mercoledì 25 febbraio 2015

Nella boccia di Facebook una cretina perfetta


Leggo da sempre. Leggo ora su facebook giornali e notizie, leggo e rileggo post di pochi, facendo selezione per leggere meglio, così ogni tanto posso saltare dalla boccia, restandoci dentro.
Stamane leggo
Due autori: Luca Ricci. Scrive racconti, "Il dattiloscritto rifiutato"
 Lui è Crocifisso Dentello e ha scritto un romanzo, piaciuto molto a chi l'ha letto, ma rifiutato dalle case editrici alle quali ha fatto pervenire le bozze. Leggo tutto su Luca Ricci che non conosco, e stamani mi sento ignorante come me nessuna mai.  Ringrazio Andrea Dentello, questo il contatto di Crocifisso, nome rifiutato da Facebook per il profilo, lo ringrazio perché solo raramente si può fare quel famoso salto dalla boccia e respirare ancora, sorpresi che esista il mondo, la buona letteratura, il desiderio smodato di amare il vero scrivere e non il piattume e pattume  quotidiano offerto da mercato e librerie multipiani.  
Dio benedica gli assassini, il titolo di un romanzo di Dentello  che Renzo Paris, scrittore, colloca nel filone dei personaggi inetti, da Svevo a Tozzi...
Continuo a leggere faccia al muro e così mi trova mio figlio, che domanda perché io stia in punizione, curva su un Iphone a leggere da ore, senza mangiare, oltre orario di déjeuner
Ho un libro in testa, Luca Ricci: Vi racconto perché scrivo racconti.
Fantasmi dell'aldiquà, in compagnia di Maupassant-Ho amato Boule de suif, io. Ho amato Bel Ami

Ed oggi, regalo sorprendente, scivolo giù dal piano inclinato verso un finale con cazzotto. Io non so scrivere, vorrei saper leggere e assuefatta ad un social stavo per dimenticare che la buona letteratura esiste.
Un grazie ad Andrea Dentello, che leggerò ed a Luca Ricci che oggi richiederò in libreria.

martedì 24 febbraio 2015

Gianpaolo Ferrara e la letteratura americana

Quando ti ricoverano porta le armi- Gianpaolo Ferrara

Quattro racconti scritti amando tanto la letteratura americana, i luoghi e i dialoghi di un’Alabama che poi nome di suo cane è.
Sorridendo di me stessa io scrivo dopo lettura e riassunto di pagine 420, lette in questi giorni grigi ed invernali, umidi e internazionali, anzi intercontinentali, così come sono questi quattro racconti, nati a Benevento, scritti a Minneapolis, corretti a Roma e mandati da Sant’Angelo a Cancelli


Prima bozza, Benevento 1996
Prima versione, Minneapolis 2006
Seconda versione, Roma 2013
Ultima versione, Sant’Angelo a Cancelli (AV) 2014

Autore molto caro a me, lo confesso subito.
Come se lo avessi sempre conosciuto, per lo strano fenomeno della fata morgana, far sembrare vicinissime due sponde.
Così lo leggo per amicizia, per relazione umana, per piacere. Leggo sempre come se leggessi me.
“ Le fantasie adolescenziali su di una vita da scrittore maledetto, si erano realizzate. In qualche parte dentro di me, sapevo che c’era qualcosa di sbagliato, la parola non superava la carta, come se la carta fosse stata un buco nero che mangia tutto e tutto prende dalle costellazioni dei miei pensieri, del mio animo e si disintegra. L’estraniarsi dal gruppo e godere dello stato di bandito, ad esempio, era una cosa che avevo sempre fatto e mi piaceva. Io godevo nell’essere escluso, nell’avere il ruolo della vittima. Non appena qualcuno prendeva seriamente in considerazione le mie qualità, quelle poche, in me nasceva come un pagliaccio che voleva distruggere tutto e così è stato... Una notte ho dato fuoco anche a questo boschetto.”
Ho fatto lettura accurata e attenta e credo di poter dire con modesta certezza alcune cose.
Giampaolo ama la letteratura americana, quella di Taxi Driver

 Martin Scorsese incontra Jan Paul Sartre, La Nausea 
“Che cosa c’è da temere da un mondo così regolare?”.
“Ho paura di quello che sta per nascere, che sta per impadronirsi di me… e trascinarmi, dove?”
Così lui, Il Maratoneta, il primo racconto, è una allucinazione. Allucinazioni…

“Il maratoneta – che è in ognuno di noi come un istinto – prese il sopravvento sulla mancanza di gusto … perché farsi morire, è dovuto essenzialmente a una mancanza di gusto, all’incapacità di valutare il bello; il continuo, silenzioso, pericoloso trascurarsi.”

