Il canto dell’amore perduto
Aprile 2010
Racconto, attraverso le poesie di
Ines, una storia antica quanto l’uomo, universale.
La storia di uno, la storia di tanti…
uomo, donna, femminile, maschile.
La dipendenza amorosa non ha un genere.
Al Liceo Classico il professore di
latino e greco associava la letteratura greca alla letteratura contemporanea
europea e americana, lo ascoltavamo rapiti, con lui, tutti i poeti si
incontravano nel giardino delle Muse, ci spiegava che, a cambiare, era solo il modo di fare poesia, ma il sentire
rimaneva sempre lo stesso.
Ed è proprio da queste lezioni del
professore Piccioni che io ho appreso a leggere e sentire con continui rimandi
e assonanze. Ho quindi cucito con un filo le poesie di Ines che più mi ripeto
nella mente in questi giorni, come succede con il motivo di una canzone amata,
che ogni mattina canticchiamo senza accorgercene. Ho cucito seguendo i miei
pensieri e questi mi hanno portato indietro nella storia e con un balzo di
nuovo nel nostro quotidiano. Dalle sue raccolte ho scelto questa volta il canto
sull’amore perduto. Sono poesie ma potrebbero essere ritornelli. ♫…
Solo poesie e l’ultima é da
ritmare e condividere insieme perché il sano riscatto che tutti noi possiamo
pretendere quando finalmente smettiamo di amare l’altro più di noi stessi.
(Ines e l’amore)
Gli amori non sono tutti uguali.
C’è il colpo di fulmine tac e
all’improvviso non puoi più fare a meno di quella sconosciuta che sta vicino a
te, c’è l’amore che nasce con la consuetudine a frequentarsi e poi diventa
necessità, così per caso, l’amore che nasce da ragazzi, vedi una bimba e ti
innamori, la vuoi accanto per tutta la vita, anche se l’altra cambierà, anche
se tu cambierai; c’è l’amore affetto
stima cammino fra due esseri che mettono in comune figli, interessi
economici, vecchiaia, e serenamente concludono quasi insieme il loro viaggio.
Poi ci sono gli amori infelici.
Dalle famiglie di Tolstoj: tutti gli
amori felici si somigliano, ogni amore infelice è infelice a modo suo. E sono
proprio gli amori non corrisposti, non vissuti o vissuti male, le costruzioni
immaginarie della nostra mente a creare il substrato di tutta la nostra
letteratura, dagli antichi Greci a noi, dai lirici di allora ai lirici di oggi.
Anche noi con la lira in mano cantiamo le pene di un amore sbagliato:
Perdersi
…Vibreranno
Concerto
Vorrei che i miei pensieri
restassero legati ai rami
degli alberi che circondano
questo giardino
Incatenati ai fili sottili
che le note musicali stanno tessendo
invano griderei t'amo
tu non sentiresti
…Vibreranno
le mie foglie
al vento
delle tue carezze
Saremo
un unico
respiro
che si perde nel cosmo
Vorrei che i miei pensieri
restassero legati ai rami
degli alberi che circondano
questo giardino
Incatenati ai fili sottili
che le note musicali stanno tessendo
invano griderei t'amo
tu non sentiresti
Da allora ad oggi i nostri pensieri
appesi ai rami degli alberi dondolano al vento; una melodia muta si propaga e
ci riporta indietro nel tempo e nello spazio, sulle sponde del mare
Mediterraneo a Reggio Calabria nel VI secolo avanti Cristo dove è nato il poeta
Ibico, poeta della Magna Graecia,
Ibico è tra i nove poeti eccelsi
della lirica greca, secondo Cicerone è il poeta più infiammato d’amore. Sono
rimasti solo suoi frammenti, carmi eroici e poesie d’amore. Per lui ogni
stagione è tempo d’amore, l’amore come possessione, sensuale, totale, così
forte da gelare il corpo. Lo stesso gelo è in questa poesia di Ines
Gelo (Ines)
Il freddo un tempo,
invidioso del caldo
del nostro amore
bussava ai vetri della finestra:
voleva entrare.
Ora che intorno è gelo,
beffardo mi guarda, e, sguscia via
seccando l’aria
Lo stesso gelo dopo 2500 anni. Ibico
cantava il suo amore usando la lira fenicia o sambuca strumento musicale forse
inventato da lui .
