domenica 13 settembre 2015

Il centro del mondo è Catanzaro. Mostra di Amendola al Marca


Piero Mascitti, curatore della mostra e  che precedentemente  ha lavorato con Mimmo Rotella, così presenta al Marca ieri sera l’esposizione di 22 ritratti fotografici fatti da Aurelio Amendola ad Andy Warhol nella sua Factory a New York in  periodi diversi, nel 1977 e nel 1986.
 Dal Marca di Catanzaro la Mostra andrà a Torino, a Londra, ad Hong Kong  
Veramente orgogliosa io di esserci e poter prendere appunti dal Ponte verso il mondo.
Dalla terrazza dove ci troviamo, una terrazza sul mondo, campeggia il ponte di Catanzaro e davanti a me gli intellettuali in semicerchio, offrono lo sguardo propositivo sull’arte e sulla bellezza che attraverserà il mondo partendo da qui.
Chiara Busso, storica del costume e per la prima volta a Catanzaro, viene chiamata a fare un intervento e racconta come riuscì a convincere Andy ad esporre suoi reperti…lei usa propria la parola reperto,  nel museo, luogo delle muse, dell’arte, e non immobile contenitore di applaudite bellezze.
Alan Jones, che ha curato i testi del catalogo edito da Silvana, ci parla del curioso legame di De Chirico e Amendola, tra De Chirico ed Andy Warhol dell’enigma e della metafisica, del volto umano nella fotografia,  un enigma in esplorazione.
Avrò perso altri fogli ed altri appunti nel tragitto dal ponte al taglio del nastro ed infatti Silvia mi restituisce qualche foglio, ma resta con me la felicità di entrare nelle sale e vedere Andy.
Nella sala d’ingresso vi  sono gli scatti del 1986 gli ultimi, mentre  nelle sale in fondo gli scatti del ‘77 e noi iniziamo da lì da Andy giovane e guardo il pubblico. 
Rifletto molto su cosa sia  riconoscere e conoscere, su cosa sia la parola e l’azione “ accorgersi”.
Una volta un medico, in ospedale, ebbe un infarto davanti a me a mia cugina  e alle infermiere, e mentre io blateravo che lui stava male e di soccorrerlo, mia cugina insisteva a voler sapere come stesse sua madre e le infermiere badavano a guardare le cartelle. Logicamente poi si accorsero perché il medico scivolò a terra.
Così guardo tutta questa bella gente e mi domando se si accorge oppure no, se si accorge di quanto si possa soffrire, di quanto sia sofferente Andy negli scatti della sala del 1987 e di quanto sia diverso e quasi divertito negli scatti del “77, quasi come recitasse, anzi sicuramente recitava.
Ci accorgiamo delle cose? Ecco che in un altro luogo del Marca viene proiettato un documentario sulla vita di Aurelio Amendola. Prendo appunti sulla cartella bianca e lucida e spariscono gli scritti.
Quello che mi rimane è l’allegria della serata, i molti amici incontrati, l’umanità e la simpatia di Aurelio Amendola che mi fa una fotografia vicino ad Andy, mi dà sua mail e vedo Diego Dolcini che chiede anche lui una foto al Maestro Amendola.
Aurelio Amendola ha fotografato Burri mentre nel fuoco modella il futuro, ha fotografato De Chirico in gondola metafisica e reale, ha fotografato Michelangelo e la sua Aurora, ha fotografato il Davide e me. ahah.
 “Lui sa quello che sta facendo perché è quello che fa anche lui” da una frase del documentario. Lui, Aurelio, sa cosa ha fatto Michelangelo e conosce  ogni sfumatura dell’Aurora e carezza l’Aurora con la stessa stupita delicatezza e purezza con cui iniziò da bambino a carezzare le pellicole  da lavare nello studio di un fotografo del suo paese.
Ogni paese può diventare il centro del mondo se ci si  accorge di vivere. 