Lissa e San, i due protagonisti, se di protagonisti possiamo parlare, Si domandano chi siano. Abbiamo risposte le nostre stesse risposte.

“ Domande del genere sottintendono non solo tante risposte, bensì anche un “retro universo” di storie assurde, un intrecciarsi inestricabile di commedie, tragedie, farse, scelte, coincidenze, sangue, morte e infine tanta vita giacché si è là a chiedersi cosa ci faccia una scarpa sulla luna, si è là a riflettere sull'aberrante dato di fatto che l’immondizia umana sia giunta fino alla luna, che però la scarpa sia una sola, quindi all'aberrante si affianca il comico: che fine avrà fatto l’altra scarpa? E così facendo nasce una risata che funge da cesto per mele sia integre sia marce.
Quando si incontrano tra reduci di stermini diversi tutto ciò sia sottinteso – e non ne parlino. Per comunicare quella roba lì, utilizzano la risata, la cui funzione – una delle tante – è proprio quella di tenere in vita della polvere di memoria senza alcun lamento funebre.”
Qui mi sono interrogata sulla mia risata, utilizzata per fuggire via dalla polvere di memoria.

Ho continuato a fare  copia incolla di   rabbia e  razzismo nelle strade americane, la verità nascosta sul sogno americano di possibili integrazioni dopo tante cancellazioni, dopo tanto disprezzo.
“Dal racconto di Lissa:-È lì che compresi cosa volesse dire quella frase, ignorare è il maggior disprezzo o roba così.  In quell'occasione, però, dentro di me si fece sempre più nitida l’impressione di essermi innamorata di un involucro vuoto.”
Scriviamo dunque per non ignorare e il maratoneta finisce proprio per darsi un compito, malgrado l’allucinazione collettiva. “ Sono un maratoneta e percepisco la mia forza sulle pagine del vento. Non corro per vincere, ma per trasportare. Avvenne così, corsi per portare la parola. Io non sono un corridore, io sono un maratoneta, un messaggero.

 Il secondo racconto “La Poltiglia” è una allucinazione familiare, un dialogo fra autore e personaggi alla Pirandello. Sei personaggi in cerca d’autore nella testa di  lui scrittore che ha moglie e figli. Moglie e figli che si accorgono di lui stranito in un dialogo di cui loro non fanno parte. Ho riso molto, guardando viso di mia sorella, annoiata dal mio dialogo muto e scherzoso con personaggi non presenti al desco familiare, i personaggi di Giampaolo.
“Era questo il motivo per il quale Peppe aveva deciso di portarli a Sant'Agata de’ Goti, un paesello medievale costruito su di un costone tufaceo, le cui abitazioni cadevano a strapiombo in una gravina, facendo apparire quel grumo di case come un unico ed enorme castello.
E il dio dei ricordi abbandonò il campo che fu preso dal dio dei disturbi
- A cosa stavi pensando? – chiese Anna, che era appena entrata in macchina e lui neanche se ne era accorto per quanto era stato assorto nei suoi pensieri. 
Lui non rispose subito e mostrò un volto stupito e intimorito, come quello di un bambino beccato mentre fa una marachella.
Anna continuava a guardarlo riflettendo sulla maniera in cui suo marito si era estraniato. Lo aveva sempre fatto, a volte parlava da solo ad alta voce, imbarazzandola quando la cosa avveniva in pubblico. La donna non si era mai preoccupata più di tanto, credeva semplicemente che il marito stesse pensando alle sue storie, alla sua benedetta scrittura che – nonostante il palese fallimento – continuava a serpeggiare qua e là nella quotidianità della famiglia come onde che, frantumandosi sugli scogli, spruzzano iodio ovunque.
Negli ultimi tempi però, Anna percepiva questo suo estraniarsi come qualcosa di più profondo. Era come se intorno al marito si materializzasse un altro mondo – egli perdeva ogni contatto con la realtà.”
“Peppe era da sempre posseduto da un grumo d’immagini e parole, una sorta di poltiglia che, come la chimica e la fisica nel mondo della materia, regolava tutta l’attività della sua elettricità cerebrale. Ciò lo spingeva spesso a distaccarsi dalla realtà circostante e in alcune situazioni, in passato, aveva vissuto momenti di amnesia dissociativa. La tendenza, o reazione, a isolare del tutto il proprio apparato comunicativo scattava in automatico alla presenza di personalità forti, i cosiddetti uomini alfa o donne mangia-uomini”


