domenica 5 luglio 2015

Litweb - Marchio Depositato

Venti letture fatte dalla regina. Prefazione di Bruno Corino
11-set-2015
"Sono tante le funzioni svolte dalla recensione: le recensioni servono a promuovere, a divulgare, a presentare, a criticare o a stroncare, a far conoscere un libro nuovo o “vecchio”. La Regina della Litweb in realtà più che recensire un libro vi naviga dentro, lo sonda col suo fiuto di lettrice/divoratrice, lo attraversa in lungo e in largo alla scoperta di orizzonti imprevedibili, lo traduce, in altri termini, nel suo stile, secondo la sua forma mentis, quasi gli dà un’anima nuova o del tutto imprevista. Ecco che il lettore di queste “recensioni” si trova all'improvviso e come per incanto proiettato in un mondo cartaceo dove può scoprire un modo diverso di dialogare con l’autore del romanzo o del saggio. Insomma, ogni lettura fatta dalla Regina della Litweb si traduce in una vera e propria avventura…"

Raccolta di pezzi su voi che scrivete 
Litweb - Marchio Depositato

Raccolta senza ordine oppure seguo un ordine cronologico? 
Libri che ho ricevuti in file, in formato word e pdf, libri che mi avete spedito con dediche affettuose, libri che ho comprato e libri di cui ho parlato.
Ho scritto per  alcuni di voi con l’ossessione amorosa di chi vuole impossessarsi dell’oggetto, delle parole, del racconto, vivendoci dentro.
Partirò dal libro che ho letto  per ultimo, con data  5 Luglio, ecco perché manca "Io sono la montagna" di Michele Lupo e molti altri, e risalirò la corrente come il salmone fino al primo gennaio 2015. Solo i mesi del 2015 
Uno solo però  sta qui con me, mi prende la mano, le immagini mi somigliano e l'adolescente sono io. Avevo anche gli stessi occhiali. Cenerentola ascolta i Joy Division







Perché assaporare il pane delle solite recensioni quando ci sono le brioche onirico-letterarie della regina Ippolita?


Da facebook Romeo presenta così la mia lettura disorder, disordinata, sulla sua Cenerentola.  Sono gustosamente azzeccata nella definizione. Evviva.

Il video, relativo al libro,   su you tube,  in sottofondo, passa il suono sul foglio bianco del mio pc.
Scrivo dopo aver chiuso il libro letto nel mio modo, da disordinata. Un libro con due storie di donne che non si incontreranno. 
Giorno 23 Aprile, Cenerentola  giunge a casa mia, nella giornata del libro, eheh, ed io  leggo, dividendo in due il contenuto,  per prima la storia di Lily e dell’urna con le ceneri defunte. 
Lily è rimasta vedova da pochissimo.
Storia che ho letto ridacchiando “L’uomo in scatola. Ora apro l’urna e ti vuoto nel wc, così te ne vai al mare”
Col bollitore che sta bestemmiando vapore da oltre un quarto d’ora ed io prendo una bustina di tè verde. E quindi il problema della ruggine per oggi è scongiurato.
Continuo a ridere sui gamberoni alla piastra, effetto acqua bollente su pelle di Lily e sulle chiavi che tutti dimentichiamo, anche il fu marito di Lily.
Seguo Lily elaborare suo lutto e I’ve got the spirit, but I’ve lost the feeling, traduco a modo mio, non sapendo l’inglese, questo verso dei Joy division, da disorder. 
Vado a vedere significato, ok, avevo capito altro, e cioè" ho lo spirito ma ho perso feeling, vibrazione, ho perso l’altro, il mio doppio dove specchiarmi"
 Continuo a seguire le avventure di Lily fino al suo incontro con Benoit, che sembra uscito da un film dei fratelli Coen. Lascio Lily per due giorni e
Oggi leggo la storia di Elly, di Frida.

La prof di astronomia si chiama Frida, la prof di Elly
Elly regala alla sua prof una collanina sottile di argento  e la vedrà il giorno dopo al collo di Frida. Con un piccolo ciondolo, il simbolo dell’infinito. Fra la prof e l'alunna nasce un legame.
Malattia, morte, amicizia, sciupio e di nuovo testimonianze che riannodano esistenze: situazioni che riconosciamo facenti parte di tasselli di nostra vita, episodi ad episodi, una vita fatta con poco oppure con molto e da scrivere per disegnarla
Odio intanto chi mi telefona mentre scrivo, rispondo scortese quasi, forse, e ripenso alle lacrime asciugate nella lettura della storia di Elly, alle risate fatte durante le peripezie di Lily, cercando di riprendere le due protagoniste per mano e riportarle sul mio foglio word. I loro  nomi uno anagramma dell'altro.Con  scambio di vocale. Altro gioco di enigmistica. 



Gli occhi di Cenerentola sono grandi , come il film Big Eyes di Tim Burton. Un libro fatto da altro, da immagini e suoni. Da occhi.
Qui più oblunghi, grandi, grandi, per vederti meglio bimba mia, dall'altra favola di Cappuccetto rosso.
Con occhiali tondi, come i miei occhiali dell'adolescenza.
Angelo Barile scrive e Romeo Vernazza suona e dipinge storie. Confusi volontariamente i due: Passando tra loro è come penetrare non unanuvola di sudore intenso e minestroni per vecchi malati ma una bella nuvola azzurra e mutevole con foglie verdi appena spuntate dall'albero di tiglio davanti casa mia, la primavera che rigenera ogni anno la terra che si sveglia  dopo il ratto di Proserpina. Un libro composto di messaggi che si scambiano in classe gli alunni con le loro impressioni sull'insegnante, un libro fatto dalle immagini di Angelo Barile, è Angelo l'autore di questa fiabesca copertina, dalla musica che ascoltano le Cenerentole del mondo intero, all'apparir del vero, un libro di Romeo Vernazza con pezzi di un io che ci appartiene tutti. I nostri riferimenti. 
Leggo, penso, mi intristisco ma poi sorrido, mi annego nella salamoia, mi sento vivere e morire, sperimento la noia e la passione.
E la passione stessa è una fuga, nella quale l'essere in due significa solamente una solitudine doppia, riporta Romeo  da Robert Musil.
Eppure nonostante questa realtà, il racconto di Romeo, come il racconto di tutti noi si ricompone su un solo messaggio Cerca di divertirti almeno un po'. TVB. F.F.
Ed eccomi di ritorno dopo aver fatto lapsus sul nome di Romeo, su una storia parallela di due donne. Gli uomini sono semplici, mi dice sempre la mia amica Carla, restano infantili, aggiunge. Sembra di leggere Romeo...
Senza un uomo se non filtrato dai racconti delle donne.
Una storia   che rileggerò nuovamente e porterò in giro con me, sulle note di Disorder dei Joy Division



L’inverno dell’umanità- Metropoli di Massimiliano Santarossa


Parte prima L’arrivo al mondo nuovo -Parte seconda Il corpo della città - Parte terza Il peso dell’anima

«La libertà inizia al principio del nulla.»
Le immagini del Libano alla periferia con Israele, le case crivellate di colpi, deturpate, senza tetti, senza vita. Leggo visualizzando e sono i villaggi del Libano che  mi appaiono insieme alle  parole scritte da Santarossa come  l’inverno dell’umanità. Nel suo  racconto non vi è  un luogo geografico e nemmeno un tempo, se non lanciato negli anni.   Che anno è? Che giorno è?
 L’Anno del Signore- Duemilatrentacinque.
 Cammino con il protagonista, scampato alla fine della storia, alla fine del mondo e in viaggio verso una lingua di terra che sembra intatta. Una lingua, dice lui. Sopravvivere, il solo obiettivo:” Pestando il suolo duro, lucido come grafite, fissava gli scarponi consumati, lacerati ai lati, tenuti assieme da pezzi di spago. «Se si aprono crepo. Senza scarpe si muore» e va verso Metropoli. “Inesistente la speranza. Metropoli era tutto.”
Per zona. Dalla Repubblica di Platone alla Città del Sole di Campanella, ai falansteri di Fourier ed alle Comuni, per zona a zona si sono delineate le Utopie. Parola che  vuol dire in nessun luogo.  Immaginarie costruzioni di luoghi immobili, dove pietrificare lo spirito individuale.


Scappa intanto il protagonista, scappa dal crollo della produzione e va verso il nuovo ordine “Lui scrutò le proprie scarpe ormai del tutto aperte, sfaldate come la sua vita, di seguito esaminò gli scarponi delle guardie, nuovi, possenti”
Scappa. Da cosa scappa? Scappa da qui, dalla storia dei giorni che viviamo.
Intanto che leggo e man mano scorrono le immagini.
Terraferma di Crialesi, film del 2011, Un’isola siciliana di pescatori è investita dagli arrivi dei clandestini e dalla regola nuova del respingimento: la negazione stessa della cultura del mare che obbliga al soccorso. I barconi e quelle mani che non vogliono annegare. - Se civiltà è appagamento, allora mai ci fu.-
Precipitati siamo In Time
In Time, film del 2011. Un futuro non troppo lontano dove il gene dell’invecchiamento viene reso inattivo. Nel nuovo ordine per evitare la sovrappopolazione, il tempo è diventato la valuta e il modo di pagare i lussi e le necessità. - Metropoli è già qui.-
Il silenzio con cui si trascorrono i giorni, il cibo, le abluzioni. Il silenzio con badante per i vecchi, il silenzio con televisione ed Iphone, per giovani ed adulti, il silenzio già qui.
 “Ciò che invece non venne mai cancellato fu il bisogno umano di imporre un’educazione, forzata, obbligata. Così accadeva nel vecchio mondo, così si ripeteva nel nuovo mondo.”
E la rete “Stavano vicini per stare vicini, unicamente per non ritrovarsi abbandonati. Volevano essere un branco che si sposta nella stessa direzione, sempre circolare, senza uscita.”
“ Non era la solitudine la condizione perfetta? Stava mentendo a se stesso? Le pulsioni, i desideri intimi, la rivelazione delle prime bugie come atto di definizione delle scelte compiute e da compiere. Tutti mentivano nel mondo passato come a Metropoli, fin da bambini. Ma gli effetti della menzogna divenivano sfruttabili solo dopo averla fatta propria: gestibile. Gli uomini crescevano grazie a bugie ripetute.”
Nel nostro immaginare incubi finiamo per riprodurre quelli che già viviamo offrendo però “La Forma minima della  felicità” altro libro letto di recente di Francesca Marzia Esposito. Altro libro di solitudine, di mondo ormai disumano, di ripiego nel chiuso.
Lì  nel chiuso di una casa, qui, in Metropoli, di una città.
Mi sembra sempre la città di Campanella, dove la perfezione diventa separazione. Le donne di qua, gli uomini di là.  I figli separati dalle famiglie ed educati da un’altra parte. Intanto che livellamento impera. Un incubo.
Viviamo una civiltà fatta di imperfezioni e di contraddizioni, abitiamo un mondo complesso e poi ad immaginarlo lo si immagina completamente numerato e selezionato allo scopo di darci maggior paura.
Massimiliano Santarossa, nel suo monito al tempo presente, ci spaventa con geometrica ricerca di fotogrammi già conosciuti, con camere a gas, già studiate, con tormenti e torture già state, con incubi che abbiamo già letto nei racconti dei prigionieri al  campo di prigionia di Guantánamo  una struttura detentiva statunitense di massima sicurezza.
L'area di detenzione era composta da tre campi: il "Camp Delta" (che include il "Camp Echo"), il "Camp Iguana" e il "Camp X-Ray”.
Sembra Metropoli.
Sembra Metropoli ogni campo di concentramento, ogni carcere di detenzione, ogni Centro commerciale e ogni McDonald, dove si annienta l’individuo.
Come nei saggi di Voltaire l’Urone si interroga se sia questo il mondo che viviamo così anche noi, seguendo la scrittura precisa, netta, asciutta, di Massimiliano Santarossa ci interroghiamo su quanto ci sia già stato di quel terribile mondo che Metropoli è.
Eppure sia Massimiliano che Francesca Marzia, dopo aver tanto girovagato nel disturbo polare e bipolare di umanità allo stremo, vedono la luce in alto, oppure  di lato,  da qualche parte, negli occhi di chi scegliamo per prenderci per mano ed energia diventa  leggere loro racconti







Ti ho vista che ridevi- Lou Palanca


La solitudine dell'anello forte. Una storia marginale

Nuto 
 Revelli e  Isaia, dal libro dei profeti,  capitolo  56, verso 5:Io darò loro, nella mia casa e dentro le mie mura, un posto ed un nome, che varranno meglio di figli e di figlie; darò loro un nome eterno, che non perirà più.
" Dare a ciascuno una rinomanza eterna, una  memoria e un nome.  C’è un senso di dovere civico nel  suo narrare quelle storie."
Revelli: Mondo dei vinti e L’anello forte, letteratura civile italiana in cui parlano i contadini, i montanari, e le donne delle campagne e delle montagne,  sono i primi libri che entrano nelle loro case, i primi libri con cui pezzi interi dell’Italia marginale  entrano in contatto con la parola scritta, superano la diffidenza iniziale del raccontarsi.   Storia che ci riguarda da vicino, nel rispetto che non contempla il morboso e  pettegolo indagare televisivo.
Revelli ricorda come  egli abbia avuto accesso al privato, anche intimo di molte persone. E abbia deciso di non farne parola, di non mostrare le fotocopie agli eredi, dopo la morte dei loro genitori, se questi avevano preferito disfarsene in punto di morte." Il rispetto.
Il museo Yad Vashem o Museo dell'Olocausto, memoria delle vittime dell'olocausto  a Gerusalemme, fondato nel 1953,risponde al medesimo versetto di Isaia.
Dare nome alle persone scomparse per essere storia di tutti.

Annarita Calogero sposata Bogliotti

Marisa Nocito sposata Droero
Franca Cavallaro sposata Minuto
Santina Paletta sposata Accomasso 
Dora Lucà sposata Verderame
Cinque donne per tutte le altre donne che hanno lasciato la terra dove sono nate e hanno sposato uno sconosciuto, altrettanto spaesato, e trascorso intere esistenze, recidendo quasi definitivamente i legami con le famiglie d'origine. 
Cinque o moltissime di loro, tolte dall'oblio, che si raccontano e ci raccontano una storia contemporanea, fatta di rassegnazione e di accettazione, di vita in campagne ed in stalle, di destini più o meno fortunati.  








