venerdì 3 luglio 2015

Il Mercato della Cultura

19 maggio 2014
Benissimo. Hanno preso la cultura. Le hanno messo un paio di tacchi. Un rossetto e due orecchini. Hanno messo anche uno spacco, un vestito di eleganza a secondo le occasioni e se la portano a braccetto solo il tempo di incassare.
26 aprile 2014
Non nominare il nome Cultura invano. La Cultura non è un fondo internazionale, una fontana di acqua pura... Un prato verde e poi scende la sera. Non nominare il nome Cultura in vano. Nei vani del consiglio regionale politica vi sta e non vi sta  Cultura. Non commettere atti impuri con La Cultura. Non prender tutti per il Cul ... Non importa vero? Basta che non si dica sia Cultura!
10 gennaio 2014
Sotto la parola cultura montagne di sterco seppelliscono il solo momento vero. Palate e palate di piaggeria, omologazione, versi copiati, scoppiati e intortatori, ammorbano e depositano stratificazioni. Uccisa e asfittica, morta e sepolta, giace cultura nelle lor brame
"Stasera ho portato a passeggio la cultura. Lei guardò i saldi e non volle comprato niente. La cultura prima di spendere ci pensa su." 
14 dicembre 2013
Quel sostantivo che mi piace tanto e che fa cu, cu, cu, cu, cultour... Cultura. Dicono che a Lamezia alcuni abbiano portato la cultura, in anni passati. L'abbiano poi imbalsamata e mummificata. Altri l'hanno venerata come una vera dea, usandola per riti propiziatori. Infatti qui si fanno molti riti. Ciao, ragazzi, ciao... Cantava Celentano
2 dicembre 2013

Cultura comincia per c come culo. Cultura comincia per c come cazzata. Cultura comincia per c come cominciare, solo che nessuno può cominciare a fare cultura se prima non passa dal reparto psichiatrico: Vedi Calogero, Campana che sempre per c cominciavano. La grande beffa di una parola agricola in bocca a complici di cupezza, di cupidità, di curie, senza un campo da arare.

Oggi 3 luglio 2015 raccolgo per ore i frutti dell'orto, poi vado al mercato e vendo cultura. Ahah venghino, signori, venghino
alla bancarella della cultura. Premio Bancarella per voi

mercoledì 1 luglio 2015

L’inverno dell’umanità- Metropoli di Massimiliano Santarossa


Parte prima L’arrivo al mondo nuovo -Parte seconda Il corpo della città - Parte terza Il peso dell’anima

«La libertà inizia al principio del nulla.»
Le immagini del Libano alla periferia con Israele, le case crivellate di colpi, deturpate, senza tetti, senza vita. Leggo visualizzando e sono i villaggi del Libano che  mi appaiono insieme alle  parole scritte da Santarossa come  l’inverno dell’umanità. Nel suo  racconto non vi è  un luogo geografico e nemmeno un tempo, se non lanciato negli anni.   Che anno è? Che giorno è?
 L’Anno del Signore- Duemilatrentacinque.
 Cammino con il protagonista, scampato alla fine della storia, alla fine del mondo e in viaggio verso una lingua di terra che sembra intatta. Una lingua, dice lui. Sopravvivere, il solo obiettivo:” Pestando il suolo duro, lucido come grafite, fissava gli scarponi consumati, lacerati ai lati, tenuti assieme da pezzi di spago. «Se si aprono crepo. Senza scarpe si muore» e va verso Metropoli. “Inesistente la speranza. Metropoli era tutto.”
Per zona. Dalla Repubblica di Platone alla Città del Sole di Campanella, ai falansteri di Fourier ed alle Comuni, per zona a zona si sono delineate le Utopie. Parola che  vuol dire in nessun luogo.  Immaginarie costruzioni di luoghi immobili, dove pietrificare lo spirito individuale.

