venerdì 29 gennaio 2016

Tante donne. Vittoria De Marco Veneziano



Ci si incontra nella vita in tanti luoghi, in circostanze diverse, e quel che era l'usuale conoscersi col vicino, col collega, con il parente o amico, ora attraversa i tasti e, con più facilità e con maggiore responsabilità, ci si incontra nella vita in altri  luoghi che non sono più le piazze del nostro paese ma la piazza grande del virtuale, e soprattutto la piazza della volontà.
Così gli incontri diventano magiche coincidenze, che sassolino dopo sassolino, scrive uno scrittore da me molto amato, segnano la via per il ritorno. 
Incontro è stasera  con "Tante Donne", con il libro e con la persona che lo ha scritto, con le sue storie, con la bella opportunità che avremo di ascoltare Vittoria De Marco Veneziano.
Il libro raccoglie trenta biografie, l'autrice sceglie, e nella scelta emerge forte il messaggio che vuol dare a tutti. 
Che è poi quello che ci unisce e quello che ci portiamo in tasca. Tutte. 
Dalle Gelsominaie di Milazzo che raccoglievano i fiori di gelsomino intorno alle tre del mattino fino al sorgere del sole, con i piedi scalzi, ed immersi nel fango fino alla caviglia, la schiena curva, esposta all'umidità della notte, e con i figli appesi nelle ceste tra le piante, siamo nel 1946, siamo sempre nel 1946, 25 lire per un chilogrammo di fiori raccolti. Primo sciopero per aver aumento di salario e condizioni più umane. Credo che queste condizioni, taciute e in altre piantagioni, siano ancora purtroppo fra noi. Vero? E poi Las Mariposas, vissute nella Repubblica Dominicana, paladine per la lotta della liberazione dalla dittatura ed uccise nel 1960 dai sicari di Trujillo, il dittatore che fu, a sua volta assassinato nel 1961.
Dalle ingiustizie storiche e sociali alle traversie della vita potremmo raccogliere tante storie, anche nel nostro tempo, nella nostra piana
Potremo poi raccogliere le mancanze individuali, la storia di Rosetta Rota, di Gianna Beretta Mollo, di Mariannina Coffa. Nelle mancanze del circostante...
E dopo il raccolto ecco il messaggio di Vittoria  
Viva La Vida, dedicato a Frida.
" Quando le traversie della vita non consentono di sfuggire al dolore è tuttavia possibile elaborarlo, a condizione che esso possa essere individuato. E proprio da questo tentativo che, sovente, nasce la poiesi dell'essere umano. La capacità di andare oltre se stessi, trovare un'armonia estetica che emerge dalle proprie dolorose vicende"
Viva La vita con le sue mancanze, con i suoi affanni, viva la vita se sapremo esserne degni. Con responsabilità, rispetto e volontà. 
Questo ci dicono le donne di Vittoria, questo stasera ci dirà lei, con il coraggio ed il sorriso di aver trasformato il dolore in ricchezza, la sofferenza in entusiasmo.
Questo lei stasera ci donerà, nel dono al quale ognuno di noi è chiamata: Il dono della vita
Il dono che  non è solo generare, particolare condizione fisica, bensì generare, dare alla vita il rispetto per la vita stessa.


   

mercoledì 27 gennaio 2016

Scuola aperta nel teatro al Liceo Scientifico ieri.




Amleto e company al teatro in classe. Con Pierpaolo Bonaccurso e gli studenti.
Al Liceo Scientifico di Lamezia per i quattrocento anni della morte di Shakespeare. Sono in scena gli alunni, preparati da Pierpaolo Bonaccurso, attore, regista e direttore artistico di TeatrOltre e di Teatrop, nella foto insieme a Greta Belometti e a Valentina Arichetta, attrici e collaboratrici.

