giovedì 9 aprile 2020

Una storia semplice di Leonardo Sciascia

«Ma che parrocchia? Io non ho parrocchia» 
Leggerò per Multimedia del Premio Comisso 2020 le ultime battute del libro "Una storia semplice" di Leonardo Sciascia, grazie all'invito degli organizzatori del Premio. 
"Riassumiamo" disse il questore. 
"Riassumiamo e decidiamo...Decida, cioè, il signor procuratore: tra poco avremo i giornalisti alla porta".
Nell'ufficio del procuratore si sta decidendo la versione da dare alla stampa. 
Intanto riassumiamo i fatti.
La sera del 18 marzo arriva una telefonata del signor Roccella in questura chiedendo che vadano da lui, perché ha da mostrare qualcosa, il brigadiere informa il commissario, mentre costui sta andando via. 
Il commissario si mostra dubbioso sulla necessità di andare e si mostra dubbioso sulla presenza del signor Roccella in Sicilia, visto che costui abita fuori da tanto tempo, invita il brigadiere di andare l'indomani, senza urgenza.
L'indomani però il brigadiere troverà il signor Roccella morto e probabilmente sparito ciò che lui voleva mostrare. 
Intanto la banda che operava, ad insaputa del signor Roccella, nella sua casa, aveva provveduto a spostare ogni cosa presso la stazione di Monterosso e gli uomini della banda avevano appena ucciso il capostazione e il manovale e ne avevano preso il posto quando arrivò al casello, per passare, ignaro, l'uomo della Volvo. 
L'uomo quindi vide gli assassini credendo fossero gli addetti al casello. 
In carcere trattenuto finisce proprio il testimone.
Il brigadiere da una serie di dettagli si accorge che il commissario fa parte della banda e lo sorveglia tanto da accorgersi del momento in cui il commissario vuole ucciderlo. 
Il brigadiere più veloce e sulla difensiva lo uccide.
Non possono il questore e il procuratore dire questo alla stampa. 
Ed ecco la versione: "Incidente" il commissario è morto per un incidente. 
Così diranno magistrato, questore e colonnello.
Una storia semplice è in realtà una storia complessa e complicata, ognuno di noi si porta con sé un fotogramma. 
Io ho con me l'uomo della Volvo, il passeggero e testimone occasionale, che finalmente rilasciato dal carcere, incontra in questura, dove era stato portato per gli adempimenti burocratici, Padre Cricco, in cotta e stola, presente lì per benedire la salma del commissario ucciso dal brigadiere. 
Padre Cricco lo ferma e chiede: "Mi pare di conoscerla: lei è della mia parrocchia?"
«Ma che parrocchia? Io non ho parrocchia» rispose l'uomo della Volvo "con gioiosa furia"
Mi innamoro dell'uomo della Volvo che cantando se ne va ed all'improvviso si ricorda dove ha visto Padre Cricco. 
Era vestito da capostazione alla stazione di Monterosso.
Pensò di tornare indietro, alla questura. 
Desistette subito dal proposito.
Riprese cantando la strada verso casa ed io con lui ridendo ce ne andiamo dicendo «Ma che parrocchia? Io non ho parrocchia» 
Ippolita Luzzo 
Qui il link della lettura https://www.youtube.com/watch?v=pAvioghTXns&feature=youtu.be

