mercoledì 15 giugno 2016

Trasparenti come bicchieri. Francesco Mendicino.

Fotografa dettagli e suggestioni Francesco Mendicino.
Lui fotografa azioni di artisti nel movimento del fare, nella sua prima mostra, fotografa ora in questa mostra, appesa lungo le pareti della Pecora Nera di Amantea, grate in blu, con la luce oltre la grata, la luce della comprensione dal blu che è serenità. O almeno vorremmo che il blu compensasse la fragilità del nostro vivere fra dettagli che sembrano ininfluenti fino a quando non sono messi nel mirino della visibilità. E così guardiamo i bicchieri trasparenti della festa, immaginandola una festa per noi, che non sia greve,
diremmo alla Leopardi, guardiamo quel ciglio di strada e sotto il marciapiede il rettangolo di scolo, dove l'acqua defluisce e porta via ogni incomprensione. Guardiamo quel lampione, quella luce lungo un muro scrostato dall'umidità
 e Per me la fotografia deve suggerire, non insistere o spiegare con
Brassai ( Gyula Hàlàsz ) insieme alla lucerna la ciotola della luce, con olio,  che ci collega ad un passato che è qui
Le fotografie possono raggiungere l’eternità attraverso il momento 
( Henri Carter-Bresson ) e nel dire anche noi che Le fotografie mostrano, non dimostrano, come Ferdinando Scianna ci ha insegnato, vorrei essere nel blu dipinto di blu oltre la grata delle nostre difficoltà, sembra il messaggio. La fotografia è un segreto intorno a un segreto: più rileva e meno lascia capire.
( Diane Arbus )

Le nuvole Capusutta

Il teatro comincia con te.

Venerdì 17 giugno ore 21 al teatro comunale Costabile, il movimento Capusutta è in scena con le Nuvole di Aristofane. 
Stamattina la conferenza stampa al Parco Impastato.
Gianni Vastarella e Guide Christian Giroso di Punta Corsara, illustrano il progetto e lo spettacolo.
Punta Corsara è la compagnia teatrale napoletana, nata anch'essa dallo stesso esperimento con cui nasce Capusutta, dal lavoro del Teatro delle Albe con la direzione artistica di Marco Martinelli. 
Il Teatro delle Albe / Ravenna Teatro si è aggiudicato il Bando MigrArti del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e ha dato vita negli anni scorsi a quattro movimenti analoghi a Capusutta-

La tappa lametina verrà raccontata, assieme alle altre di Ravenna, Roma e Milano da Cristiano Sormani Valli che scriverà ‘4 – racconti migranti per quattro luoghi della non-scuola’
Un lavoro, questo di Lamezia,  possibile grazie alla collaborazione di associazioni e comunità, di cooperative e in particolare all'associazione La Strada, di cui fa parte Cecè, più volte ringraziato da Gianni, per il suo concreto aiuto.  
Con noi stamattina il sindaco parla di teatro medicina.
Un teatro portato, anzi portati al teatro sono i ragazzi  Rom, i ragazzini e giovani, dai cinque fino a 25 anni, che non vivono nel campo, fra lo scolo e i fiumi tossici di roghi accesi con frequenza, e di cui si auspica la chiusura,  bensì nelle palazzine. 
Un teatro medicina.
Medicina che possa far diventare attiva una popolazione, che possa guarire l'isolamento e favorisca la cittadinanza, l'appartenenza, il senso del luogo, del rispetto. 
Medicina che trasforma chi l'assume da fruitore passivo a  soggetto carico di entusiasmo che scintilli così come scintillano i talenti, quelle monete date in dono da Gesù nel vangelo per farli fruttare.
Medicina che porti la conoscenza del teatro come salvezza, salute, che allontani ciascuno dalle dipendenze siano esse alcoliche che mentali. 
Un teatro di grande partecipazione corporea questo di Capusutta, di Punta Corsara, e si nota nella inconsueta conferenza stampa in cui Gianni di Punta Corsara, racconta con gli occhi brillanti, di quanto loro fossero come i ragazzi di Capusutta, e del perché poi siano diventati una compagnia teatrale, molto premiata e seguita.
Punta Corsara è tra i vincitori del Premio della Critica 2014, è Premio IN-BOX 2013 per Il Convegno, Premio Ubu Nuovo Attore Under 30 2012, Premio Ubu Speciale e Premio Hystrio Altre Muse 2010, premio I Teatri del Sacro 2015 per lo spettacolo Io mia moglie e il miracolo" e a Luglio 2016 

