mercoledì 25 febbraio 2015
Nella boccia di Facebook una cretina perfetta
Leggo da sempre. Leggo ora su facebook giornali e notizie, leggo e rileggo post di pochi, facendo selezione per leggere meglio, così ogni tanto posso saltare dalla boccia, restandoci dentro.
Stamane leggo
Due autori: Luca Ricci. Scrive racconti, "Il dattiloscritto rifiutato"
Lui è Crocifisso Dentello e ha scritto un romanzo, piaciuto molto a chi l'ha letto, ma rifiutato dalle case editrici alle quali ha fatto pervenire le bozze. Leggo tutto su Luca Ricci che non conosco, e stamani mi sento ignorante come me nessuna mai. Ringrazio Andrea Dentello, questo il contatto di Crocifisso, nome rifiutato da Facebook per il profilo, lo ringrazio perché solo raramente si può fare quel famoso salto dalla boccia e respirare ancora, sorpresi che esista il mondo, la buona letteratura, il desiderio smodato di amare il vero scrivere e non il piattume e pattume quotidiano offerto da mercato e librerie multipiani.
Dio benedica gli assassini, il titolo di un romanzo di Dentello che Renzo Paris, scrittore, colloca nel filone dei personaggi inetti, da Svevo a Tozzi...
Continuo a leggere faccia al muro e così mi trova mio figlio, che domanda perché io stia in punizione, curva su un Iphone a leggere da ore, senza mangiare, oltre orario di déjeuner
Ho un libro in testa, Luca Ricci: Vi racconto perché scrivo racconti.
Fantasmi dell'aldiquà, in compagnia di Maupassant-Ho amato Boule de suif, io. Ho amato Bel Ami
Ed oggi, regalo sorprendente, scivolo giù dal piano inclinato verso un finale con cazzotto. Io non so scrivere, vorrei saper leggere e assuefatta ad un social stavo per dimenticare che la buona letteratura esiste.
Un grazie ad Andrea Dentello, che leggerò ed a Luca Ricci che oggi richiederò in libreria.
martedì 24 febbraio 2015
Gianpaolo Ferrara e la letteratura americana
Quando ti ricoverano porta le armi- Gianpaolo Ferrara
Quattro racconti scritti amando tanto la letteratura
americana, i luoghi e i dialoghi di un’Alabama che poi nome di suo cane è.
Sorridendo di me stessa io scrivo dopo lettura e riassunto
di pagine 420, lette in questi giorni grigi ed invernali, umidi e internazionali,
anzi intercontinentali, così come sono questi quattro racconti, nati a
Benevento, scritti a Minneapolis, corretti a Roma e mandati da Sant’Angelo a
Cancelli
Prima bozza, Benevento
1996
Prima versione,
Minneapolis 2006
Seconda versione, Roma
2013
Ultima versione,
Sant’Angelo a Cancelli (AV) 2014
Autore molto caro a me, lo confesso subito.
Come se lo avessi sempre conosciuto, per lo strano fenomeno
della fata morgana, far sembrare vicinissime due sponde.
Così lo leggo per amicizia, per relazione umana, per
piacere. Leggo sempre come se leggessi me.
“ Le fantasie adolescenziali su di una vita da scrittore
maledetto, si erano realizzate. In qualche parte dentro di me, sapevo che c’era
qualcosa di sbagliato, la parola non superava la carta, come se la carta fosse
stata un buco nero che mangia tutto e tutto prende dalle costellazioni dei miei
pensieri, del mio animo e si disintegra. L’estraniarsi dal gruppo e godere
dello stato di bandito, ad esempio, era una cosa che avevo sempre fatto e mi
piaceva. Io godevo nell’essere escluso, nell’avere il ruolo della vittima. Non
appena qualcuno prendeva seriamente in considerazione le mie qualità, quelle
poche, in me nasceva come un pagliaccio che voleva distruggere tutto e così è
stato... Una notte ho dato fuoco anche a
questo boschetto.”
Ho fatto lettura accurata e attenta e credo di poter dire
con modesta certezza alcune cose.
Giampaolo ama la letteratura americana, quella di Taxi
Driver
Martin Scorsese incontra Jan Paul Sartre, La
Nausea
“Che cosa c’è da temere da un mondo così regolare?”.