venerdì 11 settembre 2015

Alla Ubik c'è Carmine Torchia che suona

-Finisci di sputacchiare. Per le 18,10 passo dal cancello. Si va da Carmine.- Più o meno questo mi scrive ieri pomeriggio  Salvo ed io obbedisco. C'è Carmine alla Ubik. Faccio in tempo a tornare da Catanzaro Lido e riparto per Catanzaro Lido per due volte oggi. C'è Carmine Torchia che presenta il suo terzo album alla Ubik.
-Sai cosa vuol dire Ubik?- sempre Salvo, ed io, certo, una catena di librerie,  ubik deriva dal latino ubique che significa “ovunque”.
No, mi fa lui, Ubik è  « Io sono Ubik. Prima che l'universo fosse, io ero. Ho creato i soli. Ho creato i mondi. Ho creato le forme di vita e i luoghi che esse abitano; io le muovo nel luogo che più mi aggrada. Vanno dove dico io, fanno ciò che io comando. Io sono il verbo e il mio nome non è mai pronunciato, il nome che nessuno conosce. Mi chiamo Ubik, ma non è il mio nome. Io sono e sarò in eterno »
(Philip Dick, Ubik) Ah ecco! Ora tutto chiaro è. Merci Beaucoup.

Nunzio Belcaro, animatore ed ideatore della Ubik di Catanzaro ora presenta Carmine. "Un Mattoncino di complessità in più, questo fa Carmine, dandoci dei dettami che sono evocativi e poetici, con dimensione universale, inseriti in un percorso musicale, una alchimia di musica suoni e parole. Alchimia che dà la gioia."
Affetti- con note a margine
Questo il titolo del nuovo Cd di Carmine Torchia

Daniela Rabia inizia il suo canto pro Carmine, felice e luminosa, di un amore limpido. " Carmine è un pittore e sulle tracce di De Chirico fa un viaggio per le piazze d'Italia, Sotto Questo Cielo, e poi Bene, ed ora Affetti- con note a margine.
Canzoni d'autore, lettere a destinatari mai spedite."
 Il filo conduttore di Carmine  è il cielo, sta dicendo Daniela,  dall'Astronomo al cielo di Sersale a quello di Milano, dalla Sfera, progetto dedicato a Lorenzo Calogero che scrisse:

Lettere d’amore

Mandai lettere d’amore
ai cieli, ai venti, ai mari,
a tutte le dilagate
forme dell’universo.
Essi mi risposero
in una rugiadosa
lentezza d’amore
per cui riposai
su le arse cime frastagliate loro
come su una selva di vento.
-
Mi nacque un figlio dell’oceano


Carmine, quasi intimidito da tanta passione risponde a Daniela  di essere sempre un boscaiolo di Sersale!

Un boscaiolo con una legge morale in cui crede, e un mondo governato dalla poesia come fede. L'amore è un atto politico, ci canta. L'amore è libertà, e la libertà è il sorriso con cui la sera si addormenta. 
Col garofano e la spada, lui si sente un Don Chisciotte, alla maniera di Rafael Alberti. Carmine combatte con la chitarra.
Daniela ora ricorda Giuseppe Petitto, suo amico, andato nel cielo, da pochi giorni, a girare quel film che uscirà  su schermi immensi, sulle nuvole, nella galassia e nel piccolo nostro mondo degli affetti.  Affetti per noi che crediamo Giuseppe presente ieri sera alla Ubik come lo era al Marina Blu l'altra sera.
Suonano le note di Carmine Torchia, Daniela porge i testi, li intreccia e legge oltre i titoli dei singoli brani, 14, di cui è composto il CD." Dire le cose nostre e le cose altrui con timida luce e poi tornare indietro per ridircele.
Il salmo che viene per te.
La Luce di Ubik


giovedì 10 settembre 2015

Finiva così

Il romanzo  non scritto
Un nuovo commento sulle pagine della Recherche 
Alla ricerca di Proust