“Recitare per interpretare le difficoltà che incontreremo tutti nel corso dei giorni. Prepararsi con le tragedie. Saremo forti se ricorderemo che quel ci succede, quel che  è già successo nel castello di Danimarca, oppure nel Macbeth alla corte del re di Scozia.” Le parole di Pierpaolo rivolto agli attori, che per la prima assoluta si esibiscono in monologhi tratti dalle tragedie di Shakespeare. I ragazzi, tutti bravi, innamorati del teatro, avevano gli occhi brillanti, ed anche i loro compagni e professori entravano ad assistere con grande partecipazione. A turni. 


Io li ho ascoltati due volte e mi riprometto di andare ancora e ancora. Accanto a me la loro docente di Lettere, Mara Perri, orgogliosa come lo sono anche io degli alunni che si entusiasmano e seguono nel testo quello che sui libri è letteratura.
Nel teatro è vita.  Palpitante. 
Recitare quindi è studiare, vivendo dentro i personaggi, dentro i luoghi e capire che tutto può accadere, e che ci può accadere. Come lezione difensiva. Una tecnica di respiro, disciplina e di postura per affrontare l’abulia e il tedio di una vita senza teatro. .
Evviva Evviva a tutti gli autori  che ci hanno  regalato tante tragedie che reciteremo
E  l’applauso finale va  a Shakespeare e a tutti voi







martedì 26 gennaio 2016

Non abbiamo nulla da ricordare. Giornata della memoria



Foto di Alfonso Bombini. Per il nostro giorno della memoria corta. Nei camion uomini portati ai campi, senza contratto lavorativo.

Possiamo solo guardaci intorno.
2015
Certo commemorare mi sembra d'uopo, anche per far sapere a chi non sa che si poté fare così, incarcerando e sopprimendo interi popoli, etnie e gruppi, senza pietà.
Dopo però aver espletato il compito di dare una conoscenza a chi non l'ha, dobbiamo avere forte l'imperativo di guardarci intorno e ribellarci.
Se ci fanno senso tutti i conniventi al nazismo e fascismo dovrebbero farci ancora più senso le trasformazioni che stiamo vivendo.  Con noi conniventi. Votanti un sistema di carneficine, andando noi nei centri commerciali, spellando e spellando la pelle ad una accoglienza che nei camion porta misera gente. 
Certo non siamo noi che buttiamo a mare la povera gente, sono scafisti ed omicidi.
Certo non siamo noi che facciamo morire nei camion la povera gente pressata e gassata, sono gli autisti ed assassini.
Certo non siamo noi a mettere il filo spinato alle frontiere per impedire alla povera gente di attraversare quel territorio, sono le guardie messe ai confini, confini oramai insanguinati.
Certo non siamo noi a chiudere nei campi di pomodori, fragole e fiori, la povera gente senza contratto, sono caporali e produttori.
Certo nessuno stupra e approfitta a Rosarno e Rossano, dal mare  Ionio al Tirreno le lavoratrici di ogni nazione, oramai ci sono i sindacati che difenderanno i lavoratori, le corporazioni dovrei dire, i fasci littori, le nuove forme che hanno distrutto conquiste recenti chiamate diritti.
Non ci sono diritti nel nostro mondo. Ci stanno solo i privilegi.
Quindi guardiamoci un po' intorno e spaventiamoci ogni giorno di più. 
Il mare Mediterraneo un forno crematorio è, non vi sembra? 
I nostri camion non sono uguali a quei camion lì? Leggete il monologo di Michele Lupo "Io Sono la montagna" e vedrete.
Le leggi fatte sono leggi che montano sempre più la nostra impotenza.
Intanto che leggi pensa anche un po' col tuo cervello senza seguire quelle cordate, quelle intruppate del social insocial e vedi quanto siamo vicini noi a quel tempo del grande kaiser, del grande moloch, del grande fratello, e riflettiamo, scornati e delusi, che stiamo facendo uguale e preciso agli aguzzini del tempo che fu 