Scappa intanto il protagonista, scappa dal crollo della produzione e va verso il nuovo ordine “Lui scrutò le proprie scarpe ormai del tutto aperte, sfaldate come la sua vita, di seguito esaminò gli scarponi delle guardie, nuovi, possenti”
Scappa. Da cosa scappa? Scappa da qui, dalla storia dei giorni che viviamo.
Intanto che leggo e man mano scorrono le immagini.
 Terraferma di Crialesi, film del 2011, Un’isola siciliana di pescatori è investita dagli arrivi dei clandestini e dalla regola nuova del respingimento: la negazione stessa della cultura del mare che obbliga al soccorso. I barconi e quelle mani che non vogliono annegare. - Se civiltà è appagamento, allora mai ci fu.-
Precipitati siamo In Time
In Time, film del 2011. Un futuro non troppo lontano dove il gene dell’invecchiamento viene reso inattivo. Nel nuovo ordine per evitare la sovrappopolazione, il tempo è diventato la valuta e il modo di pagare i lussi e le necessità. - Metropoli è già qui.-
Il silenzio con cui si trascorrono i giorni, il cibo, le abluzioni. Il silenzio con badante per i vecchi, il silenzio con televisione ed Iphone, per giovani ed adulti, il silenzio già qui.
 “Ciò che invece non venne mai cancellato fu il bisogno umano di imporre un’educazione, forzata, obbligata. Così accadeva nel vecchio mondo, così si ripeteva nel nuovo mondo.”
E la rete “Stavano vicini per stare vicini, unicamente per non ritrovarsi abbandonati. Volevano essere un branco che si sposta nella stessa direzione, sempre circolare, senza uscita.”
“ Non era la solitudine la condizione perfetta? Stava mentendo a se stesso? Le pulsioni, i desideri intimi, la rivelazione delle prime bugie come atto di definizione delle scelte compiute e da compiere. Tutti mentivano nel mondo passato come a Metropoli, fin da bambini. Ma gli effetti della menzogna divenivano sfruttabili solo dopo averla fatta propria: gestibile. Gli uomini crescevano grazie a bugie ripetute.”
Nel nostro immaginare incubi finiamo per riprodurre quelli che già viviamo offrendo però “La Forma minima della  felicità” altro libro letto di recente di Francesca Marzia Esposito. Altro libro di solitudine, di mondo ormai disumano, di ripiego nel chiuso.
Lì  nel chiuso di una casa, qui, in Metropoli, di una città.
Mi sembra sempre la città di Campanella, dove la perfezione diventa separazione. Le donne di qua, gli uomini di là.  I figli separati dalle famiglie ed educati da un’altra parte. Intanto che livellamento impera. Un incubo.
Viviamo una civiltà fatta di imperfezioni e di contraddizioni, abitiamo un mondo complesso e poi ad immaginarlo lo si immagina completamente numerato e selezionato allo scopo di darci maggior paura.
Massimiliano Santarossa, nel suo monito al tempo presente, ci spaventa con geometrica ricerca di fotogrammi già conosciuti, con camere a gas, già studiate, con tormenti e torture già state, con incubi che abbiamo già letto nei racconti dei prigionieri al  campo di prigionia di Guantánamo  una struttura detentiva statunitense di massima sicurezza.
L'area di detenzione era composta da tre campi: il "Camp Delta" (che include il "Camp Echo"), il "Camp Iguana" e il "Camp X-Ray”.
Sembra Metropoli.
Sembra Metropoli ogni campo di concentramento, ogni carcere di detenzione, ogni Centro commerciale e ogni McDonald, dove si annienta l’individuo.
Come nei saggi di Voltaire l’Urone si interroga se sia questo il mondo che viviamo così anche noi, seguendo la scrittura precisa, netta, asciutta, di Massimiliano Santarossa ci interroghiamo su quanto ci sia già stato di quel terribile mondo che Metropoli è.
Eppure sia Massimiliano che Francesca Marzia, dopo aver tanto girovagato nel disturbo polare e bipolare di umanità allo stremo, vedono la luce in alto, oppure  di lato,  da qualche parte, negli occhi di chi scegliamo per prenderci per mano ed energia diventa  leggere loro racconti







