare la soglia dell'altro, quel leggere l'altro, come un fratello, un fratello di scrittura. 
"Col tempo si dilatano gli intervalli" e col tempo sai, col tempo tutto se ne va. Resta prepotente la voglia di scrivere per pochi, pochissimi, per chi crediamo siano una parte di noi. 
Mi accorgo di essere io Mimmo Conoscenti, in una immedesimazione di concetti, in una contestualità fatta di frasi, nostri pensieri. 
Mi siedo sempre meno a scrivere, sempre con meno voglia, se non fosse che un racconto, una lettura fatta, non cominci a tempestarmi, a obbligarmi quasi, di scrivere. Un tempestio affettuoso, una vicinanza fatta di passeggiate con il libro in mano, di continui ritorni al bosco narrativo, alla selva oscura della frase. 
"Vampe d'agosto" sarà dunque quella selva, se immaginiamo questo cammino nei racconti come un peregrinare nei peccati, nella sete di vendetta, nei delitti, nelle assenze. 
Leggo a mia mamma la poesia di Leonardo Sinisgalli, messa all'inizio di "Visione, una distanza ci divide." 
Si fatica per anni/ a sciogliere nodi,/ a dare un'immagine/ favolosa a una ciocca/ illeggibile di segni perduti.
Stiamo a guardarci con mamma, io di 64, lei di 94, con gli anni vuoti, con me "la certezza di esistere come evento irripetibile, una storia che hai già ascoltato tempo fa e che ritrovi scritta nel libro della tua memoria, ma ti piacerà sentirla una volta ancora, uguale e differente e con la mia voce di adesso."
Nei racconti di Mimmo Conoscenti vi è una dolente separazione fra pulsione e realizzazione, fra impossibile incontro di affetti, fra mondi di maschere e di infingimenti, per sopire quel che si crede sia un sentire, nel terrore di sentirsi fuori dal gregge.
 Lui ci parla di sessualità, ed è sempre un terreno oscuro, come oscuro è l'oggetto del desiderio, sia esso da uomo ad uomo, da uomo a donna, e viceversa da donna ad uomo, da donna a donna, oppure molto più semplicemente fra noi e noi, in un io solipsistico che abbraccia se stesso, sfuggendosi. "A fare la differenza è la vita che si è fatta" e rimango sempre con la candela in mano ad illuminare un Eros scomparso alla vista di Psiche. 
"Alla marina" e nel mare delle sensazioni annegheremo, leggendo e rileggendo ciò che "una sola volta non basta" dico io. 
Non sono sicura di aver ancora posseduto il testo, nel difficile rapporto amoroso che si instaura fra lettrice e lettura, e ho la stessa trepidazione dell'autore nell'affidare al blog i miei pensieri di oggi, convinta che domani sarebbero migliori, sarebbero ancora più vicini o più lontani "Attraverso gli schermi" di un grande scrittore. 
Nell'affabulazione che è favola e tragedia abitano le storie di Mimmo  Conoscenti nel regno della Litweb 
Ippolita Luzzo 

   

sabato 10 novembre 2018

11 novembre 2018 Tagliare il mantello

Il sole splende e l'estate di San Martino si riconferma ogni anno con il mantello tagliato a metà e donato a chi mantello non ha. 
Seduta qui disinnesco l'inquietudine di non credere vero e possibile ancora l'esistere di un Martino che tagli il mantello.
Mi sembra improbabile un gesto di così grande solidarietà e pur anche ci fosse chi farebbe il gesto di Martino ora sarebbe guardato con sospetto, e pur anche ci fosse gli sarebbe impedito di esistere.
Tagliare il mantello in due pezzi, in tre pezzi, in moltissimi pezzi, tanti sono coloro che hanno bisogno di un pezzo di stoffa, di un tetto, di una cittadinanza, di diritti. 
Sono contro l'elemosina del singolo, la trovo offensiva, l'elemosina non dà dignità, costringe il ricevente a dire grazie, a sentirsi inferiore.
Nella storia di San Martino però ogni gesto viene edulcorato dall'aureola di santità ed allora evviva Martino, 
evviva Mimmo Lucano,
Evviva evviva i tanti Martino che sanno tagliare un mantello, fin quando sarà possibile.
Pezzi per tutti nell'estate di San Martino calda e chiara di un 2018 invece crudele  

