martedì 24 settembre 2013

Togliere tutto. Alberto Badolato



Togliere tutto- Alberto Badolato


Nelle lezioni americane Calvino dice che la sua operazione sia stata il più delle volte una sottrazione di peso; ha cercato di togliere peso ora alle figure umane, ora ai corpi celesti, ora alle città; soprattutto ha cercato di togliere peso alla struttura del racconto e al linguaggio.

Non so come altro definire questo lavoro sull’inquietudine del togliere, sul brinamento e conseguente  congelamento di rarefatte esistenze paesaggistiche che poi svaporano nelle nebbie.

In chimica il brinamento è il passaggio dallo stato aeriforme allo stato solido senza passare per lo stato liquido, e l’immaginario silenzioso di quadri, diciamo su aspetti naturali e paesaggistici, sembra abbia ottenuto questo brinamento della materia, lasciandoci inquieti e tristi.

Quello che è materia non lo è, non è morta e non è viva, è distante, infatti lui ha tolto il vitale. Materia ormai inutile all’uomo- dice Alberto- sotto un suo quadro, e continua a togliere, con una reiterazione del gesto.

Spalma, rispalma, livella, poi ritorna sui colori per trovare il varco dal quale scorgere angoscia che lui trattiene sotto. Colori gelidi, nessuna concessione ad una facile fruizione visiva, guardare questi dipinti ci inquieta, tanto il suono afono ci respinge.

Nunc est bibendum- ora, nel presente, in questo presente,  lui tenta la carta del mito, ritorniamo tutti al mito, per spiegarci il perché di tanta tristezza, un tentativo rosso, non pompeiano, un rosso diffuso timido scolorante.

Allegria di naufragi-diceva Ungaretti

Allegria di una vita infelice, malgrado tutto.

E mi sembra vera lettura di questa offerta visiva schiva e ritrosa, il pensiero di Anna Badolato , la figlia, restauratrice e storica dell'arte, che ci dice di essere stata spettatrice delle cose non dette che diventavano forme, di pensieri timorosi che bevevano solo colori, delle mostre mai fatte, di opere su tele, su tavola, su muri, con olio, con calce, con gesso, per togliere sempre, in un dialogo interno verso l’armonia.

Le nozze di Cadmo e Armonia era il titolo di un libro di Roberto Calasso che io ho letto e riletto fino ad impararlo a memoria.

«Queste storie non avvennero mai, ma sono sempre». Tali parole di Sallustio – forse la più bella, certamente la più concisa definizione del mito – si leggono nell'epigrafe delle Nozze di Cadmo e Armonia.

 Il suo primo libro, senza

 senza titolo le sue opere, senza un sole che ci illumini, senza facilità di prendere fiato, lui, l’artista quasi ci chiede scusa di essere stato solo un tramite di un disagio esistenziale che si è adagiato sulle sue tele armonizzandosi solo in modo dissonante e inquieto, con l’ultima figura che a me sembra Simenon oppure Maigret, indagante un caso di difficile soluzione…

Togliere è un'arte ostica, togliere è non dare elementi, tracce per risalire al misfatto...
Concludo con un sorriso. 
Mi dice l'autore che nel quadro finale non è Maigret, è un particolare del quarto stato di Pellizza da Volpedo, e quindi Avanti popolo, sempre una condizione molto complicata e difficile!    


 

venerdì 20 settembre 2013

A umma a umma





Le sorprese su come gli altri pensano come noi siamo non finiscono mai

La sorpresa vera é che non ci conosciamo mai, che siamo trasparenti e opachi, che vorremmo dall'altro considerazione e tempo, rispetto e quanto altro e non sappiamo rispondere se non aggredendo.
Se trovo il modo per dire un mio rincrescimento mi sarà dato solo in cambio un rimbalzo?
Perchè?
perchè si pensa subito che l'altro ti limiti, ti  nasconda, non ti voglia?


mercoledì 18 settembre 2013

una cassetta del 1973- Fernando Cimorelli e Louise Bourgeoise



Una cassetta del ’73

Una cassetta di Cucirini Cantoni Coats, che  ha contenuto spolette  di tanti colori nel negozio di merceria della mamma, ora contiene i suoi cuori di lamiera.

Il ragno di Louise Bourgeoise “i ragni sono la madre sotto cui ci sente vulnerabili e protetti” dice l’autrice, segnata fin da bambina dalla violenza "Mio padre provocava in me una continua perdita di autostima". Ecco da dove può nascere un artista!

Nella continua rilettura di violenze ingiustificate, immeritate, di offese incredibili, di territori calpestati ad anime in formazione, si legge e si rilegge senza smettere mai e qualche volta da quei destini il varco dell’arte.

La porta strettissima e bassissima da cui si scappa via lo stesso, si realizzano le idee, si parla al mondo che qualche volta risponde, non importa quando.

