domenica 8 dicembre 2013

Il canto dell'amore perduto



Il canto dell’amore perduto

Aprile 2010
Racconto, attraverso le poesie di Ines, una storia antica quanto l’uomo, universale.
La storia di uno, la storia di tanti… uomo, donna, femminile, maschile.
La dipendenza amorosa non ha un genere.
Al Liceo Classico il professore di latino e greco associava la letteratura greca alla letteratura contemporanea europea e americana, lo ascoltavamo rapiti, con lui, tutti i poeti si incontravano nel giardino delle Muse, ci spiegava che, a cambiare, era  solo il modo di fare poesia, ma il sentire rimaneva sempre lo stesso.

Ed è proprio da queste lezioni del professore Piccioni che io ho appreso a leggere e sentire con continui rimandi e assonanze. Ho quindi cucito con un filo le poesie di Ines che più mi ripeto nella mente in questi giorni, come succede con il motivo di una canzone amata, che ogni mattina canticchiamo senza accorgercene. Ho cucito seguendo i miei pensieri e questi mi hanno portato indietro nella storia e con un balzo di nuovo nel nostro quotidiano. Dalle sue raccolte ho scelto questa volta il canto sull’amore perduto. Sono poesie ma potrebbero essere ritornelli. ♫…

Solo poesie e l’ultima é da ritmare e condividere insieme perché il sano riscatto che tutti noi possiamo pretendere quando finalmente smettiamo di amare l’altro più di noi stessi.

(Ines e l’amore)

Gli amori  non sono tutti uguali.

C’è il colpo di fulmine  tac  e all’improvviso non puoi più fare a meno di quella sconosciuta che sta vicino a te, c’è l’amore che nasce con la consuetudine a frequentarsi e poi diventa necessità, così per caso,  l’amore che nasce da ragazzi, vedi una bimba e ti innamori, la vuoi accanto per tutta la vita, anche se l’altra cambierà, anche se tu cambierai; c’è l’amore  affetto  stima  cammino fra due esseri che mettono in comune figli, interessi economici, vecchiaia, e serenamente concludono quasi insieme il loro viaggio.

Poi ci sono gli amori infelici.

Dalle famiglie di Tolstoj: tutti gli amori felici si somigliano, ogni amore infelice è infelice a modo suo. E sono proprio gli amori non corrisposti, non vissuti o vissuti male, le costruzioni immaginarie della nostra mente a creare il substrato di tutta la nostra letteratura, dagli antichi Greci a noi, dai lirici di allora ai lirici di oggi. Anche noi con la lira in mano cantiamo le pene di un amore sbagliato:
Perdersi  
…Vibreranno
le mie foglie
al vento 
delle tue carezze
Saremo
un unico
respiro
che si perde nel cosmo

 Concerto
Vorrei che i miei pensieri
restassero legati ai rami
 degli alberi che  circondano
questo giardino
Incatenati ai fili sottili 
che le note musicali stanno tessendo
invano griderei t'amo
 tu non sentiresti

Da allora ad oggi i nostri pensieri appesi ai rami degli alberi dondolano al vento; una melodia muta si propaga e ci riporta indietro nel tempo e nello spazio, sulle sponde del mare Mediterraneo a Reggio Calabria nel VI secolo avanti Cristo dove è nato il poeta Ibico, poeta della Magna Graecia,

Ibico è tra i nove poeti eccelsi della lirica greca, secondo Cicerone è il poeta più infiammato d’amore. Sono rimasti solo suoi frammenti, carmi eroici e poesie d’amore. Per lui ogni stagione è tempo d’amore, l’amore come possessione, sensuale, totale, così forte da gelare il corpo. Lo stesso gelo è in questa poesia di Ines
Gelo (Ines)
Il freddo un tempo,
invidioso del caldo
del nostro amore
bussava ai vetri della finestra:
voleva entrare.
Ora che intorno è gelo,
beffardo mi guarda, e, sguscia via
seccando l’aria

Lo stesso gelo dopo 2500 anni. Ibico cantava il suo amore usando la lira fenicia o sambuca strumento musicale forse inventato da lui .
Come il vento del nord rosso di fulmini
A primavera, quando
L’acqua dei fiumi deriva nelle gore
E lungo l’orto sacro delle vergini
Ai meli cidonii apre il fiore,
ed altro fiore assale i tralci della vite
nel buio delle foglie;
in me Eros,
che mai alcuna età mi rasserena,
come il vento del nord rosso di fulmini,
rapido muove: così torbido
spietato arso di demenza,
custodisce tenace nella mente
tutte le voglie che avevo da ragazzo. 