“Ho paura di quello che sta per nascere, che sta per
impadronirsi di me… e trascinarmi, dove?”
Così lui, Il
Maratoneta, il primo racconto, è una allucinazione. Allucinazioni…
“Il maratoneta –
che è in ognuno di noi come un istinto – prese il sopravvento sulla mancanza di
gusto … perché farsi morire, è dovuto essenzialmente a una mancanza di gusto,
all’incapacità di valutare il bello; il continuo, silenzioso, pericoloso
trascurarsi.”
Lissa e San, i due
protagonisti, se di protagonisti possiamo parlare, Si domandano chi siano. Abbiamo risposte le nostre stesse risposte.
“ Domande del
genere sottintendono non solo tante risposte, bensì anche un “retro universo”
di storie assurde, un intrecciarsi inestricabile di commedie, tragedie, farse,
scelte, coincidenze, sangue, morte e infine tanta vita giacché si è là a
chiedersi cosa ci faccia una scarpa sulla luna, si è là a riflettere sull'aberrante dato di fatto che l’immondizia umana sia giunta fino alla luna,
che però la scarpa sia una sola, quindi all'aberrante si affianca il comico:
che fine avrà fatto l’altra scarpa? E così facendo nasce una risata che funge
da cesto per mele sia integre sia marce.
Quando si
incontrano tra reduci di stermini diversi tutto ciò sia sottinteso – e non ne
parlino. Per comunicare quella roba lì, utilizzano la risata, la cui funzione –
una delle tante – è proprio quella di tenere in vita della polvere di memoria
senza alcun lamento funebre.”
Qui mi sono interrogata sulla mia risata, utilizzata per fuggire via dalla polvere di memoria.
Qui mi sono interrogata sulla mia risata, utilizzata per fuggire via dalla polvere di memoria.
Ho continuato a
fare copia incolla di rabbia e
razzismo nelle strade americane, la verità nascosta sul sogno americano
di possibili integrazioni dopo tante cancellazioni, dopo tanto disprezzo.
“Dal racconto di
Lissa:-È lì che compresi cosa volesse
dire quella frase, ignorare è il maggior disprezzo o roba così. In quell'occasione, però, dentro di me si fece sempre più nitida l’impressione di essermi innamorata di un involucro
vuoto.”
Scriviamo dunque
per non ignorare e il maratoneta finisce proprio per darsi un compito, malgrado
l’allucinazione collettiva. “ Sono un maratoneta e percepisco la mia forza
sulle pagine del vento. Non corro per vincere, ma per trasportare. Avvenne
così, corsi per portare la parola. Io non sono un corridore, io sono un
maratoneta, un messaggero.
Il secondo racconto “La Poltiglia” è una
allucinazione familiare, un dialogo fra autore e personaggi alla Pirandello.
Sei personaggi in cerca d’autore nella testa di
lui scrittore che ha moglie e figli. Moglie e figli che si accorgono di
lui stranito in un dialogo di cui loro non fanno parte. Ho riso molto,
guardando viso di mia sorella, annoiata dal mio dialogo muto e scherzoso con
personaggi non presenti al desco familiare, i personaggi di Giampaolo.
“Era questo il
motivo per il quale Peppe aveva deciso di portarli a Sant'Agata de’ Goti, un
paesello medievale costruito su di un costone tufaceo, le cui abitazioni
cadevano a strapiombo in una gravina, facendo apparire quel grumo di case come
un unico ed enorme castello.
E il dio dei
ricordi abbandonò il campo che fu preso dal dio dei disturbi
- A cosa stavi
pensando? – chiese Anna, che era appena entrata in macchina e lui neanche se ne
era accorto per quanto era stato assorto nei suoi pensieri.
Lui non rispose
subito e mostrò un volto stupito e intimorito, come quello di un bambino
beccato mentre fa una marachella.
Anna continuava a
guardarlo riflettendo sulla maniera in cui suo marito si era estraniato. Lo
aveva sempre fatto, a volte parlava da solo ad alta voce, imbarazzandola quando
la cosa avveniva in pubblico. La donna non si era mai preoccupata più di tanto,
credeva semplicemente che il marito stesse pensando alle sue storie, alla sua
benedetta scrittura che – nonostante il palese fallimento – continuava a
serpeggiare qua e là nella quotidianità della famiglia come onde che,
frantumandosi sugli scogli, spruzzano iodio ovunque.