l’iniziare a nascondere ti fa uomo, nel bene, nel male, da qualche altra parte, e soprattutto raggiunge la certezza che il padre non è né più né meno che un uomo.    

Forse dovrei scrivere un libro centrato su quest’argomento, pensò lui. Libertà e costrizione”
Libertà e costrizione
Leggere comunque ci salva la vita, come una telefonata, come una chat. Libertà nella costrizione

Quando ti ricoverano porta le armi: Un libro
                                                                                                                           Ippolita Luzzo













Elena Ferrante al Premio Gomorra

Riflessione semiseria sulla candidatura al premio Strega della Ferrante, autrice oppure autore semisconosciuto. Oppure gruppo di autori. Chissà!

Saviane propone candidatura di Elena Ferrante al Premio Strega, famoso premio citato in un mio famoso post: Noi vinceremo il Premio Strega

Da questa riflessione sui social  si divaga, come sempre succede in qualsiasi riflessione a gruppi sparsi, e dopo aver trovato accordo su candidatura della Ferrante entriamo nel merito se un autore viva nel suo libro e quindi molto interessante è conoscere lui, l'autore.
Io credo nella forma d’arte come relazione quindi scrivo: Io invece sono affascinata dalla vita dell'autore. Parole di Sartre


Gian Paolo Serino:Ippolita vedrai che sarai soddisfatta. Se il mondo editoriale continua così, pur ormai vicinissimo al "The Crack Up" ( scomodo il Francis Scott Fitzgerad dei tre articoli pubblicati nel 1936 su "Esquire" e che puoi trovare in Italia da Adelphi), troverai gli scrittori in libreria al posto dei libri. Tiri un cordino ( ombelicale) e Ti raccontano la loro vita wikipedia
Ippolita Luzzo Certo poi può esserci questo eccesso ma leggere un libro attraversa sempre la vita di chi l'ha scritto. Il lettore legge anche quello. Un libro non è una cosa

Mi risponde una donna così:-  Beh, sarebbe come dire che a teatro gli attori si presentano con il regista accanto oppure la Nutella accompagnata da Ferrero

Metterò in anonimo per  poter postare questa golosità, assemblando, lei,   opera d’arte unica, come può essere un libro, a vasetti di Nutella, tutti uguali, quella sugli attori poi me la spiegherà che io non ho capito.
Il regista dirige e crea ed è con gli attori, proprio dentro, ti direi.
Così io darei Premio Gomorra a chi accetta anonimato, a chi scrive in anonimato, a chi trama in anonimato. La trama. Certo che siamo contro tutti gli eccessi di presenzialismo, siamo per moderazione e virtù, ma tutto questo dire è responsabilità. Sempre. Ed ogni autore, nella narrazione,  scrive se stesso, Cocteau lo dice. Come me.