Per Ibico Eros, non solo verso una donna, ma più probabilmente verso un altro uomo, un efebo,( allora la passione di un uomo verso un altro uomo era riconosciuta, senza pregiudizi, come si invita a fare anche ora dopo tanti secoli di intolleranza), Eros non riposa in alcuna stagione, non da tregua, tenebroso  spietato  possente, nel profondo, domina l’anima.

Un amore che inganna:
Notte (Ines)
Notte che avvolgi nel tuo mistero
Il mio dolore,
hai sepolto nel buio quell’amore
che tu stessa cullavi.
Ora non bastano mille e più sirene
Per addolcire il suo cuore;
altre dita accarezzano nel sonno,
il suo corpo,
ed io ti guardo con occhi spalancati
mentre m’inganni ancora. 


Un amore che sporca:
Farfalla
Quando sto con te
Mi sporco, non so perché

Nella raccolta di novelle “Le mille e una notte”,  siamo a Bagdad in Persia, il re Shahiriyàr, per una delusione d’amore, ordina al visir, di condurgli una vergine ogni notte. All’alba l’avrebbe fatta uccidere, per impedirne qualsiasi tradimento. La strage continua per tre anni fino a quando Sharazade, bellissima figlia del visir,  si  offre di andare dal re. Sharazade comincia a raccontare al re una storia incatenata ad un’altra e tiene desta la sua curiosità tanto che alla fine, questi, dimentica di ucciderla, e se ne innamora. Raccontare per continuare la propria vita e salvare quella di tante altre fanciulle. Così Sharazade, così Ines.
Poi
Poi
Quando la passione non si rifrange  più, e l’altro non è più lo specchio per noi, l’amore diventa assenza, lontananza, sospensione, cerca uno sguardo, una complicità che non c’è.

Nel VI  secolo avanti Cristo era Eros che possedeva gli animi, ora si chiama dipendenza amorosa ed i libri sull’argomento vendono molto perché ognuno vuole imparare a liberarsene.

Qualcuno è riuscito.

 Il percorso é per tutti lo stesso: l’innamoramento, l’esaltazione, la gioia, la condivisione, l’apoteosi, il delirio e poi l’inganno, il tradimento, la bugia, la lite, la violenza, la delusione, l’amarezza, e il ricordo di un sogno cancellato malamente sulla sua lavagna. Una passione bruciante, senza rete, senza interessi, convinzione che amor a nullo amato amar perdona,

 …

poi constatato che non basta amare se l’altro non vuole più, non sa più cosa vuole, allora, bevuto l’amaro calice della passione fino in fondo, ognuno può scrollarsi le spalle, guardarsi allo specchio, mettersi il rossetto e dire: Ora, anche se torni, anche se, come in una delle novelle delle mille e una notte, io sono stata ad aspettare alla tua porta per novantanove notti, ecco, tu, potrai bussare invano alla mia, non aprirò più perché questa volta sarò io ad essere andata via, perché ora, non è più tempo:
Ora non è più tempo
M’ami.
Eppure qualcosa manca a questo amore.
Mancano i sogni.
Mancano i cieli
Carichi di fiordalisi
Il volo dei gabbiani
La certezza d’andare per
Strade tempestate di topazi.
Manca la gioia
Di rincorrere rossi arcobaleni;
le risate sommesse,
le frasi dette a metà
le pause, i lunghi sospiri,
le occhiate furtive
i batticuori,
il nodo in gola.
Ma,
dici d’amarmi.
Io ti credo, ma, penso, che ora
Non è più tempo. (poesia di Ines Pugliese)
Ippolita Luzzo 







1 commento:

Anonimo ha detto...

ok. Mi sembra combaci con la mia idea di "presentazione". Il mio "maestro" è Giacomo Debenedetti, che nel il suo "Il romanzo del Novecento" faceva l'operazione di creare assonanze tra brani di romanzi, la fisica , la letteratura europea, la psicoanalisi, etc. Mi piace moltissimo questa tua proposta.Anch'io seguendo questa "traccia" ho presentato un ultimo testo di poesie.