Nel 2017 mezzo miliardo di risultati per il neologismo "Meme".
Cosa è successo? I meme sono apparsi, sono delle immagini, sono degli oggetti, sono Internet fattasi corpo.
Il meme è una battuta, un emoticon.
Uno dei primi aspetti che il meme intercetta è l’umorismo. Qualcosa da portare dappertutto, ed è una community che lo fa proprio. Vi è un contenuto parodiato, abbiamo a che fare con un gioco che comprende nostalgia, autocommiserazione, malinconia e orgoglio. Tutto ciò lo potrete leggere nell'interessante libro di Alessandro Lolli, La guerra dei meme.
I Meme sono replicanti. Un oggetto di comunicazione che si espande replicandosi e, direi io, trascinando come una slavina
Il meme Chiara Ferragni, Il meme Fedez, il meme Riccardo Pozzoli. La Start Up, il fiume di soldi, la slavina di soldi verso il meme replicante.
Così io mi leggo Alessandro Lolli, La guerra dei meme.
Leggendo mi diventano meme, replicanti culturali, replicanti messaggi, replicanti comportamenti, questi personaggi che replicano se stessi. I meme tra noi.
Nel libro di Alessandro c’è lo studio della nascita del fenomeno e di come il meme sia stato un veicolo di immagini e concetti, senza concetti, in realtà.
Molto interessante capire perché ormai memetica e mimetica diventò la trasmissione della #culturaFedezFerragniPozzoli
Si comincia dall’etimologia che non c’è.
Meme è una parola inventata da Richard Dawkins nel 1976 scrivendo Il Gene egoista. Per lui il meme "come i gene sono dei replicatori di se stessi" macchine di sopravvivenza, una unità di senso minimo in un ente capace di replicarsi, dalla biologia alla cultura.
La parola viene dal greco mimeme imitazione ma diventa meme per assonanza con gene. Una semplice analogia. Come il gene si replica, in biologia, nei tessuti, così il meme è tutto ciò che nella cultura si replica. Ci incanta e ipnotizza come un fenomeno possa tanto invadere e trascinare, sia esso una vignetta, un modo di dire, un brano musicale, un vestito. Una moda, avremmo detto un tempo. Eppure il Meme è qualcosa di più, condiziona e veicola immagini, condiziona e veicola ideologie e modi di fare. Dal mondo dei videogiochi a Caparezza, sembra che si veicoli non una elaborazione da far propria e continuare, ma un prodotto da acquistare.
Un appiattimento di consenso. "Una truffa a cielo aperto" alla fine scrive Alessandro, cercando di scardinarne il meccanismo per far sì che questo "scherzo infinito" possa essere fruito e giocato da più ideologie, da più fruitori diversi e offra altre alternative.
Contro il condizionamento chiediamoci ogni volta, con Alessandro, "Quando ti chiedi cosa c'è dietro il meme e scopri che qualcosa non torna", in meme che inneggiano a modi di fare violenti, a razzismo, a misoginia, all'odio, in meme costruiti con notizie farlocche, in pagine e pagine, replicanti pancine e mammine cretine, per avvilire e inquinare, in pagine e pagine di falsi su falsi, fake e diversi. Un logorio di pensiero ottenuto replicando idiozie pericolose.
La parola meme è affascinante. Alessandro Lolli qui si interroga su cosa ne sia stato del meme con l’avvento dei social, di YouTube, di un web sempre più replicante un fenomeno.
Riprendiamoci il controllo del pensiero e conosciamo il fenomeno per giocare anche noi.
Un libro che consiglio moltissimo e che, sono sicura, starà in ogni scuola che voglia far capire e incoraggi il pensiero.
Con Alessandro Lolli nel regno della Litweb
Prima la conoscenza
Ippolita Luzzo
giovedì 6 settembre 2018
venerdì 24 agosto 2018
Roberto Amato Le Attitudini Terrestri
“Sì
può darsi che lei abbia ragione
ma l’eternità si è ridotta di moltissimo
e a me piacciono questi angeli
li capisco profondamente
so quello che mi dicono
so perché mi accarezzano
per loro sono rimasto un coetaneo
mi guardano giocare
e mi consigliano
leggono i piccolissimi libri che scrivo
che taglio e che cucio
che rilego da solo
che illustro con immense
tavole sinottiche” https://www.poetryinternationalweb.net/pi/site/country/video_item/27582/24
Roberto Amato arriva in dono in Litweb con Le Attitudini Terrestri, edito da Elliot nel giugno 2018. Lo leggo e, incuriosita, cerco di tutto sul web. Trascorro giornate agostane con i suoi versi. Incrocio somiglianze e da lontano saluto ricordi: Un uovo e un chicco d’uva il suo pasto, nella biografia di Roberto Amato, nei 14 capitoli di Alessandro Trasciatti: La casa del poeta. Una biografia non autorizzata.