giovedì 2 aprile 2020

Gli ombricoli del 2000

Gli ombricoli del duemila.
Pezzo antichissimo 
All'alba di una nuova civiltà si affacciano gli ombricoli in un mondo di ombre ombreggianti.
Timidi e nascosti, velati e nudi, della nudità della mente, 
nudi alla meta,
si aggirano senza bussola incontrando senza incontrare altre ombre.
Voce di colui che grida nel deserto… anche loro, gli ombricoli, urlano la loro solitudine, la loro incapacità di essere felici, la loro terribile paura di dover sparire senza lasciare traccia, anche e soltanto un’orma del loro apparire nel mondo delle ombre.
Si agitano scomposti oppure rassegnati, cercano a tastoni, nella nebbia, delle ombre un viso, un  suono, una corporeità che li rassicuri.
Si danno appuntamenti col nulla, con lo sconosciuto che non vedranno mai, si chiamano a gran voce ma il suono non raggiunge, il suono non si espande, rimane fermo lì dove si è originato.
Scrivono a fiumi, concetti sopraffini che conservano ancora del mondo delle idee, della caverna antica dove un tempo abitarono gli uomini del cavernicolo degli anni novecento.
Quelli erano altri tempi, le guerre erano sangue, ora solo reportage su uno schermo bianco di comizi acclamanti, di folle oceaniche, di plauso ossequiante.
Ricordano le ombre, ricordano quel tempo gli ombricoli di ora ed allora nel tempo senza età, nel tempo del digiuno, provano a ripetere di nuovo quel tempo che loro videro passare sulle pareti lisce di una televisione.
Sono sempre presenti, ora e sempre, sulla scena antica della rappresentazione a chiedere un perché, a chiedere ragione di tanta stupidità, di tanta infamità.
Non c’è però lo spazio, proprio perché è troppo,  non c’è però l’ascolto, manca proprio il rimbalzo, l’eco, e nell'immensità noi siamo tutti uguali
Gli ombricoli di qua e gli ombricoli di là non fanno società, però scrivono, scrivono, scrivono… e poi nel buio più profondo vorrebbero sentire una voce soltanto.
La voce del silenzio, un mare di silenzio, un grande immenso mare che tutti poi nuotiamo,  il mare della morte del secolo che fu.
Nel nuovo che c’è già voliamo e ritorniamo, senza quartieri, senza legami, e l’unico legame è una connessione che ci trasporterà nel mondo di domani
A rivedere le stelle
Perché anche gli ombricoli, nel loro vaneggiare, nel loro macchinare, nell'illusorio conservano stampato un cielo sopra loro, il cielo stellato sopra noi di Kant, la legge morale dentro e l’infelicità che è la misura del vivere fra esseri che rincorrono con caparbietà un mondo felice fatto di sorrisi, luce, suoni e fantasia.
Il mondo di domani paura non avrà, perché anche gli ombricoli  una luce seguiranno,
la luce della sopravvivenza della specie … 
patrimonio dell’umanità!
Ippolita Luzzo 

Gli esseri umani dal 2011

Gli esseri umani        6 settembre 2011
Una volta gli esseri umani si frequentavano fisicamente.
Abitavano case piccole con nonni, zii, cugini.
Andavano  in chiesa e poi all'oratorio, agli scout, alle associazioni di partito.
Litigavano, facevano pace, tornavano a litigare.
Una volta gli esseri umani si salutavano, domandavano educatamente:-Come stai?- 
Aspettavano la risposta, ascoltavano.
Non era  l’eden, ma  gli esseri umani esistevano, avevano valore e molti per affermare quei valori persero la vita.
Non è stato tanti anni fa, forse fino agli anni ottanta, fino agli anni novanta, poi il cellulare il computer internet hanno ribaltato il mondo delle relazioni e noi senza educazione  all’uso siamo tutti impazziti.
Sono mezzi nuovi e bellissimi per rapportarci, sono realtà di fiaba, penso che sia una bellissima opportunità, ma senza una disciplina è come essere davanti un tavolo troppo pieno di leccornie senza nessuno che ci dica basta.
Una gigantesca bolla dell’altrove, del virtuale, sempre più immensa ha cominciato a gonfiarsi nelle nostre teste, nelle nostre strade, nei nostri figli.
SMS, messaggi, squilli, richiami, dipendenze, computer acceso ,sempre lì su facebook, messenger, sui siti, sui blog.
Gli esseri umani, senza più età, senza più viso, senza responsabilità  hanno cominciato a vagare frastornati  nei tanti amici, nei troppi incontri,  nelle offerte e nei rifiuti, in una notte troppo nera.
Scrivono, quanto scrivono!
Scrivono inventando, scrivono e riscrivono in un nulla di falsità.
Hanno un avatar, un nickname, hanno tutto ma non son loro, sono altri, sono alieni, sono solo immaginari.
Possono solo ingannare chi si fida, chi ci crede, possono poi turlupinare chi è ancora in buona fede.
E’ un gioco, ti diranno, dai, non fare la puritana
Per chi crede ancora nella sincerità sembra che spazio non ce ne sia più, viene chiamata predicatrice, senza il velo della ironia, senza un briciolo di fantasia.
Ogni parola cambia  nel mondo di social network, ogni parola  è trasformata piegata in un server  che non serve.
Mi spaventa e poi mi attira, mi sconvolge la dinamica e l’incredibile dipendenza del mezzo sullo scopo, del finto sul reale.
Dovremmo dirlo ai nostri figli, dovremmo essere inflessibili, severi, ma proprio non possiamo perché anche noi adulti giochiamo, sì giochiamo a fare i nuovi seduttori.
Seduci tu che seduco anch'io, oggi ho trent'anni, domani sessanta, oggi ti adoro domani nemmeno ti conosco,  e tu chi mai sarai? 
Son queste le domande esistenziali  che ci agitano negli anni duemila ,mentre tutto si stravolge, mentre vengono mangiati dai pesci  uomini  come noi.
Ma a noi che cosa importa se non c’è più un ospedale, se i rifiuti ci  avvelenano, se qualcuno s’è impiccato!
Lì sui siti non importa se tu hai avuto un brutto guaio, se per caso stai male, se hai fatto un incidente colossale!
Che importa!
Tu non esisti, non esiste nemmeno l’altro, può sparire all'improvviso, può mandarti a quel paese, Online, di sicuro!
Non conosco, non conosci, siamo proprio tutti matti, siamo matti veramente  se non freniamo in tempo!
Il tempo del reale  non quello del virtuale!
Gli esseri umani esisteranno ancora fino a quando ci sarà uno solo che chiederà ad un altro -Come stai?- ed ascolterà la sua risposta con attenta comprensione.
Ippolita Luzzo 