Negli ultimi tempi
però, Anna percepiva questo suo estraniarsi come qualcosa di più profondo. Era
come se intorno al marito si materializzasse un altro mondo – egli perdeva ogni
contatto con la realtà.”
“Peppe era da
sempre posseduto da un grumo d’immagini e parole, una sorta di poltiglia che,
come la chimica e la fisica nel mondo della materia, regolava tutta l’attività
della sua elettricità cerebrale. Ciò lo spingeva spesso a distaccarsi dalla
realtà circostante e in alcune situazioni, in passato, aveva vissuto momenti di
amnesia dissociativa. La tendenza, o reazione, a isolare del tutto il proprio
apparato comunicativo scattava in automatico alla presenza di personalità
forti, i cosiddetti uomini alfa o donne mangia-uomini”
“ l’iniziare a
nascondere ti fa uomo, nel bene, nel male, da qualche altra parte, e
soprattutto raggiunge la certezza che il padre non è né più né meno che un
uomo.
Forse dovrei scrivere un libro centrato su
quest’argomento, pensò lui.
Libertà e costrizione”
Libertà e costrizione
Libertà e costrizione
Leggere comunque ci
salva la vita, come una telefonata, come una chat. Libertà nella costrizione
Quando ti
ricoverano porta le armi: Un libro
Ippolita Luzzo
Elena Ferrante al Premio Gomorra
Riflessione semiseria sulla candidatura al premio Strega
della Ferrante, autrice oppure autore semisconosciuto. Oppure gruppo di autori.
Chissà!
Saviane propone candidatura di Elena Ferrante al Premio Strega, famoso premio citato in un mio famoso post: Noi vinceremo il Premio Strega
Da questa riflessione sui social si divaga, come sempre succede in
qualsiasi riflessione a gruppi sparsi, e dopo aver trovato accordo su
candidatura della Ferrante entriamo nel
merito se un autore viva nel suo libro e quindi molto interessante è conoscere
lui, l'autore.
Io credo nella forma d’arte come relazione quindi scrivo: Io
invece sono affascinata dalla vita dell'autore. Parole di Sartre
Gian Paolo Serino:Ippolita vedrai che sarai soddisfatta. Se il
mondo editoriale continua così, pur ormai vicinissimo al "The Crack
Up" ( scomodo il Francis Scott Fitzgerad dei tre articoli pubblicati nel
1936 su "Esquire" e che puoi trovare in Italia da Adelphi), troverai
gli scrittori in libreria al posto dei libri. Tiri un cordino ( ombelicale) e
Ti raccontano la loro vita wikipedia
Ippolita
Luzzo Certo poi può esserci questo eccesso ma leggere un libro
attraversa sempre la vita di chi l'ha scritto. Il lettore legge anche quello. Un
libro non è una cosa
Mi risponde una donna così:- Beh, sarebbe
come dire che a teatro gli attori si presentano con il regista accanto oppure
la Nutella accompagnata da Ferrero
Metterò in anonimo per poter postare questa golosità, assemblando,
lei, opera d’arte unica, come può
essere un libro, a vasetti di Nutella, tutti uguali, quella sugli attori poi me
la spiegherà che io non ho capito.
Il regista dirige e crea ed è con gli attori, proprio
dentro, ti direi.
Così io darei Premio Gomorra a chi accetta anonimato, a chi scrive in anonimato, a chi trama in anonimato. La trama. Certo che siamo contro tutti gli eccessi di presenzialismo, siamo per moderazione e virtù, ma tutto questo dire è responsabilità. Sempre. Ed ogni autore, nella narrazione, scrive se stesso, Cocteau lo dice. Come me.
domenica 22 febbraio 2015
Screditare gli altri- Etica Nicomachea tre
Etica
Nicomachea 3
Il pettegolezzo – Maggio 2011
Nell'etimologia delle parole il loro
significato appare chiaro, chiarissimo, quel che rimane oscuro è il compito che
le parole hanno, il fine per cui vengono dette. Cerchiamo di studiarne almeno
l’etimologia .
