martedì 25 marzo 2014

Uno stato integralista volontariamenten volontario



Uno stato integralista- senza copia e incolla

Da quando siamo diventati uno stato integralista?

 Da quando la politica decide e impone comportamenti anche al bagno?

Da quando, il politico di turno, come una fadella di Peppe, mitica, deve presenziare a convegni, orazioni, preci e libri inutili?

Da quando il nostro mondo è solo una domanda di direzione e non un anelito di libertà?

In quale direzione vai se integrale è il sistema, se tutto avvolge il plumbeo mondo della burocrazia e degli interessi?

Da quando anche il volontariato, le associazioni libere, si accompagnano a politici in ogni volontaria uscita?

La volontà di essere parte di un tutto irrespirabile, di integrare tutti in un governo che fa invidia ai talebani

Altro che i bavagli! Qui ormai è tempo di ossequiare.

Tutti, dal più inutile al più grande perché non sai mai i collegamenti…

Evvabè,- mi dicono i miei colleghi sul fronte mediorientale- che per ora da voi di integralismo ci sta solo la puzza, da noi oltre al fumo abbiamo anche l’arrosto.-

Un medioevo buio.

lunedì 24 marzo 2014

Molteplicità e unità. Uno e doppio. Goethe



Goethe e me  11 settembre 2011
Era il settembre del 1815
 e Goethe con in mano la foglia del ginko biloba  discuteva sulla stranezza della natura, sul tema della molteplicità e unicità, unificazione e polarità.
Una foglia duplice e unica nello stesso  tempo, uno e doppio
Scriverà la poesia Ginko biloba.

La foglia di quest’albero, dall’oriente
Affidato al mio giardino,
segreto senso fa assaporare
così come al sapiente piace fare.                                                          

E’ una sola cosa viva
Che in se stessa si è divisa?
O son due, che scelto hanno,
si conoscan come una?

In risposta a tal domanda
Trovai forse il giusto senso.
Non avverti nei miei canti
Che io sono uno e doppio insieme?    Goethe

la mia continua domanda la stessa tensione, sempre. Ogni cosa che dico da semplice appassionata di chi scrive, tende sempre a chiarire, a mettere luce nella divisione e trovare l’unione, il percorso unico

Tutta la mia vita, tutti gli scritti, tutto l’agire hanno la stessa tensione all’unico, all’assoluto. La stessa tensione di Goethe. Stesso quadro astrale.
Particolare(vergine) ed universale (pesci), realtà fisica e significato fantastico si ritrovano insieme per integrarsi in una unione nella diversità .
 Fantastica, suggestionante, ma con la lampada della razionalità, come Diogene, illumino ogni cosa, l’analizzo, cerco di non buttare più tutto un patrimonio  di conoscenze che mi hanno fatto attraversare  quasi indenne la palude dello Stige.
 Posso rileggere tutta la vita  con un filo che mi sembra degno del sentire del mio essere 
Chissà quante altre  meraviglie scoprirò parlando e parlandovi, perché sono sicura lo scambio è doppio. Molteplice e unico.
 Con Baudelaire, con le voyage, al tavolo del bistrot lametino, prendendo prosaicamente una coca ho tradotto  i versi e scritto in prosa e
sarà  ancora più completo il racconto di questo nostro continuo viaggiare nel mistero dell’esistere

mercoledì 19 marzo 2014

I Buddenbrook e il nuovo che avanza



I Buddenbrook e il nuovo che avanza
Stamattina mi svegliai con loro e mi ricordai come e perché tutti lessero I Buddenbrook.
Per curiosità, per sapere cosa si celasse nella storia di una grande famiglia e come fosse possibile che qualcuno lo raccontasse senza troppi infingimenti.
A Lubecca le copie del libro andarono a ruba (per gli standard dell'epoca); tantissimo infatti fu lo stupore e la curiosità derivante dal fatto che il figlio di un senatore avesse scritto della propria famiglia, per di più in termini non lusinghieri. Per la città giravano voci di come ogni personaggio del romanzo avesse il suo corrispondente, il suo modello reale, tra i membri (presenti o passati) della famiglia Mann.
Il coraggio e l’incoscienza dei suoi ventisei anni.
Perché stamattina mi rigiro questo romanzo spietato nella sua progressione, per dire una cosa molto semplice, l’onestà intellettuale che spinge a dire almeno una parte di verità.
L’elaborazione letteraria permise a Mann di dirla tutta, chi non possiede il suo genio può sempre tentare di dirla in parte.
Chiamo disonestà intellettuale, invece, quell’atteggiamento comune fin troppo, di acquiescenza, di asservimento al sentire comune che obnubila menti capaci.
Sul compito degli intellettuali ho letto pagine e pagine, una sola rimane la pagina da leggere. L’onestà.
Coloro che posseggono studi e conoscenze e si mettono al servizio di situazioni infime sono più disonesti di coloro che li assoldano.
Gli intellettuali avrebbero la responsabilità di non imbrogliare, di squarciare il velo, come Thomas Mann, e non di adulare e di appiattire giudizi sul nulla della conversazione.
Se ha senso avere studiato, usiamo questo senso.

lunedì 17 marzo 2014

la cinepresa nella vagina



La cinepresa nella vagina- Il sesso è sempre tabù

Veniva ogni estate a trovarci un mio zio buono e affettuoso, ci raccontava moltissime barzellette per farci sorridere ed era un vulcano di iniziative. Non riusciva a star fermo, la moglie e i figli erano esausti.

Aveva comprato una delle prime cineprese e riprendeva ogni cosa, il pranzo insieme, i nipoti che giocavano, i fiori e la campagna.

