giovedì 6 aprile 2017

Il disagio ed il vento a Palazzo Nicotera

É arrivato il nostro scrittore, voi lo conoscete -dice la dottoressa Rossella Manfredi, senza aggiungere il nome perché ormai Domenico Dara è lo scrittore che tutti qui sentiamo nostro.
Miglior augurio non c'è per la sua recente candidatura al Premio Strega di quel "nostro scrittore" con cui è stato presentato al numeroso pubblico presente in una serata organizzata dal Lions Club di Lamezia. La stanza del palazzo in effetti è piccola per questo evento, molti resteranno nelle altre stanze e solo alla fine potranno avvicinarsi per i saluti e gli omaggi.

Il vento scorre
Rossella Manfredi nel presentare e condurre la serata darà alla collega Sonia Graziano il compito di illustrare un lavoro che ha curato proprio la Dottoressa Sonia Graziano.
Un mondo interiore da esplorare in questo libro scritto dalle ragazze di un laboratorio di scrittura tenuto da Sonia Graziano per lenire il disagio mentale. 
Un incontro fra donne all'ora del the, un gruppo Allegria, lo chiamano, un momento di filtro; come la bustina del the filtra l'energica teina corroborante, così il dialogo ed il racconto, inventato o meno, profuma e attenua difficoltà e angustie. 
Non si parlerà stasera di malattia mentale, non si parlerà di farmaci, di cure più o meno invasive, di interventi dissonanti e divergenti, di durezza e complessità. Ne accenna alla fine il dottore Pagliaro, sui medici che dicono cose diverse e sul difficile momento dei familiari di un loro congiunto affetto da disagio e nebbia. 

Stasera l'approccio cura è affidato alla scrittura, più come consolazione, come urgenza, bisogno insopprimibile di comunicare. 
La dottoressa Sonia Graziano comunica con ogni gesto, sguardo, mimica, l'emozione e la felicità di credere in questo tentativo, ora trasformato in un libro, ed è lei stessa a trasmettere a noi la certezza di questa verità. 
Un mondo interiore che si rivela mentre lei beve un sorso d'acqua, mentre sorride di un sorriso anch'esso interiore e consapevole. Il gruppo di scrittura da lei organizzato è stato per lei un recipiente in cui far affluire le sofferenze. Scambiando personaggi con la persona, ci racconta di come si sia rifiutata di farsi identificare con la nonna, uno dei personaggi del libro. 
Sorride Sonia mentre ci presenta le otto ragazze, due gemelle,  ci racconta di una di loro che ha paura di guardarsi nello specchio. 
Sorride e ci conquista nel suo sentirsi  lei desiderosa di essere guidata, di essere confortata, e con questo spirito si rivolge a Domenico Dara chiedendo a lui forse la guida. 
Domenico non ha ricette da dare sulla scrittura, chiunque può scrivere e deve scrivere, se lo sente, in modo originale. Insegnare a scrivere una scrittura creativa non si può, l'atto del creare è libero. 
Vero è però che il racconto cura, che raccontarsi è una autobiografia della cura del sé, che la scrittura è riparazione e trova il filo logico, dona un senso, ridona significato alla vita, dona un ordine ad avvenimenti che ordine non hanno. La vita è un labirinto e la scrittura è un filo. 
Ogni storia è degna di essere raccontata e letta ed in quel momento possiamo, leggendo le storie di autori classici, essere Ovidio, nelle Metamorfosi, oppure Madame Bovary di Flaubert. Sull'esigenza del libro ricorderà il  film  Fahrenheit 451 quando verranno distrutti i libri ma ogni uomo imparerà un libro a memoria per non perderne la memoria e continuare a raccontare raccontandosi. 
Domenico ci parla delle lettere che alcuni studenti di un liceo scientifico di Firenze fecero a qualcuno a loro caro, su invito, in occasione della presentazione del suo libro Breve Trattato sulle coincidenze.
Su dodici dieci avevano scritto al nonno che non c'era più ed anche le altre due erano a due genitori morti.
Come nel libro di Fabrizio Coscia che io mi sono portata dietro "La bellezza che resta""Per molto tempo dopo la morte di Čechov, nel suo diario Olga Knipper continuò a scrivere lettere al marito, in una ostinata, imperterrita negazione della realtà. "E mentre ti scrivo - si legge in una di queste - sento che sei vivo, da qualche parte, mentre aspetti la mia lettera"
La scrittura è un rammendo ma la frattura resta, la lacerazione è lì, nella sua nudità, il grado zero. 
Legge il frammento di Isa, il gesto della madre di Isa ogni sera a ripetere sempre gli stessi gesti, come un rituale per dare una rassicurazione. 
Tre volte chiudeva e riapriva porte, cassetti, tre volte e controllava sempre. L'ossessione di perdersi e ritrovarsi nel gesto ripetuto.
Ogni parola ha il suo significato, ogni gesto, segreto anche a chi l'ha detto o fatto. 
Eva invece la conosciamo attraverso il racconto della nonna in un'insalata di parole. Anche il soffitto della sua camera era pieno di parole. 
Scrivere non è un atto naturale, conclude Domenico, scrivere venne dopo nella storia degli uomini; al sorgere della civiltà, ci insegna Esiodo nel Prometeo Incatenato, concludo io così questi pochi appunti su una serata che finisce in una lettera d'amore, che esiste nel libro, dice Sonia, ed a me ritorna in mente quella a Teresa Sperarò, dove vi mando, nella lettura del nostro scrittore. 
Ippolita Luzzo    