Pettegola: nello zoo faunistico la
pettegola è un uccello di palude dal becco molto lungo, dalle zampe slanciate e
sottili, nell'etimologia la parola risale probabilmente al Veneto – vien da
peto? incontinenza verbale? suono che esce dal petto? pettinare?. Sicuramente
riportare, far conoscere in modo da suscitare curiosità futile, insistere su
fatti e persone mettendo in relazione
gesti e parole in modo leggermente e
lievemente malevole, un taglia e cuci per rimodellare un vestito, mettere a
posto l’orlo, lo sbieco, la piega di un altro, un operare chirurgicamente per
dissezionare un avvenimento, un episodio, una persona, che resta nuda davanti all'uditorio. – Per chi ti vuole male anche con sette sottane la carne ti pare!
– dice un saggio proverbio. L’occhio non indulgente vede il difetto, la
magagna, sempre. Il pettegolezzo non è mai chiacchiera interumana, come la
chiamava il mio professore di teoretica, necessaria per creare comunità, ma un
atteggiamento a volte lesivo e diffuso. Eppure – Io non sono pettegola – dicono
tutti così. Sembra che nessuno lo sia, nemmeno la gentile e carina signora,
incontrata per caso stamani, che mi sta raccontando la malacreanza di una donna
che io non conosco. Non ho mai incontrato nessuno che mi confessasse di essere
pettegola, invidiosa, avida, acida, cattiva. Mai. Mai nessuno mi ha raccontato
un suo probabile difetto, una sua minuzia, un – forse sto sbagliando anch'io –
mai. Eppure esistono questi atteggiamenti; vuol dire forse, che me compresa,
l’universo intero è sbagliato, tranne le mie conoscenze? Riprendo in mano
l’etica Nicomachea, che parla di rispetto, di alterità, di riconoscenza, nel
senso di conoscersi, cosa conosciamo infatti noi degli altri e di noi stessi?
Cosa conosciamo oltre il potere di spesa, lo stipendio, il conto in banca,
l’automobile, il gioiello peraltro già superbamente imitato, cosa conosciamo
oltre il pettegolezzo delle corna, dei tradimenti, delle infamie, con i quali
rigiriamo i nostri discorsi? Certo, a
volte, poi indugiamo impietosi su qualche bella e dolorosa malattia, su qualche
disgrazia e come siamo buoni! Che dispiacere! L’etimologia ci soccorre sempre,
perché non si ha misericordia, cioè non si porta al nostro cuore la voce dal
sen fuggita – il pettegolezzo.
Il pettegolezzo però non è calunnia,
maldicenza, no, è piuttosto il tentativo di far conoscere la vera identità dell’altro, ignota finanche al soggetto
stesso, é un modo ideale per insinuare un dubbio nell'opinione altrui sull'immagine che un’altra persona vuole dare di sé. E’ una tensione morale, un
desiderio di verità, di ristabilire seconda la parlante ciò che è giusto, ciò
che è riprovevole. Si pensa erroneamente che se sappiamo trovare il difetto nell'altro abbiamo già messo a posto i nostri, screditare gli altri dà a noi che parliamo un senso di onnipotenza e di amor proprio, perché noi siamo sicuramente migliori!
Poi li confidiamo ad un’altra, in segreto,-Questo posso dirlo solo a te- oppure -Lo sai solo tu- per creare complicità, intimità, con un argomento che non riguarda entrambe.
Se ci si fermasse sulla soglia della maldicenza, il pettegolezzo sarebbe solo un rumore, un suono, un saluto.
Un modo carino e simpatico per avviare il motore della conversazione, un occhio colorito e attento sul variegato mondo dei nostri simili. Un divertimento. Solo distrazione.
Anche di Aristotele se ne diceva delle belle, solo pettegolezzi.
Il pettegolo, lui diceva, è un serpente con la lingua biforcuta. Esagerato! Di cosa si potrebbe parlare infine?
Ippolita Luzzo
Patres - Gli occhi di Saverio Tavano
Patres - Gli occhi di Saverio
Tavano
Portami un punto di vista- La cecità ci
renderà liberi. Liberi di immaginare la
linea dell’orizzonte. La solitudine e la cecità.
L’attesa ci lega ad una sedia
con un corda corta. L’attesa di una vita per dover dire no. Attendere, prego.
Dalle molteplici associazioni
che si affollano nella mente e continuano a dialogare su Patres
Mercoledì delle ceneri
Con Goethe
Se vuoi possedere quello che
i padri ti hanno dato, se vuoi possedere l'eredità, devi riconquistarla.
