Direttamente da CabaretBisanzio il mio pezzo su Vertigine http://www.cabaretbisanzio.com/2017/07/18/vertigine-julien-green/
“A differenza dei romanzieri cui siamo abituati, Julien Green non descrive i suoi personaggi: li materializza“.
Walter Benjamin
A cura di Giuseppe Girimonti Greco e di Ezio Sinigaglia questo raffinato lavoro di traduzione vede fra gli altri Lorenza Di Lella, Francesca Scala e Filippo Tuena. Due narratori e tre traduttori eccellenti. Venti racconti di un autore nato agli inizi del novecento, venti racconti composti dal 1920 al 1956 in inglese e pubblicati una prima volta nel 1984 tradotti in francese. Inediti in Italia vengono proposti ora dalla casa editrice Nutrimenti nella collana “Greenwich”, andando ad arricchire ancor di più uno splendido catalogo.
Il momento “Folle” della propria esistenza di vertigine in cui si può mettere tutto in discussione e cambiare la propria vita, leggo così sfogliando la presentazione della casa editrice.
Dal primo racconto, in assoluto, scritto nel 1920, il tema della follia viene quasi avvicinato alle atmosfere dei racconti di Poe. Julien Green in L’apprendista psichiatra attraversa la mente del suo assistito con la lama della curiosità e dell’esperimento. Osserva, sperimenta e impara. Viviseziona. Un po’ questo fa lo scrittore in ogni suo racconto, tagliando come una millefoglie un momento, una situazione, un personaggio. Ce lo offre così nel sadismo, nell’atteggiamento verso bambini e adulti; in una millefoglie di sadismo nella Lezione e in Paura. Una paura non solo di relazione con l’altro, una paura di osservare il proprio io: in Fabien, nel Ritratto di donna, nelle Scale.
Mi sono fermata a lungo a rileggere Una vita qualunque, cesellata in una solitudine interrotta dalla visita di un ragazzino, dalla presenza della governante, una solitudine femminile fatta di nulla, incentrata su quel momento di orgoglio in cui la protagonista compie un suo ulteriore capriccio.
Ossessioni, fisime, capricci, incredibili momenti colti senza indulgenza, analizzati, e siamo nell’inferno del quotidiano, delle case sbreccate come le tazze, della rovina economica dei possidenti, del tramonto di un modo di vivere fatto di schiavi, e di abbuffate. L’inferno si consuma in grandi mangiate, si mangia fino a scoppiare e a me ricorda il film La Grande Abbuffata.
“Vertigine” di Julien Green è un libro di riconciliazione con la letteratura vera, un libro di ambienti, di specchi, di gesti e di luminosi e taglienti raggi di sole.
Alla fine ci lascia il sorriso su una firma imitata, in una lettera mandata a Eveline, una lettera in effetti come pretesto per scrivere al mondo alla maniera in cui gli scrittori parlano a noi.
Ippolita Luzzo
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