   

lunedì 3 aprile 2017

Pasquale Allegro Collezioni di cielo

Ho creato un luogo inesistente dove stare per conforto al cielo che non ho e leggo per convincermi sia possibile colorare di parole quel cielo che non c'è. 
Negli anni questo luogo che non esiste è diventato un regno abitato da scrittori, artisti, giornalisti, da persone che mi chiedono un pensiero, un conforto. Quello stesso che io chiedevo al cielo che non ho. La creazione letteraria di un immaginario. Oggi con noi  
Pasquale Allegro fa collezioni di cielo raccontando di un suo alter ego che trascorre "la giornata fatta di passi su passi a echeggiare per i corridoi vuoti degli uffici" 
"A volte si cammina per dirigersi da qualche parte, a volte si cammina e basta."
ed anche Pasquale nel confortare il personaggio che gli sussurra "non esiste un rifugio contro un nemico chiamato solitudine" risponde "Quel rifugio esiste da qualche parte... magari è questione di tempo e si può sempre incontrare...
Un racconto di formazione scritto come un diario
Collezioni di cielo di Pasquale Allegro
Delicato dipinto acquarellato in tinte pastello diluite in mille soffuse sfumature.
Racconto di tanti racconti su momenti che il protagonista racconta a se stesso su foglio.
Fogli sparsi nei giorni grevi e leggeri di una età incerta che richiede decisione e scelte.
Difficile sapere dove andranno le strade che si aprono, si chiudono, si percorrono senza.
… il giornale di una vita accartocciato tra i pensieri, in una rubrica tra il passato e noi.

I vari giorni, tutti i suoi giorni, sono rimasti fissi nel pensiero e sono rimasta a chiedermi quanto sia difficile vivere da giovani, quanto sia difficile vivere da vecchi.
Ho sentito lo spartiacque generazionale fra me lettrice di età adulta ed un protagonista che vuole accompagnato nelle sue decisioni per convincersi che stia facendo la cosa giusta. 
Fai la cosa giusta… abbiamo fatto la cosa giusta?
Il protagonista sceglie gli affetti, ritorna, guarda il figlio crescere, intesse un tessuto di sentimenti, di affetti, di relazioni, di rimandi, di tempo fatto di abbracci, di sorrisi, di amicizia
Augurandosi che sia quella la cosa giusta

Collezioni di cielo è una preghiera alla sorte, un lungo sogno fatto con brevi passaggi, quasi dei flash, affinché la sorte sia benigna, affinché lui riesca ad imbroccare il vero, il suo.
Saranno in tanti a  si rivedersi  in quei momenti e si sentiranno consolati di non essere soli nel disorientamento epocale di una generazione senza cielo. 
Commozione e quasi tenerezza nasce in lettori adulti leggendo questo diario, lettori che, smaliziati, privi di ogni giorno nuovo, dolorosamente o prosaicamente sanno che qualsiasi sia la strada che si prenda niente e nessuno ci rassicurerà nel nostro sbilenco cammino fatto di rinunce in nome di altro, altro che ha la stessa sostanza delle nuvole.