Dopo il racconto Louise siede immobile e a stento trattiene le lacrime: "A distanza di tanti anni, l'episodio è ancora così vivo nei miei ricordi. Come fosse successo ieri. Cosa possono fare i bambini, la notte, se non piangere, piangere? Anche se è inutile: i genitori arrivano con uno specchio e dicono 'guarda come sei brutta quando piangi' ".

Fermo il ricordo, si può solo sublimare, fare uscire, mandarlo a spasso, mostrarlo.

Così lei mostra i falli che il padre la derideva di non possedere, così lui mi mostra i cuori , le emozioni che doveva trattenere davanti a suo padre.

Louise è morta riconosciuta dal mondo, lui, lo scultore è riuscito solo adulto a laurearsi col massimo dei voti all'Accademia delle Belle Arti di Catanzaro, prima  aveva trovato solo un professore che,  indicato un sentiero, una scuola di ceramica, sterzava un destino.

Ora siamo lì, fermi in quegli anni lontani, eppure siamo qui, nel 2013

Siamo sul limitare di una confessione: una vita di cuori. 

Ancora più indietro risaliamo insieme e insieme saliamo su una millecento bianca, comprata nel 1964 al costo di un milione e sessantamila lire. Una millecento dove lui, seduto dietro con i suoi fratelli, litigava prendendo tanti schiaffi dal papà.  Conservata.

Una millecento fatta un cubo pressato, compattata nel 2000, insieme a tutti quei giorni trascorsi solo per far volume.

Ma ora siamo nel 2013 e dal cubo, dagli sportelli rimangono solo i cuori di lamiera che verranno cristallizzati, mi dice l’artista, verranno immersi nella resina e come l’ambra imprigiona il fossile, così lui imprigionerà tutti i suoi giorni di allora.

Louise dice” " Mia madre sedeva al sole per ore ad aggiustare arazzi. Le piaceva davvero. Questo senso di riparazione è profondamente radicato dentro di me. Lei era la mia migliore amica. Come un ragno, mia madre era una tessitrice. Come i ragni, mia madre era molto brava. Lei era intelligente, paziente, opportuna, utile e ragionevole. Era indispensabile come un ragno.”

Anche Fernando ha un rapporto di amore verso la mamma, lui ritorna da Perugia quando lei lo chiama, cambiando così un suo destino.

Ma come i tessitori veri, come ogni tessitrice sa, il ricamo sarà sempre più bello se più vario, se più sofferto il lavorio e l’intrecciarsi di fili, se incessantemente non ci si stancherà di arricchirlo con nuovi colori e immagini.

Il ricamo è la creatività

La creatività esorcizza i demoni, allenta ansia e paura, esalta e scavalca anni e prepotenze, rimodella ed espone, canta e scrive al mondo intero la bellezza di aver vinto, nonostante tutto, tutto il brutto, tutto il male che hanno fatto a un io… che siamo in tanti

Tantissimi cuori franti, tantissimi cuori, forme di pietre levigate da altri o da situazioni, tantissimi cuori che insieme ci risponderemo.
Musaba mi viene incontro questa sera, in questo buio, fra gli ulivi, la prima immagine che ho avuto, arrivando fra sculture che crescevano dal terreno. Musaba anche da noi?
Qui a Terina, su un terreno che ha sepolto altre testimonianze, altri fremiti, sopiti da ignoranze senza limiti e confini.  Ci allontaniamo e poi ci ritroviamo più vicini. E mentre noi guardiamo il quadro di Fernando e salutiamo Tamara De Lempicka, mentre Pollock ha appeso i suoi polli spennati, noi mangiamo una pizza gustosissima, che Anna ha preparato, discorrendo del tempo e dell'età, dei figli che siamo stati, dei figli che ora abbiamo. Una creazione che continua- con un cuore.
ed oggi aggiungiamo

...cuore che lui nel 2016 continua ad offrire in lamiera autentica. Con i nostri auguri per il suo compleanno








sabato 14 settembre 2013

Le cose che non ho



Le cose che non ho- Così è la vita



Due libri, uno francese e l'altro italiano- Grégoire Delacourt e Concita De Gregorio

Giuro che non l’ho fatto apposta a mettere questi due autori, già nel nome, uno specchio dell’altro.

Mi è venuto senza accorgermene, naturalmente,  stavano poggiati insieme sul mio comodino stamattina, si abbracciavano e io, nel portarli al blog, solo scrivendo mi sono accorta che, anche nel nome, erano della stessa famiglia.

Grégoire Delacourt:

“Rileggo la lista dei miei bisogni e mi sembra che la ricchezza consista nel poter comprare in una volta sola tutto quello che sta scritto nelle liste- tornare a casa con tutte le cose che avevi annotato, distruggere la lista e dirsi, ecco, non ho più bisogno di niente. Ho solo desideri ormai. Solo desideri.