Già mi manca  2 novembre 2011         

Mi mancherà moltissimo questo gioco del lento svelare, mi mancherà moltissimo questo tuo leggere quel che io ti scrivevo, mi mancherà moltissimo non poter più sedermi  davanti ad uno schermo e parlare convinta che un altro non solo mi legge ma capisce anche e che mi risponde.
E’ stata questa la vera magia che tu hai inventato ed io ho realizzato, è stato questo il vero confronto fra due anime inquiete, fra due anime stanche del quotidiano, dell’usuale.
Non c’è stato altro, non avrebbe senso, quello che noi abbiamo creato va aldilà del gioco di tutti, banale, scontato e ripetitivo  fra un uomo e una donna,  fra due persone normali.
I rimandi  e le citazioni non erano a caso ma frutto solo di un nostro sentire, quel desiderio ancora non spento di vincere il mondo con la fantasia.
In un mondo alienato, in un mondo che va, abbiamo tentato una rotta diversa, quella dei libri, dei film, della filosofia, convinti che noi ce la faremo, potremo salvarci, forse chissà, quale sarà il nostro domani?
Il compito è arduo, tu l’hai preso d’impegno, d'altronde, mi hai detto, hai risolto casi più gravi!
Anche il mio di compito era molto arduo ma io sono insistente e troppo curiosa.
Ed adesso che andiamo felici in un mare che sembra calmo, che ci lascia nuotare, tentiamo convinti di parlare ancora, col grande languore del momento felice della prima mail  del primo contatto.

E’ vero è tutto così difficile, ci sono sicuro delle difficoltà, ma il mondo che noi abbiamo visto era lo stesso, solo che tu lo hai frequentato ed io l’ho solo letto.

mercoledì 9 settembre 2015

Immaginare è sopravvivere


Il romanzo che non ho scritto

Sei andato via                               16 ottobre 2011
Mi volto e guardo il posto accanto a me, in macchina, perfettamente vuoto.
Comincio a raccontarti un  pensiero, un fatto e tu non ci sei.
Ti faccio la linguaccia nella speranza che tu mi spinga, mi sorrida, ma sento che sei andato via.
Meglio così, diresti tu, meglio così, dico anche io.
Era solo suggestione, pericolosa, mi dici tu, parlare con te come se tu fossi accanto, parlarti, scherzare, chiederti consiglio su ogni cosa, e mentre parlavo con uomini e donne, girarmi e vederti seduto di lato, nel mentre sorridi oppure fai segno di stare zitta, di non parlare, di aspettare.
Ma cosa è stato non so definirlo, tu dici il virtuale, mi dici che a tutti succede così, prendono per vero un sogno, un legame.
Ma io, lo sai, non ho mai sognato, io vivo di già  al di là del reale, non ho mai pensato se c’eri o non c’eri, per me  eri solo la possibilità di un vero reale parlare e parlare con un essere umano, vivente, non letterario, un uomo  diverso dai tanti avvocati, ingegneri, architetti che vedo ogni giorno  per necessità.
Avrei mai parlato ad un collega quaggiù?
Io penso di no, non l’ho fatto mai, per me gli uomini, i miei colleghi, alcuni erano  squallidi, senza  spessore, altri erano uomini grigi e spenti oppure boriosi e prepotenti.
Ad uno di questi io feci una nota, sul registro di classe, proprio come un alunno.
Lui urlò per un po’, disse che ero una pazza, che mai nessuno si era permesso, che io non potevo, ma poi i colleghi  ne furono felici, l’avevo  punito per tutti  e lui capì ed ora, dopo tanti anni, quando mi incontra mi saluta quasi con un inchino, è diventato un racconto, una leggenda, nella sua storia, nella mia storia.
Ad un altro scrissi una lettera di rimprovero, non ne potevo più, i ragazzi mi venivano dalla palestra sudati, bagnati, lo scrissi, dopo aver tanto parlato.
Ma poi sono buona, sono affettuosa e gli stessi colleghi, ai quali a volte urlavo gli orrori che loro facevano, che facevo anch'io, capivano e stavano zitti.
Mi apprezzavano, io ero diversa, arrivavo la prima, prima degli stessi bidelli, con libri, quaderni, fogli, giornali, cadevano i fogli e loro, mentre salivo in  classe, mi raggiungevano, mi porgevano  frasi, parole, pensieri che avevo lasciato  volare sulle scale.
Poi questo anno sei arrivato tu, uno scrittore, un uomo velato, un uomo fissato, peggio di me.
Ho sempre pensato, ma guarda che scrive! ed ho preso a scrivere, a scrivere, senza strappare, su  Paolo e Diana, i tuoi personaggi,  e sul loro viaggio a  Taormina.
E quando  a maggio ho ripreso a scrivere, volevo sapere se avevi finito un racconto iniziato, e quando a maggio  ho detto vediamo chi c’è aldilà del muro, dello schermo piatto, non mi sono delusa, perché lo sapevo, io lo sapevo che quel che era strano  non era il virtuale ma l’essere umano che pian piano svelavo.
Ho fatto di tutto, ho pensato di tutto, di tutto di più, ho trascorso un’estate in un romanzo, in tanti romanzi, ed ora, lo vedi? vado ad un convegno, proprio sul romanzo. Lo vedi?
Tutto ha un senso, niente si perde se tocca il nostro sentire più vero, tutto si perde se non ci interessa.
Ed anche se ora sei andato via, e per casa non posso più offrirti un caffè, posso però completare un romanzo, curare le bozze, leggere gli scritti che mi manderai, curare davvero una biografia, che per quanto riguarda noi soli, inevitabilmente riguarda noi tutti, prodotti di un 'epoca inquieta, indecente, di un'epoca stanca e in disfacimento.
Ma  quel che ci dà il rispetto e l’orgoglio del nostro  vissuto  è quel sentirsi diversi, diversi davvero, da un semplice atto  di sopravvivenza.