sabato 23 gennaio 2016

Leonardo Caimi alla libreria Tavella


Stamattina libreria in musica.
Fortemente voluto da Tommaso Colloca, che presenterà, ci sta l'incontro con Leonardo Caimi, Tenore. 
Leonardo è di Lamezia Terme, suo papà era stato presidente dell'AVIS e, fra i suoi parenti, la mitica zia Vanna, professoressa di lettere presso la Scuola media Pitagora.
La zia, stamattina, è uscita proprio per lui, e tutti i suoi alunni vanno a salutarla con affetto.
Diventa quasi lei il personaggio della mattinata. 
Aspettiamo fra una folla affettuosa ed arriva lui. Un attore. Bello, bravo, elegante. Disponibile ed amabile. Ironico.
Laureato in filosofia col massimo dei voti si diploma in Clarinetto e in Canto al Conservatorio di Messina.
Poi per un problema al braccio sinistro non riesce a continuare a suonare e canta.
Nasce così, da una difficoltà, un grande tenore che è stato diretto da Riccardo Muti e da tanti altri grandi direttori. 
Tommaso Colloca inizia con un gioco di parole il saluto a Leonardo. "Lamezia deve cambiare tenore di vita, con un tenore nel senso nobile del termine, cominciando ad essere orgogliosa dei suoi concittadini, proponendosi di debellare l'invidia che l'attanaglia.
Riuscirà? si domanda il sindaco che crede in questo sogno oltre ogni politica.
Riuscirà Lamezia? Non si sa.
Sappiamo però che è riuscito Leonardo a mantenersi puro e sorridente, a scherzarci su anche lui, quando ci invita tutti in coro a dire "Invidia" la parola che dovremmo cancellare dal nostro animo. 
Riuscirà Leonardo, nel saper di filosofia, del distacco che bisogna aver per mantenersi in equilibrio. 
Riuscirà lui che ricorda le parole di  Riccardo Muti, meridionalista della Puglia,  "Noi abbiamo più talento degli altri però non abbiamo disciplina "
Riuscirà un giorno a fare l'Otello, così lo chiameranno il Moro di Lamezia, ci dice sorridendo, e nel profetizzare facile che, ai moltissimi teatri internazionali, manchi nel suo curriculum il Teatro Grandinetti di Lamezia, la mattina si avvia al termine con il gagliardetto, il libro e l'invito del maestro Colloca, direttore della banda, un cimelio conservato da Tommaso.
Intanto domani Leonardo Caimi sarà Cavaradossi nella “Tosca” di Giacomo Puccini al Teatro Rendano di Cosenza.
Evviva dalla Litweb

giovedì 21 gennaio 2016

Mario Maruca recita " La Coppia è"

Al teatro Antigone di Roma, il 25 ottobre 2015, Mario Maruca ha recitato questo monologo, scritto da me, divertendomi a giocarci un po'. 

Di nuovo interpretato da Mario Maruca al Parco Dossi Comuni di Lamezia Terme, è un testo in itinere... come tutte le coppie che vanno via. 




COPPIA, PAIO, DOPPIO E METÀ
I numeri nascosti nelle parole.
Fai sempre attenzione alle parole! Forse ti sarai già
accorto che alcune parole indicano un numero ben preciso.
Una coppia di colombi sono 2 colombi.
Una coppia di sposi sono 2 persone che si sposano.
Una coppia di poliziotti sono 2 poliziotti.
Un paio di scarpe sono 2 scarpe.Un paio di guanti sono 2 guanti. 
Un paio di caramelle sono due caramelle. coppia paio doppio e metà… tu sei la mia metà, siamo una coppia e abbiamo un paio di… ah i numeri!
La coppia, con articolo determinativo "la", è proprio quella e nessun’altra, quella che conosciamo noi, formata da due persone: Una che fa la donna e l’altra che fa l’uomo.
Non importa di quale forma e sesso i due siano, importa la funzione. 
Funzione femminile e funzione maschile: Basta che funzioni! Allen ci fece un film.
Nella diversità dei ruoli gli uomini provengono da Marte e le donne da Venere… Ah ecco
Diversi. Diversi, in corpo, Lo vediamo.
Diversi in suoni, lo sentiamo. Gli acuti femminili trapanano il cervello maschile e lo mandano in fusione… care donne pericolosissime state attente.