Domenico Marcella intervista con #ZeroNoveCinque

Enzo Biagi, Oriana e Domenico. Interviste che si fanno.
Intervista: [calco dell'inglese  interview, che a sua volta ricalca il francese entrevue, derivato  di s'entrevoir «vedersi o incontrarsi brevemente» (cfr. l'ital. intravedersi)].
 conversazione, scambio di domande e risposte tra un giornalista e una persona le cui dichiarazioni e opinioni sono destinate a essere diffuse .
Dopo aver guardato Treccani e Garzanti riprendo in mano #ZeroNoveCinque di Domenico Marcella, contenta io di leggere un libro di Interviste a donne catanesi, ognuna di loro regina nel proprio mondo.
Rita Botto: Il canto, ragione esistenziale “La modernità ha tentato di sotterrare e insonorizzare tutto. Io torno indietro, senza paura, per riscoprire e riappropriarmi anche dei motivi e delle melodie che mi attraversano, procurandomi un’incontenibile felicità” Il canto sempre. Dall’infanzia. Dallo Zecchino d’oro alla maturità.
Marella  Ferrera: Opulenza e barocco. Stilista: il mio modus operandisulla poesia del riciclo e sulla possibilità di rileggere per dare un nuovo corso alle cose». l’elaborazione degli abiti perle dee Dèmetra e Kore – gli Acroliti di Morgantina, risalenti al quinto secolo avanti Cristo – tornate in Sicilia dagli Stati uniti ed esposte al Museo Archeologico di Aidone: «Ho ricevuto l’incarico dalla Soprintendenza ai Beni Culturali di Enna.
Laura Mancuso: “Volo dunque esisto” Dopo essersi capovolta in maniera brutale, la vita di Laura ha  riconquistato un verso sereno grazie alla nascita della Fondazione D’Arrigo, liberamente ispirata alla nobile vocazione di Angelo D’Arrigo, suo marito: «Voglio continuare a volare con le donne di tutto il mondo, portarle su con me – belle, brutte, interessanti o meno, schiave o no, giovani o vecchie – per dare sfogo alla rabbia appesa a un aquilone, raccontandole in un documentario.
 Sono tante le donne intervistate da Domenico con garbo ed attenzione. Con educazione. Si sente leggendo la raccolta che Domenico ha affetto e stima, rispetto e quasi venerazione. Atteggiamento ormai raro, purtroppo in disuso in questi tempi diseducati e aggressivi.
Domenico, giornalista della scuola vera, di un tempo che ricorda Biagi, ritorna al compito inusuale del guardarsi intorno per cercare positività ed esempi, per usare la scrittura, non per far scoop e pettegolezzi, ma dare a tutti la conoscenza che un altro modo di essere esiste.
Le donne da lui incontrate sono tutte capaci di sovvertire destini segnati da un luogo, da famiglie, da studi, oppure da un corpo che fragile e ammalato sta, eppure sono donne che hanno la grande ricchezza di amare fortemente una loro particolarità e di farla vivere. Il volo, il canto, la recitazione, la regia, la poesia, la moda, l’archeologia, la cucina, il ricamo e via via i talenti che ognun o di noi ha
Domenico porge il suo ascolto, il suo sguardo e annota ammirato: Paola Maugeri- quell’Audrey Hepburn di La mia vita a impatto zero la sostenibilità fra le mura domestiche e in Las Vegans Pacifica rivoluzione vegana. -  Alice Valenti  Il carretto è passato-  Antonella  Leonardi- una valigia piena di sogni… la moda
E via via fino a Carmen Consoli, la Cantantessa felice che diverrà amica di Domenico, grazie alla scrittura, al grande amore di dire, al foglio amato. Prendendo  appunti  Domenico ci consegna l’anima della poesia di Angela Bonanno: La poesia in dialetto e un romanzo Antologia della malata felice: «Conoscevo bene la malattia, e si può sconfiggere con una buonissima dose di ironia e con la forza delle parole. Non serve fuggire, nascondersi, vergognarsi perché la malattia  è – prima di tutto – un’opportunità di guarigione». La felicità è invece un’educazione,  il dolore  ci dà il privilegio di scoprire mondi dall’assoluta bellezza. Senza il dolore sarebbe tutto inesplorabile». Ed ancora  Donatella Finocchiaro regista: Ognuno di noi è il risultato delle esperienze vissute.
Parlerò di tutte giorno 19, ora voglio chiudere con questa frase di Donatella Finocchiaro che ben rappresenta come legga io e diventi poi amica dei miei amici giornalisti: “Mi metto a letto e i personaggi cominciano a visitarmi perché vogliono raccontarsi”
Un caro abbraccio a tutte voi e a Domenico, aspettandovi















Volersi bene “Non è adesso”- Daniele Semeraro


In copertina verde una fotografia d’epoca. Daniele con i fratelli e il suo papà.
Daniele “ copia senza baffi e qualche centimetro di dolore in meno”
Comincia così il racconto di uno, la storia di uno, la storia  di tanti.
 Una osservazione attenta e fiduciosa che niente possa sfuggire se noi controlliamo la situazione, ed anche dopo che questa sia andata via, sfuggendo, rimane tutto quel tempo dilatato che vuol stamparsi sul  foglio scritto del ricordo.
Così Daniele, scrivendo, riprende materialità del dettaglio, dei dettagli che hanno fatto del padre un crudele ricordo senza voce, universalizzando lo sconcerto di stare vicini, vicinissimi ai nostri cari  e non poter aiutarli.
Pagine di alta poesia raggiunge proprio in questo suo voler dar vita a quegli occhi “che guardavano attraverso una cortina di pianto”, gli occhi di suo padre che io ho subito sentito nel canto” Non mi svegliate, ve ne prego, ma lasciate che io dorma questo sogno” il sogno di star bene con sé stesso, di farsi compagnia senza aver paura dello sconosciuto che abita insieme a lui.
La malattia del vivere, la malattia che toglie entusiasmo, e che fa sentire in colpa coloro che ne siano colpiti, qui attraversa un luogo ancora arcaico e contadino, con abitudini regolate dalle stagioni, con un movimento dettato dall’uva da pigiare e dalle mandorle da abbacchiare.
“Il sangue sull’indice ormai coagulato e secco” Il sangue dei riti di una comunità che trae sicurezza dai riti stessi.  Una storia di adolescenza che diventa età adulta mangiando le unghie, le pellicine ai lati, tirando via la pelle fino al sangue. 
La prima frase che avevo sottolineato erano le dita in bocca ed il sangue.  La fase orale.
 Mi sono detta da subito che tutto sarebbe stato raccontato mordendo i fatti come la pelle veniva strappata con i lembi sanguinanti e nudi. Con i polpastrelli doloranti.  Così è stato.
La danza sull'uva insieme al padre sorridente, che Daniele racconta e  che io ricordo, provenendo da un mondo ancora legato alla terra, “la certezza che ti dà l’equilibrio per danzare sull'uva senza aver paura di scivolare e di cadere”  ha il  ritmo del gesto, e non dimenticheremo queste pagine, come lui non dimenticherà il sorriso  “ nemmeno con lo scorrere di quel fiume di detriti che chiamiamo tempo”
Ambientato nella “terra di dove finisce la terra”: Tra comuni di Martina Franca e Ceglie, Ostuni, Messapica e Cisternino, il racconto ha “iridi di un verde cervone, che diventano mare. “Il tumulto interiore appare in controluce” ed i personaggi svolgono con precisione  i ruoli immutabili che hanno all’interno di una famiglia, nonostante lo scorrere di avvenimenti… che sembrano irreali tanto ora sembrano lontani, seppur vicini.
“ Quando la parola è flebile, non resta che il gesto” scriveva un uomo al presidente della repubblica prima di uccidersi ed io avevo proprio rimosso quel terribile momento in cui bastava un avviso di garanzia per essere distrutto, in cui, invece, altri, facevano di quegli avvisi la loro carriera politica in trionfo. Come al solito c'è  chi viene travolto dagli avvenimenti, magari proprio gli onesti, le persone perbene, e chi invece li sfrutta a proprio vantaggio nell'eterna beffa del male che sembra debba vincere sempre.
Daniele sceglie, per sottrarsi allo stallo, l’inchiostro, i tasti e batte sui tasti una lotta continua.
Scrittore vuol dire questo:” Io, la mia penna, l’avrei intinta nel sangue di dita maciullate, lasciando i miei fogli sparsi qua e là… Un disegno in mente non l’ho mai avuto e continuo a lasciare le cose a metà. A tracciare concetti che non prevedono punti di arrivo, se non il farsi strada” Spazio, lo chiamo io.  Lo spazio per respirare.
“ Non è adesso che devi avere paura”
“ Non è adesso “ perché il peggio deve arrivare…tirandomi via l’ennesimo strato di pelle, scrivi tu.
Io scrissi “ Scollo tutto” in un mio pezzo che butterò come ho buttato tutto, rimanendo sola con l’orgoglio della stima di scrittori veri, nella traccia che ognuno di noi vuol preservare dall’indifferenza intorno.
Nella condivisione che unisce lettori e scrittori, nella pagina che parla e che ognuno di noi fa sua,  la verità del messaggio letterario prende la forma della voce, oltre il silenzio. La voce di tuo padre, la voce di tutti noi, senza voce, che vogliamo la libertà.

“Non è adesso” poetica del figlio sarà
Con questo racconto Daniele Semeraro vince il terzo posto del Premio Letterario " La Giara"
suoi precedenti racconti: Scrivere polvere e Nel Segno di Caballero.
Una lunga strada di racconti davanti a lui


















Lo sdegno elegante di Raffaele Gaetano- Le querce sono in fiore



 Le colline sono in fiore - Sanremo 1965 Mogol- Donida
Sul morire di dolore in un luogo che morta gora è, Raffaele Gaetano fa antologia di scritti, raccogliendo chi visitò il Lametino rimanendone illeso.
Sceglie la forma, Raffaele, un quadrato, sceglie la consistenza, carta pregiata e sceglie fotografie d’epoca curate. Vorrebbe scegliere tutto in una sua ricerca continua verso un estetismo raffinato e pregevole. Pregnante, direbbe lui.
Eppure il contenuto sfugge alla sua pur sostanziale introduzione  e scappa via, nella realtà effettuale di un luogo che lui stesso con sublime  dire dipinge “morta gora”.
Rimane lo sdegno e sullo sdegno di moltissimi scrittori per come e per cosa in questo luogo cattivi amministratori, truffatori e disonesti si siano allenati governando a loro volta popolazioni brutte sporche e cattive, senza spirito di corpo, di comunità, su questo sdegno si regge il sublime ed il pittoresco di prati in fiori e di mari azzurri orrendamente avvelenati
La fascinazione di Raffaele Gaetano e le rovine del sublime
Da Goethe a noi
 Le querce sono in fiore. Memorie di viaggiatori nel Lametino (Koinè Editrice)
 Ultimo libro  di Raffaele Gaetano  dopo  “La Calabria nel Viaggio Pittoresco del Saint-Non” (Koinè Editrice) che era, in una edizione in 999 esemplari numerati e firmati, la traduzione del “Viaggio Pittoresco” dell’abate di Saint-Non in Calabria con  35 vedute  acquerellate a mano.
Alla fine degli anni ottanta I Parchi Letterari in Italia e in Calabria   si ispirarono  ai racconti dei numerosi viaggiatori stranieri ed italiani che, dal Settecento, si spinsero in Calabria.
A rappresentare Il Grand Tour, così chiamato, fu scelto Norman Douglas, autore di Old Calabria,  e via via i più antichi visitatori presenti in questa libro.
“J. W. Goethe aveva  scritto: «Molti viaggiatori venivano in Italia solo per vedere delle rovine;  Roma, la capitale del mondo devastata dai barbari, era piena di rovine.”
Da Terremoto in terremoto quel che affascina è  il sublime, il sublime delle rovine.
Al di là e sotto la soglia… come sia possibile la sussistenza in un luogo rovinoso e rovinante!
Una terra sorprendente, diversa. Overture.
Leggo  e non sento solo il profumo del fiore, malgrado la veste elegante e la cura con cui hai trasposto brani e illustrazioni, io ne sento l’indignazione. La percepisco, in una rarefazione che invece di astrarmi mi addolora.
Le Querce sono in fiore. Una Calabria terribile, oscena, quasi, nel suo essere troppo di tutto. Impossibile da educare, da sanare. Come se un male incurabile la attanagliasse, malgrado la bellezza. Il misticismo, il sacro, il diluvio di sensazioni. Questo io leggo da te, ora dialogo con te, Raffaele.
 Loro, i viaggiatori, lo chiamano  pittoresco, io lo chiamo  sconcerto.
Una Calabria che stupisce, che attrae per il selvaggio e misterioso presente nella sua scorza.
Il gioco delle estetiche che già assaporavo  nella romantica lady inglese, tratteggiata da Enrico Montesano,  scrive per noi il pittoresco che siamo. “situazioni tra spaesamento e vertigine” Molto pittoresco!
“ In quest’impalpabile, tenue déborde, in questo rifiuto di una natura addomestica” e debordiamo pure…
Come se tu avessi in mano una lente d’ingrandimento e con questa  allargassi  gli scritti restringendoli sul territorio natio, ed ecco  il borgo appare.
Terribilis locus est iste? Anche ora, anche ora. Sorridendo scrivo di vascelli e postali “un’esperienza di confine tra etica e naufragio della ragione.”  Un luogo periferia della periferia, che, già dopo Napoli, Africa è, Un luogo isolato nello spazio angusto di una geografia mentale fanatica e supponente, ora come allora, governata da pochissimi feudatari, ora come allora.
Dalla fine del settecento all'ottocento romantico ed ossianico i viaggiatori descriveranno prati  verdi e colline in fiore, una natura a volte madre a volte matrigna, mare azzurro e tempeste, malattie e tuguri, nello sciupio di esistenze lasciate nell'incuria di chi avrebbe dovuto averne cura. Senza cura.  Incurato e incurabile…  trascinerà la malaria fino ai nostri giorni.
Un sud mancante, senza strade se non l’antica  Via Popilia dei Romani, tratturi e viottoli poco sicuri. Giustificato dunque fare testamento prima di partire per il sud, o per Napoli
 De Saint-Non  a tutti gli altri… scorrono.
   Dal  reverendo Brian Hill che nel 1792 ci lascia  “Le querce sono in fiore.” a Giuseppe Maria Galanti.
Armido Cario  nel suo libro “La Calabria del Settecento” scritto con Armando Orlando, riporta la analisi lucida del Galanti, che se da un lato incrociava la “coltura di spirito” di alcune famiglie a Catanzaro, Monteleone, Tropea, Reggio e Maida, dall'altro evidenziava lo stato di noncuranza di quelle stesse famiglie e degli amministratori verso il territorio abitato e i suoi abitanti («I Calabresi sono vivi ed elastici, e sono divenuti facinorosi per essere mal governati»).
Ripeto con Armido  il concetto di abitare un territorio e di mettere un abito ad un territorio, perché credo che sia lo snodo per comprendere come sia “l’abito” importante per una dignità umana. Un abito lasciato sguarnito in questo sud, sia dalle famiglie colte che dalle famiglie ricche, che poi i due aggettivi viaggiavano insieme, un abito dimesso ed elemosinante il tozzo di pane, le briciole, affinché il popolo fosse sempre facilmente ricattabile. Elemosinante.
Il Galanti porterà rendiconto alla corte del re di Napoli e nessuno leggerà…
Un feudalesimo mai finito. Con balzelli e demani, con proprietà della Curia Vescovile, con servitù mai eliminate.
Fra pregiudizio e analisi seria i racconti sono lo specchio di un non finito che da sempre è la dannazione di vivere qui, un incedere nelle paludi di un feticismo arcaico e di  una viltà nata dalla costrizione e dalla necessità.
Lo scorrere di racconti su racconti acuisce lo sbalanco, la vertigine, il senso doloroso di vivere nel vuoto precipitare e nella perfida voglia di imbrogliare qualsiasi forestiero, oppure di blandirlo perché potrebbe  esser utile.
Nella noia e nel disprezzo verso ciò che appartiene a tutti, le menti più eccelse declinano il latinorum, era questa l’impressione di Giorgio Bocca, nel suo Inferno.
 "Alla Grande" era la scritta sui muri di Capizzaglie,  come ora,   nel nostro inferno, solo nel ricordo bellissimo, malgrado la palude da bonificare,  un mare  avvelenato e una terra sporcata dai rifiuti di mezza Europa. 