                                                            

mercoledì 1 aprile 2020

La Regola di Ettore Zanca

Da Ettore Zanca:
"Quando viene emanata una regola da rispettare, c'è chi ubbidisce e chi, purtroppo la vede come qualcosa da aggirare o fraintendere".
Ecco, come diceva un mio professore di diritto.
Anche noi come Ettore e come il suo professore di diritto crediamo che avvenga così ogni qualvolta una regola sia emanata, una legge dello Stato venga promulgata. 
Ognuno, a secondo di come ne veda beneficio, è pronto a farne quello che reputa più consono al suo sentire e al suo guadagno. Ed io credo che ognuno di noi si comporti a seconda di ciò che capisca. Quindi il nostro comportamento è la spia di ciò che noi intelligiamo: Intelligere, un verbo di difficile coniugazione - Dialogare, comprendersi, trovare nelle conversazioni punti di contatto è diventato un risultato presso che irraggiungibile in un'epoca come la nostra.
Indubbiamente crediamo che la maggior parte dei cittadini ubbidiscano, alcuni fin troppo tanto da diventare così zelanti da trasformarsi nel caso attuale in delatori, nel denunziare chi la regola non ottemperi, e ci saranno invece altri che troveranno il modo di aggirarla. 
Nel momento che viviamo le regole emanate ci dovrebbero proteggere dall'infettarci di un virus insidioso, sono regole a nostro vantaggio, eppure eppure ci sono tante varianti nei comportamenti umani.
Mi auguro e ci auguriamo tutti di riuscire ad accettare le regole dopo averle capite. Se non si capiscono non si accetteranno.
Intanto conosciamo e leggiamo Ettore Zanca nei suoi libri e nel post di oggi:
Ettore Zanca:Visto che ha funzionato per spiegare la parte del decreto che riguardava chi correva, ci riproviamo con la nota del Viminale.

Il Viminale ha pubblicato una circolare nella quale interpreta e chiarisce le regole governative, concedendo una passeggiata nei pressi dell'abitazione a un genitore con un figlio, per poco. Si concede lo stesso diritto anche ad anziani e disabili bisognosi di accompagnamento. Come voi, ben sapete. Punto, punto e virgola, due punti.

L'italiano scrupoloso apprende la regola. La comunica in famiglia e fa un giretto col pargolo, lontano da tutti, stando attenti alle distanze e non allontanandosi. Dopo ritorna a casa e attende pazientemente la fine di questo momento tremendo.

L'italiano per cui queste "concessioni" non sono altro che finestre con vista sulla caciara in ordine:

Organizzerà tornei di calcetto condominiale con tutti i figli a disposizione, più quelli dei vicini, in più chiamerà per salsicciata clandestina pure il cognato che abita nell'altro quartiere che tanto "siamo stati tutti a casa, cosa può succedere?".