Diversi siamo e lo capiremo solo vivendo
Da Marte oppure da Venere poi sulla Terra dobbiamo noi vivere… insieme. Non troppo.
Un Poco.
Senza categorie precise, ormai non si può più.
Ormai regna la confusione dei ruoli.
Quanti uomini sono ordinati, si guardano allo specchio ogni mattina, si fanno fare le sopracciglia ad ali di gabbiano, lo giuro, il mio fornaio li ha.
Quanti uomini cucinano, si prendono cura delle pelle, con creme costose, hanno un beauty case da viaggio e quante donne invece sono disordinate, non cucinano e non sanno farlo, si trascurano e sono ossessionate da carriera, e… poi ora vanno di moda le selvagge. Uomini depilati e donne "nature"! Una completa inversione di ruoli.

In questa confusione spesso ci si domanda con Alberto Sordi nel suo famoso film sulle coppie: “ Chi ho sposato? Chi è questa sconosciuta/o che dorme accanto a me?” si chiedeva lui spaventandosi … tutti ce lo saremo chiesto dopo, solo dopo, subito dopo. 
Chi è Lei? Chi è Lui? Tardi ormai 
Coppia è  etimo da copulum … copulare ahah un composto da cum con e apere  attaccare, attaccare due elementi con lo scocth, il nastro adesivo delle convenienze sociali.
D'altronde una società civile sulla coppia si regge. 
Infatti non è civile.
La coppia è una idea… da Gaber  e una idea finché resta una idea è pur sempre una astrazione
Poi diventa partecipazione così: Buongiorno caro, buongiorno cara, sei bellissima cara, sei bellissimo caro, come mi sta questo maglione? Il pantalone, la maglietta? Io lo vedrei col celeste e con il bordò… ma no ma no… torni per pranzo, oggidì? Se non torni mi avvisi, avvisami, non ti scordare, poi si scorda, sicuro si scorda, e Perché non mi hai telefonato? Avresti potuto avvisare, che ti costava fare un messaggio e dirmelo?
allora  telefonate: Il telefono dell’utente è momentaneamente scollegato, primo mess, secondo mess, terzo visualizzato, e ti telefono,  tu mi telefoni e ti messaggio, tu mi messaggi, una coppia si messaggia e… WhatsApp
La tecnologia ha rovinato la coppia
visualizzo la coppia che si visualizza in un mare di messaggi, uno i messaggi dell’altro, Una spunta, due spunte, blu, bianche e nere. 
E diventa soltanto l’inizio della fine! Incubo
Routine di coppia: Domenica che si fa? Ci sarebbe da andare da Tizio, Caio, Sempronio, e mamma? Ci sarebbe da fare il giardino, le pulizie, oppure siamo ospiti, no, non lo siamo,  radersi  la barba e  depilarsi, farsi vedere da un altro in gesti piccoli, insignificanti per l’uno e per l’altro. 

TIPOLOGIA DI COPPIE
1) Coppia che vanno insieme a riunioni, a matrimoni, a battesimi,  le coppie francobollo, le chiama mia cugina. Lettera e francobollo, fanno tutto insieme

2) Le coppie che portano bene le corna: Prima Sciascia lo scrisse nel “Giorno della civetta” Sciascia docet: Un bosco di corna, l’umanità, più fitto del bosco della Ficuzza quand’era bosco davvero. E sai chi se la spassa, a passeggiare sulle corna? 
Primo, tienilo bene a mente: i preti. Secondo: i politici" e terzo... I rispettivi aggiungerei io 
 "Io sto sempre al mio posto!" dice lei che sa di esser moglie pluricornificata. Lei sta al suo posto, lui le regala viaggetto e gioiello.
 Ecco a voi la coppia con corna palesate. Coppia e corna cominciano uguali. 

Dopo la lezione su Saussure il suono co vuol dire coccodè
Dallo strutturalismo al surrealismo la coppia con la zeppetta, la zeppetta  è quella cosa che mantiene lo status quo di una coppia. 