Unica locanda sembra essere Il Fondaco del Fico ed unico luogo più o meno colto era Maida… più o meno, così da Didier,  Dumas e gli altri
L’ideale stessa della sporcizia.
 Lenormant intanto fa  un riepilogo  che non è più un diario ma una risalita storica fino agli Enotri.
Una risalita lunga.  Lenormant se ne accorge  e scrive “Temo di aver abusato della pazienza del lettore”
E giungiamo al 1940, dopo la bonifica dalla malaria
La bonifica e nuovi paesi. San Pietro a Maida Scalo.  Imposti dall’alto e vuoti per molto tempo. Disabitati. Non riconosciuti.
Che il silenzio sia sublime solo nella disperazione di un dolore muto…
E Giuliano Santoro aggiunge “Lamezia è un posto stranissimo, nato dall'unificazione dei paesi di Nicastro, Sambiase e Sant'Eufemia. È uno dei luoghi topici dell’immaginario del disastro calabrese.” Su due piedi. Camminando per un mese attraverso la Calabria
Termini così questa raccolta di scritti, una sistemazione di autori che altrimenti sarebbero dispersi, nella perdita continua di conoscenze.
Se ti eri riproposto altro non so, io vi ho letto questo silenzio e lo stesso difficile incedere nei sentieri ancora ostici e poco praticabili di una Calabria straniera ai suoi stessi abitanti, quella amnesia dei luoghi che tanto ci priva di occhi per vedere.
Leggo con mestizia, con grande compassione anche verso me stessa,  una appartenenza ad un luogo così difficile, nella consapevolezza  che anche queste mie stringate parole possano essere derise da lettori acculturati e felicemente non dissimili dai loro progenitori qui ben rappresentati e descritti.
Ci  salva solo la stima che si ha  per pochissimi, e solo  per quelle eccezioni che si intravedono in ogni epoca storica ed in ogni luogo e che danno il respiro per poter continuare ad aver voglia di scrivere nelle macerie e sulle macerie che si perpetuano.
Nel viaggio da Goethe a noi sulle rovine.
Le querce sono in fiore, un profumo che veleno è.
                                                                                                                          



Non Seguire il mondo come va- Michela Marzano 
I vestiti nuovi dell'imperatore. Da Débord a noi
I vestiti nuovi dell'imperatore
I ciarlatani alla corte del re. Da una favola di Andersen.
Favola che raccontai a Fabio Mollo  e Consuelo Nava, una sera d'estate, scoprendo che non è così scontato che l'abbiano sentita tutti. Una favola da imparare a memoria per capire quanto l'inganno sia potente, quanto la mistificazione ottenuta con la piaggeria sia una arma che intossica e dilapida ricchezze e intelligenze. Il re è nudo. Impariamo a dirlo davanti a qualsiasi sciocchezza ci venga fatta passare per
vera. Michela Marzano  inizia il suo libro con questa favola, io iniziavo spesso le lezioni ai ragazzini così, con questa novella. Che sia una buona novella per tutti. Il re è nudo. Non seguire il mondo come va. Un Libro con un titolo imperativo. Imperativo presente. Ora Subito, non domani. Domani sarà troppo tardi, tardissimo.
Non seguire il mondo come va.
Non fare gregge, belante, non urlare scomposti offese a politici, a professori, a medici. 
Tutte le stranezze e le varie pagine che condividete, piene
di insulti alla Boldrini, allo stesso Salvini, che Dio lo perdoni,
i casi di assassini come Elena Ceste, sono solo lusinghe.

Pagine di distrazione di massa.

Non Seguiamo il mondo come va
Diamo fiducia solo se meritano ai politici, ai professori,
all'apparato dello Stato, tutto.
Sono al nostro servizio. Se non fanno bene il loro lavoro non
avranno più la nostra fiducia, perché è la fiducia che regge

una società.
Non seguiamo il mondo come va, dappertutto
Non rassegniamoci, non sentiamoci inutili, non perdiamo la
lucidità. Ora più che mai.
Lucidi e consapevoli, cerchiamo negli studi che abbiamo
amato, nelle amicizie che stimiamo, nell'Antigone come
esempio forte di un pensiero moderno, non omologato,
capace di scindere e di far prevalere sempre l'umano, e poi
in tutti gli esempi a nostra disposizione nel grande libro della
civiltà, un nuovo umanesimo, con Foscolo.
Dal dì che nozze, tribunali ed are

Non seguire il mondo come va
Michela Marzano e Giovanna Casadio a Lamezia Terme



Questa è una guerra e non dobbiamo arrenderci.

Useremo come arma il nostro terreno di riferimento, il nostro
paese inventato, i nostri studi. Non seguire il mondo come va di Michela Marzano parla in compagnia, una bella
compagnia che è la nostra compagnia. Cartesio, Aristotele e via via ve lo dirò non per citarli come si fa qui ma per dire
come ci abbiano formato. La filosofia che luce dia ai nostri tempi oscuri. Non seguire il mondo come va, come le
Lanterne accese, le Lampade delle donne in attesa del
signore, le luci del faro che indichi una strada. La fuga o 

la lotta, indietreggiare davanti un mondo che non ci piace
Lottare. Resistere non serve a niente, caro Walter Siti. Già
te lo dissi. Non seguire il mondo come va. Scrive Michela
su domande di Giovanna Casadio che studiò con me
 Franco Fortini e Vittorio Sereni

Il giro amicale che porta Michela Marzano, filosofa e
Giovanna Casadio, Giornalista, a Lamezia terme, risale al
1971.

A Vittorio Sereni di Franco Fortini
Come ci siamo allontanati.
Che cosa tetra e bella.
Una volta mi dicesti che ero un destino.
Ma siamo due destini.
Uno condanna l’altro.
Uno giustifica l’altro.
Ma chi sarà a condannare
o a giustificare
noi due?

[Franco Fortini -da Questo muro]

Quindi un filo rosso. Da Vittorio Sereni a Franco Fortini




Civiltà e imperi del mediterraneo- Braudel oggi
Civiltà e imperi 

Storia e popoli. Un minuto di silenzio.
Un grande cimitero il mar Mediterraneo.
Un mondo pieno di traffici, di tensioni e scambi, secondo Braudel, viveva sulle rive del Mar Mediterraneo.
Seguendo il suo metodo cercherò di guardare in tre momenti diversi: La storia lenta, la storia ritmata e la storia secondo la dimensione dell'individuo.
Accrescere informazione significa spostare e rompere i vecchi problemi, incontrarne nuovi dalle soluzioni incerte. Braudel
" Il Mediterraneo è duplice. Le due scene, le penisole e il mare che le bagna, fanno di questo mare un complesso di mari."
Una tomba, uno sterminato  inferno dove i pescecani mangiano uomini che scappano da luoghi altrettanto miseri e violenti.
Mi sforzo di guardare alla storia lenta, quasi immobile, di lunghi imperi e dominanze, mi sforzo di leggere gli  altrettanti  avvenimenti ritmici di una storia veloce fatta di sommovimenti e cambi, ed infine mi ritrovo con in mano solo una pagina con su scritto il destino individuale di settecento uomini naufragati in mare.
Un naufragio di popoli, di civiltà e di imperi.
Se leggiamo questi due volumi che Braudel dedica al nostro Mediterraneo forse nessuno poi troverà ardire a fare post di qualsivoglia specie su questo continuo flusso di morti e di arrivi, di invasioni e di fughe, in una guerra senza fine che ci vedrà sconfitti, insieme.

Nella storia di sempre, nel Mediterraneo,  in cui sulle stesse  sponde furono trucidati a Cipro e uccisi a Tessalonica, in cui Albanesi si sfracellavano sulle coste dell'Adriatico, ora leggiamo queste pagine di una guerra fatta a colpi di annegati.
La guerra,  non riconosciuta, di annegati  contro un'Italia isolata e scomposta.
e con un poeta somalo trasformiamo un destino di tanti nel nostro destino



La Forma minima della felicità

La  Forma minima di felicità o una forma minima? 
Mi sono innamorata, da subito, della copertina di questo libro, o per meglio dire, di lei che mi fissa, di quel viso di bimba severo e scrutante, attento. 
Ho capito solo ora perché. Lei mi fissa e mi copia. Copia lo sguardo dei miei quattro anni.
Mi sono innamorata del libro già alle prime immagini.
 Io leggo visualizzando finestre, strade, palazzi e vi abito per tutto il tempo, non avendo altro luogo da abitare.
Ho così traslocato dalla mia casa a schiera, in cooperativa, in un palazzo condominiale, quello abitato da Luce, la voce narrante del libro.
 Tutto un euro, il negozietto della cinese è diventato il mio negozio e  ho aperto Canale 32, un canale senza tempo, che vende il 15, un anello con la doppia fascia in argento.
Seguo ipnotizzata i numeri  del condominio umano di Luce Martini, la voce narrante.
Il 51 l’appartamento sfitto
“Chi ci abita al 32? Mistero. Otto, una volta abitavo su, una volta abitavamo al 51. Vivo qui da sempre e non ho ancora memorizzato il nome della signora del 30. Chi sono i vicini? Le facce dei vicini a chi corrispondono, chi c’è dietro una faccia?”
Contiamo e corriamo e seguo la corsa della ragazza che Luce vede dalla finestra.
Tenta anche lei ed esce di casa ma 
“Ventisette, ventotto, ventinove, trenta, trentuno, trentacinque, trentasei, trentasette, cinquantatré, disequilibrio.” Attacco di panico
LE VIE DEL SIGNORE DEL SIGNORE SONO  IN COSTRUZIONE. D’IO
I post-it appiccicati nella bacheca giù, il cartello di affittasi, i messaggi incollati sul calendario, la colla Attack e lei, Bambina, la bimba, figlia di Yuri, fratello di Luce, fissa.
 Bisogna attaccarle subito le cose, altrimenti scivolano.
Il piano inclinato dove scivolano i giorni
OGNUNO  HA IL SUO DESTINO. CHIUNQUE SE NE FOSSE RITROVATI DUE, E’PREGATO DI LASCIARNE UNO  IN PORTINERIA , GRAZIE D’IO
E poi ” Vorrei sapere tutto di te. V.
Pure io, a chi possiamo chiedere? A.”
Potrei continuare a scrivere delle telefonate che Luce fa con la mamma, dialoghi interrotti, scivolano anch'essi sul piano sincopatico della ripetizione, del non detto, dell’abitudine.
Potrei “ leggere attentamente le distruzioni. D’Io”
“Si prega di non parlare a sproposito Si prega di non parlare a proposito Si prega Si prega anche se non si crede Si prega per disperazione Si prega con dubbio Si prega in mancanza di Dio Si prega di far comparire un sostituto Si prega che sia convincente.”
Ho adorato ogni cosa di questo libro, scritto come io vorrei saper fare e non so, e, ferma alla preghiera di non parlare a sproposito, ringrazio l’autrice della fiducia nella mia unica abilità posseduta, il dono della sintesi, augurando al suo libro lettori innamorati come lo sono io.

e questa sono io

fisso uguale?




Una Piccola felicità- La forma minima della felicità
Una Piccola felicità... in due
Una Piccola felicità in due

Costanza Falvo D'Urso aveva già presentato il  libro con le  parole: “Una ventata di positività, di sentimenti buoni e universali, come l’amore, l’amicizia, la rinuncia, il sacrificio, la carità, la solidarietà, la speranza, la delusione, la fede, il credo religioso e quello familiare.”
Il credo.
 Credere, fermiamoci e iniziamo da questo verbo oggi: Credere.
Credere possibile la comunicazione tra noi, quella comunicazione di sentimenti, non solo merce di scambio.
Siamo qui, stasera, perché crediamo possibile parlare di un libro per il semplice piacere che il  libro ci ha dato, il piacere di credere che esista  amicizia e sincerità.
Nata così questa serata, dal piacere, come  scrisse la Mansfield, di poter parlare insieme di un libro lieve e garbato, un garbo antico delle piccole cose che fanno felicità.