 Lui e Christian non hanno accennato ai premi ma a me fa piacere riportare e diffondere la grandezza delle persone che con umiltà aiutano gli altri a diventare grandi, diventano grandi e continuano a sentirsi piccoli. Evviva. 
Anche Capusutta sarà una grande realtà, dalle Donne in Parlamento agli Uccelli e ora Le Nuvole, la trilogia di Aristofane sarà augurale ad un teatro urlato, gesticolato, che corre, corre dalla scena alla platea e poi di nuovo alla scena, coinvolgendo lo spettatore che, all'uscita, come ci ha raccontato Cristiano, possano dire" Però, che talento!"
4 storie per 4 luoghi della non scuola, Eresia della felicità, il libro a cura di Cristiano Sormani Valli che uscirà ad ottobre e conterrà l'esperienza di Capusutta, insieme alle altre elettricità del momento, le fotografie, e... il teatro comincia con te: Capusutta.
Ippolita Luzzo  
  

lunedì 13 giugno 2016

Il profilo etico della politica

Siamo nella Sala Convegni Giovanni Paolo II nel pomeriggio di una domenica di giugno, festiva doppiamente per i Lametini. La notte sarà la lunga notte fatta per devozione al Santo protettore della Città, Sant'Antonio, di cui oggi si celebra la sua festa.

Al tavolo Pino Soriero, Sottosegretario di Stato per i trasporti e la navigazione nel governo Prodi del 1996, e commissario straordinario di Garanzia del Partito Democratico di Lamezia Terme, nella delicata fase politica delle primarie nella città di Lamezia, e quella immediatamente successiva della composizione delle liste fino alle elezioni comunali del mese di maggio 2015.
Insieme a lui il dottor Luigi Maffia, il professore Vittorio Mete, e il giornalista Salvatore D'Elia che coordina la presentazione del libro di Soriero: Sud, vent'anni di solitudine.
Nell'altra faccia del Mezzogiorno, articolo apparso sull'Unità proprio il 12-06-2016, Pino Soriero scrive che la vera sfida culturale e civile per il sud e per l'Italia sta nel ridefinire un profilo etico della politica, correggendo in tempo gli errori, prima che intervenga la magistratura.
Si riferisce alla pubblica amministrazione, ai partiti, ad un tessuto che Stato è, Lo Stato di Hegel, lo Stato morale.
Credo sia lo spunto più interessante, fra i tanti, ed io, da studiosa di Hegel, mi fermo a questa riflessione e faccio mie le parole del professore Vittorio Mete " è tutto questione di metodo. Dal discorso sul metodo di Descartes al metodo. Ed è la cattiva amministrazione che porta il dissesto e poi comporta ai comuni scioglimento per ndrangheta quando il problema è nella amministrazione"
Sulle domande di D'Elia e sull'intervento del Procuratore Maffia, come abbiamo raccontato il Mezzogiorno in questi anni? 1)“Sud sprecone, inefficiente”, “Sud palla al piede che impedisce al Nord di decollare”, oppure vittimismo del Sud o ripiegamento nostalgico ai tempi dei Borboni.
2)Come è avvenuta la Formazione e selezione della classe dirigente?
3) Quale Modello economico e sociale?
La risposta sta sempre nel metodo.