Un uovo e un chicco d’uva mi ricorda una estate del 1988, quando io per dire ciò ad una amica l’ho persa per vent'anni, sentitasi lei offesa da me nelle sue abilità in cucina. Cosa vuoi per cena? Mi chiese lei. Ed io risposi: Per me, Anna, anche un uovo!
E su un uovo ritorno indietro ai versi e alla poesia di un uomo delizioso, ironico e giocoso, e nello stesso tempo sfuggente e sconosciuto. Roberto Amato appare e scompare, ritorna e sarà ogni volta diverso nel gioco antico della seduzione attraverso la parola, sempre diversa, sempre una sorpresa.
Scrivere per trovare un io, per costruire una identità e scrivendo quell'io verrà distrutto, scrivendo si diventa altro.
Ognuno di noi avrà cercato un suo io non trovandolo, lo avrà immaginato e donato ad altri per quella relazione cercata e mai raggiunta con un simile. Attitudini terrestri a sedurre, a immaginare di scrivere una lettera: Poesia è: Lettera ad Elvio: Un frammento da Le Attitudini terrestri:“Darti notizie di me è quasi un motivo ornamentale. La mia vita si svolge come un nome di filo in un fazzoletto. Questo mi sembra plausibile. Eppure ho pensato a te senza smettere mai. Anche se sono qui per nascondere a tutti i miei pensieri ricamati.
E mi viene da piangere a pensare alla bellezza di questa cella ariosa. A come sono fortunato. A come il mondo è perfetto e del tutto cauterizzato (come dice il Dottore) dalla luce che brucia tra le foglie.
Se sono un tiglio o un’allodola nessuno lo sa con certezza. Ma noi, io e te, potremmo essere una cosa sola, un dolore unico e universale, una felicità senza sponde, un suicidio perfettamente calcolato, una malattia incurabile come il raffreddore. E potremmo scaldarci le mani e i piedi in un contatto talmente equinoziale che tutto poi sarebbe irragionevole. Anche il computo ritmico delle stagioni.”
Roberto Amato ci ipnotizza con il suono melodioso di una nenia, ci trascina in una abitazione lontana, potremmo essere una cosa sola con lui, noi leggenti e lui accanto a darci universi e angeli carezzanti. Una estate con lui In Litweb, un omaggio ad un poeta vero.
“A volte la felicità mi sfugge. È come se perdessi il controllo di una mano o di un piede. Mi affaccio e vedo gli alberi leggermente mutati. Forse l’estate è troppo inoltrata. E anch'io mi sono inoltrato in un punto della stanza che non avrei dovuto attraversare.
Penso che questi muri dovrebbero oscillare insieme all’aria remigata dagli alberi, e risuonare come lamine di celesta. Invece sono costretto a immaginare un saggio sull’immobilità coatta dei manicomi. E mi viene da piangere continuamente. A chi rivolgere le mie pene saggistiche? Non posso fare affidamento su nessuno. La Cuoca è quasi sempre in cima a un albero del pane, dalla scorza cocciuta e dalle foglie troppo lontane. Il Barbiere sarebbe pieno di dolcezza, ma i ricordi un po’ lo assopiscono, un po’ lo fanno volare via.”
A volte la felicità mi sfugge, ma si è felici se ci lasciamo rapire dall'istante, se riconosciamo il dono di un regno, di tanti personaggi accanto, di tante persone simili ma non troppo.
Sul nulla del nulla può nascere un fiore oppure altro nulla, chissà! Ipnotizzati e visitati presso un ambulatorio psichiatrico i pazienti sostano stupefatti. Curati da un dottore. Visitati. Intanto Roberto Amato legge al Festival dei poeti a Rotterdam le sue carezze angeliche.
Sì può darsi che lei abbia ragione
Ippolita Luzzo
Roberto Amato
Le cucine celesti Diabasis, Parma, 2003 vincitore Premio Viareggio-Repaci Price
L ' Agenzia di Viaggi Diabasis, Parma, 2006 vincitore Premio Spallicci Award
Il disegnatore di alberi Elliot, Roma 2009
Lo scrittore di saggi Elliot, Roma 2012
L ' acqua alta Elliot, Roma 2012
Le città separate Elliot, Roma 2015
Le Attitudini Terrestri Elliot, Roma 2018
mercoledì 22 agosto 2018
Mistica Del quotidiano François Nédel Atèrre
Mistica del quotidiano:"Sforzati di cercarlo, il bene.È l'ora." e poi ancora " Respingerai l'offesa, avremo salva la forma che non significa niente... avrai la tua armonia. Evita le spiegazioni, generano inutile astio. Rivolgi due parole al giornalaio, sempre chiuso nel chiosco, come consultando un oracolo."