La vita è bella per questo, vivere vuol dire crederci ancora anche inventando luoghi immaginari.
Credere possibile raccontare ad un nostro caro quel cielo che vediamo solo noi. 
Credere possibile che esista un giardino, una casa, una città non vuota
Una città abitata da un cielo azzurro, da rondini felici che garriscono al vento fresco di un divenire che odori ancora di alterità

Collezioni di cielo è un  regalo; donandomi il tuo libro ed affidandolo al regno benigno di una Litweb, una letteratura libera, ricordo ancora quando lo hai donato allora, il tutto ancora in bozza, spillato, come Kavafis, e tenuto al caldo di una borsa capiente che mi è sembrata la calda cuccia, il tepore affettuoso, il ventre materno che nutre e fa nascere il figlio… la tua borsa, la borsa dello scrittore

Collezioni di cielo… poi farai collezioni di mare… 
Con amicizia, ricordando il Breve trattato sulle coincidenze, quella sera da Domenico Dara, ricordando Pessoa ed il Maggio dei Libri del 2013, Frontiera per noi, sotto il cielo del regno.  
Ippolita Luzzo 

domenica 2 aprile 2017

Danzeranno gli insetti Sonia Lambertini

danzeranno gli insetti

il ritmo assordante non mi farà dormire
e come nei banchetti degni di rispetto
trionferanno gli avanzi 
le formiche ne faranno scorta 
...
come insetti avvoltoi
pronti a beccare ciò che resta
ultimo pasto di dio.
...
senti il passo della libellula lo sfregare delle antenne
...
dalla libellula sul filo d'erba si guarda nell'acqua
...
costretta al regno oscuro dell'ombra.

Arriva nel regno della Litweb Sonia Lambertini con la sua raccolta di poesia che in alcuni momenti sembra essere stata richiesta a gran voce dai nostri insetti, da tutta la Lit Art che a maggio volerà sulle carte francesi di Caterina Luciano, durante e fuori dal Salone del Libro di Torino. Anche da Caterina vi sono libellule così che rispondono al momento con un volo 
Quando nulla ti è dovuto e non sai come

conosci il cerchio nero che ti assedia chiedi
quale strano progetto ha preso i tuoi occhi 
per riempirli di colore giallo ocra e rosso
con emozione quindi abbiamo accolto Sonia e le sue poesie, come sorelle, come far parte di una stessa famiglia con tutto ciò che di famiglia comporta nelle difficoltà.
La somiglianza. Mentre scrivo ricordo che Caterina fece anche sulla famiglia delle tele. 
Ci somigliano i versi di Sonia e di sicuro ne leggeremo qualcuno di questi per stringerci forte in una comunanza di affetto e di parità
Brinderemo con lei che qui già brinda con noi alla meraviglia dei deboli, dei dubbiosi, di chi ha in mano un verso, un colore, una frase. 
Brindo alla contraddizione 
alla scelta sbagliata, all'incoerenza
...
io cerco solo meraviglia
Nel piacere di leggere poesie che ci ricordano il nostro quotidiano difficile incedere in mattine come tante
Certe mattine le cose ti cadono addosso
... 
ho perso il filo che ho nascosto in tasca
...
Quando pensi che nulla esista
puoi tentare l'azzardo
dello stare e del dire
del gioco delle parti
Una partita a Torino a Maggio 
Ippolita Luzzo 





venerdì 31 marzo 2017

Goethe e me.Stesso cielo astronomico

Goethe e me  11 settembre 2011
Era il settembre del 1815 e Goethe con in mano la foglia del ginko biloba  discuteva sulla stranezza della natura, sul tema della molteplicità e unicità, unificazione e polarità.
Una foglia duplice e unica nello stesso  tempo, uno e doppio

(Ho lo stesso cielo astronomico di Goethe.) 

Scriverà la poesia Ginko biloba.

La foglia di quest’albero, dall’oriente
Affidato al mio giardino,
segreto senso fa assaporare
così come al sapiente piace fare.       

E’ una sola cosa viva
Che in se stessa si è divisa?
O son due,che scelto hanno,
si conoscan come una?

In risposta a tal domanda
Trovai forse il giusto senso.
Non avverti nei miei canti
Che io sono uno e doppio insieme?    (Goethe)

La mia continua domanda, la stessa tensione, sempre. Ogni cosa che dico da semplice appassionata di chi scrive, tende sempre a chiarire, a mettere luce nella divisione e trovare l’unione, il percorso unico.