  

sabato 11 giugno 2016

Alessandro Raveggi Il grande regno dell'emergenza

Dal regno della Litweb al regno dell'emergenza una alleanza fra regni.
Leggo Il grande regno dell'emergenza di Alessandro Raveggi  il venerdì 10 giugno 2016 e già scrivendo così mi accorgo di quanto mi abbia preso la lettura.
Alessandro Raveggi termina ognuno dei racconti con la data e la rivista dove lo ha pubblicato: Nazione Indiana, La Nuova Frontiera, Nuova Prosa, oppure su quale  giornale e in quali antologie si trovano. Così ora faccio io, inconsciamente prima e poi consapevole di aver letto e riletto quelle date e quel modo inconsueto di presentare un racconto col suo indirizzo di casa e data di nascita. Come una persona, quasi che ci dica dov'è nato e dove abita.
Il libro mi parla da subito, con quei tre fratelli, uno in copertina e due nascosti nel retro, un lupo, una giraffa e un colibrì, con maschera in  testa e col corpo antropomorfico.
Tre fratelli e un quarto lontano, in Giappone, a far corrispondente, da destinatario di lettere. 
Il libro, con la sua camicia floreale ben ampia quasi smanicata, mi regala I nostri oggetti paterni, i rapporti fra fratelli, che sarebbero sconosciuti se non fosse il legame, quasi una nemesi, con il padre, Destino. Più che un padre, un Deus, una divinità che, bizzarra, si diverte con i suoi prodotti. 
Nel Romanzo da spiaggia trovo Firenze da me amata, una città con troppi ponti, per questo una città di tante solitudini.
Siamo nel regno. 
Nell'emergenza del terremoto sia esso familiare che individuale si cerca spesso il fermo, la zeppa della scrittura, colei che tutto tiene, il collante del nostro continuo girovagare fra un paese e un altro, fra una casa e un'altra o semplicemente, come accade a me, fra una stanza e un'altra. Una zeppa alla porta. 
La porta del regno della letteratura. Eppure anche questo regno  ha subito una catastrofe, ci racconta Alessandro, nel suo racconto Essi Scrivono, che mi rileggerò tante volte per ridere ancora.
La differenza fra Loro Scrivono ed Essi scrivono diventerà un mio must, e sono felice di aver trovato quel discrimine fra letteratura e scrivere la qualsivoglia chiamandola narrativa. Nella mia battaglia quotidiana verso Essi che scrivono e vogliono presentati.
" Rilassati" mi dice un'amica. Io mi rilasso così, leggendo testi scritti per bene e invitandola a leggersi questi racconti.   
Il decimo capitolo "Altre vite illustri" è il risultato di interviste a personaggi reali trasfigurati, e noto, sempre diventando consapevole dopo, che il suo far parlare i cibi nell'Eloquente menu di Tribeca, fa parlare ogni pagina del suo libro con me.
Come se ogni pagina fosse quell'insalata, quel risottino,  quei piatti introspettivi, che ragionano, ragionano, e amano. 
I racconti di Alessandro Raveggi sono scritti come uno studioso può scriverli. 
Lui è Una specie di Rimbaud che aveva rinunciato al genio del secchione accademico per inoltrarsi nell'Africa nera.
Il  libro di Alessandro ama la letteratura Panamericana, mi riporta Fuentes e Tutte le famiglie felici, mi cita Gregory Corso di cui ho recentemente presentato Bomb!Burning Fantasy, fa tanti rimandi, alcuni li so, altri no, e ci invita a leggere fermandoci sui termini, sulle costruzioni, sulle frasi complesse del suo personalissimo immaginario plasmato e ricreato dalle letture fatte.

Un grande regno dell'emergenza nella duplice alleanza con il regno della Litweb.
  

venerdì 10 giugno 2016

Antonio Padellaro a Lamezia

Saranno state cinque o sei volte che Antonio Padellaro è venuto a Lamezia e tutte le volte con grande partecipazione di pubblico. D'altronde lui esordisce così stasera " di esser venuto per ascoltare i lettori, per aver quel contatto con i lettori che manca  perché il lavoro del giornalista è stare chiuso in una redazione e sono poche le occasioni di stare con loro."

Tavella, proprietario della libreria che lo ospita, presenta il libro del giornalista " Il Fatto Personale" sottotitolato Giornalisti Rimorsi Vendette, come un libro in cui la fine si specchia nel suo inizio, e il suo autore un giornalista con lo stato d'animo di un sopravvissuto a tanti avvenimenti.