Il poeta gentile e ospitale ci invita ad entrare nel suo mondo educato e sereno, di una serenità fatta di armonia col creato, con tutti gli esseri del creato, con sé stesso e con chi lo leggerà.
"Entra, La porta è socchiusa. Ti aspetto. Ho levigato quelle due parole che non dirò, tenendole da parte, fidandomi soltanto del silenzio."
Mi sembra di conoscerlo e di essere amica sua, di essere quasi simile, nell'inganno di conoscersi attraverso i versi, con un quotidiano molto simile, con un quotidiano che potrei avere accanto uguale.
" Più tardi troverò i miei libri aperti sul tavolo, lasciati in bella mostra la sera prima, le mie care ombre, sedute in soggiorno, sempre eleganti per l'ora di cena, saranno lì ad attendermi, in pensiero." faccio miscellanea dei suoi versi, quasi dialogando con l'autore, con l'amico, faccio collage nel mio pensiero con Machiavelli quando la sera si vestiva di abiti decenti: Scrive Machiavelli, nella lettera a Francesco Vettori che annuncia la composizione di «uno opuscolo De principatibus»"Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in lor."
Ritrovandoci insieme in momenti storici bui noi chiediamo al verso, ai libri la luce e l'armonia.
Il bene da cercare con François Nédel Atèrre
Mistica del quotidiano: Sforzati di cercarlo il bene. È l'ora
Ippolita Luzzo
Il poeta gentile e ospitale ci invita ad entrare nel suo mondo educato e sereno, di una serenità fatta di armonia col creato, con tutti gli esseri del creato, con sé stesso e con chi lo leggerà.
"Entra, La porta è socchiusa. Ti aspetto. Ho levigato quelle due parole che non dirò, tenendole da parte, fidandomi soltanto del silenzio."
Mi sembra di conoscerlo e di essere amica sua, di essere quasi simile, nell'inganno di conoscersi attraverso i versi, con un quotidiano molto simile, con un quotidiano che potrei avere accanto uguale.
" Più tardi troverò i miei libri aperti sul tavolo, lasciati in bella mostra la sera prima, le mie care ombre, sedute in soggiorno, sempre eleganti per l'ora di cena, saranno lì ad attendermi, in pensiero." faccio miscellanea dei suoi versi, quasi dialogando con l'autore, con l'amico, faccio collage nel mio pensiero con Machiavelli quando la sera si vestiva di abiti decenti: Scrive Machiavelli, nella lettera a Francesco Vettori che annuncia la composizione di «uno opuscolo De principatibus»"Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in lor."
Ritrovandoci insieme in momenti storici bui noi chiediamo al verso, ai libri la luce e l'armonia.
Il bene da cercare con François Nédel Atèrre
Mistica del quotidiano: Sforzati di cercarlo il bene. È l'ora
Ippolita Luzzo
domenica 19 agosto 2018
Un principe piccolo piccolo di Piero Bonaccurso
"Tutte le stelle sono illuminate perché ognuno possa trovare la sua"
Innesti Contemporanei Terza Edizione a Squillace presso la Casa della Cultura.
La rassegna teatrale diretta da Saverio Tavano propone per Teatro Ragazzi "Un Principe Piccolo Piccolo" della compagnia teatrale TeatroP, diretto sceneggiato e recitato da Piero Bonaccurso con Alessandra Caruso.
La storia del Piccolo Principe incontrato dall’aviatore nel deserto diventa il sottotesto narrativo per una serie di giochi con la carta. Un pretesto per dare ai bimbi il piacere di tagliare dei fogli A4 giocando sul significato del nome A4 e far diventare quel foglio un sole, la luna, una stella. Com’è difficile! Solo Piero riesce.
Piero Bonaccurso trasforma il testo rispettandolo. Dalla cassetta appaiono i pianeti che il piccolo principe, principe di un pianeta piccolissimo, sta visitando. Eccolo il pianeta della carta, un pianeta a forma di caramella, un pianeta delle farfalle, il pianeta dove sta una rosa, il pianeta di un baobab che cresce e cresce, il pianeta dei libri! I libri magici. Piero mi dona un libricino piccolo piccolo affinché io prenda appunti, io lo cerco stamani e mi accorgo che è scomparso, scomparso come scompaiono tutte le più belle cose, lasciando il languore e l'incanto di ciò che esse furono per noi.