lunedì 7 settembre 2015

Francesco Muzzopappa. L'occhio verde del rapinatore

Rido, quando ti leggo rido. Letteratura umoristica. Olè
Questo sarebbe l'occhio verde del rapinatore e non sveliamo altro per non sciupare effetto risata. 
Felice di aver letto "Affari di Famiglia" ed aspettando " Una posizione scomoda" trovo i personaggi del racconto molto simpatici e quel tanto che basti loro per saltare dalla pagina scritta, prendere vita, sedersi al mio tavolo e aver vita propria in un inseguirsi di colpi di scena e di cambi di situazioni. Sono pur sempre Affari Di Famiglia quegli intrecci e Francesco Muzzopappa li intreccia con ironia. Lettura quindi che vi farà sorridere. Unico neo, forse, che nel rutilante susseguirsi degli intrecci e dei colpi di scena a volte vi siano dispersioni e ci si allontana un po' dal tema conduttore, ma l'autore poi facilmente riacciuffa la scena e bacchetta i personaggi riportandoli a casa. A casa, A casa, dove tutte le famiglie felici si somigliano, a casa , a casa, si torna sempre a casa, dice Novalis e con lui, ridendo anche Muzzopappa riconcilia gli affetti sperduti alla ricerca della pietra verde, che qui è un diamante.
Per far assaggiare il testo metto due passaggi:
Affari di famiglia              simpaticissimi sono i dialoghi della Contessa con il maggiordomo poeta. Lei cerca di dissuaderlo dal poetare.


