lunedì 31 ottobre 2016

Sono Dio

Chi sono io per parlar di Sono Dio?
Caro Giacomo 
Sono Dio: Lʼesistenza degli uomini
Il tono colloquiale e parlato di una lingua social  
Con chi sta parlando il Dio di Sartori? 
Ho letto Sartori, in tempi lontani, su Nazione Indiana, e ricordo scritti che mi piacquero molto. Bravissimo scrittore. Credo quindi che lo stile scelto in questo romanzo sia voluto. Un modo di scrivere come se parlasse rivolto a chi non ha mai letto e veda pur sempre televisione, uno stile costellato da frasi incidentali, modi di dire a bizzeffe e punteggiatura da reinterpretare. 
C'è il Dio che pensa, malgrado abbia affermato che lui non pensa, ed il Dio che scrive, malgrado si veda chiaramente che Giacomo Sartori stia ridendo al vederlo scrivere uguale e preciso a tanti
altri scribanti. Quindi il Dio Scrittore può piacere e non piacere, racconta quel che vede o si illude di vedere e capire, con la sua ubris da onnipotente. Scherzo anche io, e scherzando continuo a leggere, preferendo per ora il Dio Pensatore, e cioè tutti i passi scritti da Giacomo e non quelli in cui Dio gli prese il Computer.
Io immagino come se Giacomo parlasse con Dio scrittore e lo rimproverasse così:"Questo esercizio di arlecchinesca sartoria dà luogo a vaneggianti costruzioni, pessimi romanzi o fiabesche imposture utili solo per capire le fissazioni e le tare di chi ne è autore."
Ed ancora “Ammesso e non concesso” fa dire Giacomo al suo Dio e un Dio che argomenta ammesso e non concesso sarebbe  già da mandare a ripetizioni." Scrivere una frase è come versare il primo secchio di benzina, subito si levano altissime le fiamme delle iperboli e degli struggimenti, e più si va avanti più ci si imballa, più ci si convince di pensare davvero le cose che si scrivono, più si va verso il delirio puro, covando azioni nefaste. Se uno non pensa, e tanto meno scrive, non ha stati d’animo, e può starsene tranquillo e beato per miliardi di anni. Senza rischiare di fare cavolate. I problemi sorgono in realtà già al primo pensiero” 
Sono il significato di tutto
Si cerca un Dio più misterioso, impersonale, che sfugge all'intelletto umano. (Frédéric Lenoir)
"Un dio non pensa, ci mancherebbe altro… Un dio non guarda, non aspetta, non ascolta.
 Non digerisce, non agogna, non rutta. Un dio è impegnato in qualcosa che il linguaggio umano non può esprimere,
A dispetto di quanto si dice in giro io non sono affatto uno che vuole decidere sempre tutto, e sono anzi aperto a qualsiasi proposta
di cambiamento. Però non mi va nemmeno che stravolgano
sistematicamente ogni cosa che ho fatto.
Sono Dio, e sono avvolto dal silenzio. Un silenzio consono al mio ruolo divino. Un silenzio che è però anche fracasso assordante: una cacofonia di fragori e sfrigolii che a volte si sciolgono in celestiali sinfonie, a volte si annullano vicendevolmente. Un silenzio che è luce accecante, vale a dire tripudio di eccesso di colori, o anche buio infinito."
Chi sono io se non sono Dio? A Giacomo l'ardua risposta 

domenica 30 ottobre 2016

Ti Leggo con Gaetano Savatteri

Il salto temporale al Liceo Classico 

Loredana Lucchetti, responsabile della Treccani, saluta gli alunni e i docenti  presenti nella Biblioteca intitolata ad Oreste Borrello, amatissimo preside del Liceo. 
L’Istituto della Enciclopedia Italiana sta realizzando il progetto Ti Leggo. Viaggio con Treccani nelle forme della lettura, mediante il finanziamento del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e di Arcus S.p.A.
Aderisce all'iniziativa Trame, Festival dei libri sulle mafie. 
Stare nell'istituto dove si è stati alunni e poi docente, anche per pochissimo, procura sempre uno scarto temporale, per cui io mi rivedo in una ragazza fra gli allievi, che, nel mio immaginario, sembra me, al tempo che fu. Vivendo, con due tempi sovrapponibili a piacere, seguo gli interventi dei ragazzi, le loro recensioni sul libro di Savatteri, le loro domande, come se ad intervenire fossi anche io. Ma allora io non ricordo mai simili opportunità, non si usava incontrare autori, purtroppo!