Scomparso il libro, ma non scordati gli appunti e se è vero che l'essenziale è invisibile agli occhi, allora ripeterò con Piero ed Alessandra "L'essenziale è invisibile agli occhi" per riportare alla memoria. I bimbi presenti giocosi, le risate e la dolcezza di Alessandra Caruso, la grande sintonia fra lei e Piero, la giocondità, proprio il piacere del gioco teatrale, i tempi della sorpresa, del colore, del salto, della luce. La magia del teatro diverte sempre. Un plauso a chi con un foglio di carta costruisce un universo e lo regala a noi per averne un sorriso di stupore. Oh che meraviglia!...https://www.facebook.com/photo.php?fbid=1989516791070719&set=pcb.948478898657220&type=3&theater&ifg=1
In fieri
Torniamo a casa con la scatola magica che il piccolo principe dona al pilota, lo stesso dono che ci fanno Piero, Alessandra e Saverio, il dono di stupirci sollevando pesi. Apriamole queste scatoline, apriamole tutte e vi troveremo, alla fine, solo alla fine, un sasso, il sole, un baobab, un deserto, la sabbia e un libro magico: la stella per noi
Ippolita Luzzo
Innesti Contemporanei Terza Edizione a Squillace presso la Casa della Cultura.
La rassegna teatrale diretta da Saverio Tavano propone per Teatro Ragazzi "Un Principe Piccolo Piccolo" della compagnia teatrale TeatroP, diretto sceneggiato e recitato da Piero Bonaccurso con Alessandra Caruso.
La storia del Piccolo Principe incontrato dall’aviatore nel deserto diventa il sottotesto narrativo per una serie di giochi con la carta. Un pretesto per dare ai bimbi il piacere di tagliare dei fogli A4 giocando sul significato del nome A4 e far diventare quel foglio un sole, la luna, una stella. Com’è difficile! Solo Piero riesce.
Piero Bonaccurso trasforma il testo rispettandolo. Dalla cassetta appaiono i pianeti che il piccolo principe, principe di un pianeta piccolissimo, sta visitando. Eccolo il pianeta della carta, un pianeta a forma di caramella, un pianeta delle farfalle, il pianeta dove sta una rosa, il pianeta di un baobab che cresce e cresce, il pianeta dei libri! I libri magici. Piero mi dona un libricino piccolo piccolo affinché io prenda appunti, io lo cerco stamani e mi accorgo che è scomparso, scomparso come scompaiono tutte le più belle cose, lasciando il languore e l'incanto di ciò che esse furono per noi.
Scomparso il libro, ma non scordati gli appunti e se è vero che l'essenziale è invisibile agli occhi, allora ripeterò con Piero ed Alessandra "L'essenziale è invisibile agli occhi" per riportare alla memoria. I bimbi presenti giocosi, le risate e la dolcezza di Alessandra Caruso, la grande sintonia fra lei e Piero, la giocondità, proprio il piacere del gioco teatrale, i tempi della sorpresa, del colore, del salto, della luce. La magia del teatro diverte sempre. Un plauso a chi con un foglio di carta costruisce un universo e lo regala a noi per averne un sorriso di stupore. Oh che meraviglia!...https://www.facebook.com/photo.php?fbid=1989516791070719&set=pcb.948478898657220&type=3&theater&ifg=1
In fieri
Torniamo a casa con la scatola magica che il piccolo principe dona al pilota, lo stesso dono che ci fanno Piero, Alessandra e Saverio, il dono di stupirci sollevando pesi. Apriamole queste scatoline, apriamole tutte e vi troveremo, alla fine, solo alla fine, un sasso, il sole, un baobab, un deserto, la sabbia e un libro magico: la stella per noi
Ippolita Luzzo
mercoledì 15 agosto 2018
La Noia di Ferragosto
Da Moravia La Noia "La noia, per me, è propriamente una specie di insufficienza o inadeguatezza o scarsità della realtà... Il sentimento della noia nasce in me da quello di un'assurdità della realtà, come ho detto, insufficiente ossia incapace di persuadermi della propria effettiva esistenza."
La noia è la mancanza di rapporti con le cose, la noia è percepire con chiarezza l'incomunicabilità fra le persone.
Allargando dalla sfera dei rapporti fra i sessi a quella sociale il possesso della realtà ci sfugge proprio quando ci illudiamo di averlo posseduto, come in un rapporto amoroso. Il protagonista delLa Noia si incaponisce in uno sterile rapporto nemmeno amoroso ed entra in una dipendenza quando vorrebbe conferma dal suo oggetto amoroso "Così pensai, poteva darsi che io l'avessi posseduta davvero, posseduta a fondo, posseduta senza margini di autonomia e di mistero. Ma io non potevo averne coscienza, né dunque goderne; del possesso, a quanto sembrava, poteva esserne consapevole soltanto chi era posseduto, non chi possedeva"
Rifletto su queste frasi di Moravia, rifletto per darmi chiarimento sui rapporti non posseduti, sui rapporti fra fantasmi e robot, abitanti il circondario della mia terra natia. Allargando quindi il concetto di noia all'incomunicabilità, al non rivedersi e rivederli, al non ascolto, e mi sembra una analisi perfetta di giorni e anni passeggiati e parcheggiati nella piana ostile di Sant'Eufemia, d'altronde una piana bonificata perché malsana.