Eravamo io e Giovanna Villella in libreria una sera di mesi fa, ad una noiosissima e supponente dissertazione  su  un libro non vero, in un momento di grande disagio, ad una presentazione impolverata di letteratura da correggere con doppia matita blu.  L’autore pensava di essere il re dei romanzieri e gli amici a codazzo  gli ripetevano quanto fossero onorati  in presenza di Manzoni redivivo.
 Io e Giovanna ci siamo guardate interdette e lei, proprio per allontanarsi da quella melassa, mi confida:- Sai, sto leggendo un libro molto carino, "Una piccola felicità", lo hai letto?-
- Certo che sì- rispondo felice- letto e scritto su uno dei miei pezzi corti, veramente novelle  garbate, una lettura piacevole-
E mentre sorridiamo felici di nostra sintonia abbiamo già scordato il romanziere della polvere grigia…
Dopo qualche tempo ho raccontato episodio a Costanza e siamo qui in due perché come ho letto da Katherine Mansfield:- "Il piacere di tutta la lettura è raddoppiato quando si vive con un'altra persona che divide gli stessi libri." Quando si è amici di un'altra persona è felicità  se  si può parlare con lui o con lei  del libro letto… vero? Il libro come relazione con l’altro è.
Uno dei libri di Katherine ha per titolo: “ Felicità” Edizione il Saggiatore.
Dico l’edizione perché  poi è compito delle case editrici amare quella felicità e donarla, come ha fatto Calabria edizioni, di Anna Maria Persico, a dar vestito e Carlo Carlei  a far il progetto grafico. 
La tipografia, scrive Alberto Manguel, ed io riprendo dall'inserto culturale del Sole 24 Ore di domenica, è per la letteratura ciò che la performance musicale è per la composizione: un atto essenziale di interpretazione, pieno di infinite opportunità per una resa geniale o irrimediabilmente ottusa.
Felicità, appunto. In questi giorni esce un libro di una scrittrice, mia amica, Francesca Marzia Esposito,  che ha per titolo:- La Forma minima della felicità- di cui mi riprometto di parlare in un altro luogo e nell'augurare a lei e a tutti noi felicità

Diciamo che, per noi, ora felicità è poter  parlar di Giovanna Adamo Caparello e del suo libro 
Un libro fatta da tante lettere. “Due Fratelli”: Una lettera mandata da un soldato, in Russia,  alla sua mamma.
 Lettera suggerita dall'altro fratello, più piccolo, morto e di cui il soldato non sa. Nessuno dei due figli riabbraccerà la mamma  ma la lettera lenirà il dolore, quando lei  si accorge che il figlio aveva scritto due giorni dopo della sua implorazione  sulla tomba dell'altro.
“Risposarsi”: Bigliettini protagonisti. Tutti con lo stesso nome. Con il nome della persona amata e morta, presente ora nel formarsi di una nuova famiglia, negli affetti. Delicatissimo il racconto di un marito  che rispetta il passato e l'amore che sua moglie ha avuto  per  un altro uomo morto. 
“L’ospite inatteso”: Mio marito emigrò e inutili furono tutte le mie insistenti lettere…
Lettere   “Il corteggiatore”: tutte le lettere che  amiche scrivono ad una altra  per fingere  esistenza di un corteggiatore. Lettere che invaderanno la  vita della protagonista e quasi rovinando  la realtà. La finzione che arriva per lettera. La cattiveria irresponsabile 
Lettere che inverano invece…
Tutte le lettere che Giovanna Adamo Caparello, calandosi nella storia di ognuno e rivivendone i personaggi,  avrà scritto nella sua vita, visto che si rivolgevano a lei  moltissimi analfabeti, mamme, figli, fidanzati e parenti per mandare notizie ai loro cari in Australia, in America.
E L’America è lontana… In Argentina, dove sparivano i mariti, gli uomini andavano si rifacevano altre famiglie poi tornavano malati, per essere accuditi… da “L’Ospite Inatteso” un'altra sua novella.
Senza acredine,  lo dice, con affetto, quasi, con comprensione, con quello equilibrio della saggezza  verso la condizione umana.
Equilibrio che dà felicità. Piccole cose. Conoscenza del limite. Infatti Giovanna finirà sua attività di collaborazione con Rizzoli nel momento più bello.
Lei, in ogni novella, ha ripetuto come un mantra,  che sentimenti ostili possano trasformarsi in benevolenza ed affetto se sappiamo e siamo pronti ad accettare quello che l’altro ci dà,  nella “ La seconda madre”
Come si possa ritrovare una persona creduta scomparsa “ La casa tra i monti"
  Come si possa sempre ricevere un regalo inaspettato " Una sorpresa"
e poi nella novella che dà il titolo alla raccolta " Una piccola felicità" Anche qui una lettera in cui si comunica che l'uomo è disperso in guerra, viene trascritta, alla maniera del postino di Domenico Dara, dalla moglie alla mamma moribonda del marito per confortarla e "ripagarla di tutte le sventure della vita" 

E come il postino del libro " Breve trattato sulle coincidenze" anche Giovanna Adamo Caparello, cinquanta anni prima, fa aprire dalla protagonista del racconto lettera con la ceralacca chiusa, riscrivere lettera, nella coincidenza felice di incontro fra scriventi.
Lettere mandate per far felici

 “ Quando siete felici, fateci caso” In  questo volume che sono i nove discorsi Kurt Vonnegut fra il 1978 e il 2004,  Uno dei suoi pensieri: «Mark Twain, alla fine di una vita di profondo valore, per la quale non aveva mai ricevuto un premio Nobel, si chiese per quale scopo vivevamo tutti quanti. Tirò fuori cinque parole che lo soddisfacevano. Soddisfano anche me. E dovrebbero soddisfare voi. “La stima dei nostri vicini”». E questa era sicuramente quello che soddisfaceva anche  Giovanna Adamo Caparello
Vado a memoria scrivendo e sorridendo di noi, umani, che più i tempi sono complessi maggiore è il compito che diamo alle parole per lenire il disagio.
Cara Costanza, ho sempre i tuoi consigli in testa…
 E mentre vedo l'autrice con in mano foglio e penna, busta e francobollo, scrivere il mittente, credo che Giovanna  abbia dato istruzioni leggeri come
“Istruzioni per rendersi felici” Di Armando Massarenti
Così come “Una piccola felicità” anche Armando  Massarenti narra di Epicuro, della sua vita morigerata e del suo “quadruplice principio”: “Non aver paura degli dei, non temere la morte, il bene è facile da acquisire, il male è facile da sopportare”; dello stoico Epitteto che si esercitava ad ignorare ciò che non era in suo potere; di Boezio che si consolava con la filosofia pensando che niente può esser triste se non lo consideriamo tale; di Zenone di Cizio che cercava in tutti i modi di evitare il dolore; tutto per cercare di essere felici, o quantomeno di avvicinarsi a quella che credevano essere la felicità, in pratica la serenità d’animo, l’assenza di turbamenti, ingredienti utili al cammino verso la felicità, come il giusto equilibrio tra ragione e passioni, le virtù, l’amicizia. Il tutto condito con psicologia, neuroscienze, teoria dei giochi  e una certa leggerezza che non guasta. Infondo il sorriso fa parte della felicità.
Come nelle novelle che abbiamo qui
come in un altro libro che vi ho portato e mi sembra molto simile  
“Il sale della vita”  compagno di una piccola felicità
Il sale della vita di Francoise Hèritier
La felicità è un concetto astratto e soggettivo, ha a che fare con l'appagamento di tutto ciò che desideri, ma, ecco, se tu scegli di limitare il tuo desiderio a qualcosa che puoi gestire, controllare, che sei in grado di affrontare, allora puoi sentirti felice anche chiusa in casa, piazzata davanti a un canale monotematico di televendite, senza audio, e tu lì fissa a farti di onde alfa davanti alla luce bluastra della tv.
Ritornando a Costanza, credere  che  certe lettere e letture  in realtà  danneggino quanto  le cattive azioni e le bugie   ed  altre invece illuminino un vivere fatto di affetti è separare le maldicenze, lo stupidario quotidiano, la cortigiana adulazione e credere in quello che Costanza scrive nella sua prefazione al libro:  la stima data a chi la merita.
Dimenticai Seneca... De Tranquillitate animi. La Prossima volta.


Zerocalcare- Dimentica il mio nome

Zerocalcare e Gipi
Gianni- Gipi- disegna una copertina numerata del libro di Michele, Zerocalcare.
Amicizia vuol dire esserci, nel mondo dell’altro.
Trovo stupendo questo gesto, lo trovo prezioso, per questo riporto nel mio blog l’ammirazione verso entrambi, che non conoscevo se non per un tam tam su facebook.
Dal web prendo stralci di  intervista di Matteo Macor a Gipi.
Gianni Pacinotti in arte Gipi, 52 anni, oggi forse il più grande illustratore e fumettista italiano, maestro dell'acquerello e antidivo di successo. Primo fumettista ad arrivare in finale al Premio Strega con Una storia, nell'edizione 2014 ( il protagonista Landi è affascinato dalle lettere ritrovate del bisnonno, soldato nella carneficina della Prima guerra mondiale, che dalle trincee scriveva a casa.  )
Gipi: i social danno l'illusione di poter partecipare, ma non influiscono minimamente sulle dinamiche del potere"
“È difficile farsi un'idea di chi ti segue e compra i tuoi libri. Facebook illude di poterlo fare, ma è tutta aria, non modifica di un millesimo la realtà.”
"Con Zerocalcare ci siamo conosciuti perché tutti continuavano a confrontare i nostri lavori. All'inizio ero invidioso di tutte le copie che vendeva, rosicavo tantissimo: prima di conoscerlo speravo quasi mi stesse sui coglioni. E invece siamo diventati amici”

Zerocalcare, Michele Rech, è uno dei più bravi fumettisti italiani. Dal suo  blog, Michele, che vive  a Rebibbia,  ha conquistato la Rete per giungere  in libreria con  quattro volumi. Dagli zombie a Star Wars, da Street Fighter a Robin Hood, le tavole di Zerocalcare sono un concentrato di autoironia e citazioni, senza dimenticare  Armadillo, personificazione della coscienza dell’autore.
Leggo  “ Dimentica il mio nome” la scena della morte della nonna. La paura di guardare la paura negli occhi dell’altro, che ha paura di morire, è una paura grande. Io ho sempre paura della paura che ha l’altro e che non  posso alleviare.
Esistono però strumenti personali che aggirino la paura della paura che ci lascino…
Le nonne
Una  storia
Da un libro al  Premio Strega ad un altro 
Strega sarà perché 
nel regno della Litweb si è. Auguri  




Dove eravate tutti- Paolo di Paolo
Dove eravate tutti- Paolo di Paolo


Leggo e mi commuovo. Mi trovo gli occhi pieni di lacrime e mi do della cretina dicendomi che è solo un romanzo.
Non mi succede da moltissimo tempo di piangere commossa. Anche il protagonista sta piangendo.
“ Nessun gioco di prestigio era riuscito. Perciò, a questo punto l’unica cosa  confortante a cui pensare era che… in linea di massima”
“ Il mondo sarebbe per noi irriconoscibile se mancassero sei, sette persone. Solo sei, sette, sui miliardi che siamo”
Sei o sette con i quali ci intratteniamo su banalità del quotidiano:- Puoi ridarmi la chiave della macchina? Hai perso di nuovo il telecomando? Non potresti smettere di ripetermi le stesse cose e smettere di criticare ogni cosa io faccia?-
Sembra, nel leggere, sentire un coro di singole unità che cantano il Prologo, su una scena, in stanze tutte per noi, nelle stanze di case, tante case, con ripetitori accesi sulle onde di una radio famiglia, radio conviventi, radio amici, radio ascolto.it
“Di quanti luoghi e ore dispone un figlio, per parlare a sua madre?”
Due persone, di qualsiasi sia la natura del legame, hanno in ostaggio molte cose l’una dell’altra. Molte cose che non sono oggetti. Molte cose che non si possono scrivere, non si sanno scrivere. Non si devono scrivere. Solo  la letterarietà rende possibile la trasposizione del racconto, con i suoi tempi.
Il tempo che sedimenta e cambia tutto, il tempo che comincia a correre strano, poi si cresce, non si cresce, in effetti.
Dovete eravate tutti di Paolo Di Paolo si trova in biblioteca, donazione di Gianni e Graziella Riga.
 Graziella Riga, professoressa di latino e greco, al Liceo classico di Lamezia terme e deputata per il PCI, forse unica donna deputata fino ad allora, nel mio paese. Sono morti entrambi, fratello e sorella. Soli.
Lei è stata trovata dalla donna delle pulizie sulla poltrona, seduta davanti la TV.
Nelle grandi e vuote case rimaste dopo che soffiò a lungo   il vento del deserto.
Dove eravate tutti:- “ Cosa devo vedere? Com'è crudele mettersi a scrivere della vita degli altri” perché scriviamo sempre cose che non abbiamo raccontato a nessuno. “ Per questo si chiamano segreti, sono le cose segrete che uno affida all'altro senza pensarci troppo” in un  patto di fiducia
“ Quando mostra uno strano segno sul polpaccio e spiega che storia c’è dietro”

questa cosa mi è successa davvero con un amico caro, che, nel mostrare il polpaccio  e raccontare la storia del segno, ha aggiunto:- Non lo direte a nessuno, vero?-
Non posso restituire questo libro in biblioteca, me lo ricomprerò.
 Lo tengo da giorni e giorni accanto a me e staccarmi mi addolora. Un libro amico mio è. Mi succede raramente ormai.
Paolo Di Paolo mi assomiglia  ed abita nella stessa casa  ideale dei riferimenti che portiamo in testa.  