"Scusate il discorso moralista" conclude Gaetano Savatteri, il primo di uno dei suoi tanti interventi nella mattinata.
Ci ha appena parlato della scrittura, dell'uso della scrittura per riuscire a parlare con chi non ha i mezzi, con chi in effetti non incontreresti, se nasci nel quartiere giusto, nella famiglia giusta, se frequenti la sezione giusta. Nella separazione che si perpetua e che vorremmo annullare vi stanno da una parte i fortunati, per censo, per opportunità, dall'altra gli sfortunati, coloro che non appartengono a nessuna parrocchia. E sul limite della scrittura si sofferma Savattieri invitando gli alunni a non nutrirsi solo di una conoscenza libresca.
"Non alimentiamo i luoghi comuni", altro importante momento della mattinata, quello in cui l'autore fa e disfà con semplicità i luoghi comuni su un sud che è di volta in volta silenzioso e loquace, diffidente e accogliente.
Il libro di Savatteri I ragazzi di Regalpetra, in realtà Racalmuto, è stato anche un atto teatrale nel 2011, e noi salutando Gaetano Savatteri ci auguriamo di vederlo al nostro Teatro Comunale.   
 Il Teatro Stabile di Catania il 15 giugno 2011 mette in scena "Quei ragazzi di Regalpetra" dal libro di Gaetano Savattieri "Un paese della Sicilia, un luogo letterario: la Regalpetra di Leonardo Sciascia. Un posto tranquillo, con una vecchia mafia dormiente. Una città segnata dalla presenza del grande scrittore, nella quale tutti finiscono per essere personaggi disegnati dal proprio autore.
 Credere nella parola, nella scrittura. Un gruppo di ragazzi fonda un piccolo giornale. Lo intitola Malgrado tutto. Un giornale per raccontare la propria realtà, per specchiarsi nella cronaca delle proprie vite."
" Regalpetra-Racalmuto, luogo reale e letterario insieme, dove diventare adulti significa scegliere tra legalità e mafia, far propria la lezione morale del genius loci o imboccare i sentieri della criminalità."

venerdì 28 ottobre 2016

Medea di Andrés Pociña dal Teatro Bertolt Brecht

Medea è ormai invecchiata a Camariñas, nella Galicia.
Sulla scena del Teatro Grandinetti a Lamezia la Compagnia Bertolt Brecht di Formia propone una Medea che riscrive
le storie del vello d’oro e del suo amore per Giasone. Dal testo di Andrés Pociña, un monologo accompagnato da suoni e danza per gli studenti degli istituti superiori che partecipano ai laboratori teatrali tenuti da TeatroP.
Inizia Medea della Compagnia di Formia, diretta da Maurizio Stammati, il monologo recitato da Margherita Vicario, la stagione Teatro Ragazzi 2016/2017
Partiamo dunque dove si trova Medea ora, nella Galicia, nel Nordovest della Spagna, la regione di Santiago di Compostela.  Siamo sulle rive di un fiume con le donne intente a lavare i panni  e lei ricorda quando, da ragazza,  abitava nella  Colchide, sull'attuale costa georgiana del Mar Nero insieme a suo padre, il re Eeta. Un'altra Medea.
Immagina l'autore che Medea non sia ascesa al cielo, come vediamo in Euripide, ma si sia rifugiata in un villaggio con la sua vecchia serva, Benita, ormai bisognosa, lei, di cure. 

