L’aquila ricamata sulla maglietta in modo diverso da ogni mamma. Otto ragazzini con la maglietta bianca e un’aquila disegnata sul lato del cuore. Le mamme descritte da come hanno ricamato un’aquila. Leggo sopportando i miei fastidi di salute, le visite mediche da fare, leggo e ritorno a "doveva essere un’aquila". Sul dettaglio che si allarga e dal dettaglio dell’aquila poi la narrazione come un drone ormai si allarga sulla storia individuale e collettiva. Dalla cima più alta dell’albero dei limoni i ragazzi vedono il mare e il mare per noi è lo spazio aperto. Ora mi leggo la salita. Francesco Pileggi Quando mia madre indossò la maglietta di Franz Beckenbauer Rubbettino editore collana Velvet
Intanto da Giuseppe Tripodi: “Il motore narrativo sia avvia fondamentalmente con la partita di calcio giocata il 17 giugno 1970 dalle nazionali italiana e tedescoccidentale allo stadio Azteca di Città del Messico nella quale, al 65° minuto, Franz Beckenbauer si infortunò alla spalla; non potendo l’allenatore fare altre sostituzioni, il mediano continuò a giocare fino alla fine con una fasciatura che gli legava il braccio al petto: «regale e stoico nel suo non mollare»"
Da quel momento Franz diventerà il nome di Francesco in omaggio e stima ad un calciatore mitico. Tutto mitico diventerà in quella partita terminata con il gol di Rivera e la vittoria della nazionale Italiana
Il calcio e la storia, le dittature militari sostenute e incoraggiate dagli USA in Cile e in Argentina, lavoro minorile, disfunzioni scolastiche. emigrazione e la storia del paese calabro dove si svolge la vicenda dei ragazzi.
Dal 1970 al 1978 ai mondiali di calcio in Argentina nessuno contro i generali golpisti, nessuno contro la dittatura e le grida dei giovani desaparecidos lanciati nell’oceano da aerei militari.
"Nessuno si oppose a quel disegno di Jorge Videla & company tranne "Paul Breitner, giocatore della Germania dell’Ovest che rimase a stare dalla parte delle madri di Plaza de Mayo. Non voleva far finta di niente, anzi sperava che altri compagni di squadra non partecipassero, sperava che la sua nazione per prima rinunciasse, convincesse le altre. Fu solo una speranza. ….Diede l’esempio che non fu preso da esempio, ma lui lo divenne un Esempio, per pochi ma lo divenne» (pp. 28-29)"
La grande e terribile storia degli anni settanta ritorna e leggiamo qui una intervista a Francesco Pileggi di Maria Teresa D’Agostino: Il libro nasce a Stoccarda durante una fuga dalla Calabria, che allora immaginai per sempre. Nasce dalla testardaggine mista a quella rabbia che porta con sé chiunque sia stato costretto ad andarsene, chiunque abbia sperato di cambiare qualcosa in Calabria, lottando per non essere cambiato a sua volta, per non entrare a far parte di quella categoria che nel libro definisco “Proci”, sì, la casta che occupò Itaca e la casa di Ulisse e che l’eroe omerico non sconfisse del tutto. A Stoccarda non conoscevo nessuno, lavoravo in un Kindergarten con bambini, realizzavo video con delle scuole, ma mi mancava il teatro. Una sera mi arriva una telefonata da Edith Koerber, direttrice del Theater Tri-bühne, per invitarmi a scrivere uno spettacolo. Un’occasione per dimostrare se avessi ancora qualcosa da dire o se in realtà avessi davvero mai avuto qualcosa da dire. Nacque così Als meine Mutter Becknbauer Trikot trug, lo spettacolo che debuttò nel 12° Festival internazionale Sett, che si tiene nella città. In quel 2014, ironia della sorte, mi ritrovai nel cartellone insieme a Dario Fo (a cui il Festival era dedicato, insieme a Franca Rame già scomparsa) e la Compagnia di Emma Dante a rappresentare l’Italia, io che dall’Italia me ne ero scappato. Andò molto bene, mi proposero altri lavori. Poi, per scelte di famiglia, decidemmo di rientrare. Feci leggere quel copione che nel frattempo lo tradussi in romanzo, a degli amici. Piacque molto e mi spinsero a inviarlo a Rubbettino. La risposta del direttore responsabile Luigi Franco la conservo con cura. Lo stesso entusiasmo, che spinse allora Edith Koerber, lo ritrovai in quella risposta. Lo presi come un segno. Il romanzo contiene lati vissuti e molti rubati alla vita reale, alla storia di un periodo passato di cui ancora paghiamo prezzi, il tutto frullato con dosi necessarie d’immaginazione."
Mi ritorna a volteggiare l'aquila in alto lassù a farci vedere i fatti più piccoli, le scoperte e l'amicizia, le offese e le difese, il pudore dei sentimenti. Volteggia l'aquila dalle magliette usate tutte col numero quattro e poi ancora l'aquila ci porta lontano, in treno, sul treno di chi dovrà partire, sfiorando le vite di tanti, di separazioni e ritorni, in barca. Treni e Barche, scuola e maestro Pietro, fotografie e tanto mare, molto mare.
Incalzante il racconto tiene il ritmo come se fossimo in campo e i tantissimi dialoghi ci fanno partecipi delle avventure.
Francesco Pileggi qui era al suo primo romanzo e ora impazienti aspetteremo che l'aquila volteggiando ci porti il suo nuovo romanzo.
Nel regno della Litweb
Ippolita Luzzo
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