Tutta la mia vita, tutti i miei scritti, tutto il mio agire hanno la stessa tensione, all'unico, all'assoluto. Ma è la stessa tensione di Goethe!
Particolare(vergine) ed universale (pesci), realtà fisica e significato fantastico si ritrovano insieme per integrarsi in una unione nella diversità .
Sono fantastica, suggestionante, ma con la lampada della razionalità, come Diogene, illumino ogni cosa, l’analizzo e cerco anche di non buttare più tutto un patrimonio di conoscenze che mi hanno fatto attraversare quasi indenne la palude dello Stige. Posso rileggere tutta la mia vita  con un filo che mi sembra degno del mio sentire, del mio essere.
Ieri sera sono stata con Baudelaire, con Le voyage, al tavolo del bistrot lametino, prendendo prosaicamente una coca ho tradotto come pensavo io i versi, poi l’ho scritta in prosa, è troppo bella!
Amavo la poesia Itaca di Kavafis, adesso le leggerò vicine, sarà  ancora più completo il racconto di questo nostro continuo viaggiare nel mistero dell’esistere.
A Venezia  ha vinto Faust, ha vinto Goethe, abbiamo le stelle favorevoli  come non mai noi della vergine quest’anno. Adesso forse mi pubblicheranno un articolo su un giornale locale, è sulla bellezza, sull'empatia dell’insegnamento, l’ho scritto per la mia professoressa del ginnasio che non è più qui .
 Buona domenica




Amélie Nothomb Riccardin dal ciuffo

Riccardin dal ciuffo 
Il cinguettio degli uccelli ci rallegrerà in questa primavera del 2017 con la fiaba della Nothomb.

Deodato nasce da Enide e Onorato
Enide ha quarantotto anni e pensa di essere in menopausa. Onorato lavora come cuoco all’istituto di danza dove ha conosciuto Enide. Sposi bambini, non avevano avuto figli per molto tempo e hanno continuato il loro felice matrimonio come due bambini. Poi nasce questo bimbo bruttissimo eppure da subito intelligentissimo. “ Qualsiasi essere che vive un trauma così crudele deve confrontarsi con una scelta oscura: o decide di detestare il mondo intero per avergli riservato una parte così ingiusta, o decide di diventare un oggetto di pietà per l’umanità. Sono rarissimi quelli che optano per la porta stretta della terza via: riconoscere l’ingiustizia in quanto tale, né più né meno, e non trarne alcun sentimento negativo. Non negare il dolore della propria condizione, ma non arrivare a concludere nulla. … La grande voce nella testa gli diceva: “Sono orribile, d’accordo. Ma io sono anche altro, sono colui che vede paesaggi meravigliosi nel suo cervello, colui che si rallegra della propria esistenza, colui che conosce l’intelligenza e la voluttà e che può essere infinitamente felice di questa stessa constatazione
Felice di leggere e di trascrivere questi pensieri in lotta vincente sulla sofferenza e ingiustizia, in lotta dura senza paura sugli scherni dei compagni che lo soprannomineranno Deodorante e lo Scagazzato, lotta propositiva vedendosi sempre l’eletto, la persona scelta, in questo caso dall'uccello per far la cacca sulla sua testa.
Gli uccelli diventeranno suoi compagni e materia di studio, da quando un uccello lo aveva scelto, così come le donne si faranno amare da lui scegliendolo e lasciandolo di volta in volta.
Sull'altra riva della Senna vive Altea figlia di Rosa e Gelsomino, nipote di Malvarosa. Altea era bellissima e sua condizione di vita rimaneva lo stupore.
Lo stupore incantato.
Anche Altea a scuola fu martire. La bellezza eccessiva viene detestata.
Una fiaba  con questi personaggi che si incontreranno alla maniera delle fiabe di una volta, una fiaba, riscrittura moderna di Riccardin dal ciuffo, una fiaba di Perrault, in cui una ragazza, per aver dato l’acqua ad una povera vecchia, vede le sue parole trasformarsi in pietre preziose.
Una fiaba in cui la bruttezza e la bellezza si amano felici al di là del bello e del brutto, in cui intelligenza e stupore si incontrano e una coppia di bigie grosse nidificò sul castagno che tocca la loro finestra.
Ho amato questo libro popolato da tutta una fauna avicola che ho riconosciuto miei amici, dal passero alla tortora, ho amato il ritmo veloce, il rumore del narrare nelle parole della nonna, di mia nonna, nelle storie che lei mi raccontava, nel legame che io avevo con lei. 
Anche Altea ama sua nonna ed il fiabesco arricchisce la fantasia della vita facendola brillare come un gioiello.
Un libro piacevolissimo