giovedì 1 novembre 2018

Morto

Da un  mio post del 2015:
 Morto da molti anni il fratello di papà che andava ogni giorno a trovarli, si sedeva accanto al camino e diceva: "Chiovi, e chiovi chiovi, quandu chiovi un sicca nente." vuol dire "quando piove non secca nulla."
Morto da anni il fratello di mamma che ogni tanto andava a raccontare le sue stralunate avventure da bevitore e suonatore di mandolino, morto da troppi anni mio nonno, unica intelligenza ironica che io mi porto appresso e morta la nonna con le sue favole, ora andare a casa dei miei cari ogni giorno solo per riscrivere i proverbi di mio padre e le umiliazioni di mia madre, le difficoltà di un fratello e il mortorio di fondo che sussurra.
Novembre 2018
Da allora ad oggi salgo in centro ogni giorno, e il mortorio diventa un sussurrio di passi, di gesti, di sguardi. 
La casa grande, la mia mamma pulisce. Ordinatissima, lei, la casa e il mondo intanto sparisce, si trasforma.
Subito fuori brutture su brutture, cacche di cani agli angoli, muro sbrecciato di fronte, brutte scritte lordano i muri della via, sconosciuti di ogni nazionalità trascinano pacchi e borsoni, si stabiliscono per poco poi scompaiono, intorno cancelli, grate, chiusi gli infissi delle case di fronte. Morto il vicinato. Morto. 
Salgo ogni giorno al centro dove sta la casa dove sono nata, e mi accorgo quanto ormai sia un gesto di risposta alla mia mamma, che mi chiede, al cellullare, cosa faccia. Sto salendo, le rispondo.
Morto il mondo del vicino, dei vicini, non conosco quasi i miei vicini, morto il mondo intorno a noi, celebriamo ciò che il mondo è diventato: un cimitero di buone intenzioni.    

mercoledì 31 ottobre 2018

"La colpa" di Raffaele Mangano

Uno stato d'animo sovrappensiero aleggia sul libro diventandone il filo conduttore. La Colpa è uno stato d'animo prima che il racconto di un uomo, vissuto dall'infanzia senza aver visto più il padre scomparso, che viene informato dalla morte di lui avvenuta in un convento dei frati minori di Acireale. Lo conosciamo, subito dopo aver ricevuto la telefonata con la notizia datagli dal frate guardiano del convento, sovrappensiero, mentre cammina per la strada e sconosciuti lo urtano senza scusarsi e lui si sente avvampare e si infila in un vagone della metropolitana
"A tal punto lo aveva frastornato la telefonata del frate, che non si era accorto di aver percorso a piedi un lungo tratto di strada, sceso le scale di una stazione, acquistato un biglietto e salito a bordo. Come quando si compie un tragitto noto guidando un'auto e si giunge a destinazione quasi che a condurre fosse stato un pilota automatico"
La vera trama è il mondo che sfuma e passa di lato al protagonista. Quegli incontri che lo sfiorano, ciò che lo smarrisce, lui che vaga, danno  l'idea di un quadro impressionista, come se il paesaggio intorno a lui, e la gente intorno, fosse sfocata, o almeno vaga immagine di una realtà.
 Una realtà a più strati ci viene incontro nelle pagine: c'è la realtà del lavoro e delle sue incombenze, c'è la realtà del rapporto di Fabio, così si chiama il protagonista, con Eliana, la donna con cui prova a vivere insieme, ci sono le telefonate alla mamma e a sua sorella, ci sono i dialoghi con il frate del convento e c'è una realtà infine di mancanze, di sfioramenti, di sensazioni, sul paradosso di instaurare conoscenza con un morto, dopo morto e proprio perché è morto, questo padre, patrimonio del suo dna genetico.
"Nemmeno io mi riconoscevo perché sono finito in una vicenda alla quale non ero preparato" dice Fabio, ed in quel dire ci sentiamo un po' chiamati in causa tutti noi, lettori, con realtà sfumate e perse, scomparse e fatte di macchie, come macchiaioli, come impressionisti, di fatti e persone incontrate e non, di fatti e persone, paesaggi di una anima vagante e sofferente.
Credo che i temi trattati nel libro siano  molteplici, ci sia tanta sofferenza mentale, tanto chiedersi quanto siamo padroni del nostro pensare, quanto siamo ancora impotenti davanti alla malattia mentale, davanti ad una ipersensibilità che annienta di dolore gli animi indifesi.
Senza schermo protettivo, ci sembra il padre di Fabio, senza schermo protettivo ci sembra a volte anche Fabio, e senza schermo protettivo siamo un po' noi tutti nelle vicende alle quali non siamo preparati. Fra Fabio e suo padre, così come capita a tutti, ci stanno le tante connessioni di cui sono fatti i legami familiari, legami di chi genera un altro, legami del generante nei confronti del generato, legami che fanno di noi esseri umani, malgrado ora si voglia affittare seme e utero e non far conoscere chi crea chi. 
Riflessioni che mi portano lontano ma resto vicinissima, resto al momento in cui Fabio sa di strizzare gli occhi con lo stesso movimento del padre, in una somiglianza ereditaria di gesti, e resto al momento in cui "siamo solo organismi, un composto chimico di una semplicità disarmante...A noi umani è toccata la terribile consapevolezza dell'esistere... e la tortura dei ricordi" resto in ciò che galleggia sul mare della nostra esistenza, che mi sembra sia questo il senso del libro La Colpa, quel galleggiare di cose, di fatti, di momenti passati che ci rimproverano, che non potremo cambiare perché è il passato ciò che non passa. 
Ippolita Luzzo  