La coppia è un mutuo soccorso. Forse muto soccorso. Si soccorre il coniuge in difetto per difendere in effetti un letto… lo diceva già Giasone nella Medea di Euripide… poi sappiamo come andò a finire
E ci sarà Parini?
3) E la coppia doppia, la coppia guercia e la coppia muta...
E' meglio zoppicare da soli o stentare sostenendosi in due?
L'amico d'appoggio essenziale. Da non confondere con l'amante
Il matrimonio specie in vecchiaia è un investimento sul mutuo soccorso.

4) Coppia che si organizza per non vedersi mai… impossibile- direte voi- e che coppia è? Eppure sono quelle che durano 
Partecipazione non vuol dire vedersi e guardarsi e ascoltarsi… chissà perché dopo tre mesi  uno si annoia ed all'altro viene la dipendenza. 
Meglio dunque "Ognuno a casa sua"! 

5) Coppia cannibale. Due cannibali insieme. Chi si mangia per primo?
Una idea di coppia dove uno dei due si ammala e scoppia
e andiamo via dalla coppia, pensa ognuno dei due, scoppiato, dal non poter esser sé stesso ma sempre una coppia. 

Andiamo sulla coppia generica. Coppia mia bella coppia chi è la più bella coppia del reame? Siamo la coppia più bella del mondo e ci dispiace per gli altri che sono tristi e sono tristi perché non sanno più cos'è l’amore  cantava Celentano e quindi per esser coppia più bella basta saper cos'è l’amore.
 Un’astrazione? o  un’attrazione di corpi e di mente, un profumo chimico  droga,  confusione e  malìa, il non poter vivere più senza te, che sei per me l’unico/a uomo o donna per me?
Amore e coppia, Eros e Thanatos, Eros che scappa dopo tre mesi e thanatos che occupa il territorio per anni, per troppi anni.

1) Coppia che conosco. Bellissima coppia di anziani. Quattro figli. Mano nella  mano. Poi lei mi confessa di non aver mai amato il marito. Ha sempre amato il suo primo ragazzo che i suoi familiari le fecero lasciare… e non c’è stata una sola sera in cui lei sia andata a dormire senza pensare a lui, all'altro, mica a quello accanto. 

2) Coppia che conosco: Lui chatta con una lei e la moglie chatta con un lui da due angoli della stessa stanza …e magari si sorridono pure. In quattro. Un quadrato, altro che coppia!

3) Coppia che conosco: Lui parla, gli sfugge un errore, lei corregge, lui riparla, e rifà errore dialettale, lei ricorregge. Chi corregge ama di più?
Chissà chi ama chi! Una coppia affollata da troppe presenze,  dopo poco, pochissimo, resta la coppia senza i due personaggi principali,  andati a recitare su un  altro palcoscenico la loro pulsione vitale.

Quindi se siete coppie felici, se non vi annoiate insieme, se riuscite a guardarvi con stima, consideratelo un miracolo, un dono. Siete fortunati.

Una coppia con  un nido, una stanza, una casa, una villa,  già siamo oltre e una coppia con  amici, beati loro, con cui incontrarsi, un gruppo, una comitiva, una coppia, la coppia  è!!
 Alla maniera di canta che ti passa… Coppia che  passa, che passa la paura di esser sola/o 
Dove vai se la coppia non ce l’hai?
Demenziali pensieri su un lemma, un sostantivo  coppia,  che  non esiste, come non esiste la  pipa surrealista che dipinse Renè Magritte, aggiungendo: "però si può riempire"
Senza mai guardare il cellulare dell’altro, mi raccomando 
                                                                                           Ippolita Luzzo