domenica 22 febbraio 2015

Screditare gli altri- Etica Nicomachea tre

Etica Nicomachea 3

Il pettegolezzo – Maggio 2011

Nell'etimologia delle parole il loro significato appare chiaro, chiarissimo, quel che rimane oscuro è il compito che le parole hanno, il fine per cui vengono dette. Cerchiamo di studiarne almeno l’etimologia .
Pettegola: nello zoo faunistico la pettegola è un uccello di palude dal becco molto lungo, dalle zampe slanciate e sottili, nell'etimologia la parola risale probabilmente al Veneto – vien da peto? incontinenza verbale? suono che esce dal petto? pettinare?. Sicuramente riportare, far conoscere in modo da suscitare curiosità futile, insistere su fatti e persone mettendo in  relazione gesti e parole in modo leggermente  e lievemente malevole, un taglia e cuci per rimodellare un vestito, mettere a posto l’orlo, lo sbieco, la piega di un altro, un operare chirurgicamente per dissezionare un avvenimento, un episodio, una persona, che resta nuda davanti all'uditorio. – Per chi ti vuole male anche con sette sottane la carne ti pare! – dice un saggio proverbio. L’occhio non indulgente vede il difetto, la magagna, sempre. Il pettegolezzo non è mai chiacchiera interumana, come la chiamava il mio professore di teoretica, necessaria per creare comunità, ma un atteggiamento a volte lesivo e diffuso. Eppure – Io non sono pettegola – dicono tutti così. Sembra che nessuno lo sia, nemmeno la gentile e carina signora, incontrata per caso stamani, che mi sta raccontando la malacreanza di una donna che io non conosco. Non ho mai incontrato nessuno che mi confessasse di essere pettegola, invidiosa, avida, acida, cattiva. Mai. Mai nessuno mi ha raccontato un suo probabile difetto, una sua minuzia, un – forse sto sbagliando anch'io – mai. Eppure esistono questi atteggiamenti; vuol dire forse, che me compresa, l’universo intero è sbagliato, tranne le mie conoscenze? Riprendo in mano l’etica Nicomachea, che parla di rispetto, di alterità, di riconoscenza, nel senso di conoscersi, cosa conosciamo infatti noi degli altri e di noi stessi? Cosa conosciamo oltre il potere di spesa, lo stipendio, il conto in banca, l’automobile, il gioiello peraltro già superbamente imitato, cosa conosciamo oltre il pettegolezzo delle corna, dei tradimenti, delle infamie, con i quali rigiriamo i nostri discorsi?   Certo, a volte, poi indugiamo impietosi su qualche bella e dolorosa malattia, su qualche disgrazia e come siamo buoni! Che dispiacere! L’etimologia ci soccorre sempre, perché non si ha misericordia, cioè non si porta al nostro cuore la voce dal sen fuggita – il pettegolezzo.

Il pettegolezzo però non è calunnia, maldicenza, no, è piuttosto il tentativo di far conoscere la vera identità  dell’altro, ignota finanche al soggetto stesso, é un modo ideale per insinuare un dubbio nell'opinione altrui sull'immagine che un’altra persona vuole dare di sé. E’ una tensione morale, un desiderio di verità, di ristabilire seconda la parlante ciò che è giusto, ciò che è riprovevole. Si pensa erroneamente che se sappiamo trovare il difetto nell'altro abbiamo già messo a posto i nostri, screditare gli altri dà a noi che parliamo un senso di onnipotenza e di amor proprio, perché noi siamo sicuramente migliori!

Poi li confidiamo ad un’altra, in segreto,-Questo posso dirlo solo a te- oppure -Lo sai solo tu- per creare complicità, intimità, con un argomento che non riguarda entrambe. 
Se ci si fermasse sulla soglia della maldicenza, il pettegolezzo sarebbe solo un rumore, un suono, un saluto. 
Un modo carino e simpatico per avviare il motore della conversazione, un occhio colorito e attento sul variegato mondo dei nostri simili. Un divertimento. Solo distrazione. 
Anche di Aristotele se ne diceva delle belle, solo pettegolezzi. 
Il pettegolo, lui diceva, è un serpente con la lingua biforcuta. Esagerato! Di cosa si potrebbe parlare infine? 
Ippolita Luzzo 

Patres - Gli occhi di Saverio Tavano

Patres - Gli occhi di Saverio Tavano


Portami un punto di vista-  La cecità ci renderà  liberi. Liberi di immaginare la linea dell’orizzonte. La solitudine e la cecità. 
L’attesa ci lega ad una sedia con un corda corta. L’attesa di una vita per dover dire no. Attendere, prego.
Dalle molteplici associazioni che si affollano nella mente e continuano a dialogare su Patres
Mercoledì delle ceneri
Con Goethe
Se vuoi possedere quello che i padri ti hanno dato, se vuoi possedere l'eredità, devi riconquistarla.