Riprendeva anche altro, come facesse non so.

Un giorno io ebbi in mano la sua cinepresa e chissà che bottone schiacciai e sulle prime non capii.

Era un muscolo cavo che si contraeva, che si restringeva e si allargava, che vorticosamente si animava come una spirale concentrica che risucchiasse anche lo sguardo.

Compresi che era una vagina ed ancora più incuriosita restai con cinepresa in mano domandandomi come avesse fatto a filmare dal di dentro, beh suppongo dal di fuori, insomma tutto il mio pensiero era impegnato in questo quesito quando mi accorsi che lui si avvicinava e dovetti ahimè restituire, chiudendo il tutto.

Poi ripensai a chi si fosse prestata a farsi filmare. La moglie? mi sembrava da escludere, poi ripensai a quante fantasie abbiamo e a come sia bello poter conservarle gelosamente celate nel nostro rimuginamento quotidiano.

Il sesso non è tabù, oramai, ci sta dicendo la esimia docente di studi di genere, ora il tabù è la morte.
Non sono d'accordo su questa affermazione, la trovo alquanto sciocca.

Se ognuno di noi si fermasse, vedrebbe che mai come oggi il sesso è tabù, misconosciuto, ridotto una cosa, un pezzo di pelle nemmeno irrorato.

Un sesso offerto a troppi digiuni, oppure consumato come un bicchiere di birra, poi sulle pulsioni si tace e ci si ammazza.

E lei, lei trancia su un sesso libero, che si fa dove e quando, che poi me lo dice lei dove si faccia, che invece ai suoi tempi non  si poteva ed invece ora… ora si è esposti agli sguardi curiosi invadenti e cannibali, ora un sesso è un ciondolo che infilo in albanesi, marocchine e moldave, anche italiane, perché no?, anche politiche dai, con la simpatica attenzione di tutti a guardare. Un popolo di guardoni non è un popolo che ha esorcizzato un tabù.

Il tabù appartiene alla sfera del sacro, mia docente universitaria californiana, il sacro vi sfugge negli alti studi americani berkeleyniani, ok?

Mai come ora il tabù esiste. Si ignora che il sesso sia spinta propulsiva a vita e ridotto cosa o pezzo viene dato cotto e mangiato a femmine e maschi, il genere uomo. Ah certo! Questa spinta vitale può avere infinte varianti tutte rispettabilissime finché esiste il considerare l’altro un fine e non solo un mezzo. Tante scuse se ogni tanto il mio sesso si ribella alle scempiaggini di una cattedratica. Probabilmente non compresi. Come continuo a chiedermi come fu fatta quella  ripresa nella vagina orgasmica.




domenica 16 marzo 2014

La programmazione di Bloom



La programmazione                                   27 ottobre 2011

Insegnavo a Pallagorio, paese albanese dell’entroterra calabro, quell’anno, il 1984, ero di ruolo, il primo anno, non avevo mai fatto una programmazione.
La mia cattedra era in realtà Umbriatico, ma completavo  con le ore di storia e di geografia in una seconda di quel paesino.
Ad Umbriatico andò tutto liscio,  a Pallagorio invece, la programmazione che pure avevo fatto con scrupolo e sotto la guida  della collega più esperta, la trovai appesa  al muro, nella sala dei professori, fra quelle mancanti, da rivedere, fra quelle che il preside non aveva accettato.
Ripresi perciò in mano i fogli e li portai alla collega di ruolo, dopo una vita di insegnamento precario. Lei abitava con me in quell’esilio ed ormai adulta non si capacitava che già dieci anni prima avesse rifiutato di passare di ruolo per non andare proprio laggiù.
Ma il destino è così, fa tanti giri e ci porta dove noi non vogliamo, non pensiamo proprio.
Con il cartaceo in mano io le dissi:- Lo vedi? Il preside dice che non è fatta bene!-
-Ma non è possibile- rispose lei- ne ho fatte moltissime, non è certo la prima! –
Comunque per farmi un piacere  si rimise a riguardare ogni parola, a controllare, ad arricchire, e poi me la ridiede, pronta da consegnare.
Ma quale fu la mia meraviglia quando tornai a scuola di nuovo nel vederla appesa lassù sul muro, solo la mia, fra le rifiutate.
Mi venne un sospetto e con far circospetto cominciai a domandare ,qual era la cosa, l’anello mancante, perché non piacesse al capo, in questione.
Ed una collega mi disse :- Il preside vuole la programmazione secondo la tassonomia del Bloom-
Ma guarda -dissi io- e che ci vuole?A saperlo prima!
Così tornai dalla collega che affranta mi disse :-Ippolita, dobbiamo buttare di nuovo il materiale e farla  completamente diversa!-
Ma no- dissi io- ora ti faccio vedere.-
E presa la stessa programmazione sul primo rigo bianco lasciato per fare spazio, vergai in bella calligrafia – La programmazione è stata fatta seguendo la tassonomia del Bloom-
La collega scuoteva il capo, ma il preside poi mi chiamò in presidenza per elogiarmi, per dirmi che sì ero stata inesperta ma che poi alla fine avevo fatto un lavoro proprio a regola d’arte!
Passarono gli anni e questo preside lo ritrovai ispettore del provveditorato  e poi sempre su sempre più su, sono sempre stata tentata- ora glielo dico- mi dissi una volta quando lui dal suo metro e venti si sentiva potente, un Dio, come solo i cretini si sentono d’essere.
Ma anch’io son cretina quando faccio così, magari la sua è stata una svista, oppure benefico non volle infierire. Chissà come sarà andata mai!