Uscirà col figlio, poi con l'altro figlio, poi uscirà la mamma con i figli invertiti, poi usciranno papà e mamma da soli, poi papà per buttare l'immondizia, poi mamma per fare la spesa, poi viceversa perché mamma per errore ha buttato l'arrosto e papà ha dimenticato le pesche sciroppate che non possono assolutamente mancare a casa (storia vera vista ieri, questa delle pesche). Poi torneranno a casa, faranno uscire a turno il cane e poi a turno il nonno che li maledirà fino alla settima generazione perché non vuole uscire.

Cercherà di capire se il figlio della dirimpettaia con cui ha avuto un'avventura gli somigli davvero, per un rapido procedimento di riconoscimento della paternità e conseguente diritto alla passeggiata.

Uscirà con la moglie incinta perché "tanto non è specificato quanto piccolo deve essere il figlio".

Uscirà con una donna con figli scelta a caso "perché di botto sento un forte desiderio di paternità".
Uscirà con diverse donne ma senza figli "perché sento forte il desiderio della paternità ma non ho ancora deciso con chi fare un figlio e ci vuole un approccio per scegliere e comunque il Viminale non specifica che se si se esce con figli, i figli debbano essere esistenti".

A Vimina', damme retta, speriamo bene. Quando vi siete avventurati al Governo con i runners ve ne siete pentiti. Perché la verità l'ha detta ieri un mio amico esponente delle forze dell'ordine.
"Quando viene emanata una regola da rispettare, c'è chi ubbidisce e chi, purtroppo la vede come qualcosa da aggirare o fraintendere".
Ecco, come diceva un mio professore di diritto, questa frase è da vergare in oro su tavola di marmo.
Ippolita Luzzo 

Biografia di Ettore Zanca: Sono nato a Palermo il 18 settembre del 1971. Sono laureato in giurisprudenza e attualmente vivo a Colleferro, in provincia di Roma, sono sposato e ho un figlio di quattro anni. Sono consulente legale, ma ho la passione per la scrittura. Da un paio d’anni ho messo più dedizione in questa passione, iniziando a scrivere racconti di narrativa, sfociati in una raccolta attualmente in visione ad alcune case editrici, intitolata E vissero tutti feriti e contenti
Ettore Zanca:Palermo 1971- Scrive storie. Umanità varia e calcio, tra gli argomenti preferiti.
Blogger per Io Gioco Pulito, blog sportivo del Fatto Quotidiano. Col
Ha collaborato con: Cose da fare in Sicilia, Rosalio, Giornalettismo, L'Ora quotidiano, Chizzocute, Moonstudio, La valle dei templi, Calcio Extra time, Iovel, Ingresso libero, Informazione libera, Il Gazzettino di Sicilia e Live Sicilia.
Books
Ianieri Edizioni - E vissero tutti feriti e contenti, con prefazione di Enrico Ruggeri. Santa Muerte.
Montegrappa edizioni -   Polvere. SipSEC - Meglio essere Peter Parker. Coppola Editore​-  collana Il pizzino della legalità - Zupì e gli infedeli, la favola di don Pino Puglisi e,insieme a Daniela Gambino, Vent’anni sulle stragi del 1992 - vincitore del premio speciale Gesti e parole per la legalità 2012. Cartacanta Edizioni -  Zisa Football club - raccolta Si sente la voce.
Gemma edizioni - N1 vite - Stiamo arrivando. Urban Apnea edizioni - Oltre la linea bianca. La giostra della memoria

