"Le persone non cambiano, si rivelano."
Leggo e conservo dai tuoi racconti, avuti in anteprima e ora accompagnati in libreria appena ho avuto la notizia che sono stati pubblicati.
Non so se sia un diario, uno zibaldone di pensieri, bozzetti e frammenti, so però che si seguono e si leggono come se ci appartenessero.
Esiste sicuramente un filo conduttore che ci lega, dai ricordi dell'infanzia, alle relazioni amicali, dal voler parlare di uomini e donne che noi stimiamo e vorremmo fossero conosciuti da tutti, al grande amore verso la letteratura. Questo è tutto ciò che ci accomuna e ci fa sentire quella comunità di anime che si incontrano. Lei ci regala sprazzi, attimi, visioni di tempo, di ciò che ha conservato, ne fa dono.
"La mamma che canta e tutto canta con lei" scopriamo che la mamma è un ricordo della bimba di otto anni, e " Voglio ricordarti così" dedicato a chi ha preso il posto della mamma, andata via troppo presto.
" La spiaggia deserta che mi dà la giusta distanza" e ricordi la Fossey, affinché tutti ricordino lei, una zoologa statunitense che ha
dedicato gran parte della sua vita all'osservazione e allo studio dei gorilla. Dian Fossey fu assassinata la sera del 26 dicembre 1985 nella sua capanna a colpi di panga, un bastone usato dai bracconieri per uccidere i gorilla. Farley Mowat, il biografo di Fossey, ha scritto nel suo libro Woman in the Mists, che la morte della studiosa è da attribuire a chi in Ruanda non aveva interesse alla salvaguardia dei gorilla o chi vedeva in Fossey una minaccia alla attività turistica della regione
" Nel paradiso perduto dentro di noi incontriamo una rete di anime che ci tendono le mani. Nel paradiso perduto possiamo rivivere le nostre esperienze e perdonare. Nel paradiso perduto possiamo imparare persino a perdonare noi stessi. Ed è la cosa più difficile"
Sono pensieri sparsi che si susseguono, pensieri sull'amicizia, desiderata, rispettata, il trovarsi fra amici, e pensieri sulla casa abitata, nella " Serenità del caos", e pensieri su cosa sia realtà di un singolo individuo, da cosa venga creata, nell'immaginario.
" La realtà sarà superiore a qualunque aspettativa, perché tu in realtà conosci già il tuo futuro. Il futuro già c'è perché esiste il destino."
Ogni cosa è intrecciata e quando arriverà il presente tu lo riconoscerai. Mi piace che ciò di cui si era parlato, ciò di cui si era pensato possa essere un atto del presente, del momento continuo di un cogitare.
Nella somiglianza delle nostre elaborazioni c'è "la capacità di comprendere il ritmo delle azioni silenziose" e con questa stupenda immagine di comunicazione voglio salutare il libro, con la felicità immensa di essere io la prima a parlarne nel regno inesistente della Litweb, dopo la prefazione recensione di Davide Grittani che di Lidia scrive: "Non è una narratrice, perlomeno
non nel senso più profondo e consapevole del termine. Forse più una distillatrice di versi. Lo si capisce dalle continue incursioni della poesia nella sua prosa, dal fatto che molto spesso la narrazione ceda il passo all'estasi, l’atmosfera delle parole all'incanto dei periodi
sospesi" ed ancora "Ma proprio la consapevolezza di non poter reggere la perfezione di un racconto compiuto, la
dannazione di un romanzo esemplare, consentono a Lidia Popolano di accamparsi in una terra di mezzo in cui allestire una propria dimora provvisoria eppure eterna"
Una specie di campo d'accoglienza per richiedenti asilo, ci dice ancora Davide Grittani e noi lettori concordiamo, ben felici di far parte di questo mondo senza età, della chimera che si chiama letteratura.
A grandi cose con Rinascite
Di Lidia Paola Popolano continuiamo a seguire i suoi pensieri, le sue sceneggiature, le sue poesie. Finalista in molti concorsi nazionali, Lidia ha da tempo conquistato il suo posto in Litweb.
Ippolita Luzzo
sabato 28 settembre 2019
mercoledì 4 settembre 2019
Le scortesie come opportunità
Fin quando non ci fiaccano inesorabilmente, le scortesie possono essere un modo come un altro per insegnarci a reagire.
Parlo delle scortesie che supponiamo di ricevere perché di quelle che facciamo noi verso altri, in modo volontario o involontario, nemmeno ci accorgiamo, nemmeno se, chi ha ricevuto da noi la scortesia, riesce a dircelo.