Il punto di vista di una Medea, osteggiata dalle stesse donne al lavatoio. Donne che guardano di lato quando la vedono arrivare, donne che la fanno sentire ancora una volta straniera, come a Corinto. Donne che danno adito alle mezze parole, alle voci sul suo conto, e credute vere le calunnie diffuse sulle azioni malvagie che avrebbe fatto. 
Una sola punizione le è stata risparmiata, quella di dover elemosinare. 
Medea prova a raccontare la sua verità ed io insinuo che la verità non esiste e nemmeno ciò che stiamo ad ascoltare può essere la sua verità. L'unico momento vero sta in quella voglia di avventura, di sfuggire al luogo chiuso dove viveva per "una gran voglia d'amare" e dicendo così immagino io, non esiste sulla scena, Modugno cantare " Com'è bella l'avventura" ed un'avventura fu il viaggio nella Colchide di Giasone per prendere il vello d'oro, il montone e le pecore di una lana così pregiata, ed un'avventura fu per lei seguire Giasone, irretita dalle parole, fiumi di parole, promesse di mondi diversi.
"Il furto di una pecora e di un montone"così fu, secondo le sue parole l'avventura degli Argonauti. Riduzionista fino all'eccesso, Medea scredita ancora Giasone, come ogni donna scredita il marito che la tradisce, e racconta, come fanno (Ahimè!) molte mogli, particolari di una sfera che dovrebbe restare intima, e che nessuno può verificarne la verità. D'altronde la verità sta nel fondo di un pozzo, scrisse Sciascia, ed ognuno racconta quel che reputa lo sia, come strumento per far vendetta, per ritorsione.
Accompagnata dalle immagini lievi di un bianco lenzuolo ondeggiante e dal canto, Medea in scena dona corpo alle parole, si alza, si allunga, mostra il corpo come per voler ancora assicurarsi di esser piacente, di poter esser voluta, e poi deve fare i conti con il suo atto ultimo che non potrà negare, l'uccisione dei figli.


Qui mentre le protagoniste  parlano alla fine con il pubblico.
Gli alunni del Liceo Classico, del Liceo Scientifico, dell'Istituto Tecnico Valentino De Fazio,  Del Professionale per il Commercio, faranno tesoro di questa opportunità teatrale che regalerà loro punti di vista sempre diversi. Una nuova avventura.   

   

mercoledì 26 ottobre 2016

Faceboom: La solitudine fa boom

Leggo le 18 storie di vite incatenate al tempo del nulla e rimango
una volta di più a chiedermi il perché. Fiat... Voluntas Dei mi viene da aggiungere a quel Fiat iniziale della prima storia che rimanda alla nota fabbrica automobilistica dove il protagonista, Totò da Messina, era andato a lavorare alla catena di montaggio.
"Tranquillamente erano trascorsi sessanta anni " Si era sposato con Anna e ora si trovava in ospedale ad aspettare un referto. Una notizia. Risposta non c'è. A nessuno. Nemmeno alla moglie Anna, brava sarta della Torino bene,  protagonista di "Forbici" e straziata, presa a forbiciate, da sua nipote, da Lucia, che rifiuta l'abito da sposa da lei confezionato.
Risposta non c'è se non l'urlo di disperazione e seguiamo in "Conchiglie" Raffaele, il fratello autistico di Lucia, raccogliere sassolini, tanti sassolini da lanciare contro il vetro della finestra, contro lo specchio, per mandare in frantumi ogni cosa.
Si frantuma in questo libro ogni cosa, esistenze e significati, si frantuma un lessico che mette ansia e disperazione, un lessico amaro senza indulgenza. 
Boom, tutto esplode o implode, tutto non ha significato, sia che esista o non esista un social che sta da sfondo, come momento ludico o almeno dovrebbe esserlo ed invece appare come altra gabbia. 
Faceboom è la storia numero 18 del libro e lei, la donna, sta lì a caricare e scaricare fotografie da mettere come profilo, per vantarsi di essere una organizzatrice di eventi, una che conosce il mondo dei VIP.
Nella solitudine amara, amarissima, di un mondo grigio di una caligine senza affetti, senza un atto di altruismo, sembra che guardare la propria immagine, il proprio ombelico del mondo, cantava Jovanotti, possa essere l'atteggiamento compulsivo di malati di aridità, di disperazione. 
Paola Bottero, autrice di Faceboom, mi dice quanti di questi personaggi, che vivono fra le pagine, esistano, quanto siano reali ed io non ho dubbi, così come non ho dubbi sul fatto che possano essere trasposti su uno schermo televisivo come una serie. 
Ma è questo quel mondo? alla maniera di Leopardi me lo domando . Mi domando, dalle mie giornate minimali fatte di letture e di visite giornaliere ai miei familiari, se il mondo abbia fatto boom. Abbia intercettato la via della dissoluzione dell'affetto e della ricordanza e si sia avviato verso il baratro del non salutarsi, del non cercarsi, del vanificare ogni giorno, ogni anno che passa. 
Mi richiama, in questi giorni una amica che non mi ha parlato un intero anno e in questo anno si è tolta dal mio regno, mi ha tolto dal suo profilo e a chi le domandava il motivo adduceva una mia supposta, da lei, gelosia. 
Ora mi richiama ed io rispondo educata e felice che le sue nubi si siano dissolte, che veda chiaro dove prima vedeva caligine e che, social o non social, gli esseri umani esistono, malgrado i tempi difficili. Sono sempre felice delle lucciole della comprensione e per questo Faceboom non mi avrà, chiudo io augurante questa mia lettura su un libro che propone spunti amarissimi di riflessione. 
Facciamo esplodere in mille frantumi la solitudine e aspettiamo l'anno che verrà...
Finisce così il libro con una mezzanotte di capodanno. Fiat voluntas mea...      