sabato 21 marzo 2020

Elena Giorgiana Mirabelli Configurazione Tundra

"Andava ripetendo come fosse la sua unica dimensione, quella del presente e che fosse necessario abituarsi a sentirla, farla diventare tangibile attraverso una serie di esercizi. Lea non ha mai trovato prove della verità e della validità di quegli allenamenti." Lea sta cercando di Marta Fiani, architetta responsabile del progetto Tundra. sparita quando Lea, sua figlia, è una ragazza. Ora nella casa di Lea vive Diana ed è Diana a fare un riordino, una raccolte di carte, nelle carte di Lea,  per capire chi sia stata Marta Fiani e cosa abbia significato il progetto Tundra e come abbia modificato le persone e i loro rapporti. 
Leggo questo libro uscito per la casa editrice Tunuè proprio in questi strani giorni di esperimenti sul modo con cui trattare un virus che ha modificato la vita del mondo intero.
Sembriamo noi i personaggi del progetto Tundra e come sempre sappiamo in che modo autori sensibili riescano a intercettare le inquietudini e gli sconvolgimenti del futuro.
Fiani Marta è realmente esistita, nella bibliografia Elena Mirabelli cita a suo nome Costellazioni e Sciami. Uno studio di logica della spiritualità a cura di La Guida.
E sempre da La Guida troviamo Saggi di architettura emozionale. 
La storia ha percorso un sentiero spirituale fatto di esercizi, esercizi di meditazione, come quelli inerenti al tai chi, e avendo un'amica che fa simili esercizi per raggiungere l'energia posso dire di aver sentito, da profana, nella scrittura l'energia del Tai Chi. 
"Marta Fiani sviluppava i concetti di limite e distanza parlando di cellule e di corpi, e di distanza fra gli ego.
L'unica questione?Quella del bordo e del limite.
...
Sentire l'elasticità dei muscoli. E dell'aria comune. " Mi sembra di sentir parlare la mia amica, che Elena conoscerà quando riusciremo a tornare nelle frequentazioni possibili.
La tundra, il progetto utopistico di rendere gli uomini felici, 
la Città-Bioma, costruita seguendo i dettami di decoro, efficienza e sicurezza.
Lea però vede solo la scomparsa della madre, portata via dalla Guida, in una macchina scura.
Restiamo ingabbiati e sorpresi in un congegno che ci ricorderà scenari di fantascienza se non fosse già abbastanza folle e sconvolgente il momento che stiamo vivendo.
Restiamo con Lea, di nove anni, per mano, guardando la storia andare via.
Nella configurazione Tundra
Ippolita Luzzo 

venerdì 20 marzo 2020

Taccuino delle piccole occupazioni di Graziano Graziani

Sono di ritorno dalla chemioterapia mensile e quale conforto e compagnia più esaltante può essere la lettura!
Accompagno la lettura con questo mio piccolo pezzo intanto che il farmaco va. Il mio problema è stato risolto con un intervento chirurgico ma ora una pandemia affligge il mondo intero.
" Che fare di fronte a un problema insolvibile? Ciò che ha sempre fatto l'uomo nel corso dei secoli: usare l'immaginazione. L'immaginazione è l'unico surrogato possibile per completare il film della nostra vita, sostiene Girolamo, perché è l'unico modo in cui possiamo far coincidere il punto di vista, o meglio la visuale di ripresa. Anche se cambia la natura dell'oggetto, che in un caso è reale e nell'altro è immaginario, la telecamera che riprende siamo comunque noi, lo sguardo è il nostro, siamo noi i testimoni privilegiati. Passare dalla realtà all'immaginazione è come cambiare qualità della pellicola, ma l'obiettivo che riprende resta lo stesso. Ecco spiegata la confusione che tanta gente fa tra realtà e finzione, pensa Girolamo" 
Girolamo Girolimoni, ha un nome di un personaggio di cui la cronaca nera si è occupata nei tempi passati, essendo stato denominato il mostro di Roma, ed al quale vennero date colpe di crimini che non aveva commesso. Il nostro Girolamo si sente anche lui accusato ingiustamente di qualcosa e si sente perseguitato, ma Girolamo è anche il nome di uno dei Padri della Chiesa. Ed è bello poter spostare il nostro punto di vista sul nome con la conoscenza. 
Mi è molto familiare Girolamo, il protagonista del libro, alle prese con le sue piccole occupazioni, perché è del segno dei pesci, come mio marito, come mio figlio, come la mia luna in pesci, e insieme sentiamo, noi due, io e Girolamo,  di essere ai confini di nuovi mondi e di nuovi modi di vivere. 
Girolamo è nato il 29 febbraio, un giorno che non esiste, o per meglio dire un giorno presente nel calendario ogni quattro anni per far tornare i conti di un calcolo sbagliato del calendario. 
Graziano Graziani ci presenta questa uomo con dettagli minimi, e nello scrivere di lui scrive di tutti noi alle prese ora con certificazioni in cui dobbiamo dichiarare chi siamo e dove andiamo, perché andiamo, una dichiarazione sostitutiva dell' atto notorio che dobbiamo tenere in macchina. 
Sapeva Graziano che il suo libro sarebbe uscito all'alba livida di un divenire pandemico? non credo, ma lo sentiva nell'aria e ci ha regalato un orologio, anzi un orologiaio, un uomo che possa mettere a posto il meccanismo del tempo e dei ricordi, che possa unire realtà e immaginazione nella storia personale di noi lettori.
Amerete moltissimo il libro di Graziano Graziani, amerete moltissimo il suo personaggio, ameremo moltissimo insieme a lui passeggiare nei boschi narrativi di Graziano, boschi che non ci saranno mai preclusi, perché sono i boschi della letteratura. 
Sempre grata nel Regno Della Litweb alla splendida collana "Romanzi" della Casa Editrice Tunué 
Il prossimo pezzo sarà per Elena Giorgiana Mirabelli: evviva voi
Ippolita Luzzo 