                                                                  


martedì 19 gennaio 2016

Cade la terra Carmen Pellegrino

Cade la terra: l'abbandono che sta in noi.
Ringrazio Carmen Pellegrino per aver scritto "Chiamateci per cambiarci i destini" di uno, di tanti. Dal luogo, Alento, un luogo lento, che lentamente si sfa.
Nei nostri paese. Nel mio paese.
Dal mio abbandono quotidiano vedo il palazzo del marchese D'Ippolito, tradito da nuove aperture e calcinacci, il barocco infestato da erbacce, il cornicione pericolante sopra l'ala del palazzo che toccò a mia nonna, figlia di marchese anch'essa. 
Una nobiltà, che aveva già sciupato quel che c'era da sciupare, ha poi vissuto con l'abbandono del tempo, della vita e dello scorrere degli eventi. Abbandonati.
Se i nostri paesi hanno subito l'affronto del cemento, prima avevano vissuto la sciatteria dell'aristocrazia che non sempre fu così, visto che avevano pur creato questi palazzi  ora  sbriciolanti ogni dì.
Scrivere di tutto questo sembra anacronistico, eppure ci servirà leggere questa storia romanzata per aggirare il fastidio di studiare i tanti saggi di antropologi. 
Studi interessanti come  "Il Senso dei luoghi" di Vito Teti:Contro ogni apparenza, i luoghi abbandonati non muoiono mai.  
"Maledetto sud" scrisse Teti,  ma dappertutto incombe questa fine e questa poca attenzione a quel che poi ci portiamo dentro.
Le cellule della nostra combinazione.
Siamo tutti con Estella, al suo tavolo imbandito.
Guardiamo i piatti, preparati dal destino.
Siamo tutti con Marcello, nel suo rifiuto a crescere, a mangiare ed a vestirsi.
Il rifiuto ad amare e ad impegnarsi.
A scappare per salvarsi nel paese che non c'è.
Cade la terra, mi ricorda i giochi che non ho mai fatto, il nascondino ed il girotondo.
Chiama i morti, se vorrai, tanto i vivi non ci sono.
Poi sul foglio potrai vivere la più bella fantasia.
Come Estella, con Marcello e con Libera, ci diciamo tutti insieme che per tutti, lo sappiamo, un'altra pagina è possibile.
Basta girare il foglio, del destino.




Cade la  terra. Stralci di lettura da cui non voglio allontanarmi.
In volo.

«Chiamateci per farci indossare abiti di vento» ha detto poco fa Consiglio Parisi. «Chiamateci per cambiarci i destini.»

“Subito mi chiedo quale sia la storia che raccontiamo. Una storia di esclusione, senza dubbio, ma anche di vite dissipate, trascorse senza gridi, senza gesti. La storia di una chioccia che dorme per anni sulla cova e trova i figli tutti morti. Essi ne parlano come di una storia di penitenza, a cui però non segue alcun pentimento.”

“Quando cominciai a scrivere questo romanzo volevo raccontare la storia di Roscigno Vecchia e della sua ultima abitante – e in parte ho attinto a fonti specifiche, a una specifica geografia – ma poi ho preferito che Alento rappresentasse non soltanto un determinato borgo abbandonato, che racchiudesse più di una storia di solitudine. Le case che marciscono in silenzio sono per me una dimora provvisoria, un posto in cui stare, anche solo per poco. Sono nata in uno di quei luoghi scampati dove il passato e il presente si toccano, è infatti sufficiente attraversare una strada per ritrovarsi davanti a un casolare diroccato. Io stessa ho vissuto in una grande casa che mi dirupava addosso, negli anni informi in cui si hanno tutte le possibilità davanti, oppure non se ne ha nessuna. Immersa com'ero nel silenzio, varcavo spesso la soglia di una casa abbandonata e immaginavo il ritorno di quelli che l’avevano abitata. Quasi sempre cambiavo loro i destini.”

Tremeranno guardandosi gli ospiti seduti al desco

 " Ogni povera cosa a un certo punto ha cominciato a parlarmi, a fare clamore dentro il gioco della memoria, perché non è mai bastata a nessuno la sola volontà. Così, risuscito a uno a uno i gesti e i volti, e mi compiaccio ogni volta nel ritrovarli tanto carini e educati. Occorre tempo e una specie di distacco per decidere quali risuscitare e quali no. Certo quelli che mi son venuti in sogno, quelli sì. Per gli altri si vedrà. E non vale se si sono nascosti dietro una porta o nei cretti di un muro maestro, con quei piccoli furbi gridi «C’ero e non mi hai visto». Onestà, cari morti, onestà, o perlomeno un po’ di riguardo per noi solo abbastanza morti”

Andando in un’aria di vetro

"Il funerale fu bello, pieno di presentimento d’eternità mescolato ai fiori. Sulla bara fu adagiato un berretto con un bellissimo gallone d’oro sul davanti, e tutti notarono come il giallo del gallone si sposasse bene con il legno di pino."