“Orlando, detto tra noi, ma perché non cerchi un
altro svago? Non ti piacciono i cruciverba? Le sciarade?
Guarda che in giro ci sono dei rebus fenomenali.
Mi spiace la prenda così.
Non potrei prenderla diversamente.
Posso assicurarle, signora, che rispetto all'ultima
volta il mio stile è nettamente migliorato.
Mi spiace ricordartelo, ma l’ultima volta lo stile
non c’era.
Non amerebbe ascoltarne anche solo un breve accenno?
Credo proprio non sia il caso.
Nemmeno un assaggio?
Quale termine della frase «credo proprio non sia
il caso» ti è sfuggito?
Ho capito, signora. Non insisto. Mi ritirerò in camera.
Intendo partecipare a un concorso di poesia indetto
dall’ANAS.
Quella delle strade?
Associazione Nazionale Amanti della Scrittura.
Lo guardo, alzo il bicchiere alla sua e trangugio
l’ultimo sorso di vermouth.”

Questo è invece il divertente ritratto che sempre la contessa fa delle aspirazioni universitarie del suo unico figlio.

Seguì un fugace interesse per le Scienze Biologiche,
una breve parentesi in cui si convinse di essere
un ottimo scultore, per poi tornare sui suoi passi e
scegliere di iscriversi ad Architettura.
C’è da dire che io ho sempre avuto stima degli architetti,
lavoratori instancabili che cercano continuamente
di sfidare leggi della fisica o, nel caso di qualcuno,
del buongusto.
All'inizio, quando volle parlarmi di questa nuova
passione, rimasi scettica e lo fissai con occhio sospetto,
ma riflettendoci un paio di giorni mi resi conto
che l’idea non era poi così insensata.
Da piccolo infatti Emanuele aveva una grande familiarità
con i mattoncini Lego. Certo, c’è anche da
dire che per quanto ci si mettesse, mio figlio è sempre
stato uno di quei bambini incapaci di costruire qualcosa
e al contempo infallibili nel distruggerla.
Considerata però la fortuna che un architetto come
Frank O. Gehry ha costruito progettando”


sabato 5 settembre 2015

Lamezia brucia. Olè. Serata spagnola al Chiostro di San Domenico.

La serata inizia alle 21 ma io salgo in centro già alle 18,30. Grandi nuvoloni si alzano dal campo zingari, via Aldo Moro e via Salvatore Miceli sono avvolti da un puzzo irrespirabile. Ritorno ora a casa, dopo aver trascorso ore in Spagna, suonata magnificamente da due chitarristi e recitata dai gesti da mimo francese della poetessa  Annalisa Insardà, e casa mia è avvelenata dai fumi tossici ed ancora tutta via Salvatore Miceli e via dei Bizantini, a scendere, rimangono  stordite dal meraviglioso fumo che, ogni giorno, da più di venti anni, si innalza placido nel cielo.
I tumori nel lametino sono molto pochi, nessuno si è mai ammalato, quindi il fumo, ben tollerato, è solo questione di gusto. 
Nel chiostro però il puzzo non c'era. Aleggiava una leggerissima brezza che mitigava il caldo afoso di una giornata con molta umidità, ed il pubblico accorreva festoso, come in tutte le altre iniziative,  che da più di dieci anni, Raffaele Gaetano organizza. 
Ogni sedia veniva occupata e moltissimi gli spettatori in piedi ed ancora moltissimi altri fuori, assiepati, desiderosi di partecipare.  Ai primi posti seggono le autorità. Inizia la serata con il saluto del sindaco che,  come me, è un fervente sostenitore del Sabato del Villaggio.  Io addirittura, in anni passati, diedi poteri taumaturgici a lezioni di grandi filosofi venuti al teatro Umberto, allora.  Quindi capisco il sindaco. Battiamo le mani. Raffaele impeccabile inizia:    " Cartellone che esula... impregnato di cultura. Qui, nel Chiostro,  la meditazione di Tommaso Campanella sulla Metafisica di Aristotele, e spulciando testi storici qui lo stesso Campanella ordì una congiura verso gli spagnoli." Continua presentando il duo, veramente molto bravo,  che non ho annotato ma farò e poi la serata inizia con testi amorosi. Siamo tutti con gli amorosi sensi. La Spagna è una rosa rossa fra i capelli. La Spagna sono le ragazze vestite di rose, la Spagna è il famoso Ciclone, film di Pieraccioni, nella mia testa. Così, davanti al potere di Raffaele che ci regala la Spagna stasera, io è a lui che chiedo, "con tutto l'amore che posso" altro stupendo verso poetico, di rendersi promotore della cessazione dei fumi che avvelenandoci ci distraggono dalla bellezza. L'amore è anche respirare, poter respirare. Muoio così, moriamo così, senza respiro e cosa può fare l'amore? Può tutto.
   Dal giornale il tema della serata  "l’amore per un popolo passionale e ricco di tradizioni… Ora declinato attraverso la voce intensa e vi-brante dell’attrice Annalisa Insardà alle prese con gli immortali versi di Federico García Lor-ca, Pedro Salinas e Juan Ramón Jiménez, ora dai magici virtuosismi chitarristici del duo  di Nunzio Cambareri, ora dall'elegante danza dei ballerini del Dream Ballet"
                                                            Ippolita Luzzo