L'ho sempre sentita ostile e malsana questa mia città, con abitanti mai posseduti, proprio perché chi possiede sensibilità e desiderio di riconoscere ed essere riconosciuto viene isolato.
La noia non è solo una peculiarità del ferragosto, ma una conferma di questa scarsa esistenza delle cose, di una realtà appena sfocata intorno.
Ippolita Luzzo
La noia è la mancanza di rapporti con le cose, la noia è percepire con chiarezza l'incomunicabilità fra le persone.
Allargando dalla sfera dei rapporti fra i sessi a quella sociale il possesso della realtà ci sfugge proprio quando ci illudiamo di averlo posseduto, come in un rapporto amoroso. Il protagonista delLa Noia si incaponisce in uno sterile rapporto nemmeno amoroso ed entra in una dipendenza quando vorrebbe conferma dal suo oggetto amoroso "Così pensai, poteva darsi che io l'avessi posseduta davvero, posseduta a fondo, posseduta senza margini di autonomia e di mistero. Ma io non potevo averne coscienza, né dunque goderne; del possesso, a quanto sembrava, poteva esserne consapevole soltanto chi era posseduto, non chi possedeva"
Rifletto su queste frasi di Moravia, rifletto per darmi chiarimento sui rapporti non posseduti, sui rapporti fra fantasmi e robot, abitanti il circondario della mia terra natia. Allargando quindi il concetto di noia all'incomunicabilità, al non rivedersi e rivederli, al non ascolto, e mi sembra una analisi perfetta di giorni e anni passeggiati e parcheggiati nella piana ostile di Sant'Eufemia, d'altronde una piana bonificata perché malsana.
L'ho sempre sentita ostile e malsana questa mia città, con abitanti mai posseduti, proprio perché chi possiede sensibilità e desiderio di riconoscere ed essere riconosciuto viene isolato.
La noia non è solo una peculiarità del ferragosto, ma una conferma di questa scarsa esistenza delle cose, di una realtà appena sfocata intorno.
Ippolita Luzzo
lunedì 6 agosto 2018
Roberto Giardina PFIFF Una storia operaia nella Torino degli anni Sessanta
PFIFF è un suono, una immagine, un cubo, un chilo di acciaio, una piccola di quantità di acciaio, ciò che viene tumulato durante un funerale di un operaio caduto nella colata destinata alle carrozzerie della nuova 500.
Nel gennaio del 1962, vincitore del concorso nazionale per un saggio breve sui cento anni d'Italia, parte da Roma per Torino un giovane studente in legge.
Il premio erano sei mesi pagati nel giornale che aveva bandito il concorso, un giornale che aveva fatto la storia, il simbolo del Risorgimento.
Il protagonista sarà lui, attraverso i suoi occhi leggeremo anni di storia sociale e operaia e anni di giornalismo.
Un ragazzo che voleva fare lettere all'università e sceglie legge, ma il destino lo riporta allo scrivere, alla scrittura.
Porta con sé un dono, "L'Ulisse" della collana Medusa, casa editrice Mondadori.
Arrivato al giornale non ha un posto vero, lo mettono nella cronaca, il suo primo pezzo sarà raccontare quel funerale, il funerale di uno dei tanti morti, dei tanti operai caduti sul lavoro in quegli anni. Sono operai scomparsi senza storia se non fosse per un particolare che continua a farli restare vivi, quel PFIFF di un articolo, quel suono a denunciare una regola fatta di episodi terribili.
Conosciamo il giornale e ci viene raccontata la vita dei giornalisti, dal di dentro, i consigli, le sigarette, la discrezione.
L'orgoglio di essere un giornale serio "Ci comprano perché conserviamo la dignità antica di quel che fu un giornale nazionale. Quindi abbiamo una pagina culturale d'alto livello, mandiamo inviati in giro per il mondo, manteniamo corrispondenti all'estero, e dobbiamo dimostrare che la nostra cronaca torinese è di qualità combattiva, che diamo del filo da torcere agli altri. Sono pagine che magari non leggono ma che vogliono vedere. E l'amministrazione spende e spande ma risparmia sulla cronaca. Avrai l'impressione di svolgere un lavoro inutile, che pochi leggono i tuoi pezzi. Non importa quanti sono, ma chi sono... sei un cronista non uno strillone" così il capocronista Mauri, soprannominato il pesce rosso, racconta al nuovo arrivato, al ragazzo vincitore del concorso, il giornale, cosa significhi un giornale, quel giornale."La cronaca era una squadra, ognuno aveva un ruolo fisso, e ogni ruolo era di tutti, secondo il momento. Si giocava con l’altra squadra cittadina, più ricca, più forte, con più giocatori. L’unica possibilità di non venire sconfitti era di muoversi compatti, aggredire l’avversario in un punto limitato del campo, tralasciando il resto"
I consigli "Vuoi diventare giornalista? Allora ricorda: qualunque fatto ti chiedano di scrivere, una rivoluzione o una partita di calcio, è uguale. Devi solo pensare a scrivere bene. Le notizie sono un pretesto. L’unica notizia sicura è quel che tu pensi. E il pensiero è il tuo stile"
Quegli anni: gli scontri, il sindacato, le lotte operaie per l'orario di lavoro, per la sicurezza sul lavoro. Allora si andava alla Fiat e dal sud salivano a Torino. "Gli uomini del sud morivano, nella fabbrica, e nelle fabbriche" le donne venivano uccise per quel minimo desiderio di essere libere, un desiderio che al nord sembrava possibile.