Noi allora negheremo di aver mai avuto quell'atteggiamento, di aver noi scaricato per prima, di aver noi voluto quell'incarico o aver noi voluto apparire al posto dell'altra.
Noi mai abbiamo fatto sgarberie! Noi mai.
Va da sé quindi che se interrogheremo chiunque se avrà mai fatto sgarberie nessuno ne confesserà e ci resterà quindi il dubbio di vivere in uno strano paradiso di gentilezza ed educazione e di non esserci mai accorti di ciò.
Non è così però, visto che in tanti si lamentano di ricevere scortesie, alcune pesanti, come la mancata corresponsione finanziaria di un lavoro, altre meno percepibili ma altrettanti gravi, come il mancato riconoscimento per la risoluzione di un progetto, il mancato riconoscimento per aver creato un evento e favorito contatti e conoscenze.
Siamo dunque al guado per capire chi mai farebbe queste scortesie se nessuno se ne confessa artefice e in tanti vediamo continuare a saltare e a cancellare proprio quella mano che li ha favoriti.
La mano dimenticata, la persona dimenticata, colei che ha avuto l'idea, rimane così a rimuginare in solitaria malinconia di aver ricevuto un torto.
Quanti stanno a rimuginare! Se io lo domandassi qui chissà quanti saprebbero dire di aver ricevuto sgarberie da colleghi, da suoceri e cognati, da fratelli e sorelle, perfino dagli stessi genitori, da mariti o mogli, da amiche e altro.
Forse gli unici che non ci hanno fanno e non faranno sgarberie sono proprio quelli che consideriamo nemici perché la scortesia è proprio un gesto di chi non ti aspetti, di chi ti è più caro, di chi ti fidi, di un intimo, di un socio, di un compagno e non un gesto di un nemico, perché in quel caso te lo aspetti e sei più guardingo.
Dunque alcuni gesti scortesi ci possono fiaccare proprio perché vengono da un ambiente dove si opera, dove si ripone fiducia e si condividono idee, ci si confronta e ci si lega di affettività, convinti che noi saremo al loro fianco nella realizzazione di ciò in cui credevamo insieme.
Se si vive e si scegli di vivere nel ruolo pubblico delle relazioni con gli altri poi tutto si amplifica e dal mio osservatorio raccolgo moltissime lamentele: C'è chi si è tanto dato da fare per un evento e poi se lo vede sfilato dalle mani oppure chi non solo non viene riconosciuto ma deve subire che si diffondano strane dicerie e maldicenze totalmente infondate sulla sua persona.
Un vero martellamento.
Nel continuo lavorio di una mente allenata al ragionamento però non deve mancare il momento della decisione, del non farsi travolgere dai gesti altrui, dai sussurri e grida che inavvertitamente si intercettano e diventano scortesie verso la nostra persone.
Tutto quindi gira nella giostra umana, nella commedia umana, direbbe Balzac, o nella bestia umana alla Zola, insomma nulla di nuovo sotto questo cielo per dirla con Mogol e Battisti, cantata da Mina.
Resistere Resistere Resistere sembra che ci dicano scrittori e cantanti, visto che proprio nell'ambiente letterario o sedicente culturale le scortesie allignano, crescono e si riproducono con la facilità degli incontri e la piacevolezza degli scontri.
Ippolita Luzzo
Parlo delle scortesie che supponiamo di ricevere perché di quelle che facciamo noi verso altri, in modo volontario o involontario, nemmeno ci accorgiamo, nemmeno se, chi ha ricevuto da noi la scortesia, riesce a dircelo.
Noi allora negheremo di aver mai avuto quell'atteggiamento, di aver noi scaricato per prima, di aver noi voluto quell'incarico o aver noi voluto apparire al posto dell'altra.
Noi mai abbiamo fatto sgarberie! Noi mai.
Va da sé quindi che se interrogheremo chiunque se avrà mai fatto sgarberie nessuno ne confesserà e ci resterà quindi il dubbio di vivere in uno strano paradiso di gentilezza ed educazione e di non esserci mai accorti di ciò.
Non è così però, visto che in tanti si lamentano di ricevere scortesie, alcune pesanti, come la mancata corresponsione finanziaria di un lavoro, altre meno percepibili ma altrettanti gravi, come il mancato riconoscimento per la risoluzione di un progetto, il mancato riconoscimento per aver creato un evento e favorito contatti e conoscenze.
Siamo dunque al guado per capire chi mai farebbe queste scortesie se nessuno se ne confessa artefice e in tanti vediamo continuare a saltare e a cancellare proprio quella mano che li ha favoriti.
