Una vita poetica e una vita
spoetica
Differenza fra chi fa della
propria vita una poesia e chi scrive poesie per essere poeta.
Banale, vero?
Sembra facilissimo
accorgersene invece non lo è.
Andare per strade e per
valli, rincorrere al vento quell’illusione, quella piuma, quel soffio che vola
lassù
Senza sostare, errare in
incontri errati e profondi, sentirsi per sempre in un attimo eterno
Soffrire e dannarsi, poi
riderne su, di un inciampo, un difetto, una impossibilità.
Guardare questo mondo che ci
gira intorno, girando allo stesso identico modo intorno a una turba di
sventurati, di immigrati, di disgraziati, intorno a tanti senza capelli, senza
più denti, senza più anni
Sentirne il dolore, la
rassegnazione, la sete e la rabbia di una vendetta
Non avere notte e dormire di
giorno, senza più sveglia, senza un impegno
Assecondare poi quel solo
lavoro, quel solo motivo che rider ti fa.
Una vita da poeta è anche
arrivare al tuo banco, alla cattedra, al tuo posto in ospedale, in corsia o al
pronto soccorso, in una aula di tribunale con uno sguardo, una attenzione,
affetto e umiltà.
Essere poi antipatico a tanti perchè ogni tanto fai la linguaccia, perchè ci provi a urlare scomposto che si è diversi, diversi da chi
Chi crede che questo sia
facile prova poi a fare il poeta, scrive su libri e su giornali, io sono poeta,
invita televisioni che lo riprendono, mette solo un grande sgabello dove
tranquillo si appollaierà dopo aver messo a posto le chiome.
Convinti che solo la Rai e la
BBC, solo giornalisti onnipresenti possano dare patente varia, gli spoetici
vivono le loro glorie insieme al codazzo apparecchiato.
Non è il libro che poeta ti
fa
Conta se tu se tutti noi
dilatiamo il momento e ci ridiamo contenti della vertigine che abbiamo dentro.
Dello sciupio e della
ricchezza, anche di una sola telefonata
Conta soltanto essere felici
ed infelici nello stesso momento
Conta e non conta perché
viver poesia in realtà non conta niente.
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