W La Stampa, mi ritrovo a scrivere spesso io da molti anni.
W La Stampa, come entità soprannaturale, come voce nel deserto, come insostituibile compito di denuncia e conoscenza.
Il protagonista passerà poi dalla Gazzetta del Popolo, che non viene nominata, nella redazione della Stampa.
La stampa vista a volte come soluzione alle ingiustizie.
Moltissimi gli episodi raccontati, riporto "L'estate dei funghi avvelenati", ogni estate però racconteranno le cronache ci saranno famiglie avvelenate da improvvidi cercatori di funghi.
A luglio il giovane avrebbe terminato il lavoro, i sei mesi, ma ormai il giornalismo sarà una seconda pelle e occuperà ogni giorno del suo scrivere.
Un libro come atto d'amore in una epoca in cui si dileggia il giornalismo, in cui si rendono sempre più deboli i diritti dei giornalisti, in cui il confine fra le notizie e le false notizie diventa sempre più labile. Un libro utile per riflettere e ripetere con quanta facilità possano perdersi conquiste. Un libro vigile e nato dal desiderio di conservare un cubo, affinché, conservando quel chilo di acciaio, non si scordi da cosa sia fatto.
Ringrazio Roberto Giardina per la sua testimonianza, per la sua amicizia. Lo ringrazio per essere un giornalista come io ho sempre pensato che debbano essere i giornalisti. Lui con modestia ci scrive che l'immagine del protagonista non gli corrisponde, però io non ho dubbi che il suo modo di lavorare sia aderente ai consigli del Direttore Giulio De Benedetti.
PFIFF è un libro amato, parte da un cubo e arriva a noi, un dettaglio importante che non si può dimenticare, e in Litweb non scordiamo i dettagli
Ippolita Luzzo
Roberto Giardina ha lavorato in Sicilia come giornalista e nel 1986 è stato inviato straniero per i giornali La Nazione e Il Giorno a Bonn . Si trasferì a Berlino con il governo della Germania unita , dove si è stabilito. Corrispondente del "Quotidiano Nazionale", tiene una rubrica per Italia Oggi". Giardina ha pubblicato romanzi e libri di saggistica, alcuni dei quali sono stati tradotti in francese, spagnolo e tedesco.
Nel gennaio del 1962, vincitore del concorso nazionale per un saggio breve sui cento anni d'Italia, parte da Roma per Torino un giovane studente in legge.
Il premio erano sei mesi pagati nel giornale che aveva bandito il concorso, un giornale che aveva fatto la storia, il simbolo del Risorgimento.
Il protagonista sarà lui, attraverso i suoi occhi leggeremo anni di storia sociale e operaia e anni di giornalismo.
Un ragazzo che voleva fare lettere all'università e sceglie legge, ma il destino lo riporta allo scrivere, alla scrittura.
Porta con sé un dono, "L'Ulisse" della collana Medusa, casa editrice Mondadori.
Arrivato al giornale non ha un posto vero, lo mettono nella cronaca, il suo primo pezzo sarà raccontare quel funerale, il funerale di uno dei tanti morti, dei tanti operai caduti sul lavoro in quegli anni. Sono operai scomparsi senza storia se non fosse per un particolare che continua a farli restare vivi, quel PFIFF di un articolo, quel suono a denunciare una regola fatta di episodi terribili.
Conosciamo il giornale e ci viene raccontata la vita dei giornalisti, dal di dentro, i consigli, le sigarette, la discrezione.