martedì 30 ottobre 2018

"Pensiero e poesia", "Proiezioni" Martin Heidegger e Marco Luppi

"La natura poetica del pensiero è ancora/ avvolta nell'ombra./ Ove essa si manifesta/ assomiglia per lungo tempo all'utopia/ di un pensiero semipoetico./ Ma il poetare pensante è, in verità,/ la topologia dell'essere./ Essa gli indica il villaggio/ ove dimora la sua essenza."dai versi di Heidegger riportati in prosa da me, cambia il modulo scritto, la camminata delle parole sul foglio, e camminando esse si dispongono in un distico iniziale, una terzina interna e due distici finaliDa Heidegger Pensiero e Poesia

"E così sia
 sicario il pensiero/ dove vale tutto/ e tutto il contrario/ minimo comune/ denominatore/ il punto d'arrivo/ e di non ritorno/ vicino allo zero" Da Marco Luppi Proiezioni, riporto in prosa due terzine e un distico centrale.
Mi piace questa camminata fra metriche e pensiero, fra prosa e proiezioni nel segno e nella mano di una poesia che ci accompagna nel silenzio del pensiero che si pensa.  
La poesia 
quando càpita/ e quando capita/ si scrive/ e si legge/ al buio./ Da soli./ In silenzio." 
Continuo a vederli parlare insieme mentre "Con più di due facce Chi scrive,/ lascia il tempo che trova./ Chi legge,/ trova il tempo che lascia./ Di conversazione in conversazione/ di parole medaglie al disonore." Marco Luppi continua nel suo e mi sembra che Heidegger sia d'accordo :"Tre pericoli incombono sul pensiero./ La vicinanza del poeta che canta è il pericolo buono,/ il pericolo salutare. Quello che è cattivo con rabbia, e quindi il più tagliente,/ è lo stesso pensare. Egli è costretto a pensare contro sé/ stesso, e ciò solo di rado è in suo potere/.Il pericolo cattivo e che per questo reca confusione,/ è il fare filosofia. 
Proprio nell'incontro di questi due libri che si sono conosciuti qui, nel regno della Litweb, avviene la passeggiata di Martin Heidegger e Marco Luppi, passeggiata sospesa e immaginaria, immaginata da me, quasi con me fra loro a prendere appunti. In fondo i libri si possono leggere anche in questo modo, facendoli parlare tra di loro e mi conferma infatti ora Heidegger:" Sentiero e sospensione, piccolo ponte in bilico e leggenda si incontrano in uno stesso cammino. Incamminati,e mancanza e domanda sopporta lungo il tuo solo sentiero." 
Seguiamo quindi le "Proiezioni" di Marco Luppi e non smettiamo di cercare. Una volta io scrissi che l'amico o l'amico era la nostra proiezione, ora non lo scriverei più, vista la distanza fra noi e gli amici.Ciò che mi rende ilare nello scrivere di poeti e filosofi è il mio stare di lato, poggiarmi i libri accanto e veder animare come la girandola sulla copertina di Heidegger, come la spirale, veder giungere il rosso intenso di Marco Luppi, veder animare il pensiero di un soliloquio universale dedicato allo stupore che esista per parlarsi, e voglio dirvelo con Heidegger:" La parola del pensiero dimorerebbe tranquilla nella sua essenza soltanto se divenisse incapace di dire ciò che deve rimanere non detto." e ancora "Mai, e in lingua alcuna, ciò che è parlato è tutt'uno con ciò che è detto"  stupore dell'inespresso sarà.  
Ippolita Luzzo