E mi piace mettere questa vignetta di Martino Pietropoli come altra fiaba possibile sugli uccelli che noi saremo 
Ippolita Luzzo 

venerdì 24 marzo 2017

Romeo Vernazza Quelli Erano Giorni

Romeo, mio figlio piccolo, mi ha regalato una montagna di libri di un certo Louis L'Amour; tutte le sere me ne leggo un pezzo prima di addormentarmi. 
Romeo Vernazza autore del libro Quelli erano giorni appare qui in questo regalo come il cameo di alcuni celebri registi nelle loro opere, nel dialogo narrativo del suo papà, protagonista del libro.
Salvatore Vernazza nato nel 1910 a Lerca, un paese dell'entroterra ligure. Nella prima infanzia dovrà abbandonare quelle case con le aie e gli archi, il pozzo, la chiesa, e via verso l'ignoto con la sua unica preziosa dote tenuta con cura in tasca "un pugno di biglie, quasi tutte vedrolle, in verità, ma c'erano anche due rare marmoline, leggermente ovali. Per me erano come i diamanti della corona."
In cinque sul carro, il suo papà andava via da Lerca per incomprensioni familiari sconosciuti al bambino. Sarebbero diventati una famiglia numerosa, di dieci figli in tutto, cinque fratelli e cinque sorelle. 
A Valleggia a Valleggia.
Il babbo divenne fattore per conto di una nobile famiglia di Genova e si abitava in una casetta posta sul retro del bellissimo palazzo dell'ambasciatore. E in quel bel giardino davanti al doppio scalone che portava al piano nobile c'erano grandi alberi e palme e un boschetto di bambù.
Abbiamo tutti un giardino nella nostra infanzia!
Ciao Sarva, lo salutavano. Era sereno.
Nel 1922 aveva dieci anni e l'Italia divenne fascista. 
Vita raccontata, Una storia vera, Quelli erano i giorni,  il saluto di un figlio a suo padre, il saluto di un padre ai suoi figli, il saluto dell'autore ad un secolo, alla guerra insensata, ai sopravvissuti e sommersi, ai sommersi e salvati, ad una storia che viene in continuazione rivista, manipolata falsificata, corrotta, in spregio a tutti coloro che furono mandati a morire. In offesa a chi lottò contro invasione, contro soprusi e nefandezze
"Chi vive esperienze di violenza e privazione della libertà diventa un sopravvissuto anche di sé, del suo essere di allora che non c'è più. Si è altro, dopo, spesso senza volerlo o capirlo"
Così anche l'autore confessa che non riuscirebbe più a scrivere dopo questo libro, non riuscirebbe perché troppo grande il tormento della guerra, della illogicità di alcuni periodi storici, da superare la comprensione e solo l'affetto enorme verso il suo papà lo ha spinto a compiere questa immersione che lo ha lasciato in lacrime. 
Mi confessa di aver pianto mentre correggeva le bozze ed io stessa ho letto in questa stessa situazione emotiva che vorrei raccomandare a tutti di provare per avere ancora rispetto della storia delle individualità coinvolte in orrori senza senso.   
Quelli erano i giorni letto col terrore di star a vivere ancora nell'insensatezza e nella violenza, nella miseria e nei campi, nella guerra e nella solitudine. 
"L'inferno è non sapere se siamo vivi o morti" da Paradiso e Inferno, sarà una montagna di libri, tutte le sere leggeremo un pezzo, come Salvatore, prima di addormentarci. 
A Torino, al Salone del Libro, dal 18 al 22 maggio,  lo troverete allo stand di Tempesta Editore
Ippolita Luzzo 