Dovrei andare alle ceneri,
ora, dovrei ricordare momento in cui si entra in Quaresima, secondo liturgia
cristiana.
Dovrei, eppure resto qui,
incollata ad un testo, ad un atto teatrale già visto e di cui mi ero spesso
ripromessa di scrivere.
Ho in cartella, sul tavolo, “
Gli uomini mangiano i pesci” scritto da Anna Vinci e Giovanna Casadio, altra
terribile storia su un mare “cangiato”.
Una volta era gli uomini a
mangiare i pesci, ora sono i pesci, la spigola, a mangiare uomini, cacciati
dalle loro terre, in fuga, ribaltati in
mare da carrette, gusci stracolmi.
In Patres quello stesso mare è
avvelenato. Da chi? Dagli Innominati che si fischiano come gli uccelli per
chiamarsi e ogni tanto si sparano.
Nel dialogo, con noi
spettatori, un figlio cieco, legato con una corda ad una sedia, sta in una
stanza vuota. Aspetta, quel figlio, è
un figlio che verrà spogliato e lavato da un padre anziano, anziano di delusione, di vuoto a perdere, anziano di anni non suoi.
un figlio che verrà spogliato e lavato da un padre anziano, anziano di delusione, di vuoto a perdere, anziano di anni non suoi.
Ritorna, fra noi e loro, il mare, questa
volta sporco, maltrattato, luogo di furti, di scambi, di rotte, in cui la
malavita organizzata ha perpetuato uno scempio. Lo scempio dei rifiuti buttati,
delle scorie avvelenate. Un mare che muore ogni giorno, bagnando spiagge
tristi.
Nel parlato, fra figlio e
padre, il racconto del lavoro dei pescatori, del tirare le reti, del tempo
della passa, delle stagioni dei pesci, ogni pesce ha un suo mese. Si
intrecciano qui i due atti teatrali, di Anna Vinci e di Saverio Tavano, il
femminile di due donne amiche lì, qui il
maschile di un legame familiare fra due uomini.
C’è fra queste due scritture una scena simile
sul momento della confidenza di una sessualità travisata, uno
scangio.
Da
inizio in cui si raffigura l’attrazione con una bambola gonfiabile oppure con
maliziosi accenni, nelle due rappresentazioni, al momento vero in
cui il sesso è racconto.
Patri:- Chi ti piaci a tia?-
Figghiu:- Mi piaci quannu mi cunti i stori.
Quannu mi cunti i stori iu ci viu, viu tutti i culuri, viu tuttu chillu ca tu
mi cunti, sientu l'adduru, sientu i rumuri.-
Il momento in cui il padre
racconta al figlio di come si trovò impigliato in una storia non sua, di come
fu lui ad individuare il punto più profondo per lasciare nel mare una puzza
mortale. Solo nel racconto lui prenderà consapevolezza e andrà via,
allontanandosi dal figlio che testimonia, con ciò che sa, una colpa.
Onora il padre. Quale padre? Ci
chiediamo. Noi tutti Telemaco, figli di epoca senza padri, non responsabili,
ciechi di una cecità civile che ha deturpato il fuori e il corpo, ammalandoci.
Patres di Saverio Tavano,
interpretato da Vetromilo e Natale, ci lascia
nella stanza insieme al figlio che riprende a leggere un mappamondo
immaginario per trovare coordinate smarrite.
La memoria la rabbia la
speranza
Il salto di Saverio ad occhi chiusi e vista ottima
“Patres”, regia e
drammaturgia di Saverio Tavano, in scena Dario Natale e Gianluca
Vetromilo per la produzione della Residenza Teatrale Ligeia Lamezia
Terme/Scenari Visibili e col supporto della Regione Calabria. Premio
contro le mafie del MEI 2014, Premio al Festival Inventaria 2014 Roma, secondo premio
al Festival Teatrale di resistenza - Museo Cervi (RE)
In alto dettaglio dal Polittico Griffoni di Francesco del Cossa
gentilmente visto con gli occhi di Luciano Marabello.
Tutte le ceneri che ci porteremo in capo sono ceneri che idee bellissime ci faranno vedere. Portami un punto di vista.