lunedì 29 giugno 2015

Sui monti di pietra può nascere un fiore: Franco Arminio a Cleto

In ginocchio da te. 
Franco Arminio il poeta che dialoga con le vecchiette dei paesi disabitati è a Cleto.
Lui ci raccontò stasera del suo peregrinare fra paesi e borghi fantasmi alla ricerca del dialogo con le vecchiette alle finestre. 
Cleto. La bandiera della pace con i colori dell'arcobaleno sventola a fianco della Chiesa dell'Assunta.
Siamo a Cleto. La pace è un arcobaleno.
In ginocchio Franco Arminio legge sue poesie. 
Ritornerò in ginocchio da te, cantava Morandi.
La preghiera è canto e poesia. 
Sui monti di pietra. A Cleto.
Cleto tra storia e leggenda: i volontari dell'Associazione La Piazza hanno curato, con il patrocinio dell’Istituto Privato Universitario Svizzero, un opuscolo che crei interesse verso il paese dove tutti i servizi sono stati cancellati: le poste, l'ambulatorio medico... Un borgo quasi fantasma. 
Ribellandosi alla logica dello scomparire e della rassegnazione, Carola Nicastro, Ivan Arella, Donatella, Franco Roppo Valente, e molti altri, hanno danno vita, dal duemilaedieci al Cleto Festival.

Questo anno ad Agosto. 
Non essendo io una vecchietta di anni novanta il poeta mi disse di aspettare altri trenta per parlare con lui
Ippolita Luzzo 







domenica 28 giugno 2015

Le conferenziere, le moderatrici, i presentatori: Gli assassini di un libro.



Dopo averlo ucciso, lo lasciano sanguinante e squartato sul tavolo della conferenza, sullo sgabello della libreria, sul trespolo della biblioteca, alla mercé dei passanti. Senza pietà.
Nessuna forza pubblica arresterà i colpevoli, nessun processo li condannerà, anzi, costoro, convinte e convinti di essere al top, continuano ad uccidere libri in ogni luogo ci sia un microfono e quattro persone.
Forse sono inconsapevoli, forse nessuno ha avuto il coraggio di dirlo proprio pubblicamente che noi ascoltatori non ne possiamo più di vederci raccontato tutto il libro, per filo e per segno, comprese le virgole, il finale che ha immaginato l’autore e come lo avrebbe finito la conferenziera.
Ricordo una volta Anna Rosa Macrì, famosa e preparata moderatrice, ci deliziò tanto che dal pubblico protestammo insieme contro di lei, pregandola di lasciarci il piacere di leggere il libro, di non raccontarci tutto, tutto, come stava facendo.
Terribile cosa la supponenza. Lei continuò, ignorando le nostre preghiere.
Ricordo conferenzieri che ammazzano un libro, raccontando i fatti loro, le lotte alle mafie, il loro percorso, ignari che noi  il loro  percorso non lo vogliamo sapere, raccontano a lungo ed infine noi moriamo insieme al libro.
Ricordo assassini e assassine, presentarsi con mille fogli, lunghissime ricerche hanno fatto, ed ora leggono, leggono tanto, mentre il libro muore asfissiato, incaprettato, sul tavolo stanco.
Ricordo moderatrice, bella presenza, una autorità nel giallo, nel noir, che, allo scrittore presente,  sciorinò tutti i libri noir che lei aveva  divorato, famelica.
Lui, l'autore, insieme al suo libro, prima di esalare l’ultimo respiro, sussurrò:” Non conosco tutti questi libri. Non li ho letti”
Assassini e assassine, senza che scontino pena del loro vuoto non amore verso un libro, lo uccidono per indifferenza, lo usano per vessillo politico,  lo violentano con ignoranza e infine ci sputano sopra con eleganza. Possono presentare cazzate e capolavori allo stesso modo, con le quattro frasi di circostanza: Siamo tutti fautori di una rete sociale! Fare rete salverà il mondo?  Siamo tutti ottimisti o pessimisti? E ricordare o dimenticare a cosa serve? Una emozione ti ha emozionato?  I giovani diventeranno vecchi? In cosa abbiamo sbagliato?  e il futuro?