Dovrei andare alle ceneri, ora, dovrei ricordare momento in cui si entra in Quaresima, secondo liturgia cristiana.
Dovrei, eppure resto qui, incollata ad un testo, ad un atto teatrale già visto e di cui mi ero spesso ripromessa di scrivere.
Ho in cartella, sul tavolo, “ Gli uomini mangiano i pesci” scritto da Anna Vinci e Giovanna Casadio, altra terribile storia su un mare “cangiato”.
Una volta era gli uomini a mangiare i pesci, ora sono i pesci, la spigola, a mangiare uomini, cacciati dalle loro terre, in fuga,  ribaltati in mare da carrette, gusci stracolmi.
In Patres quello stesso  mare è avvelenato. Da chi? Dagli Innominati che si fischiano come gli uccelli per chiamarsi e ogni tanto si sparano.
Nel dialogo, con noi spettatori, un figlio cieco, legato con una corda ad una sedia, sta in una stanza vuota. Aspetta, quel figlio, è
 un figlio che verrà spogliato e lavato da un padre anziano, anziano di delusione, di vuoto a perdere, anziano di anni non suoi.
 Ritorna, fra noi e loro, il mare, questa volta sporco, maltrattato, luogo di furti, di scambi, di rotte, in cui la malavita organizzata ha perpetuato uno scempio. Lo scempio dei rifiuti buttati, delle scorie avvelenate. Un mare che muore ogni giorno, bagnando spiagge tristi.

Nel parlato, fra figlio e padre, il racconto del lavoro dei pescatori, del tirare le reti, del tempo della passa, delle stagioni dei pesci, ogni pesce ha un suo mese. Si intrecciano qui i due atti teatrali, di Anna Vinci e di Saverio Tavano, il femminile di due donne amiche  lì, qui il maschile di un legame familiare fra due uomini.
C’è fra queste due scritture una scena simile sul momento della confidenza di una sessualità travisata,  uno scangio.
  Da  inizio in cui si raffigura l’attrazione  con una bambola gonfiabile oppure con maliziosi accenni, nelle  due rappresentazioni, al momento vero in cui   il sesso è racconto.
Patri:- Chi ti piaci a tia?-
 Figghiu:- Mi piaci quannu mi cunti i stori. Quannu mi cunti i stori iu ci viu, viu tutti i culuri, viu tuttu chillu ca tu mi cunti, sientu l'adduru, sientu i rumuri.-
Il momento in cui il padre racconta al figlio di come si trovò impigliato in una storia non sua, di come fu lui ad individuare il punto più profondo per lasciare nel mare una puzza mortale.  Solo nel racconto  lui prenderà consapevolezza e andrà via, allontanandosi dal figlio che testimonia, con ciò che sa,  una colpa.
Onora il padre. Quale padre? Ci chiediamo. Noi tutti Telemaco, figli di epoca senza padri, non responsabili, ciechi di una cecità civile che ha deturpato il fuori e il corpo, ammalandoci.
Patres di Saverio Tavano, interpretato da Vetromilo e Natale, ci lascia  nella stanza insieme al figlio che riprende a leggere un mappamondo immaginario per trovare coordinate smarrite.
La memoria la rabbia la speranza



Il salto di Saverio ad occhi chiusi e vista ottima

 “Patres”, regia e drammaturgia di Saverio Tavano, in scena Dario Natale e Gianluca Vetromilo per la produzione della Residenza Teatrale Ligeia Lamezia Terme/Scenari Visibili e col supporto della Regione Calabria. Premio contro le mafie del MEI 2014, Premio al  Festival Inventaria 2014 Roma, secondo premio al Festival Teatrale di resistenza - Museo Cervi (RE) 