Non finisce... da un mio post





Non finisce.

Scrissi proprio così nei lontanissimi e vicinissimi sul bigliettino di auguri per i suoi diciotto anni.

Non finisce.

Le avevamo regalato un orologio, tutti i compagni di classe, lei andava via e io dovevo scrivere una frase per tutti.

Non finisce. Scrissi.

Non finisce proprio che tu te ne vada, che tu non faccia più parte della mia vita. Non finisce proprio il nostro studiare, Fortini e Sereni, non finisce il leggere passeggiare e discutere su quel film, su un comizio, su un giornale. Non finisce il credere possibile il sogno di un mondo giusto, pulito, affettuoso, senza menzogna, senza ossessioni.

Non finisce. Perché se finisse sarebbe una morte, quella terribile del vivere senza avere un motivo. L'intransigenza dei diciotto anni. La grande illusione che ci siano il bene e il male e che si possa e si debba scegliere su quale binario mettere il treno della nostra stupida vita.

Abbiamo tutti rimproverato ai nostri genitori quello che loro hanno accettato, compromessi, silenzi, rassegnazione. Noi avremmo fatto diverso. Mi sembra che abbiamo fatto di peggio. Ed ora do veramente ragione a tanti ragazzi che continuano a volere un mondo scevro da intrallazzi e menzogne. Un mondo pulito...

Vero Martina?  Alle tante Martina che noi siamo state.

Ippolita Luzzo 


Libriamoci al Liceo Campanella

 Grandi momenti in Libriamoci: Ieri oggi e domani 

Ieri con Antonio Saffioti e la sua testimonianza "Chi ci capisce è bravo", accludo in fondo link dove ne scrivo, oggi Tiziana Calabrò, dal suo blog al mondo dei libri con "La Medaglia del Rovescio" e domani i pezzi della Litweb Marchio Depositato
"Abbiamo fatto 250 foto" dicono le allieve alla prof al termine della giornata e lei molto professionale commenta "Beh, sceglietene una decina"
Una giornata lunghissima che si è protratta oltre le 13,00 con gli alunni attenti e partecipi. 
Nel presentare Tiziana Calabrò, Michela Cimmino ha parlato di una donna innamorata della scrittura e del volo, ed insieme a lei si è ritrovata nei momenti della sua infanzia quando volava nel cielo infinito, come Modugno. Ho quasi sentito Modugno cantare Volare nell'Auditorium.
Voliamo, dunque con "la contentezza adolescenziale" di Tiziana, Voliamo per acquisire una visione della vita
Voliamo per un bisogno di comunicazione. 
Nel mentre voliamo sceglieremo i nostri punti di riferimento, sta dicendo Tiziana agli adolescenti, sceglieremo i maestri, che ci aiuteranno a riconoscere la bellezza della vita e ci aiuteranno anche a trovare da noi una visione della vita, della nostra vita. 
La Medaglia del Rovescio nasce 4 anni fa, nasce come blog, come momenti che diventano energia. 
Le nonne, Nonna Ines e Nonna Bianca che la chiama con un nome unico solo per lei, Tizianedda, e nel dare un nome unico compie un atto d'amore. 
Le nonne diventano il fulcro degli interventi.
Nadia ci racconta che non ha mai conosciuto le nonne, e sull'affettività e sulle connessioni il racconto ci emoziona con Carmen che chiede, prima di leggere un brano sulle ultime volontà di una nonna, tre minuti di silenzio, di raccoglimento, non che fossimo distratti in realtà, lei lo chiede solo per condurci in un momento sacrale dell'attenzione alla vita. 
Le domande di Martina, Francesca, Roberta, la richiesta di Federica, di rispettare la domenica il pranzo domenicale con la famiglia, di chiedere a gran voce che si chiudano gli esercizi commerciali e che ci sia un giorno dedicato agli affetti, vengono conservati nel mio foglio.
Ed il pudore degli affetti, della sfera intima, del rispetto e della consapevolezza di essere persone innamorate della vita, della bellezza, si ferma sul diario di tanti. 
Nel mentre la conversazione spazia e raggiunge il canto nella canzone di Battiato "Caliti junku" canzone che in classe stanno studiando. 
Che farò senza Euridice, dove andrò senza il mio bene...
che farò, dove andrò, che farò senza il mio bene.
Per aspera ad Astra, 
le asperità conducono alle Stelle.
Un antico detto, cinese o tibetano, forse arabo-siciliano, dice così:
Caliti junku 'ca passa la China, 
caliti junku, da sira 'a matina  
Michela canta e spiega ai ragazzi che dopo la piena la canna si rialza e così sarà sempre se ognuno di noi saprà rialzarsi con l'ironia e la bellezza che ci appartiene. Grandi Momenti al Liceo Campanella.   