La storia passa per Seminara- Santo Gioffrè

Il romanzo storico di Santo Gioffrè 
“ Inizia con grande affresco di battaglia nei pressi di Seminara 1503
Calabria Spagnola dopo la parentesi aragonese”
Parla Francesco Bevilacqua ed io prendo appunti, in sintonia con suo  fluire.
Questo romanzo vi sorprenderà per lo stile del linguaggio
“ Con che linguaggio lo scrive? Barocco, quasi contorto, ricco, come se fossimo in quel tempo lì”
Com'è giusto che sia, asserisco anche io, fra me e me.
Dopo grande affresco storico su battaglia che viene studiata nelle Accademie Militari perché attuata con una tecnica nuova e sorprendente, il romanzo  passa alla storia individuale di  Consalvo e del  suo daimon.
Consalvo, il condottiero, Consalvo vincitore ma ammalato è soccorso da Carlotta che lo cura e lo salva.
I due diventano amanti in uno scambio sensuale che farà di Consalvo un uomo nuovo. Lui un goto, diverrà romano, ed insieme  un uomo del rinascimento. Carlotta pacifica Consalvo all'umanesimo.
Intanto, nel grande sacco, nella grande cornice degli avvenimenti mondiali:  Isabella e Ferdinando bruciano gli eretici
 arrivano i soldi dall'America in Spagna e nasce colonialismo
Francesco Bevilacqua ha portato una valigia di libri, il suo trolley personale ed estrae un libro dopo l’altro, per dirci cosa sia e cosa vuol dire romanzo storico e a cosa serva se non a dare ad ognuno il ritorno ad Itaca, al nostro paese, alle  radici.
Incomincia da Enrico de Martino e dal  villaggio che devi avere e che puoi avere solo se lo conosci, se lo vedi, se lo narri.
 Come  Santo Gioffrè genius loci di Seminara: il custode
 che narra, regalandoci con la narrazione gli occhi per vedere i nostri luoghi.
Nella poesia che unisce: ora Francesco sta leggendo dei versi di Rilke, che dedica a Santo Gioffrè “Nasciamo, per così dire, provvisoriamente, da qualche parte; soltanto a poco a poco andiamo componendo in noi il luogo della nostra origine, per nascervi dopo, e ogni giorno più definitivamente.”
 Provvisoriamente lasciamo un luogo per ritornarvi
E qui mi fermo sulla ultima considerazione di Francesco  sul potere che corrode,  fa diventare stupidi le persone non forti, non abbarbicate ad una personalità costruita con sapienza, la  sola ad offrire questa unica verità: Il potere è un servizio.
 Quando comincia a parlare Santo Gioffrè sui tempi indolenti della scrittura, sui personaggi da lui amati e studiati, Leonzio Pilato, il primo umanista, Artemisia Sanchez, storia ispirata ad una storia vera della Calabria di fine ‘700, la Madonna nera di Seminara…
Quando parla lui smetto di scrivere
Seguendo simboli e significati, regni costruiti con violenza, barbarie,  e ricostruiti, unificati sotto  la grande potenza di una immagine sacra, la Madonna; Madonna che da bianca  diventa nera, nella rinascita e nella luce delle beatitudini di San Luca.
 Nella commistione di un potere che ha avuto bisogno, per regnare, del sacro, mi fermo.
Sul regno  













Francesco Recami-Piccola enciclopedia delle ossessioni
Effetti personali.


"Oggi le parole chiave sono: prosumer, impollinazione, social, empatia"
Tu chiamale, se vuoi, emozioni.
Ridendo e ridendo, di una risata che non ricordavo più da tempo, ringrazio Francesco Recami che ha scritto quello che io penso da sempre, senza contestualizzare.
Aldo Varano mi illuminò tempo fa.
Aldo- gli dissi senza modestia- Marc Augé scrive quello che scrivo anch'io-
Vero- mi rispose- solo che lui contestualizza-
Ridendo, senza fermarmi, cercherò di evaporare  una evaporazione del padre, della madre, del figlio, in una Direzione Coesione Sociale, in  Codice Rosa, agitato da  una Serenella Buti che meriterebbe anche lei lo stesso trattamento della Cinquecento rosso bordeaux e bianca...
"Fatti vedere da un buon medico, è la cosa più inutile e offensiva, ipocrita e deleteria, che si possa immaginare"
Che poi. a me, un certo Dottore Veronica, un luminare, mi mise una piuma sulla spalla e mi prescrisse di togliere tutte le etichette dei vestiti, che provocano scoliosi, deviazione della masticazione e zoppicamento della gamba sinistra. Sappilo.
Se ci conosceremo ti racconterò il resto, ne potresti fare una trilogia. Ahah
Chiameremo "Il gruppo di lettura" in riunione e faranno evocazione e devocazione... su tutte le emozioni che una lettura dà.
Una emozione io non so che  cosa sia ma ho imparato che va buttata via, cantava Gaber
Altro che i miei post!
 Francesco Recami sei tutti noi che non ne possiamo più neppure di conversazioni come "La cena estiva" (Doxa) doxa, perché? Io scrissi un incontro a tre, su comunicazione verbale fra amiche ad un desco, in terrazza. "Tre Donne, Tre ore, Senza dirsi Nulla" ma già ora dopo aver tanto riso, impercettibilmente cambio umore e una tristezza mi invade sul vuoto del conversare, sullo sciupio di relazioni, su scherzi scemi che possano rivelarsi disastrosi come in ECG con prova da sforzo. Un disordine psichico che va dal prestare eccessiva attenzione all'alimentazione ad una dipendenza compulsiva del cellulare e si allarga nei comportamenti fissati di individui catalogati in schedari improbabili, vittime delle categorie di un pensiero chiuso.
Mi rileggerò Francesco Recami, che già avevo apprezzato nel "La Casa di ringhiera" e completerò questo mio pezzo giorno per giorno, nel piacere immenso di una lettura ben fatta, piacere che solo libri ben scritti danno.





Blu Cavolfiore di Maria Caterina Prezioso
Blu Cavolfiore in caratteri grandi
“ Gli esseri umani si muovono sempre e solo a causa di una idea, di un pensiero, anche se solo sotto forma di istinto.”
“Partendo da Abramo”, sto leggendo nella prefazione “noi eseguiamo ogni nostro movimento, perché mossi da qualcosa, che nella nostra mente ci sveglia, ci interroga, ci allarma, non ci dà tregua”
In un istante sappiamo tutto.
 L’autrice è di origine ebraica come Abramo e Mosè,  Blu Cavolfiore non risponderà alle domande topiche ed ormai scontate del Chi, Da dove e Dove, ma si chiederà il  perché di ogni cosa, nel dubbio che qualcosa sfugga. Una bussola, mi sta dicendo Gian Stefano Mandrino che cura la prefazione,  fra due esseri, un mistificatore ed uno sopravvissuto in fuga.
 Cara Maria Caterina Prezioso, mi sembra di conoscerti.
 Si comincia così partendo da dodici anni fa, da quando hai iniziato a scrivere questo,  e mi sembra molto interessante il lavorio che ci sarà stato  “Non ho la pretesa di svegliare coscienze sopite, ma ho assunto l’assurdo diritto di mobilitare un popolo in fuga.” Un compito civile, di civiltà.  Due personaggi: Jacob un sopravvissuto e Jurek un mistificatore.
Jacob: “C’è sempre un quasi, dove il mediatico regna, dove i nuovi signori feudatari, quando gli è permesso, ci sguazzano dentro”
Inizia una partita” Veloce, abbandoniamo le carte, da ora in poi si gioca con i dadi.” Si comincia con Harrison, dal suo romanzo il film I sopravvissuti e Berto “Il male oscuro” nel 1987 e nel frattempo siamo nell'ufficio Brevetti americano. Questi  dichiara con una ordinanza che tutti gli organismi viventi pluricellulari, ivi compresi animali, sono brevettabili. 
Continuo a leggere, mangio fetta di pane ai cereali, pane di un forno locale, venduto presso fruttivendolo, e vi spalmo ricotta prodotta, in zona, da caseificio di cui mi fido. Non dovrebbero, nessuno di questi, essere prodotti mistificati.
 Pia Illusione.
 Sono di ritorno da assicurazione che mi chiede 750 euro, sei mesi,  per Panda viola, la mia. Ad una signora, prima di me, al banco, vengono fatte le condoglianze. Morto suo figlio di 27 anni per leucemia fulminante. Qui diffuso modo di morire. Quando io chiesi al direttore generale della Sanità se esistesse un registro tumori per la Calabria lui disse: Certamente,- e poi aggiunse- cara signora siamo nella media nazionale!-
Continuo a leggere con negli occhi il Film “ Le meraviglie” quando le api muoiono avvelenate per prodotto che il consorzio ha dato al contadino.
Il Consorzio. Provengo da una famiglia di coltivatori diretti e so come tutto il veleno fatto agli alberi venisse chiamato ”medicina”
Facciamo la medicina alla frutta, dicevano ed aggiungevano a casa, se non la facciamo nessuno comprerà frutta con macchia. Uno strazio. Ci avveleniamo avvelenando. La fine del mondo sarà. Augurandoci che sia veloce, oppure che si trovi il volano per invertire e sterzare. Continuo a non voler vedere più intorno a me il mondo di fuori eppure tutto mi arriva a casa, ora sotto forma di tua invettiva, di tua ricerca, Maria Caterina, una ricerca attenta, da studiosa responsabile che crede, come me, unico luogo sia la scuola.
 Iniziare dai banchi, dal luogo dove si può parlare di inginocchiatoi, di singoli, di esseri.
 ADHD: una volta venne lo scrittore Carofiglio e ci raccontò che lui era uno alunno irrequieto, ora, aggiunse sorridendo, mi avrebbero diagnosticato la sindrome adhd e mi avrebbero dato il Ritalin. Terribile cosa. Ribelliamoci. In questa partita a scacchi non ci saranno vincitori
 Film Trashed, mi viene in mente con i suoi orrori

L'uomo intelligente risolve i problemi. L'uomo saggio li evita". da Einstein
Intanto le due memorie, la ebrea e la napoletana, il popolo che ha fatto il patto con Dio, e il popolo che ha fatto patto con il destino, sembrano essersi preservate.
Cosa si è salvato ancora?
II PARTE

Continuo a leggere di esseri umani impazziti ed egoisti, continuo a
leggere su storie terribili che insegnavo a scuola, a piccole dosi, perché,
 se il veleno deve diventare antidoto, noi dobbiamo prenderne pochissimo.
“Pwca il folletto, esce dal bosco dove ha seminato le reti del sonno e le reti
del solletico ed anche le reti del riso lungo.
Pwca aspetta il forestiero che dovrà passare dal bosco.”
Qui sono proprio a scuola con loro “Il Popolo di Seattle nasce nel 1999
 durante una Conferenza dei Ministri, durante il WTO.” Il movimento conia uno slogan, puoi leggere, puoi pensare, puoi intuire che un altro mondo è possibile
“E allora Pwca piange vicino perché non è stato possibile e non sarà possibilesenza spargere neanche una goccia di sangue, neanche
una goccia del tuo sangue.”
III PARTE
Blu Cavolfiore
Stranissima cosa intanto succede. Abito a pochi chilometri da Maida,
 la mia proprietà è nel comune di Maida, una mia amica è di Maida e suppongodi conoscere cosa succederà a Novi ligure.
“Mi piace pensare” invece termina questa storia ingurgitata troppo in fretta, scritta in tempi lunghi, ma che dà l’idea di essere scritta in pochissimi giorni,giorni di rabbia e di stupore, giorni di maturità.
Intanto che litigo col formato word del pc, intanto che sedimento il troppo
dire e raccontare fra due contendenti che si accorgono del non contendersi,
intanto che il digiuno poté su…
Blu cavolfiore mi sembra una denuncia, e come tutte le denunce deve
 porsi dei limiti per non espandere troppo il luogo finendo per esaurirlo.
Restringere per colpire, se colpir si vuole.
Nel seppellimento di Santa Lucia del Caravaggio più la scena si amplifica,
più lei resta sola.
Lo stesso straniamento che prende leggendo questo Blu, colorato da una
mente troppo appassionata per aver il distacco dalla tela. Solo con pochissimo distacco riuscirà a fare nel blu dipinto di blu  un volare più blu   













Gianpaolo Ferrara e la letteratura americana
Quando ti ricoverano porta le armi- Gianpaolo Ferrara

Quattro racconti scritti amando tanto la letteratura americana, i luoghi e i dialoghi di un’Alabama che poi nome di suo cane è.
Sorridendo di me stessa io scrivo dopo lettura e riassunto di pagine 420, lette in questi giorni grigi ed invernali, umidi e internazionali, anzi intercontinentali, così come sono questi quattro racconti, nati a Benevento, scritti a Minneapolis, corretti a Roma e mandati da Sant’Angelo a Cancelli
Prima bozza, Benevento 1996
Prima versione, Minneapolis 2006
Seconda versione, Roma 2013
Ultima versione, Sant’Angelo a Cancelli (AV) 2014
 Lo leggo per amicizia, per relazione umana, per piacere. Leggo sempre come se leggessi me.
“ Le fantasie adolescenziali su di una vita da scrittore maledetto, si erano realizzate. In qualche parte dentro di me, sapevo che c’era qualcosa di sbagliato, la parola non superava la carta, come se la carta fosse stata un buco nero che mangia tutto e tutto prende dalle costellazioni dei miei pensieri, del mio animo e si disintegra. L’estraniarsi dal gruppo e godere dello stato di bandito, ad esempio, era una cosa che avevo sempre fatto e mi piaceva. Io godevo nell’essere escluso, nell’avere il ruolo della vittima. Non appena qualcuno prendeva seriamente in considerazione le mie qualità, quelle poche, in me nasceva come un pagliaccio che voleva distruggere tutto e così è stato... Una notte ho dato fuoco anche a questo boschetto.”
Ho fatto lettura accurata e attenta e credo di poter dire con modesta certezza alcune cose.
Giampaolo ama la letteratura americana, quella di Taxi Driver
 Martin Scorsese incontra Jan Paul Sartre, La Nausea 
“Che cosa c’è da temere da un mondo così regolare?”.
“Ho paura di quello che sta per nascere, che sta per impadronirsi di me… e trascinarmi, dove?”
Così lui, Il Maratoneta, il primo racconto, è una allucinazione. Allucinazioni…
“Il maratoneta – che è in ognuno di noi come un istinto – prese il sopravvento sulla mancanza di gusto … perché farsi morire, è dovuto essenzialmente a una mancanza di gusto, all’incapacità di valutare il bello; il continuo, silenzioso, pericoloso trascurarsi.”
Lissa e San, i due protagonisti, se di protagonisti possiamo parlare, Si domandano chi siano. Abbiamo per risposta le nostre stesse risposte.
“Quando si incontrano tra reduci di stermini diversi tutto ciò sia sottinteso – e non ne parlino. Per comunicare quella roba lì, utilizzano la risata, la cui funzione – una delle tante – è proprio quella di tenere in vita della polvere di memoria senza alcun lamento funebre.”
Qui mi sono interrogata sulla mia risata, utilizzata per fuggire via dalla polvere di memoria.
Ho continuato a fare  copia incolla di   rabbia e  razzismo nelle strade americane, la verità nascosta sul sogno americano di possibili integrazioni dopo tante cancellazioni, dopo tanto disprezzo.
“Dal racconto di Lissa:-È lì che compresi cosa volesse dire quella frase, ignorare è il maggior disprezzo o roba così.  In quell'occasione, però, dentro di me si fece sempre più nitida l’impressione di essermi innamorata di un involucro vuoto.”
Scriviamo dunque per non ignorare e il maratoneta finisce proprio per darsi un compito, malgrado l’allucinazione collettiva. “ Sono un maratoneta e percepisco la mia forza sulle pagine del vento. Non corro per vincere, ma per trasportare. Avvenne così, corsi per portare la parola. Io non sono un corridore, io sono un maratoneta, un messaggero.
 Il secondo racconto “La Poltiglia” è una allucinazione familiare, un dialogo fra autore e personaggi alla Pirandello. Sei personaggi in cerca d’autore nella testa di  lui scrittore che ha moglie e figli. Moglie e figli che si accorgono di lui stranito in un dialogo di cui loro non fanno parte. Ho riso molto, guardando viso di mia sorella, annoiata dal mio dialogo muto e scherzoso con personaggi non presenti al desco familiare, i personaggi di Giampaolo.
“ l’iniziare a nascondere ti fa uomo, nel bene, nel male, da qualche altra parte, e soprattutto raggiunge la certezza che il padre non è né più né meno che un uomo.    Forse dovrei scrivere un libro centrato su quest’argomento, pensò lui. Libertà e costrizione”
Libertà e costrizione
Leggere comunque ci salva la vita, come una telefonata, come una chat. Libertà nella costrizione