Come il vento del nord rosso di fulmini
A primavera, quando
L’acqua dei fiumi deriva nelle gore
E lungo l’orto sacro delle vergini
Ai meli cidonii apre il fiore,
ed altro fiore assale i tralci della
vite
nel buio delle foglie;
in me Eros,
che mai alcuna età mi rasserena,
come il vento del nord rosso di
fulmini,
rapido muove: così torbido
spietato arso di demenza,
custodisce tenace nella mente
tutte le voglie che avevo da ragazzo.
Per Ibico Eros, non solo verso una
donna, ma più probabilmente verso un altro uomo, un efebo,( allora la passione
di un uomo verso un altro uomo era riconosciuta, senza pregiudizi, come si
invita a fare anche ora dopo tanti secoli di intolleranza), Eros non riposa in
alcuna stagione, non da tregua, tenebroso
spietato possente, nel profondo,
domina l’anima.
Un amore che inganna:
Notte (Ines)
Notte che avvolgi nel tuo mistero
Il mio dolore,
hai sepolto nel buio quell’amore
che tu stessa cullavi.
Ora non bastano mille e più sirene
Per addolcire il suo cuore;
altre dita accarezzano nel sonno,
il suo corpo,
ed io ti guardo con occhi spalancati
mentre m’inganni ancora.
Un amore che sporca:
Farfalla
Quando sto con te
Mi sporco, non so perché
Nella raccolta di novelle “Le mille e
una notte”, siamo a Bagdad in Persia, il
re Shahiriyàr, per una delusione d’amore, ordina al visir, di condurgli una
vergine ogni notte. All’alba l’avrebbe fatta uccidere, per impedirne qualsiasi
tradimento. La strage continua per tre anni fino a quando Sharazade, bellissima
figlia del visir, si offre di andare dal re. Sharazade comincia a
raccontare al re una storia incatenata ad un’altra e tiene desta la sua curiosità
tanto che alla fine, questi, dimentica di ucciderla, e se ne innamora.
Raccontare per continuare la propria vita e salvare quella di tante altre
fanciulle. Così Sharazade, così Ines.
Poi
Poi
Quando la passione non si
rifrange più, e l’altro non è più lo
specchio per noi, l’amore diventa assenza, lontananza, sospensione, cerca uno
sguardo, una complicità che non c’è.
Nel VI secolo avanti Cristo era Eros che possedeva
gli animi, ora si chiama dipendenza amorosa ed i libri sull’argomento vendono
molto perché ognuno vuole imparare a liberarsene.
Qualcuno è riuscito.
Il percorso é per tutti lo stesso:
l’innamoramento, l’esaltazione, la gioia, la condivisione, l’apoteosi, il
delirio e poi l’inganno, il tradimento, la bugia, la lite, la violenza, la
delusione, l’amarezza, e il ricordo di un sogno cancellato malamente sulla sua
lavagna. Una passione bruciante, senza rete, senza interessi, convinzione che
amor a nullo amato amar perdona,
…
poi constatato che non basta amare se
l’altro non vuole più, non sa più cosa vuole, allora, bevuto l’amaro calice
della passione fino in fondo, ognuno può scrollarsi le spalle, guardarsi allo
specchio, mettersi il rossetto e dire: Ora, anche se torni, anche se, come in
una delle novelle delle mille e una notte, io sono stata ad aspettare alla tua
porta per novantanove notti, ecco, tu, potrai bussare invano alla mia, non
aprirò più perché questa volta sarò io ad essere andata via, perché ora, non è
più tempo:
Ora non è più tempo
M’ami.
Eppure qualcosa manca a questo amore.
Mancano i sogni.
Mancano i cieli
Carichi di fiordalisi
Il volo dei gabbiani
La certezza d’andare per
Strade tempestate di topazi.
Manca la gioia
Di rincorrere rossi arcobaleni;
le risate sommesse,
le frasi dette a metà
le pause, i lunghi sospiri,
le occhiate furtive
i batticuori,
il nodo in gola.
Ma,
dici d’amarmi.
Io ti credo, ma, penso, che ora
Non è più tempo. (poesia di Ines Pugliese)
Ippolita Luzzo
3 commenti:
ok. Mi sembra combaci con la mia idea di "presentazione". Il mio "maestro" è Giacomo Debenedetti, che nel il suo "Il romanzo del Novecento" faceva l'operazione di creare assonanze tra brani di romanzi, la fisica , la letteratura europea, la psicoanalisi, etc. Mi piace moltissimo questa tua proposta.Anch'io seguendo questa "traccia" ho presentato un ultimo testo di poesie.
Meraviglioso viaggio nel dolore dell'amore con al centro la poesia greca antica e lo struggente Ibico! Stupendo!!
Davvero una bella carrellata sulle ali dell’amore e delle parole.. Grazie, Ippolita!
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