Il sale di Salgado sala poco, lo sai

"Il sale della terra" 4 settembre  a Lamezia Terme per  Lamezia Summertime 2015 Cinema e cinema. Rassegna che, nel cortile dell'Edificio Scolastico " Maggiore Perri", presenterà, come ciclo conclusivo all'aperto, "Birdman", grande film, premio Oscar al miglior film 2015. Io avevo già scritto i miei applausi e poi   entusiastica adesione ai giurati. Ottima la scelta  della  rassegna che  continuerà ad ottobre nel Teatro Grandinetti.  

Il sale della terra è un film su Salgado, con regia  e sceneggiatura comune  di Wenders e del figlio di Salgado. 
Salgado che racconta Salgado e troppo sale non si può assaggiare.
Il film vale per quello che è, una raccolta di fotografie, esteticamente perfette e fin troppo perfette, di una carriera lunga e ricca di viaggi e suggestioni. Immagini in bianco e nero che testimoniano visita del fotografo in luoghi di dolore. Lui c'era, dunque. Infatti nel film il testo recita pressapoco così. Io c'ero nella più grande miniera a cielo aperto del mondo, io c'ero quando bruciavano i pozzi del Kuwait, io c'ero nel Ruanda e c'ero in Thailandia. Lui c'era e fotografava perfette e composte donne con polso piegato e scialle stirato. Lui c'era. Sorretto da un testo fasullo e agiografico,  nel film scorrono le immagini che dovrebbero emozionarvi. Non vi emozionate con Sarajevo?  Non sentite che siamo tutti cattivi come gli Hutu e i Tutsi? Com'è cattivo l'uomo! eppure il mondo è bello, bellissimo e via dunque nel finale rutilante una natura bellissima, le pose plastiche del mare, dei pinguini che si tuffano dall'iceberg e dei trichechi che ballano in gruppo uscendo dal mare come fotomodelle. 
Non vi basta? Allora vi regalo la nuova foresta vergine amazzonica, piantata da casa, piantina per piantina, milioni di piantine e quando loro cresceranno, sono già cresciute! l'acqua tornerà, perché la vita è ciclica e si ritorna sempre all'infanzia. L'infanzia dell'umanità. Unico pensiero condivisibile davanti a tutto un testo che mi ha fatto girare e rigirare sulla sedia per l'enorme vuoto di una rappresentazione finta. Il viso di Salgado come novello guru appariva dentro lo schermo nero a darci la buona novella del suo pensiero, quale che sia io non l'ho capito, infatti nessuno lo ha trucidato sui luoghi di guerra come Rémi Ochlik, morto in Siria nel 2012 per documentare, lui sì, gli orrori in corso. 

In ricordo commosso dei tanti fotografi di guerra che si sono spesi a denunziare davvero gli orrori,  io ho invece visto Salgado, il fotografo buono per buoni e cattivi, anzi buono per fotografare belle stampe da salotti internazionali, per la buona coscienza di Wim Wenders e compagnia. 
Con  troppo sale il cibo immangiabile è