Il futuro è nella morte che voi possedete dietro le spalle e nella bocca.
Piangiamo l'ennesima coltellata al libro.

venerdì 26 giugno 2015

Affidare al libro l'eternità

Eternità, cantavano i Camaleonti, spalanca le tue braccia 
io sono qua, accanto al libro  che ho appena scritto. 
Non lo leggerò, mai leggerò,  però quando avrà bisogno 
lui ci  sarà, ad asciugare le sue lacrime...
Il libro come una bottiglia nel mare va. 
Si affida una pagina al vento e scriviamo scriviamo scriviamo. 
Se siamo in un libro, protagonisti, non moriremo. 
Quindi: Ciao, mamma, parto,  ti saluto dal libro. Ciao cara ti lascio, te lo racconto nel libro. Ciao amici ciao, vi ho scritto tutto nell'ultimo libro, e poi nel libro ho poetato, ho flirtato ed ho mandato inviti, ho pianto e mi sono operato, sono andato a sciare e a mangiare a taberna scriptoria. Cibo ottimo, ve lo dico nel libro. Faccio condoglianze, direttamente nel libro.
 Se muore tuo padre, tua madre, tuo marito, tuo figlio, tuo fratello, tuo cugino, tuo cognata, tuo suocero, Ci scrivi un libro. 
Se ti hanno bocciato a scuola, se sei scivolata al Parco Impastato, se ti mancano tre giorni per la mammografia, se proprio non sai fare altro, scrivi e poi farai un libro, una presentazione, un evento.
Affida ad un libro l'eternità. Costa poco in fondo. A pagamento non conviene. Si può fare gratis. 

mercoledì 24 giugno 2015

Ti ho vista che ridevi- Lou Palanca

La solitudine dell'anello forte. Una storia marginale

Nuto  Revelli e  Isaia, dal libro dei profeti,  capitolo  56, verso 5:Io darò loro, nella mia casa e dentro le mie mura, un posto ed un nome, che varranno meglio di figli e di figlie; darò loro un nome eterno, che non perirà più.
" Dare a ciascuno una rinomanza eterna, una  memoria e un nome.  C’è un senso di dovere civico nel  suo narrare quelle storie."
Revelli: Mondo dei vinti e L’anello forte, letteratura civile italiana in cui parlano i contadini, i montanari, e le donne delle campagne e delle montagne,  sono i primi libri che entrano nelle loro case, i primi libri con cui pezzi interi dell’Italia marginale  entrano in contatto con la parola scritta, superano la diffidenza iniziale del raccontarsi.   Storia che ci riguarda da vicino,nel rispetto che non contempla il morboso e  pettegolo indagare televisivo.
Revelli ricorda come  egli abbia avuto accesso al privato, anche intimo di molte persone. E abbia deciso di non farne parola, di non mostrare le fotocopie agli eredi, dopo la morte dei loro genitori, se questi avevano preferito disfarsene in punto di morte." Il rispetto.
Il museo Yad Vashem o Museo dell'Olocaust, memoria delle vittime dell'olocausto  a Gerusalemme, fondato nel 1953,risponde al medesimo versetto di Isaia.
Dare nome alle persone scomparse per essere storia di tutti.

Annarita Calogero sposata Bogliotti
Marisa Nocito sposata Droero
Franca Cavallaro sposata Minuto
Santina Paletta sposata Accomasso 
Dora Lucà sposata Verderame
Cinque donne per tutte le altre donne che hanno lasciato la terra dove sono nate e hanno sposato uno sconosciuto, altrettanto spaesato, e trascorso intere esistenze, recidendo quasi definitivamente i legami con le famiglie d'origine. 
Cinque o moltissime di loro, tolte dall'oblio, che si raccontano e ci raccontano una storia contemporanea, fatta di rassegnazione e di accettazione, di vita in campagne ed in stalle, di destini più o meno fortunati.  

martedì 23 giugno 2015

La solitudine dell'anello forte. Una storia marginale. Ti ho Vista che ridevi

Annarita Calogero sposata Bogliotti
Marisa Nocito sposata Droero
Franca Cavallaro sposata Minuto
Santina Paletta sposata Accomasso 
Dora Lucà sposata Verderame
Cinque donne per tutte le altre donne che hanno lasciato la terra dove sono nate e hanno sposato uno sconosciuto, altrettanto spaesato, e trascorso intere esistenze, recidendo quasi definitivamente i legami con le famiglie d'origine. 
Cinque o moltissime di loro, tolte dall'oblio, che si raccontano e ci raccontano una storia contemporanea, fatta di rassegnazione e di accettazione, di vita in campagne ed in stalle, di destini più o meno fortunati.