Zona di guerra, 18 ottobre 1918
Caro padre,
qui siamo in pieno inverno, piove e nevica, freddo a tutta forza, ma credo che si stia meglio qua che da voi, data l’epidemia che corre e i pericoli della frana. Dite che è crollato un negozio. Pazienza. Sempre allegro e mai sgomento, siate più tranquillo: si è diventati gagliardi guerrieri, da dirlo a fronte alta, non più imboscati. 
Antonio

“Parlavano di noi ma con parole che ci tolgono ogni riposo» interviene Libera Forti, mentre si scuote leggermente come percorsa da un freddo, per cui si avvolge nello scialle di lana. «Questi loro ricordi non ci concedono tregua, ci spossano. Ma guardate cosa faccio con la boccetta che ho qui davanti» e unendo il pollice e l’indice in una specie di cerchio avvicina la mano al vetro, poi schiocca il colpo con l’indice: l’ampollina schizza lontano come una biglia, frantumandosi in volo.”

domenica 17 gennaio 2016

L'allegria di esserci. Giorgio Lupattelli al Marca

L'allegria di esserci ancora, malgrado i fastidi di un corpo che danza con le tante molecole colorate dei farmaci. L'allegria dell'arte che ci colora attimi, giorni e secoli, nel continente uomo.
Dai collage ai plastici e ai  murales, alle linee di una Guernica che abbaglia, al dinosauro che ci accoglie dal dì che storia divenne il nostro apparir sulla terra, andiamo.
Siamo al Marca di Catanzaro per Giorgio Lupattelli. Conferenza esplicativa super affollata, ed io non riesco ad entrare.
Pubblico sciamante intorno a Giorgio su, nelle sale, e raccolgo da lui   solo la storia dell'elefante che si piega lentamente addormentandosi, da una canzone che mi avrà detto, alla storia di Mac, il suo cane, raccontata in un video. Il cane, lentamente si addormenta. Potrebbe morire, o almeno, il morire potrebbe essere con lo stesso, lento, abbandono del corpo, del movimento.
Questo mi dice Giorgio, allontanandosi per accontentare una signora con una foto insieme.
La morte ed il sonno sono simili, penso io. anche il silenzio. Morire è il silenzio. La sfida al silenzio è un duello continuo. L'arte è la spada, continuo a pensarlo. Questa la forbice con cui si tagliò il nastro. Mac sorveglia.

Quello che però ho ricostruito nella mia testa sta tutto nelle canzoni di Lucio Dalla, Piazza Grande, Quale allegria, negli infusi del port, quella vena succlavia che beve e beve una pozione magica, in Spiderman, in Rita Levi Montalcini, L'asso nella manica a brandelli. La vecchiaia è complicata, dice mia mamma al telefono.
Vivere è complesso, ridendo le rispondo. Poi chiedo" E Il piede?" e lei, pur rallegrata di averlo il piede, mi risponde che non l'ha neppur guardato.
Tutti i colori di Giorgio Lupattelli al Marca sono un grande saluto a noi, al mondo che ci piace, tanto, tantissimo, ancora di più, se percepiamo la caducità, del  cane, del dinosauro, della mente.
Una sensibiltà che potrebbe implodere, dice con me Vittorio Pio, oppure esplodere.
Meglio sarebbe lasciarla andare su tela, pannelli, su braille in ceramica e riderne ancora una volta di più.
Dovrò venire a fine mostra per vedere il ponte che lui costruirà con i mattoncini lego, quel ponte sull'acqua, quel ponte tra noi, che si chiama amicizia. Partendo tutti insieme dall'altra parte della luna con lo sputnik della fantasia.