"Un testimone dietro le quinte di quaranta anni di cronaca politica, un io c'ero, un raccontare con un filo che riesca a legare tanti episodi ed il filo è un paese che non cambia mai." 
Padellaro non citò il Gattopardo ma è lì che pensammo.
Interrogato da Giandomenico Crapis Antonio Padellaro rispose sui punti fermi del suo vedere il problema italiano. Una continua ripetizione di fatti. Urge quindi uscire dalla ripetitività in politica, che da Craxi a Renzi passando per  Berlusconi vede i partiti ormai personificati nel loro condottiero, nel loro leader, nella mutazione antropologica che dal Psi arrivò a Forza Italia ed ora al PD.
Il libro è però anche una autobiografia che fa i conti con i suoi inizi, con la sua potente e influente famiglia, con il suo papà che lo aiutò malgrado vedesse nel figlio nascere ideologia diversa dalla sua. Questa una grande lezione di rispetto, molto rara.
Continua così a scorrere gli anni da quando, a venti anni, va a fare il sostituto all'Ansa, per prova, sotto Sergio Lepri direttore, a quando passò al Corriere della Sera e fu mandato all'idroscalo per la morte di Pasolini. 
A lui fra il caso e la curiosità capitarono dunque alcuni momenti topici. Resta fermo che vi sono fatti accantonati che stimolano l'interesse. Come fu l'inizio di ogni momento? come fu che Trump fece il primo milione?
Fatti accantonati.
Racconta e racconta quel suo soffrire alla redazione romana del Corriere della Sera per via della concorrenza con La Repubblica, racconta la direzione dell'Unità con Furio Colombo.
Una ferita per lui ora vedere come sia finita l'Unità. 
Racconta quelle mattine a dover litigare con i politici al telefono, quell'interferire, quel premere contro i giornali che poi non porta bene, quelle aggressioni e punizioni, quelle minacce subite  di veder tolti i fondi, nel caso dell'Unità.
Poi il desiderio di fondare un giornale senza padroni e l'incontro con Casaleggio, in quattro, lui, Marco Travaglio e Piero Gomez, e la profezia di Casaleggio al termine di un pranzo " Finirete nel lastrico. Dovete fare un giornale in rete e non cartaceo!"
Nella primavera del 2015 Antonio Padellaro lascia la direzione del Fatto Quotidiano a Marco Travaglio e rimane editorialista.
di questo stasera non si parlò.
Mi sarebbe piaciuto che la serata continuasse con il racconto della svolta del giornale su un momento difficile in cui tutto si confonde. 
Lui certo finì con la parola "sentimento" nel senso che bisogna sentire quando è il momento di dire quella notizia, quando è il momento di rischiare, rispondendo al bisogno forte di essere veri.
Nel contatto con i lettori.

giovedì 9 giugno 2016

Il folle volo della parola per la musica Lorena Martufi

Lorena Martufi, la complice.