L'orgoglio di essere un giornale serio "Ci comprano perché conserviamo la dignità antica di quel che fu un giornale nazionale. Quindi abbiamo una pagina culturale d'alto livello, mandiamo inviati in giro per il mondo, manteniamo corrispondenti all'estero, e dobbiamo dimostrare che la nostra cronaca torinese è di qualità combattiva, che diamo del filo da torcere agli altri. Sono pagine che magari non leggono ma che vogliono vedere. E l'amministrazione spende e spande ma risparmia sulla cronaca. Avrai l'impressione di svolgere un lavoro inutile, che pochi leggono i tuoi pezzi. Non importa quanti sono, ma chi sono... sei un cronista non uno strillone" così il capocronista Mauri, soprannominato il pesce rosso, racconta al nuovo arrivato, al ragazzo vincitore del concorso, il giornale, cosa significhi un giornale, quel giornale."La cronaca era una squadra, ognuno aveva un ruolo fisso, e ogni ruolo era di tutti, secondo il momento. Si giocava con l’altra squadra cittadina, più ricca, più forte, con più giocatori. L’unica possibilità di non venire sconfitti era di muoversi compatti, aggredire l’avversario in un punto limitato del campo, tralasciando il resto"
I consigli "Vuoi diventare giornalista? Allora ricorda: qualunque fatto ti chiedano di scrivere, una rivoluzione o una partita di calcio, è uguale. Devi solo pensare a scrivere bene. Le notizie sono un pretesto. L’unica notizia sicura è quel che tu pensi. E il pensiero è il tuo stile"
Quegli anni: gli scontri, il sindacato, le lotte operaie per l'orario di lavoro, per la sicurezza sul lavoro. Allora si andava alla Fiat e dal sud salivano a Torino. "Gli uomini del sud morivano, nella fabbrica, e nelle fabbriche" le donne venivano uccise per quel minimo desiderio di essere libere, un desiderio che al nord sembrava possibile.
W La Stampa, mi ritrovo a scrivere spesso io da molti anni.
W La Stampa, come entità soprannaturale, come voce nel deserto, come insostituibile compito di denuncia e conoscenza.
Il protagonista passerà poi dalla Gazzetta del Popolo, che non viene nominata, nella redazione della Stampa.
La stampa vista a volte come soluzione alle ingiustizie.
Moltissimi gli episodi raccontati, riporto "L'estate dei funghi avvelenati", ogni estate però racconteranno le cronache ci saranno famiglie avvelenate da improvvidi cercatori di funghi.
A luglio il giovane avrebbe terminato il lavoro, i sei mesi, ma ormai il giornalismo sarà una seconda pelle e occuperà ogni giorno del suo scrivere.
Un libro come atto d'amore in una epoca in cui si dileggia il giornalismo, in cui si rendono sempre più deboli i diritti dei giornalisti, in cui il confine fra le notizie e le false notizie diventa sempre più labile. Un libro utile per riflettere e ripetere con quanta facilità possano perdersi conquiste. Un libro vigile e nato dal desiderio di conservare un cubo, affinché, conservando quel chilo di acciaio, non si scordi da cosa sia fatto.
Ringrazio Roberto Giardina per la sua testimonianza, per la sua amicizia. Lo ringrazio per essere un giornalista come io ho sempre pensato che debbano essere i giornalisti. Lui con modestia ci scrive che l'immagine del protagonista non gli corrisponde, però io non ho dubbi che il suo modo di lavorare sia aderente ai consigli del Direttore Giulio De Benedetti.
PFIFF è un libro amato, parte da un cubo e arriva a noi, un dettaglio importante che non si può dimenticare, e in Litweb non scordiamo i dettagli
Ippolita Luzzo
Roberto Giardina ha lavorato in Sicilia come giornalista e nel 1986 è stato inviato straniero per i giornali La Nazione e Il Giorno a Bonn . Si trasferì a Berlino con il governo della Germania unita , dove si è stabilito. Corrispondente del "Quotidiano Nazionale", tiene una rubrica per Italia Oggi". Giardina ha pubblicato romanzi e libri di saggistica, alcuni dei quali sono stati tradotti in francese, spagnolo e tedesco.
Gianluca Garrapa Il 23 Agosto Un piattello di segreti
Gianluca Garrapa il mago delle metafore. Gianluca Garrapa trasforma le metafore in oggetti, proprio come faccio io.
"Stendiamo un velo pietoso" ed eccolo con uno stendino in mano.
L'assurdo ti sfiora? ed eccolo con in mano un mazzo di fiori accanto al suo orecchio.
Lui le chiama "queste frasi fatte di droga tagliata male" e continua a proporcele dai suoi post facebook insieme alle sue attività su Radioquestasera, insieme alle sue interviste su Satisfiction.
Ultimamente oppresso dall'afa estiva e dal conformismo, come forma di relazione facebookkiana, ha scritto "non sono più in grado di scrivere qui. intendo in questa parentesi mortifera del godimento. inizierò presto a vorticare attorno al desiderio delle tre creature che stanno per partorirci. difatti. nella tenebra. si scorge un riepilogo. e smettere di capire. agosto. se ti penso mi si gelano le vene e il sangue bolle. ti penso. dunque. impiccandomi ai lunghi preamboli delle scale. senza morire che di rovescio. in quiete al lupo. in bocca all'orizzonte."
Il suo 23 Agosto è un delirio di confessioni, un intricato susseguirsi di pensieri da cui estrapolo alcuni brani per fare assaggiarne il paradossale e mi viene quasi dire a Gianluca giocando sulla parola estra-polo "non mettere il polo" il polo nord o sud, alla bisogna.