ps http://trollipp.blogspot.it/2016/08/antonio-saffioti-chi-ci-capisce-e-bravo.html

La ballata Dei Giorni Della Pioggia di Maria Caterina Prezioso

La farfalla, i Gormiti, Angelo, Sara e Marlene Dietrich, gli ebrei e la guerra, la scomparsa dei genitori. 
Due i personaggi nel libro. Uno si rivolge all'altra con: fa’ attenzione ai particolari, anche ai più insignificanti.
I due personaggi si incontrano su un autobus complice una farfalla e la storia si forma man mano che scorre nel dualismo di esistenze che si pensano con stima." Gentile mi ha insegnato a giocare delle buone partite. Questo non significa vincere sempre. Anzi, un buon giocatore sa che occorre a volte lasciare il tavolo da gioco a tasche vuote. Non aver nulla da perdere fa, di un buon giocatore, a suo modo un vincente. Mi sarà difficile fare a meno di lui"
Maria Caterina Prezioso fa dire alla protagonista del suo ultimo romanzo: "Mi è stata diagnosticata una malattia rarissima, non la mancanza di fedeltà, non il desiderio di vendetta rivoluzionaria, ma un coerente, spasmodico desiderio di legalità." Lei è appena entrata nella Pubblica Amministrazione.
"Un desiderio allo stadio terminale della malattia. Una legalità giustizionalista che toglie il sonno non al malato, ma a chi lo ha in cura."
Sperlonga, 8 settembre 2012, scontri e contusi... leggiamo  articoli di giornali, e intanto la storia ci riporta la Torah "Alla fine di ogni sette anni celebrerete l’anno di remissione."  

"Diventare grandi non significa rinunciare ai propri sogni.
Diventare grandi non significa neppure tramutare i propri sogni
in realtà, non sempre ci si riesce. Diventare grandi significa
forse insegnare agli altri a credere nei propri sogni, significa
forse dare una mano agli altri a scoprire quanti sogni hanno
sepolto sotto un albero del giardino incantato. Significa forse
scrivere storie.
La verità non è sempre così dolorosa come ci sembra. La
verità non è sempre così immodificabile come ci appare. Presto
apriremo una nuova stagione e sarà diversa da tutte le altre
che l’hanno preceduta. Sarà una stagione dove avverranno
strani prodigi e il sorriso tornerà a brillare sulle labbra. Sarà
una stagione particolarmente bella dove le parole si intrecceranno per raccontare storie nuove ad altri che verranno."

Due i personaggi del libro, un uomo e una donna: L'uomo si chiama Gentile, il magistrato che ha a cuore quella che è la giustizia incoerente, affermando "l’esistenza di un d’altra parte, di un ciononostante che reclamava, se pure ombra, visibilità e gratitudine dalla presunta assunzione di verità."
Gentile e poi lei, la donna, che si rende ben presto conto di esser di troppo in quell'ufficio "Ho una settimana di tempo per levarmi dai piedi, trovare un altro posto, sparire dalla loro visuale perché quadrata e perché non possiedo lo spirito di gruppo.
– Quale gruppo? Non mi è stata data risposta alcuna. Allora ho pensato velocemente. All'improvviso mi è venuto in mente Gentile. Non quello che  avrebbe fatto Gentile in questo caso. No mi è venuto in mente semplicemente Gentile, e basta."
Nel libro scritto con tensione passa la storia ultima di questi anni, la storia della dottoressa alle prese con i Gormiti, i nuovi Capi, passa la storia che si  sovrappone alla storia dell'altro, una storia dove lo studio diventa il riscatto e la  giustizia.  
Il libro esce oggi in libreria.