Quando ti ricoverano porta le armi: Un libro
                                                                     










Di quel viavai… Nell’arenaria di Franco Araniti
 Nell'Arenaria

Roccia detritica costituita da elementi sabbiosi cementati più o meno tenacemente- arenaria compatta o sbriciolata grossolanamente come la scrittura di ciottoli vari sparsi fra prosa e poesia di un cammino scomodo.
Impegno politico, lotta sociale, ingiustizie e momenti individuali espressi con rude e partecipata presenza; una rudezza franca e risoluta nei fra(m)menti “ Di quel viavai sono segnato” scrive Araniti nel Prologo
Risalgo  alle sorgenti del Calomeno senz’acqua/secchi farranchi e massi stanchi… parole e pietra vivono tra i fiori della ginestra
Mi porto dietro il suo gentilissimo dono, da giorni, il dono della fiducia e dell’ascolto, e rileggo sottolineando e intrecciando col mio quotidiano i suoi pensieri. “ Sui treni scrivo poesie per condensare il tempo/ che non passa mai: mentre il fuori/ al finestrino che velocissima/mente scorre, è lento/e la distanza allunga, oltre i miei pensieri.
Intreccio di vite che non ci appartengono più, nel momento in cui le raccontiamo, intrecci di momenti di tutti e di sofferenze individuali… “versi raschiati
Nel cammino aspro e irto di una crescita dal Prologo al D’amor maturo  “sento, comunque, il ribollire nell’acido, o, almeno, così mi pare”
“Devo anch’io urlare, ma non posso” lamentò il poeta…
Affidare al foglio l’immortalità, scrivere col sangue e poi svegliarsi.
Ho pensato anche io all’immenso dispiacere di vedere tutti i miei pezzi dispersi, un giorno ho strappato tutto e non mi sono sentita triste, ne sono stata sollevata, li ho riscritti e continuo a scrivere, leggera e consapevole che anche questi saranno persi come gli altri.
Resta però incredibile il dono della relazione con l’altro, il filo che lega uomini in conoscenza all’intrasattu“ U cuntu cu campa è Buendìa che risale la nostra discesa. “L’azzurra sorgente dell’Acheronte” di Emilio Argiroffi che amiamo entrambi, unico e solo, amato e scordato.
Poesia che…
Giorni per giorno ti perdo
Negli istanti delle altre cose da fare
Mi passi per la mente
E non ho tempo per raccoglierti
 ti svegli al suono di una memoria
E svanisci profumo non fissato”
Come avremmo mai potuto noi salutarci da VertigoArte, scambiarci i nostri racconti, la stima, se non con l’ausilio di un racconto? Il filo, una gugliata,  è infatti argomento della mostra.
E stamani ricordando le città invisibili di Calvino “A Ersilia, per stabilire i rapporti che reggono la vita della città, gli abitanti tendono dei fili tra gli spigoli delle case, bianchi o neri o grigi o bianco-e neri a seconda se segnano relazioni di parentela, scambio, autorità, rappresentanza. Quando i fili sono tanti che non ci si può più passare in mezzo, gli abitanti vanno via: le case vengono smontate; restano solo i fili e i sostegni dei fili.”
Luca Marmo, sindaco di Piteglie, comune di Pistoia,  sta scrivendo questo su facebook, rispondendo ai miei fili con fili nuovissimi:- Sul VOIP. Pensa com'è intricato il mondo!-
Mai avrei creduto possibile che io potessi intrecciare miei pensieri con te, con Luca, con moltissimi altri, avviluppati nella bellissima arte del racconto.
Così “ quando la paura ti morde/e nell’angoscia ti sperdi/ ricorda/ tuo nonno Melo mio padre/che a sette anni appena/si è smarrito nell’Aspromonte
Ricorda tuo nonno Melo mio padre/che non hai mai conosciuto/
Quando ha capito che i suoi ricordi/giorno dopo giorno cadevano come foglie/ancora nell’estate…ha pianto… riconoscendomi dopo sette anni bui da un lampo della mente
Quel lampo, caro Franco, illumina le nostre letture, quello che  scriviamo per una esigenza vitale, come atto d’amore verso i libri amati, verso la storia e gli ideali in cui abbiamo creduto, verso quegli affetti individuali che vivono e compongono il nostro stesso tessuto corporeo, il nostro DNA.
Non possono morire, è un viavai…d’amore.

                                                                                 

Dora Bruder- Patrick Modiano


Patrick Modiano- Se perdo te non perdo te
Dora Bruder
Scomparsa due volte. 31 dicembre 1941 e morta ad Auschwitz nel 1944
Modiano racconta l’orrore raccontando se stesso, il suo rapporto vuoto con genitore, il suo essere solo con la sua scrittura, i suoi occhi che vedono oltre le carte, la burocrazia, il numero.
“Ci vuole tempo per riportare alla luce ciò che è stato cancellato. Sussistono tracce in alcuni registri e si ignora dove siano nascosti, quali custodi veglino su di essi e se quei custodi accetteranno di mostrarli. Può anche darsi che ne abbiano semplicemente dimenticato l’esistenza."
Si dice che i luoghi serbano una lieve impronta delle persone che li hanno abitati. Impronta, segno incavato o in rilievo. Per Dora Bruder e genitori, Modiano dice: incavato.
“Ignorerò per sempre come passava le giornate, dove si nascondeva, in compagnia di chi si trovava durante l’inverno della sua prima fuga…
È il suo segreto. Povero e prezioso segreto che i carnefici, le ordinanze, le autorità d’occupazione, il Deposito, le caserme, i campi, la Storia, il tempo – tutto ciò che insozza e involge – non sono riusciti a rubarle.”
Nella storia dell’intolleranza e delle faide sociali, inutili, senza senso , ma tremendamente sanguinose e feroci bisogna ricordare una semplice frase.
Del libro di Jean Genet “ Il miracolo della rosa” Modiano cita questa“ Quel bambino mi faceva capire che la vera sostanza dell’argot parigino è una mesta tenerezza” riferita ora ai bambini che nascono in Italia da nazionalità diversa e parlano italiano essendo stranieri, riferito a Dora, a tutti i bimbi ebrei, polacchi oppure palestinesi, che parlavano e parlano con l’accento parigino usando termini di argot di cui Genet sente mesta tenerezza.
Tenerezza nel ricordare.
Dopo la catastrofe dello sterminio, dei campi di concentramento, delle divisioni fra razze, dei forni, degli esperimenti, del collettivo partecipare a riti di pulizia etnica, dopo…
Tutto cancellato nella Parigi disegnata dallo scrittore, i quartieri, i luoghi della scomparsa di Dora, delle retate, dello smistamento.
“ Mi sono detto che nessuno ricorda più niente. Dietro il muro si stendeva una no man’s land, una zona di vuoto e di oblio…
Eppure sotto quella spessa coltre di amnesia si sentiva qualcosa, di quando in quando, un’eco lontano, soffocata, anche se nessuno sarebbe stato in grado di dire cosa, con precisione.
Era come trovarsi all’orlo di un campo magnetico, senza pendolo per captarne le onde.”
Tutto resta fra le strade come un sussurro.
La solitudine permette di ascoltare il fruscio dei suoni, delle parole di chi non c’è più, la solitudine permette a sconosciuti di invadere i nostri pensieri e dialogare con noi, oltre il tempo, oltre il sensibile, con un respiro.
Da cosa scappava Dora? si chiede Modiano, parlando di lui, lui è Dora.
Che cosa ci induce a scappare, oppure a nasconderci? Vediamo cosa scrive Modiano: “ Sembra però che ciò che ci spinge a fuggire  d’improvviso sia un giorno di grigiore e di freddo che ci fa provare una solitudine ancora più acuta è la sensazione di una morsa che si chiude”
Ora Modiano dice una cosa che dico io, che diciamo tanti:” Come molti altri prima di me, credo nelle coincidenze e talvolta a un dono di veggenza nei romanzieri… e la parola dono non è il termine giusto, dal momento che suggerisce una sorta di superiorità. No, si tratta di qualcosa che fa parte del mestiere: gli sforzi di immaginazione, necessari a questo mestiere, il bisogno di fissare la mente su piccoli particolari…” questa tensione può suscitare fugaci intuizioni concernenti fatti passati o futuri, come scrive il dizionario alla voce < Veggenza>
E questo pomeriggio di domenica, siamo di nuovo in inverno, il 25 gennaio del 2015, passato con Dora Bruder, con Modiano, in una commozione di simili, di appartenenza a fughe solitarie, di appartenere ai disegni della storia che ci chiedono sempre una azione, ignorando noi il fine.
Un libro grande nel suo essere vuoto di fatti e sull’abisso dove molti parteciparono per annientare categorie, etnie, linguaggi, famiglie.
Un orrore così grande che ci regalò altri settanta anni di pace. Terrorizzati.
Riusciremo ancora a preservarci? L’augurio che mi faccio e che si saranno fatti al Nobel consegnandolo nelle mani di Modiano.


Tiziana Sferruggia, una ballata sulle tavole della piazza Grande

La signora Rosetta di Tiziana Sferruggia.
 Nata elegante: «C’è chi nasce bella, c’è chi nasce intelligente, e io elegante sono nata». Nella Litweb
Così approda sul mio pc La Signora Rosetta, protagonista indiscussa del racconto,- e chi potrebbe discutere con lei?-
Una storia cantata come su una piazza di un tempo.
“Il cantastorie è una figura della letteratura orale, un artista di strada che si spostava nelle piazze e raccontava con il canto una storia, sia antica,  sia riferita a fatti e avvenimenti contemporanei. Le storie narrate entravano a far parte del bagaglio culturale collettivo di una comunità.
I cantastorie accompagnavano la "Cantata" con uno strumento.
Si aiutavano con un cartellone su cui veniva raffigurata la storia, descritta nelle principali scene. La loro opera veniva remunerata con le offerte degli spettatori o con la vendita di foglietti volanti, su cui era descritta la vicenda.” Da wikipedia, più o meno.
Mi sembra quasi di vedere Tiziana, con bacchetta in mano, indicare le tavole del dramma di una esistenza ‘ngumata, un cervellino esilarante se non fosse terribilmente esistente.
Nelle scene  ho visto parecchie donne di mia conoscenza, fra parenti e affini, sorridendo di loro.
Ridicolo sarebbe infatti quel vivere proteso ad un unico e monotono progetto, un freddo salto di status fra statue sociali, imbalsamate.
 Tutto raccontato con Stile ridente, appunto.
 Linguaggio fabulista come se narrasse  mia nonna da giovane.
Mi diverte. Vi propongo alcuni spezzoni:
 Il caro buon don Vito una volta: «Cara Rosetta, il sapiente Salomone ha detto che “Il sapere porta con sé il dolore e la ragione è fonte di tormento”», ma lei non aveva creduto, ma lei non aveva capito. Ora credeva, ora capiva.
 Una ballata. La prosa scivola in poesia  mentre la cantastorie di paese scende  al secondo quadro. Indica infatti il passaggio di stato. In versi   “Adesso erano una famiglia finalmente normale, potevano litigare, sputarsi in faccia tutta l’acredine, tutto il livore che erano stati sempre prudentemente taciuti, smistati altrove, dimenticati, ma comunque sempre sotto traccia, striscianti, se solo si scavava un po’ nella polvere”
La storia si snoda seguendo la famiglia tradizionale amata e difesa dalle Sentinelle in piedi nei loro raduni silenziosi in lettura.
Manderemo loro questo libro, segnalato con menzione speciale al Premio Calvino. Bravo Calvino.
Pomeriggio di domenica quattro gennaio 2015 passato con Rosetta che ora, trovatasi un fidanzato, mi ha lasciato cenare da sola, vero Tiziana?
 Io non ci credo che queste donne possano mai soggiacere all’imperium dei sensi!
Ahah «Rosetta mia, un pocu, un pocu, anchi magari un’anticchia, antipaticulidda, sempri lo sei stata! Pareva sempri chi sintèvi fetu, da comu ti muvèvi, scutènnuti tutta, allargannu li narici e trattinennu lu respiru. Nessunu lu sapi ‘ffari, sulu tu, sulu tu, figghia mia» detto da mamma sua! Verità fu.

