" Sai ho iniziato a leggere il romanzo" dice Gloria
"Il romanzo, quale romanzo?" le chiede l'autore.
"Il tuo, quello che mi hai dato da leggere"
e qui lui risponde, come tutti noi che scriviamo ci troviamo ad osservare ai nostri lettori," Che ne sai tu del romanzo, della trama. Non ti ho dato nessun romanzo da leggere... ci siamo visti solo ieri sera, come potevo mai darti una copia da leggere? pagina 135 del libro di Gianluca.
Tante cose onestamente non ho compreso, ci sono troppe allucinazioni, ma questa pagina mi ridona il nostro completo straniamento fra chi scrive e chi legge, fra la pagina e la vista, ed il difficile interpretare ciò che viene letto.
Difficile anche riferirlo, infatti Gloria non riesce a farsi capire. Nessuno riesce a far capire ciò che forse non sa oppure ciò che non ha provato.
Stati d'animo diversi. Scrivere aiuta forse ma non sempre. Resterà oscura la zona fra lettore e scrittore, fra scrittore e lo scritto.
Segreti, un piattello di segreti.
Il 23 agosto si tiene il Festival del Ragno, in questa terra del rimorso, il regno del ragno che fa ballare. Al feudo del Castello.
Fra castelli, regni e ragni, ci abitueremo ai "cambiamenti antropologici" con l'aiuto delle metafore di Gianluca
Ippolita Luzzo
Gianluca Garrapa è nato nel 1975, in provincia di Lecce, si è laureato in Lettere Moderne, conduce la trasmissione radiofonica RadioQuestaSera su Punto Radio Cascina, dipinge, scrive romanzi, racconti, poesie e lavora come counselor all’ascolto.
"Stendiamo un velo pietoso" ed eccolo con uno stendino in mano.
L'assurdo ti sfiora? ed eccolo con in mano un mazzo di fiori accanto al suo orecchio.
Lui le chiama "queste frasi fatte di droga tagliata male" e continua a proporcele dai suoi post facebook insieme alle sue attività su Radioquestasera, insieme alle sue interviste su Satisfiction.
Ultimamente oppresso dall'afa estiva e dal conformismo, come forma di relazione facebookkiana, ha scritto "non sono più in grado di scrivere qui. intendo in questa parentesi mortifera del godimento. inizierò presto a vorticare attorno al desiderio delle tre creature che stanno per partorirci. difatti. nella tenebra. si scorge un riepilogo. e smettere di capire. agosto. se ti penso mi si gelano le vene e il sangue bolle. ti penso. dunque. impiccandomi ai lunghi preamboli delle scale. senza morire che di rovescio. in quiete al lupo. in bocca all'orizzonte."
Il suo 23 Agosto è un delirio di confessioni, un intricato susseguirsi di pensieri da cui estrapolo alcuni brani per fare assaggiarne il paradossale e mi viene quasi dire a Gianluca giocando sulla parola estra-polo "non mettere il polo" il polo nord o sud, alla bisogna.
" Sai ho iniziato a leggere il romanzo" dice Gloria
"Il romanzo, quale romanzo?" le chiede l'autore.
"Il tuo, quello che mi hai dato da leggere"
e qui lui risponde, come tutti noi che scriviamo ci troviamo ad osservare ai nostri lettori," Che ne sai tu del romanzo, della trama. Non ti ho dato nessun romanzo da leggere... ci siamo visti solo ieri sera, come potevo mai darti una copia da leggere? pagina 135 del libro di Gianluca.
Tante cose onestamente non ho compreso, ci sono troppe allucinazioni, ma questa pagina mi ridona il nostro completo straniamento fra chi scrive e chi legge, fra la pagina e la vista, ed il difficile interpretare ciò che viene letto.
Difficile anche riferirlo, infatti Gloria non riesce a farsi capire. Nessuno riesce a far capire ciò che forse non sa oppure ciò che non ha provato.
Stati d'animo diversi. Scrivere aiuta forse ma non sempre. Resterà oscura la zona fra lettore e scrittore, fra scrittore e lo scritto.
Segreti, un piattello di segreti.
Il 23 agosto si tiene il Festival del Ragno, in questa terra del rimorso, il regno del ragno che fa ballare. Al feudo del Castello.
Fra castelli, regni e ragni, ci abitueremo ai "cambiamenti antropologici" con l'aiuto delle metafore di Gianluca
Ippolita Luzzo
Gianluca Garrapa è nato nel 1975, in provincia di Lecce, si è laureato in Lettere Moderne, conduce la trasmissione radiofonica RadioQuestaSera su Punto Radio Cascina, dipinge, scrive romanzi, racconti, poesie e lavora come counselor all’ascolto.
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