Lorenzo Arruga, nella prefazione al libro, ci invita a cercare i complici, degli autori e degli artisti del melodramma, che hanno sentito il desiderio e il dovere quasi di farsi tramite fra loro e i lettori, per raccontare il teatro d'opera.
Lorena Martufi, collaboratrice nel corso "Storia del teatro musicale" tenuto dal giornalista, critico e musicologo Lorenzo Arruga, è dunque una complice, si fa tramite fra noi e la musica, affinché anche noi, senza conoscere le note, possiamo camminarci dentro: sono queste parole sue," il camminare dentro la musica". 
Libro di esordio, ad esso Lorena regala il suo entusiasmo verso il teatro d'opera e verso chi ha scritto di teatro. Un teatro che racconta.
Lorena raccoglie le parole di Giorgio Strehler "Per un teatro umano", di Roland Barthes " Il piacere del testo" e via via di tanti altri autori da lei studiati e amati, oppure possiamo scrivere, da lei amati e studiati. 
Nel folle volo la parola dei giornalisti, che si occupano di teatro d'opera, dovrebbe avere quel segno, quasi un testimone, che passi fra autore e spettatore la creatività, l'entusiasmo, la verità della pazzia. 
Un segno che rispetti il vero, che dia comprensione del testo, che venga consegnato e nelle consegne lasci viva l'elettricità dello scambio, delle note. 
Lorena parla di energia; crea chi  sprigiona energia, possiede quel soffio magico, lo stile riconoscibile.
Cosa ha significato per me leggere Lorena? Cosa ha significato incontrarla alla uscita di Primavera dei Teatri nello spazio del Protoconvento Francescano? Felicità e insieme  il folle volo della parola dal testo scritto di un virtuale, dove ci siamo incuriosite, al luogo fisico di uno libro in mano, e l'istantanea è lei che fruga nello zaino, con la difficoltà della ricerca con una mano sola perché con l'altra sorregge il suo dolcissimo bimbo.
Un folle volo dunque in un momento di elettricità, nel dono che illuminava quegli studi amati da entrambe con la stessa passione. Studi diversi. Eppure con un senso. " senza la creazione continua di senso l'umanità non sarebbe più umana" scrive Barthes e in quell'incontro di due persone fisiche ci siamo interrogate, con Barthes, non sul " che cosa vuol dire" ma "cosa mi fa dire" e potremmo dire di avere davvero ascoltato e potremmo pensare il sentire. L'ascolto musicale sollecita la mente a retrocedere verso il corpo  in una dimensione primitiva. Questa percezione esprimerà quello che non possiamo  ancora dire. Sarà il segno di un linguaggio che verrà. 
Come l'ascolto musicale così l'ascolto interumano.
Felice, dai miei incontri affettuosi,  porto a casa album di famiglia. Nella famiglia ideale dove abito Il folle volo della parola per la musica di Lorena Martufi. Una famiglia bellissima esiste.
Se non puoi vivere nel mondo che desideri puoi crearlo con l'immaginazione, puoi "raccontare  tante storie di altri ad altri, o racconto storie mie a me stesso e agli altri. Riuscire a raccontare senza raccontare troppo le nostre storie." Dal teatro umano a noi, con Strehler e con Lorena. Con Il folle volo della parola per la musica. In mongolfiera. 

lunedì 6 giugno 2016

Tutto finto. Olè

Finta la giornata della solidarietà, finta la giornata della libertà, ogni giorno del calendario è una giornata dedicata a... nessuno, eppure ci saranno tavoli, ci saranno eventi e intorno un fiorire di salsicce arrostite. 
Finto il mondo delle adunate, dei congressi, delle tavolate.
Finti i premi, dal famoso Campiello con Vecchione giurato al premio dei premi, con targa annessa, ai  premi di scambio, io premio te poi tu premi me, nei vari paesi della penisola, dove ognuno premia sé stesso.
Finti i partiti e le ideologie, ognuno sceglie in base al momento, all'alleanza, alla supponenza. Nessun progetto che non sia contro, nessuna idea da difendere, una politica che si fa per un vitalizio, un conto in più.
Tutto finto intorno a noi.
E sull'individuale il finto si stampa, leggendo notizie che sono finte, vedendo programmi che sono costruiti per far in continuo rimbecillire, portando in giro il niente assoluto di un girovagare al nulla perfetto.
Finto è quel mondo, direbbero gli artisti, i pochi che sono rimasti a dirlo, contro i tanti ottimisti e felici che parlano e sparlano positività. Finta anche quella. 
Finto poi è il social con le invettive, con le pagine già preconfezionate, con i necrologi ad ogni morto, con le liti su. Finto è il livore eppure nefasto, finto, eppure fa poi tanto male stare nel finto che non viene via.
E le parole divennero finte: Cultura, giovani, emozioni, libertà.
Finte oramai per tutta la gente: legalità, bellezza e sanità.

Senza un criterio con cui separare il finto dal vero non si può stare, eppure anche il criterio vien sbeffeggiato preferendo non averne affatto, non fare fatica poi a spiegare cosa impone un criterio, un punto fermo. 
Così
In un mondo tutto finto solo il dolore e la malattia restano veri, verissimi, nascita e morte, con niente intorno.   


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