Dai luoghi del possibile
Dai luoghi del possibile
giovedì 19 febbraio 2015
Caro Alberto Angela
Caro Alberto Angela ab urbe
condita
Pompei ed Ercolano: Eruzione del 79 d.C
Silla, Lucio Cornelio (lat. L. Cornelius Sulla). - Uomo
politico e generale romano (138-78 a. C.).
Lucio Settimio Severo (Leptis
Magna, 11 aprile 146 – Eboracum, 4 febbraio 211) fu un imperatore romano dal
193 alla sua morte.
Ascolto annoiata una tua
supposta divulgazione su storia di Roma, che spazia senza limiti e confini
dalle liste di prescrizione al tempo di Silla, alla legge sull’ereditarietà
estesa alle donne, dal libico Settimio Severo, diventato imperatore come Obama,
in un impero non razzista, solo classista, un impero americano che dava ad
ognuno dei suoi cittadini, civus romanus, speranza e futuro, anche uno schiavo poteva diventare liberto e poi imperatore.
Tutto questo tuo meraviglioso
dire si appiccica agli scavi di Pompei nel tuo tour di promozione vendita libro
che mi sembra abbia uno scopo lodevole: Salvare un affresco.
Qualsiasi insegnante,
presente in sala, avrebbe spiegato meglio e con meno approssimazione. Cosa stai
dicendo? Dal 50 Avanti Cristo fino al 250 Dopo Cristo Cecilia Metella donna
imprenditrice, molto amica di Tullia, figlia di Cicerone, ma no, ma no
pettegolezzo è. Infatti non lo hai detto. Abbiamo ascoltato un impero
occidentale che dovremmo andare a ristudiare tanto è sfaccettato, lungo,
diversificato.
Non ti abbiamo chiesto l’impossibile.
Solo di Pompei ed Ercolano dovresti parlare, visto che di questo scrivi, con la
passione di divulgare.
Salvando le conoscenze che
hai, sicuramente, sciorinato nel tuo libro, sul bacio come etilometro, sulla splendida biblioteca nella Villa dei
Papiri, sede di un centro di filosofia, sui rotoli di papiro salvati dal fango
di Ercolano, che privandoli di ossigeno impedì la vita dei batteri, sul
racconto di Plinio il giovane fatto a Tacito, parecchi anni dopo, per
ristabilire onorabilità e verità su suo
zio, Plinio Il vecchio, capitano delle navi accusato di non aver salvato i
cittadini, come Schettino.
Nel momento in cui ti fermi
solo su quegli anni acquisti credibilità, con racconti di ville di 20.000 metri
quadrati, a gradoni, costruite a ridosso
e sfruttando le mura di fortificazione intorno ad Ercolano o Pompei, non ho
capito, con vista sul mare, sul borotalco che seppellì Pompei, sul Garum, una salsa liquida di interiora di pesce e
pesce salato, Kosher, senza molluschi e crostacei…
Sicuramente interessante è la
frase con cui hai iniziato la conversazione con gli alunni:- Un piccolo indizio
può capovolgere una teoria consolidata negli anni-
Per questo bisogna fermarsi
su un singolo episodio, perché lezione sia, altrimenti si rischia di leggere la
storia dei nostri ultimi quattrocento anni come hai fatto stamani con i
quattrocento anni dell’impero romano.
Appunti, solo appunti.
mercoledì 18 febbraio 2015
Biografia di uno scrittore
18 settembre 2011
Adesso che ne so di più
Adesso che ne so di più
Sono sempre due o tre le cose
che so di te.
Una data di nascita, una
famiglia con quattro figli maschi, tu il secondo, scomoda posizione, peggio del
terzo, una famiglia borghese, perbene, una buona famiglia, i due nonni magistrati, e le nonne? il papà non
sappiamo, la mamma egocentrica, cattolica osservante, forse troppo, una famiglia
un po’ soffocante, da cui fuggire, tranne la nonna, unica e sola, tranne la
nonna, amata e persa, troppo presto sempre.
Una fuga da tutto, dai
fratelli, piatti e scontati, dal paese, troppo bello, troppo chiuso, dalla
mamma, dalla bigotteria.
Via via via andare via per
sempre e non tornare più mai più.