In alto dettaglio dal Polittico Griffoni di Francesco del Cossa 
gentilmente visto con gli occhi  di Luciano Marabello. 
Tutte le ceneri che ci porteremo in capo sono ceneri che idee bellissime ci faranno vedere. Portami un punto di vista. 
Dai luoghi del possibile



giovedì 19 febbraio 2015

Caro Alberto Angela

Caro Alberto Angela ab urbe condita


 Pompei ed Ercolano: Eruzione del 79 d.C
Silla, Lucio Cornelio (lat. L. Cornelius Sulla). - Uomo politico e generale romano (138-78 a. C.). 
Lucio Settimio Severo (Leptis Magna, 11 aprile 146 – Eboracum, 4 febbraio 211) fu un imperatore romano dal 193 alla sua morte.
Ascolto annoiata una tua supposta divulgazione su storia di Roma, che spazia senza limiti e confini dalle liste di prescrizione al tempo di Silla, alla legge sull’ereditarietà estesa alle donne, dal libico Settimio Severo, diventato imperatore come Obama, in un impero non razzista, solo classista, un impero americano che dava ad ognuno dei suoi cittadini, civus romanus, speranza e  futuro, anche uno schiavo poteva  diventare liberto e poi imperatore.
Tutto questo tuo meraviglioso dire si appiccica agli scavi di Pompei nel tuo tour di promozione vendita libro che mi sembra abbia uno scopo lodevole: Salvare un  affresco.
Qualsiasi insegnante, presente in sala, avrebbe spiegato meglio e con meno approssimazione. Cosa stai dicendo? Dal 50 Avanti Cristo fino al 250 Dopo Cristo Cecilia Metella donna imprenditrice, molto amica di Tullia, figlia di Cicerone, ma no, ma no pettegolezzo è. Infatti non lo hai detto. Abbiamo ascoltato un impero occidentale che dovremmo andare a ristudiare tanto è sfaccettato, lungo, diversificato.
Non ti abbiamo chiesto l’impossibile. Solo di Pompei ed Ercolano dovresti parlare, visto che di questo scrivi, con la passione di divulgare.
Salvando le conoscenze che hai, sicuramente, sciorinato nel tuo libro, sul bacio come etilometro,  sulla splendida biblioteca nella Villa dei Papiri, sede di un centro di filosofia, sui rotoli di papiro salvati dal fango di Ercolano, che privandoli di ossigeno impedì la vita dei batteri, sul racconto di Plinio il giovane fatto a Tacito, parecchi anni dopo, per ristabilire onorabilità e verità su  suo zio, Plinio Il vecchio, capitano delle navi accusato di non aver salvato i cittadini, come Schettino.
Nel momento in cui ti fermi solo su quegli anni acquisti credibilità, con racconti di ville di 20.000 metri quadrati, a gradoni,  costruite a ridosso e sfruttando le mura di fortificazione intorno ad Ercolano o Pompei, non ho capito, con vista sul mare, sul borotalco che seppellì Pompei, sul Garum,  una salsa liquida di interiora di pesce e pesce salato, Kosher, senza molluschi e crostacei…
Sicuramente interessante è la frase con cui hai iniziato la conversazione con gli alunni:- Un piccolo indizio può capovolgere una teoria consolidata negli anni-
Per questo bisogna fermarsi su un singolo episodio, perché lezione sia, altrimenti si rischia di leggere la storia dei nostri ultimi quattrocento anni come hai fatto stamani con i quattrocento anni dell’impero romano.