Il postino di Cormòns- A Domenico Dara
Breve trattato sulle coincidenze
Ho conosciuto il tuo postino al tavolo di un locale giapponese adiacente al Senato il sette dicembre 2013
Mentre assaggiavamo prelibatezze, Giovanna mi racconta di aver partecipato di recente a Cormòns, paese in provincia di Gorizia, ad un festival letterario fatto con pochissimi contributi, e di essere stata accompagnata, all'arrivo lì da un postino che, nel presentarsi, le dice:- Io sono un uomo di lettere.- Bellissima cosa, noi insieme commentiamo, aggiungendo tutti gli sforzi che moltissime persone fanno, come amanti delle lettere, a tenere in piedi un mondo dignitoso e felice che ama la letteratura.
Cormònslibri
Festival del Libro e dell’Informazione
“All’apparire del bello”
La mia amica, raccontava della semplicità e della ospitalità di quelle persone, tutti postini di lettere, certo, quel signore lo faceva anche di lavoro il postino, come il postino immaginario di Dara, ma poi lo siamo tutti, postini. Giovanna quella sera intervistò l’onorevole Brandolin, ma io già non l’ascoltavo più, presa dalla storia del postino che ama, come il postino di Dara, il mio stesso mondo.
Dopo pochi mesi io pensai che avrei potuto anche io fare come il postino di Cormòns ed invitare Giovanna, che mancava da Lamezia dal ’72 a presentare un libro che mi piaceva molto, Carta Vetrata, di Paola Bottero. Lei ha accettato  e le tante lettere spedite al mondo che a me non rispose mai cominciarono ad arrivare. Con puntualità.
Le aprirò? Non credo, sono così soddisfatta che siano giunte che continuerò a stupirmi delle tante coincidenze che da Cormòns giungono fino al profondo sud.
Col grande amore verso chi ancora crede possibile incontri su libri veri, storie vere, film veri. Fotografie vere, insetti veri, che a Settembre, portati da Caterina Luciano voleranno sui cieli del sud, un sud troppo lontano. A dispetto di un mondo insulso e vanesio, un altro mondo è possibile, dice Domenico Dara insieme al postino di Girifalco. Bisognerà leggere tutte le lettere che lui scrive
Prima che te ne vada- A Domenico Dara
Breve Trattato sulle coincidenze
Un paese ci vuole anche e soltanto per poterne parlare, il paese dell’anima.
La coincidenza è come una piccola lente d’ingrandimento che chiarisce il groviglio e riporta ordine e significato là dove non sembra ci sia altro che confusione e accidentalità.
La coincidenza è l’incontro fra due punti di rette parallele che non dovrebbero e non potrebbero incontrarsi mai
La coincidenza è una lettura di avvenimenti non necessariamente accaduti, collegati da altre letture, da ricordo, da amore.
Tutto coincide con l’oggetto del tuo pensiero, tutto ti parla di lui o di lei e ogni cosa riporta a te, nel mondo.
Così” Tu ti appoggiavi un momento alla mia guancia”, coincidenza 457  e ” il vasetto di vetro pieno di lucciole sulla finestra di Gioconduzza che qualche ragazzo s’era scordato. Il postino lo prese, andò dietro la timpa di Musconi e liberò gli insetti, che non gli era mai piaciuto quel modo di farsi lampade. La siepe si illuminò, come un lembo di cielo stellato caduto sulla terra, lucciole che si accendevano e spegnevano, stelle che nascevano e morivano, uomini che impazzivano e rinsavivano. Tutti possono inciampare nell’attimo  in cui strada e mente si oscurano, è questo il destino, un casuale succedersi di luci e ombre.
Il paese è la mente che conosce e rielabora, trasforma, unisce e ricorda. Un paese che poi racconta, affabulante,  per lenire paure, per offrire un sogno, una mano, una lettura.
Il paese che abbiamo.
Coincide con tanti altri paesi e universale chiamiamo quel nostro sentire, e universale è conosciuto quel sottile slargo per andare vedere, oltre finestre, oltre la porta, oltre  la monade che  ognuno abita, in comune e privato.
Le tante letture che ci hanno cresciuto, nutrito. Nutrimenti, non a caso si chiama così la casa editrice che ti ha pubblicato, un’altra delle tue coincidenze più care. Nutrimenti, che ora metabolizzati, stanno tra noi, fanno parte di noi, come sangue, come acqua, come zucchero e cibo.
Omaggio a chi di coincidenze parlò per anni, per giorni, consumando sette paia di scarpe per il lungo errare, cercando e cercando di dare un senso, di ingentilire e di poter entrare in quell’abito fuori misura che è la nostra realtà.
Omaggio a chi legge e a chi scrive, omaggio a chi aspetta, a Pavese, a Calvino, a Emily, omaggio allo sconosciuto che potremmo restare tutti noi se una lucciola non verrà mai ad illuminare il nostro racconto, non per questo men bello.
Breve trattato sulle coincidenze che affabulando vanno da una Girifalco alle Langhe, da San Floro alla biblioteca di Borges, il luogo dei ritrovamenti, infatti è qui che ritroviamo e ci ritroviamo, come il postino ritrova il padre e Calogero, insieme a colui che chiarirà il mistero di lettere mai spedite.
 Affabulando affabulando  le coincidenze diventano una volta per tutte la nostra realtà,
 la vostra realtà,
 il tempo che abbiamo trascorso per far nostra la storia.
La Samarcanda di Dara
Vivere, vivere, vivere ancora- La Samarcanda di Dara
Samarcanda - Crocevia di culture.
Girifalco, oh oh  cavallo oh oh
Comincia con un uomo che cade da un asino La Storia.
Coincidenza volle che ci fossi anche io.
E se la vita non ha sogni io li ho e te li do… così Lucio Dalla in Piazza Grande.
Domenico Dara a Lamezia Terme incontra i suoi lettori nella libreria di Savina, che ringrazio. Breve Trattato sulle coincidenze, il romanzo di Domenico, Nutrimenti Editrice, farà di Girifalco il luogo dell’immaginario, il personaggio vivente, un paese postino.
 Inizia così la nostra avventura.
Dalle rovine e dallo sciupio della polvere del sud, che sia distruzione di luoghi, di ricordi, di archivi, nasce la trama, apparentemente casuale, delle coincidenze che stupiscono. Si narra così. O mutos deloi , cominciavano così gli apologhi, le favole di Esopo, Si racconta che.
La Narrazione. Una istanza, la prepotente voglia di dare un senso alla vita di uomini, luoghi e affetti. Un apologo che trasmetta un insegnamento morale, un dovere, un impegno, spostando i fatti in altri luoghi, in altri tempi, per osservarli meglio. Un compito da svolgere.
 Narrare con un linguaggio credibile che parli a tutti, quello dello stupore, della possibilità che si incroci un giorno la coincidenza, e che tutti saremo chiamati  a riconoscerla, ad essere responsabili, a decidere se accettarla o volgere il capo e non vederla . Un miracolo del quotidiano. L’attimo che si dilata e trasforma il dopo che non sarà mai più uguale a prima.
La coincidenza è una risposta ad una domanda forte, mi sta dicendo Domenico Dara, in un dialogo affollato, fra me, lui, i libri, e la conoscenza che supponiamo per qualche minima parte simile.
Nel dialogo muto e attento fra noi, lettori, e lo scrittore, attraverso i suoi personaggi, gli incastri delle storie, il testo e l’ipertesto, il contesto, i modelli di riferimento si affollano, si spingono e si rincorrono, chiacchierando, in una complessità euforica.
La solitudine vinta con un foglio, con la certezza di stare in una relazione animata, come nelle antiche religioni animistiche in cui tutto vive e intercetta l’altro nel trascendente viaggio verticale che eleva noi tutti dalle azioni usuali.
Questo l’incontro che ho partecipato ieri, incontro che è  complemento oggetto fra soggetti attivi.
Trattatistica scorretta la mia, perdonami Domenico.
 Simile a quella del signore che, ieri sera, mi chiedeva se fosse un tuo conoscente quel postino che ti raccontò di tutte quelle lettere che apriva e manometteva il testo.
Ecco, a proposito, chi ti ha raccontato tutte queste storie? Hai avuto uno zio postino a Girifalco?
A Girifalco verremo tutti, ormai, a spedire le nostre mail, le nostre lettere, consegnandole nelle mani del tuo postino, senza affrancarle, nel sogno di una Samarcanda che ci porterà.



Indice

1)http://trollipp.blogspot.it/2015/04/testo-ricorretto-per-leggersi-sul.html
2) http://trollipp.blogspot.it/2015/07/linverno-dellumanita-metropoli-di.html
3)http://trollipp.blogspot.it/2015/06/ti-ho-vista-che-ridevi-lou-palanca.html
4)http://trollipp.blogspot.it/2015/06/domenico-marcella-intervista-con.html
5)http://trollipp.blogspot.it/2015/05/volersi-bene-non-e-adesso-daniele.html
6)http://trollipp.blogspot.it/2015/05/lo-sdegno-elegante-di-raffaele-gaetano.html
7)http://trollipp.blogspot.it/2015/04/non-seguire-il-mondo-come-va-michela.html
8)http://trollipp.blogspot.it/2015/04/civilta-e-imperi-del-mediterraneo.html
9)http://trollipp.blogspot.it/2015/04/la-forma-minima-della-felicita.html
10)http://trollipp.blogspot.it/2015/04/una-piccola-felicita-la-forma-minima.html
11)http://trollipp.blogspot.it/2015/04/zerocalcare-dimentica-il-mio-nome.html
12)http://trollipp.blogspot.it/2015/04/dove-eravate-tutti-paolo-di-paolo.html
13)http://trollipp.blogspot.it/2015/03/la-storia-passa-per-seminara-santo.htm
14)http://trollipp.blogspot.it/2015/03/recami-personal-belongings.html
15)http://trollipp.blogspot.it/2015/02/blu-cavolfiore-di-maria-caterina.html
16)http://trollipp.blogspot.it/2015/02/gianpaolo-ferrara-e-la-letteratura.html
17)http://trollipp.blogspot.it/2015/02/di-quel-viavai-nellarenaria-di-franco.html
18)http://trollipp.blogspot.it/2015/01/giorno-della-memoria-patrick-modiano.html
19)http://trollipp.blogspot.it/2015/01/tiziana-ferruggia-una-ballata-sulle.html
20)http://trollipp.blogspot.it/2015/01/la-samarcanda-di-dara



sabato 4 luglio 2015

Il Cerchio Magico di Goffredo Fofi

Goffredo Fofi- l’anello di congiunzione

  Nella piazzetta di San Domenico ci attardiamo, io e Giovanna.  Abbiamo appena visto “ Dissonorata” di Saverio La Ruina al teatro Umberto. Rappresentazione gratuita che Saverio ha regalato al pubblico lametino per un atto di amicizia, mi sta raccontando Don Giacomo Panizza,  felice.
“ A Lamezia Terme,  da ieri  venerdì 3 luglio,  è in corso un seminario di tre giorni dal titolo "Si deve si può, ruolo delle minoranze etiche tra globale e locale" promosso da Comunità Progetto Sud, Associazione Mago Merlino e Fondazione con il Sud nell'ambito del Progetto Spring, in collaborazione con le riviste Lo straniero e Gli asini.
Don Giacomo ha incontrato  Saverio La Ruina da poco tempo.  Amici comuni di Goffredo Fofi, uno sentiva parlare dell’altro con stima ed in entrambi cresceva la curiosità, fino a che, a febbraio, Saverio lo ha raggiunto  presso l’università di Cosenza   dove Don Giacomo,  con l’associazione Il filo di Sophia, era insieme a Goffredo Fofi in  Melting pot, una serata per discutere sul significato di essere o sentirsi stranieri.
Immediata la sintonia e il riconoscersi amici e nello slancio della generosità ognuno ha donato  il  proprio talento all’altro.  Così da un dono nascono nuovi incontri, altre occasioni. Ed io incontro. Accanto a me PierGiorgio Giacchè, reda ttore della rivista mensile “Lo straniero. Arte Cultura Società”, fondata e diretta da Goffredo Fofi.   Scena verticale, il nome della compagnia di Saverio La Ruina, ricorda a lui altri attori “verticali” che recitavano arrampicandosi sulle corde.” Sarà stato nel 2008, in Sardegna”, sta ricercando lui nel suo database,  ed io digito sul cellullare  le informazioni. Ora abbiamo unito ricordo e  nomi, fotografie e luoghi e felici, entrambi, nella magia del momento, rileggo, io a lui,   il mio pezzo su Saverio La Ruina, scritto dopo altra rappresentazione di Dissonorata, a Dicembre.

Evviva la vita che ci sorprende sempre regalandoci la magia.
Abbraccio e bacio in continuo saluto Saverio La Ruina, uomo generoso, grande interprete stasera di un destino individuale, che, benché chiuso nell'asfittico spazio dell’ignoranza e della cattiveria altrui, è capace di volare nella bontà.
Nella conta delle pietruzze possiamo starci tutti. Nessuno sarà lasciato solo se può contare tutti i sassi ad uno ad uno.

Nell'anello di congiunzione  siamo. Il cerchio magico di Fofi

venerdì 3 luglio 2015

Massimo Iritano A Lamezia terme


Mentre Massimo Iritano parla,  tutta la storia, come un rotolo del Mar Morto, mi si svolge davanti. Incontro del destino. 
Massimo Iritano, studi di estetica e di filosofia della religione, con tesi di laurea in Kierkegaard, stasera alla galleria Be Cause di Lamezia Terme ci parla di Gioacchino da Fiore, protagonista suo ultimo libro, edito Rubbettino.
Con tutto l’oro di Elena Diaco Meyer intorno, eleganza aurea che riluce e traluce  perfino nel mio gonnellone etnico, indossato ignara di abbinarmi così al tutto. 