mercoledì 22 marzo 2017

Dal MAON la mostra di Nadar

Nascita della fotografia.
Nadar al Maon di Rende 
Un saggio di Bonnefoy del 2014 così conclude: “Nelle sue fotografie, Nadar aveva perfettamente ragione di ricercare, di rispettare gli sguardi. Essi bastavano a rievocare il possibile che rimane vivo in una realtà che sembra morta. Bastavano a preservare l’invenzione del fotografico dalle sue deleterie virtualità. Non era più il fuori spettrale, il nulla, a fare il suo ingresso nel ballo mascherato [riferimento a Poe], ma l’aria fresca del mattino, quando si spengono le luci.” 
Mi trovo a Rende al Maon per puro caso, come tutto ciò che mi accade. Sono accompagnata da una editrice di Palermo e da un fotografo che usa dissolvere l’immagine. Suoi lavori nella rassegna fotografica intitolata “La coda dell’occhio” tempo fa presentati a Reggio Calabria. 
I suoi sono scatti diretti, senza elaborazione grafica di ciò che, nello spazio fotografico, giace tra la soglia del secondo piano e l’infinito. Immagini che sono espressione dell’assenza, dell’alienazione dalla realtà materiale percepita nel vissuto.
L’autore di questi scatti, Daniele Rizzuti, con entusiasmo mi propone il Maon, la visita al museo dove si terrà l’inaugurazione della prima mostra di Nadar, uno dei padri della fotografia, ad essere realizzata nel centro-sud d'Italia, con una sessantina di opere originali, cartes de cabinet e cartes de visite, del secondo Ottocento e dei primi del Novecento. Un evento atteso  da lui e dagli appassionati di fotografia e che rimarrà al Maon di Rende fino al 10 giugno 2017.  
Tonino Sicoli e Marcello Walter Bruno, i curatori,  ci parlano di Felix Nadar, il Tiziano della Fotografia, che  nel 1858 solcò con una mongolfiera i cieli di Parigi, e in questo modo poté sperimentare le potenzialità della fotografia aerea. Un odierno drone. Un uomo curioso e intuitivo del nuovo che nasce. Nel suo studio avvenne la prima mostra collettiva dei pittori impressionisti, organizzata il 15 aprile 1874 da alcuni artisti allora sconosciuti, come Claude Monet, Edgar Degas, Pierre-Auguste Renoir. Un anticipatore.
Lui stesso giocando col suo nome di famiglia Tournadar  (Tourne à dard) usò questo come pseudonimo, vedendosi come un dardo che punge. 
Nasce con lui la fotografia, il realismo del soggetto,  e i suoi personaggi qui ora stanno con noi, mescolati agli ospiti della serata che continuano a scattare istanti per imprigionare l’antico e il nuovo nel gioco eterno dell’esserci. 
Ci siamo.
Incontro Gianluca Covelli, critico d’arte, impegnato ora in una mostra sul futurismo, Orazio Garofalo video maker fra i più interessanti video-artisti del Meridione e che sono sicura farà video nel regno immaginario della Litweb, almeno spero, e insieme guardiamo e guardiamo… da allora ad oggi alla follia del quotidiano fotografare, fotografarsi, bimbi,  costumi,  mare, cielo, alla follia del condividere immagini già fatte, rifatte, corrette e abbellite, alla follia del rubare immagini di codazzi festanti, di opere d’arte altrui, di occhio che scatta.
Ne usciremo mai?
Le camere sono oscure, chiare, le camere delimitano, scelgono, profondità o superficialità, immagine nitida o sfocata, movimentata o immobile, tutte le camere della nostra percezione, poi ci fanno credere quello che ci appare vero, ad un occhio, che abbia o no, la sua coda, il suo foro, stretto o un obiettivo con zoom.
Ci sono cose e persone, qui, in questa fotografia, che non si vedono, ma che, tuttavia sono presenti, scriveva Cipparrone, ed io infatti percepivo quel che era presente eppure non fotografabile.
 Il tempo, i rapporti, le sensazioni, la stima e la gioia di voler stare su quella mongolfiera.

Da Barthes « La società si adopera per far rinsavire la Fotografia, per temperare la follia che minaccia di esplodere in faccia a chi la guarda »
Scrissi una volta “Solo una nuvola resterà del movimento, e le nuvole vagano, e noi guardiamo gli oggetti fermi e capaci ancora di essere usati di essere testimoni di un mondo che esiste nella rappresentazione di un interiore che un solo foro ha, quello della pazienza di saper aspettare.”
Un plauso alla mostra che resterà nei nostri momenti indelebili. 
Ippolita Luzzo