Appunti, solo appunti.
La sciarpa verde agli ultimi giorni di Pompei

mercoledì 18 febbraio 2015

Biografia di uno scrittore

18 settembre 2011
Adesso che ne so di più                                        
Sono sempre due o tre le cose che so di te.
Una data di nascita, una famiglia con quattro figli maschi, tu il secondo, scomoda posizione, peggio del terzo, una famiglia borghese, perbene, una buona famiglia, i due nonni magistrati, e le nonne? il papà non sappiamo, la mamma egocentrica, cattolica osservante, forse troppo, una famiglia un po’ soffocante, da cui fuggire, tranne la nonna, unica e sola, tranne la nonna, amata e persa, troppo presto sempre.
Una fuga da tutto, dai fratelli, piatti e scontati, dal paese, troppo bello, troppo chiuso, dalla mamma, dalla bigotteria.
Via via via andare via per sempre e non tornare più mai più.
Strada facendo, ti sei detto, tu vedrai, e giovane e invecchiato, ti sei detto, tu vedrai. -ma che cos'è che ci fa andare avanti e dire non è finita- …la spes  ultima dea- perché domani sia migliore.
Adesso che ne so di più  so di una laurea in filosofia, di una tesi sull'esistenzialismo, sul femminismo, sugli addii.
Come ci si lascia, perché ci lasciamo, cosa lasciamo a chi lasciamo
E la chitarra, la musica, forse qualche composizione, e poi la  comune, il 68, gli ideali, l’amore, l’eros, di nuovo l’amore, di nuovo, ancora  e la palude. 
Perché?
Le città, per ora ne so solo tre o quattro: Bergamo, Ragusa, Torino, Milano, me ne mancano cinque.
Ma dovunque si vada, dice Kavafis, sempre la città ti verrà dietro, la tua città. Dovunque andremo.
Viaggiare resta bellissimo - come vivere più e più volte.
A trent'anni, non so, succede qualcosa che spegne tutto il fuoco, tutto l’ardore, tutti i sogni.
Un ottundimento, uno smussamento delle punte, un livellamento. A tanti è successo.
Un intorpidirsi  dei  sensi  come i rospi  messi a bollire nell'acqua lentamente e lentamente privati da soli, senza accorgersene, della possibilità di fare quel maledetto salto fuori dalla pentola, per salvarsi. Da Paulo Coelho -Il vincitore è solo-
L’ho sempre raccontata  questa storia, conoscerla non ci salverà.
Le letture non hanno mai salvato nessuno.
19 settembre
Per un uomo che mi ha scritto tante volte, quanto nessun altro, per un uomo che mi ha consigliato, incoraggiato, aiutato, io continuo a dire grazie con un accenno di biografia. Manca ancora tanto, le favole della nonna, gli amici più importanti, le scelte, le situazioni brutte belle, quella volta che ti sei sentito un verme, quella volta che ti sei sentito un superman, mentre il mondo non si è fermato mai un momento e tutto si perdeva.
Spariva all'improvviso il situazionismo, Reich e l’antifamilismo, gli angeli sopra Berlino, Basaglia e i manicomi, l’amore di una  donna, come un vecchio ritornello che nessuno canta più.
Spariva all'improvviso il fumo, l’extasis, l’erba e gli arancioni.
Spariva all'improvviso un padre, un desiderio, un sogno di una vita per dover dire no
Che fai sotto le stelle... chi vuoi dimenticare… socchiuse gli occhi e volle andarsene e sparire.
Un doppio sogno-Eros-immaginazione- trasfigurazione-il gorgo della perdizione.
Un doppio sogno-con l’altro-il rifrangersi di aspettative su una riva sconosciuta.
Doppio sogno.
E scrivere scrivere… per continuare a sperare- per vivere- per sognare sempre
E non finisce qui
Non mi svegliate, ve ne prego, ma lasciate che io dorma  questo sogno, sia tranquillo da bambino sia che puzzi del russare da ubriaco... perché volete disturbarmi se io forse sto facendo un viaggio alato sopra un carro senza ruote trascinato dai cavalli del maestrale  in volo
Questa era la mia colonna sonora, la vedo bene anche per te, per tutti coloro che riescono a sognare vivendo.
Una biografia di uno scrittore, un tentativo di tracciare  le suggestioni che lo hanno spinto a scrivere - l’amato Baudelaire il canto eterno del viaggio, dell’andare per vedere, il canto di Ulisse, il canto errante di tutti noi sperduti con gli occhi nell'immensità. Baudelaire - Goethe, il mio doppio, lo stesso cielo, immodesta ma dico lo stesso sentire- la ricerca dell’assoluto nella molteplicità dei rapporti - Pirandello- Uno, nessuno e centomila  Pirandello ne ha per tutti -e Lou Salomè che tu ami e io no.
Montagne, scaffali, tavoli di libri, sfogliati, amati, prestati, perduti.
Libri che faranno altri libri, che si moltiplicheranno, perché sono cresciuti in noi e vorranno vivere prepotentemente.
Come il soffio vitale si fa largo anche nella costrizione.
Come un raggio di sole.
Ippolita Luzzo