Il vuoto e la forma, la mente e l’astratto. Noi. 
Noi nel 2015, Gioacchino mille anni fa.  Uguale nei millenni la tensione, lo studio, la voglia di leggere per capire, aprire verso un miglioramento in  un movimento perpetuo. 
Mente è movimento,  facilitato dal vuoto, mi disse Elena, a suo tempo. Ed il movimento vuole spazio, e autonomia, quindi eresia. 
Eresia, nel significato alto, ha come significato la  scelta consapevole.
Dall'abbazia di Corazzo a Pietralata e a San Giovanni in Fiore, rifiutando qualsiasi recinto che non fosse la sapienza, l’abate Gioacchino  vive nelle parole di Massimo, che ora ci sta mostrando le figure con cui il teologo riesce a dirci l’indicibile. Nella sua fede in una scrittura che oltrepassi secoli e strettoie, attraverso il porgere e  nel passaggio dall'arte come presentazione all'arte come segno, lui individua nel cerchio  e nel segno  il proiettarsi aldilà, il  dono che  gli studi debbano dare all'uomo per  esser padroni del loro pensiero, per essere umani senza ricchezze. Nella povertà

Seguendo gli studi di Cacciari, di cui cita “ Doppio ritratto”, Iritano  attraversa la complessità di una storia situata ad uno snodo cruciale fra Scolastica e teoria gioachimita, fra conservazione ed innovazione, fra potere temporale e potere spirituale. 
La proiezione di Gioacchino da Fiore, la profezia della terza età, avrebbe scardinato l’ordine che regge tuttora i  poteri forti e lo avrebbe lanciato verso  spinte idealiste verso fratellanza e povertà. Nella utopia impossibile di palingesi,  ricordo  chi si rifece a Gioacchino da Fiore:  
« Guarda, i signori e i prìncipi sono l'origine di ogni usura, d'ogni ladrocinio e rapina; essi si appropriano di tutte le creature: dei pesci dell'acqua, degli uccelli dell'aria, degli alberi della terra (Isaia 5, 8). E poi fanno divulgare tra i poveri il comandamento di Dio: "Non rubare". Ma questo non vale per loro. Riducono in miseria tutti gli uomini, pelano e scorticano contadini e artigiani e ogni essere vivente (Michea, 3, 2–4); ma per costoro, alla più piccola mancanza, c'è la forca. »
(Thomas Müntzer, Confutazione ben fondata, 1524)
Una difficile, se non impossibile applicazione di principi, che, forse solo  a San Francesco, pur con i limiti di una accettazione della regola, riuscì. 
San Francesco e Gioacchino da Fiore dunque,  per noi uomini che, cavalcando mille anni ci ritroviamo a discutere sempre di un mondo  con  povertà abissale che allarga sempre di più la sua base  e con ricchezza stratosferica concentrata in strutture piramidali, continuano a parlarci di un mondo nuovo. Una terza età possibile. 
L'età dell'oro.  


Il Mercato della Cultura

19 maggio 2014
Benissimo. Hanno preso la cultura. Le hanno messo un paio di tacchi. Un rossetto e due orecchini. Hanno messo anche uno spacco, un vestito di eleganza a secondo le occasioni e se la portano a braccetto solo il tempo di incassare.
26 aprile 2014
Non nominare il nome Cultura invano. La Cultura non è un fondo internazionale, una fontana di acqua pura... Un prato verde e poi scende la sera. Non nominare il nome Cultura in vano. Nei vani del consiglio regionale politica vi sta e non vi sta  Cultura. Non commettere atti impuri con La Cultura. Non prender tutti per il Cul ... Non importa vero? Basta che non si dica sia Cultura!
10 gennaio 2014
Sotto la parola cultura montagne di sterco seppelliscono il solo momento vero. Palate e palate di piaggeria, omologazione, versi copiati, scoppiati e intortatori, ammorbano e depositano stratificazioni. Uccisa e asfittica, morta e sepolta, giace cultura nelle lor brame
"Stasera ho portato a passeggio la cultura. Lei guardò i saldi e non volle comprato niente. La cultura prima di spendere ci pensa su." 
14 dicembre 2013
Quel sostantivo che mi piace tanto e che fa cu, cu, cu, cu, cultour... Cultura. Dicono che a Lamezia alcuni abbiano portato la cultura, in anni passati. L'abbiano poi imbalsamata e mummificata. Altri l'hanno venerata come una vera dea, usandola per riti propiziatori. Infatti qui si fanno molti riti. Ciao, ragazzi, ciao... Cantava Celentano
2 dicembre 2013

Cultura comincia per c come culo. Cultura comincia per c come cazzata. Cultura comincia per c come cominciare, solo che nessuno può cominciare a fare cultura se prima non passa dal reparto psichiatrico: Vedi Calogero, Campana che sempre per c cominciavano. La grande beffa di una parola agricola in bocca a complici di cupezza, di cupidità, di curie, senza un campo da arare.

Oggi 3 luglio 2015 raccolgo per ore i frutti dell'orto, poi vado al mercato e vendo cultura. Ahah venghino, signori, venghino
alla bancarella della cultura. Premio Bancarella per voi

mercoledì 1 luglio 2015

L’inverno dell’umanità- Metropoli di Massimiliano Santarossa


Parte prima L’arrivo al mondo nuovo -Parte seconda Il corpo della città - Parte terza Il peso dell’anima

«La libertà inizia al principio del nulla.»
Le immagini del Libano alla periferia con Israele, le case crivellate di colpi, deturpate, senza tetti, senza vita. Leggo visualizzando e sono i villaggi del Libano che  mi appaiono insieme alle  parole scritte da Santarossa come  l’inverno dell’umanità. Nel suo  racconto non vi è  un luogo geografico e nemmeno un tempo, se non lanciato negli anni.   Che anno è? Che giorno è?
 L’Anno del Signore- Duemilatrentacinque.
 Cammino con il protagonista, scampato alla fine della storia, alla fine del mondo e in viaggio verso una lingua di terra che sembra intatta. Una lingua, dice lui. Sopravvivere, il solo obiettivo:” Pestando il suolo duro, lucido come grafite, fissava gli scarponi consumati, lacerati ai lati, tenuti assieme da pezzi di spago. «Se si aprono crepo. Senza scarpe si muore» e va verso Metropoli. “Inesistente la speranza. Metropoli era tutto.”
Per zona. Dalla Repubblica di Platone alla Città del Sole di Campanella, ai falansteri di Fourier ed alle Comuni, per zona a zona si sono delineate le Utopie. Parola che  vuol dire in nessun luogo.  Immaginarie costruzioni di luoghi immobili, dove pietrificare lo spirito individuale.

Scappa intanto il protagonista, scappa dal crollo della produzione e va verso il nuovo ordine “Lui scrutò le proprie scarpe ormai del tutto aperte, sfaldate come la sua vita, di seguito esaminò gli scarponi delle guardie, nuovi, possenti”
Scappa. Da cosa scappa? Scappa da qui, dalla storia dei giorni che viviamo.
Intanto che leggo e man mano scorrono le immagini.
 Terraferma di Crialesi, film del 2011, Un’isola siciliana di pescatori è investita dagli arrivi dei clandestini e dalla regola nuova del respingimento: la negazione stessa della cultura del mare che obbliga al soccorso. I barconi e quelle mani che non vogliono annegare. - Se civiltà è appagamento, allora mai ci fu.-
Precipitati siamo In Time
In Time, film del 2011. Un futuro non troppo lontano dove il gene dell’invecchiamento viene reso inattivo. Nel nuovo ordine per evitare la sovrappopolazione, il tempo è diventato la valuta e il modo di pagare i lussi e le necessità. - Metropoli è già qui.-
Il silenzio con cui si trascorrono i giorni, il cibo, le abluzioni. Il silenzio con badante per i vecchi, il silenzio con televisione ed Iphone, per giovani ed adulti, il silenzio già qui.
 “Ciò che invece non venne mai cancellato fu il bisogno umano di imporre un’educazione, forzata, obbligata. Così accadeva nel vecchio mondo, così si ripeteva nel nuovo mondo.”
E la rete “Stavano vicini per stare vicini, unicamente per non ritrovarsi abbandonati. Volevano essere un branco che si sposta nella stessa direzione, sempre circolare, senza uscita.”
“ Non era la solitudine la condizione perfetta? Stava mentendo a se stesso? Le pulsioni, i desideri intimi, la rivelazione delle prime bugie come atto di definizione delle scelte compiute e da compiere. Tutti mentivano nel mondo passato come a Metropoli, fin da bambini. Ma gli effetti della menzogna divenivano sfruttabili solo dopo averla fatta propria: gestibile. Gli uomini crescevano grazie a bugie ripetute.”
Nel nostro immaginare incubi finiamo per riprodurre quelli che già viviamo offrendo però “La Forma minima della  felicità” altro libro letto di recente di Francesca Marzia Esposito. Altro libro di solitudine, di mondo ormai disumano, di ripiego nel chiuso.
Lì  nel chiuso di una casa, qui, in Metropoli, di una città.
Mi sembra sempre la città di Campanella, dove la perfezione diventa separazione. Le donne di qua, gli uomini di là.  I figli separati dalle famiglie ed educati da un’altra parte. Intanto che livellamento impera. Un incubo.
Viviamo una civiltà fatta di imperfezioni e di contraddizioni, abitiamo un mondo complesso e poi ad immaginarlo lo si immagina completamente numerato e selezionato allo scopo di darci maggior paura.
Massimiliano Santarossa, nel suo monito al tempo presente, ci spaventa con geometrica ricerca di fotogrammi già conosciuti, con camere a gas, già studiate, con tormenti e torture già state, con incubi che abbiamo già letto nei racconti dei prigionieri al  campo di prigionia di Guantánamo  una struttura detentiva statunitense di massima sicurezza.
L'area di detenzione era composta da tre campi: il "Camp Delta" (che include il "Camp Echo"), il "Camp Iguana" e il "Camp X-Ray”.
Sembra Metropoli.
Sembra Metropoli ogni campo di concentramento, ogni carcere di detenzione, ogni Centro commerciale e ogni McDonald, dove si annienta l’individuo.
Come nei saggi di Voltaire l’Urone si interroga se sia questo il mondo che viviamo così anche noi, seguendo la scrittura precisa, netta, asciutta, di Massimiliano Santarossa ci interroghiamo su quanto ci sia già stato di quel terribile mondo che Metropoli è.
Eppure sia Massimiliano che Francesca Marzia, dopo aver tanto girovagato nel disturbo polare e bipolare di umanità allo stremo, vedono la luce in alto, oppure  di lato,  da qualche parte, negli occhi di chi scegliamo per prenderci per mano ed energia diventa  leggere loro racconti







lunedì 29 giugno 2015

Sui monti di pietra può nascere un fiore: Franco Arminio a Cleto

In ginocchio da te. 
Franco Arminio il poeta che dialoga con le vecchiette dei paesi disabitati è a Cleto.
Lui ci raccontò stasera del suo peregrinare fra paesi e borghi fantasmi alla ricerca del dialogo con le vecchiette alle finestre. 
Cleto. La bandiera della pace con i colori dell'arcobaleno sventola a fianco della Chiesa dell'Assunta.
Siamo a Cleto. La pace è un arcobaleno.
In ginocchio Franco Arminio legge sue poesie. 
Ritornerò in ginocchio da te, cantava Morandi.
La preghiera è canto e poesia. 
Sui monti di pietra. A Cleto.
Cleto tra storia e leggenda: i volontari dell'Associazione La Piazza hanno curato, con il patrocinio dell’Istituto Privato Universitario Svizzero, un opuscolo che crei interesse verso il paese dove tutti i servizi sono stati cancellati: le poste, l'ambulatorio medico... Un borgo quasi fantasma. 
Ribellandosi alla logica dello scomparire e della rassegnazione, Carola Nicastro, Ivan Arella, Donatella, Franco Roppo Valente, e molti altri, hanno danno vita, dal duemilaedieci al Cleto Festival.

Questo anno ad Agosto. 
Non essendo io una vecchietta di anni novanta il poeta mi disse di aspettare altri trenta per parlare con lui
Ippolita Luzzo 







domenica 28 giugno 2015

Le conferenziere, le moderatrici, i presentatori: Gli assassini di un libro.



Dopo averlo ucciso, lo lasciano sanguinante e squartato sul tavolo della conferenza, sullo sgabello della libreria, sul trespolo della biblioteca, alla mercé dei passanti. Senza pietà.
Nessuna forza pubblica arresterà i colpevoli, nessun processo li condannerà, anzi, costoro, convinte e convinti di essere al top, continuano ad uccidere libri in ogni luogo ci sia un microfono e quattro persone.
Forse sono inconsapevoli, forse nessuno ha avuto il coraggio di dirlo proprio pubblicamente che noi ascoltatori non ne possiamo più di vederci raccontato tutto il libro, per filo e per segno, comprese le virgole, il finale che ha immaginato l’autore e come lo avrebbe finito la conferenziera.
Ricordo una volta Anna Rosa Macrì, famosa e preparata moderatrice, ci deliziò tanto che dal pubblico protestammo insieme contro di lei, pregandola di lasciarci il piacere di leggere il libro, di non raccontarci tutto, tutto, come stava facendo.
Terribile cosa la supponenza. Lei continuò, ignorando le nostre preghiere.
Ricordo conferenzieri che ammazzano un libro, raccontando i fatti loro, le lotte alle mafie, il loro percorso, ignari che noi  il loro  percorso non lo vogliamo sapere, raccontano a lungo ed infine noi moriamo insieme al libro.
Ricordo assassini e assassine, presentarsi con mille fogli, lunghissime ricerche hanno fatto, ed ora leggono, leggono tanto, mentre il libro muore asfissiato, incaprettato, sul tavolo stanco.
Ricordo moderatrice, bella presenza, una autorità nel giallo, nel noir, che, allo scrittore presente,  sciorinò tutti i libri noir che lei aveva  divorato, famelica.
Lui, l'autore, insieme al suo libro, prima di esalare l’ultimo respiro, sussurrò:” Non conosco tutti questi libri. Non li ho letti”
Assassini e assassine, senza che scontino pena del loro vuoto non amore verso un libro, lo uccidono per indifferenza, lo usano per vessillo politico,  lo violentano con ignoranza e infine ci sputano sopra con eleganza. Possono presentare cazzate e capolavori allo stesso modo, con le quattro frasi di circostanza: Siamo tutti fautori di una rete sociale! Fare rete salverà il mondo?  Siamo tutti ottimisti o pessimisti? E ricordare o dimenticare a cosa serve? Una emozione ti ha emozionato?  I giovani diventeranno vecchi? In cosa abbiamo sbagliato?  e il futuro?

Il futuro è nella morte che voi possedete dietro le spalle e nella bocca.
Piangiamo l'ennesima coltellata al libro.