Ma non accade mai

Perché i nostri bisogni sono i nostri piccoli sogni quotidiani. Sono le nostre piccole cose da fare che ci proiettano verso il domani… a tenerci vivi-



La lista dei bisogni. Ho letto e riletto la lista che, ogni volta, la protagonista stila e la trovavo sciocca, bisogni futili, bisogni di cose che si possono comprare.

Sui bisogni feci un esame di filosofia, (feci) in due significati, i bisogni indotti, ci spiegava il nostro prof, l’espansione dei bisogni, i bisogni che non sono necessità.

Abbiamo necessità di acqua, cibo, calore, pulizia, salute, affetto. Punto. Abbiamo necessità di bellezza, di voglia di vivere. Fine. Tutto il resto, per tutto il resto c’è mastercard e non c’è niente.

-Voglio quello che ho perso- dice la protagonista del romanzo a pag130 ed io mi domando:-Cosa ha perso?-

Non si perde nulla perché nulla si ha

Ogni sei minuti il suo papà dimentica tutto, lei reinventa la vita di lui, sempre più bella e gliela racconta.

La vita è un racconto. Non si perde un racconto. Non si acquista un racconto. Si vive un racconto. Si immagina un racconto.

Posso fare una lista di immaginazione, di cosa mi racconterei sulla mia immaginifica vita? Non potrei mai comprare quello che immagino.

Così è la vita di Concita de Gregorio:

-Il nome delle cose-

Non c’è niente di cui abbiamo più bisogno. Ridare un nome alle cose. Daccapo, rinominarle come quando dopo un’epidemia, una perdita di memoria collettiva arriva un superstite con le etichette e le attacca alle cose: tavolo, sedia, lampada, penna…sapete cos’è, a cosa serve?-



E noi sappiamo di cosa parliamo?

Come possiamo raccontarci la vita, la nostra vita se non sappiamo di cosa parliamo? Se siamo estranei a noi stessi? Se non sappiamo di cosa abbiamo necessità non bisogno.

Così è la vita, una truffa, un imbroglio, però possiamo raccontarcela in mille modi e in nessun modo.

Finché sapremo raccontarcela saremo ricchissimi, felici, avremo sogni e desideri, quando non sapremo più cosa dirci  sarà la vergogna di esserci stati per avere così poco, di esserci venduti per nulla…, perché il possesso di cose, di milioni di cose, è sempre una cosa non nostra.

venerdì 13 settembre 2013

Auguri



Auguri a te


Quel che per molti è normale- banale-  per alcuni diventa avventura- emozione


Solo per alcuni di noi passione.


Le piccole cose quotidiane, i gesti ripetuti, una passeggiata, una conversazione,


acquistano colore e sapore diverso nel tempo.


Solo per alcuni di noi l’estate è sole, azzurro, luce, sapore di fichi neri, di anguria grande,  pesante e rossa.


L’estate per noi è suoni, letture- libri sparsi sul letto.


Altri mangiano, invitano, cucinano, spettegolano sotto l’ombrellone, vanno in barca, viaggiano, comprano, accudiscono con grande senso del dovere la famiglia,  la parentela.


Anche noi, sicuramente, anche noi siamo attenti ai nostri cari, alle loro emozioni, alle loro inquietudini, e vorremmo ridere insieme a loro.


Ma quel che per molti, più attrezzati, più pratici, sono fastidi quotidiani, necessità, incarichi,


-Che figura faccio a non farli?- è la domanda,


per alcuni di noi sono desideri, piaceri, volontà.


Ed è proprio quest’ultima, la volontà di essere uniche e di voler partecipare alla vita con la propria singola percezione delle cose che fa la differenza.


E le cose saranno tutte le stesse per noi e per tutti ma diverse all’assaggio, come il cibo, sempre lo stesso e mai con lo stesso sapore.


Alcuni di noi possono sfogliare così le pagine della propria vita e ogni volta scoprire una frase nuova.


Sfogliando leggeranno di piccolissimi avvenimenti che pensavano smarriti per sempre e potranno riassaggiarli perché hanno preservato le papille gustative dello stupore, dell’entusiasmo, della curiosità.


La leggerezza e la disponibilità, poi,  per noi, saranno la nostra ricchezza aggiunta che nessuna banca potrà mai richiederci o darci...


Alcuni di noi nuoteranno, cammineranno, respireranno leggeri nella vita, convinti che la mano di un’amica, la carezza di una mamma, lo sguardo d’intesa con i nostri figli saranno il nostro dono per noi, perché a nostra volta capaci ancora di donare.


E la vita peserà di più sulla bilancia i compleanni scelti uno per uno …  e ogni compleanno peserà sempre diverso,perché ogni anno non ha mai lo stesso sapore.