martedì 17 marzo 2020

Piccole Apocalissi di Livio Santoro

Non ho idea di chi abbia deciso che io avrei dovuto leggere e innamorarmi di queste Piccole Apocalissi, racconti brevi e suggestivi, omaggi ad altrettanti bravissimi scrittori del nostro tempo andato.
Fatto sta che da ieri io sto in fascinazione autentica ringraziando la mia buona stella o meglio dire il Regno della Litweb che mi permette queste meraviglie. 
Certo avrei dovuto accorgermi prima di Livio Santoro, autore di racconti apparsi su riviste che io leggo e stimo moltissimo quali fucine di buona letteratura: Crapula Club, Achab, Flanerì, tanto per citarne alcune. 
Avrei dovuto incontrarlo nella Classifica di Qualità dell'Indiscreto, Classifica dove vengono segnalate le più interessanti uscite dell'ultimo trimestre, e dove anche io faccio parte come giuria. 
Non riesco a ricordare il momento ma ora che lui è qui ne sono felicissima. 
Finito di stampare il 29 gennaio 2020 da Edicola Ediciones, casa editrice abruzzese, nata con l'intento di costruire un ponte di libri e cultura tra l'Italia e il Cile, questo lavoro di Livio Santoro vi sorprenderà malgrado ora la realtà ci abbia depistato e sconvolto tutti. 
Pezzi, frammenti, bozzetti, apologhi, "Nelle vuote stanze" ci sono infinite cose, Livio ci invita a guardare nelle vuote stanze.
"Nelle vuote stanze ci sono infinite cose: esse spariscono quando apriamo la porta e profaniamo il silenzio con i nostri passi...Ma quando, di nuovo fuori, richiudiamo la serratura, ebbene lì dentro, nelle vuote stanze, quelle cose sono di nuovo infinite, di nuovo infinite"
Leggiamolo con trepidazione questo insieme di riflessioni, di immaginazione, di stupore fino ad "Epidemia" e guarderete stupefatti la mappa della città degli ultimi decenni, i puntini rossi sulla mappa per vedere la terribile evoluzione del morbo, ancora esistente nella fantasia dell'autore.
Ogni storia sembra rovesciata di senso, come nella "Stella cometa", ogni cosa vi sembrerà diversa dopo aver letto "L'ultima cena" e imparerete le parole del "L'Avanguardista"
Sono giochi di incastri letterari che forse ci ricordano altri giochi e ne godiamo proprio perché ne riconosciamo la fratellanza con una parte del fantastico letto durante l'adolescenza, e ci sentiamo anche noi come il giovanissimo Antonino di " Piccole Apocalissi", anche noi guarderemo nella polvere per vedere le stelle, nella luce filtrante tra le tende delle finestre.
 Anche noi guarderemo dove vanno a finire le stelle, ammaliati.
Accumuleremo anche noi come "Lo speranzoso accumulatore"e conserveremo la trasparenza della lettura limpida e ringrazieremo l'autore di portarci un po' più in là, via dalla strettoia in cui dobbiamo stare mentre "Fuori" le nuvole e qualsiasi altro liquido compongono il nostro volto e parlano la nostra lingua. 
Seguendo Livio sono arrivato a Peppe Millanta e mi piacerebbero si conoscessero nel Regno della Litweb, un luogo dove le nuvole sono solide basi su cui partire verso nuovi orizzonti.
Ippolita Luzzo