Strada facendo, ti sei detto,
tu vedrai, e giovane e invecchiato, ti sei detto, tu vedrai. -ma che cos'è che
ci fa andare avanti e dire non è finita- …la spes ultima dea- perché domani sia migliore.
Adesso che ne so di più so di una laurea in filosofia, di una tesi sull'esistenzialismo, sul femminismo, sugli addii.
Come ci si lascia, perché ci
lasciamo, cosa lasciamo a chi lasciamo
E la chitarra, la musica, forse qualche composizione, e poi la comune, il 68,
gli ideali, l’amore, l’eros, di nuovo l’amore, di nuovo, ancora e la palude.
Perché?
Perché?
Le città, per ora ne so solo
tre o quattro: Bergamo, Ragusa, Torino, Milano, me ne mancano cinque.
Ma dovunque si vada, dice
Kavafis, sempre la città ti verrà dietro, la tua città. Dovunque andremo.
Viaggiare resta bellissimo
- come vivere più e più volte.
A trent'anni, non so, succede qualcosa che spegne tutto il fuoco, tutto
l’ardore, tutti i sogni.
Un ottundimento, uno
smussamento delle punte, un livellamento. A tanti è successo.
Un intorpidirsi dei
sensi come i rospi messi a bollire nell'acqua lentamente e
lentamente privati da soli, senza accorgersene, della possibilità di fare quel
maledetto salto fuori dalla pentola, per salvarsi. Da Paulo Coelho -Il
vincitore è solo-
L’ho sempre raccontata questa storia, conoscerla non ci salverà.
Le letture non hanno mai
salvato nessuno.
19 settembre
Per un uomo che mi ha scritto
tante volte, quanto nessun altro, per un uomo che mi ha consigliato, incoraggiato,
aiutato, io continuo a dire grazie con un
accenno di biografia. Manca ancora tanto, le favole della nonna, gli amici più
importanti, le scelte, le situazioni brutte belle, quella volta che ti sei
sentito un verme, quella volta che ti sei sentito un superman, mentre il
mondo non si è fermato mai un momento e
tutto si perdeva.
Spariva all'improvviso il
situazionismo, Reich e l’antifamilismo, gli angeli sopra Berlino, Basaglia e i
manicomi, l’amore di una donna, come un
vecchio ritornello che nessuno canta più.
Spariva all'improvviso il
fumo, l’extasis, l’erba e gli arancioni.
Spariva all'improvviso un
padre, un desiderio, un sogno di una vita per dover dire no
Che fai sotto le stelle... chi
vuoi dimenticare… socchiuse gli occhi e volle andarsene e sparire.
Un doppio sogno-Eros-immaginazione- trasfigurazione-il gorgo della perdizione.
Un doppio sogno-con l’altro-il rifrangersi di aspettative su una riva sconosciuta.
Doppio sogno.
E scrivere scrivere… per
continuare a sperare- per vivere- per sognare sempre
E non finisce qui
Non mi svegliate, ve ne prego,
ma lasciate che io dorma questo sogno, sia
tranquillo da bambino sia che puzzi del
russare da ubriaco... perché volete disturbarmi se io forse sto facendo un
viaggio alato sopra un carro senza ruote trascinato dai cavalli del maestrale in volo
Questa era la mia colonna
sonora, la vedo bene anche per te, per
tutti coloro che riescono a sognare vivendo.
Una biografia di uno scrittore,
un tentativo di tracciare le suggestioni
che lo hanno spinto a scrivere - l’amato Baudelaire il canto eterno del
viaggio, dell’andare per vedere, il canto di Ulisse, il canto errante di tutti noi sperduti con gli occhi nell'immensità. Baudelaire - Goethe, il mio doppio, lo stesso cielo, immodesta ma dico lo stesso sentire- la ricerca
dell’assoluto nella molteplicità dei rapporti - Pirandello- Uno, nessuno e
centomila Pirandello
ne ha per tutti -e Lou Salomè che tu ami e io no.
Montagne, scaffali, tavoli di
libri, sfogliati, amati, prestati, perduti.
Libri che faranno altri
libri, che si moltiplicheranno, perché sono cresciuti in noi e vorranno
vivere prepotentemente.
Come il soffio vitale si fa largo anche nella costrizione.
Come un raggio di sole.Come il soffio vitale si fa largo anche nella costrizione.
Ippolita Luzzo
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