La mano dimenticata, la persona dimenticata, colei che ha avuto l'idea, rimane così a rimuginare in solitaria malinconia di aver ricevuto un torto.
Quanti stanno a rimuginare! Se io lo domandassi qui chissà quanti saprebbero dire di aver ricevuto sgarberie da colleghi, da suoceri e cognati, da fratelli e sorelle, perfino dagli stessi genitori, da mariti o mogli, da amiche e altro.
Forse gli unici che non ci hanno fanno e non faranno sgarberie sono proprio quelli che consideriamo nemici perché la scortesia è proprio un gesto di chi non ti aspetti, di chi ti è più caro, di chi ti fidi, di un intimo, di un socio, di un compagno e non un gesto di un nemico, perché in quel caso te lo aspetti e sei più guardingo.
Dunque alcuni gesti scortesi ci possono fiaccare proprio perché vengono da un ambiente dove si opera, dove si ripone fiducia e si condividono idee, ci si confronta e ci si lega di affettività, convinti che noi saremo al loro fianco nella realizzazione di ciò in cui credevamo insieme.
Se si vive e si scegli di vivere nel ruolo pubblico delle relazioni con gli altri poi tutto si amplifica e dal mio osservatorio raccolgo moltissime lamentele: C'è chi si è tanto dato da fare per un evento e poi se lo vede sfilato dalle mani oppure chi non solo non viene riconosciuto ma deve subire che si diffondano strane dicerie e maldicenze totalmente infondate sulla sua persona.
Un vero martellamento.
Nel continuo lavorio di una mente allenata al ragionamento però non deve mancare il momento della decisione, del non farsi travolgere dai gesti altrui, dai sussurri e grida che inavvertitamente si intercettano e diventano scortesie verso la nostra persone.
Tutto quindi gira nella giostra umana, nella commedia umana, direbbe Balzac, o nella bestia umana alla Zola, insomma nulla di nuovo sotto questo cielo per dirla con Mogol e Battisti, cantata da Mina.
Resistere Resistere Resistere sembra che ci dicano scrittori e cantanti, visto che proprio nell'ambiente letterario o sedicente culturale le scortesie allignano, crescono e si riproducono con la facilità degli incontri e la piacevolezza degli scontri.
Ippolita Luzzo
sabato 31 agosto 2019
Al Castello di Caccuri. 7500 visualizzazioni
Sono quasi 7500 le visualizzazioni su questo video.
Vogliamo arrivare ad 8000?
Così, per gioco. https://www.facebook.com/www.telecaccuri.it/videos/502291720336748/
Vogliamo arrivare ad 8000?
Così, per gioco. https://www.facebook.com/www.telecaccuri.it/videos/502291720336748/
lunedì 12 agosto 2019
L'Officina del Racconto a cura di Rino Garro
"Ummagumma è vivo" Una telefonata ti salva la vita, dalla serie possiamo ricevere telefonate che ci ricordano un brano dei Pink Floyd, che ci ricordano quel momento importante, quel ricordo che possiamo avere solo in due, solo quei due. E poi il disco si trova, perché il disco è in cantina, fra lampade e sedie, e tanta polvere, in mezzo ai Genesis e a Bob Dylan, a James Taylor e Simon & Garfunkel, il primo Edoardo Bennato e De Gregori, Ummagumma è lì.
Nella letteratura dei ritrovamenti si ritrova un foglio di saluto, nel saluto degli affetti mai taciuti, sempre vivi.
Il Laboratorio Artigiano di Fantastica è un cantiere-officina ideato e guidato da Rino Garro per gli studenti dell’IIS Leonardo Da Vinci di Firenze. Più di centocinquanta studenti, divisi in gruppi, con otto capi cantieri, hanno dato vita all’Officina del racconto. I capicantieri sono alcuni dei più bravi scrittori italiani: Valerio Aiolli, Elisa Biagini, Enzo Fileno Carabba, Rino Garro, Emiliano Gucci, Alessandro Raveggi, Vanni Santoni, Marco Vichi.
Viva la Scuola, scrive Rino Garro nei ringraziamenti e viva la scuola diremo noi il 22 agosto presso la Mondadori Bookstore facendo conoscere L’Officina del racconto.
La costruzione di una storia, Andate via, Il mondo della fantasia, poesie e racconti: Copia e incolla, Le stagioni della moda.
Scrivere non è mai inutile, nella postfazione di Marco Vichi, un’occasione di entrare nel nostro mondo interiore, qualcosa che era sconosciuto fino a poco prima anche a chi lo sta scrivendo. Siamo costretti quasi dalla scrittura a fare chiarezza perché dobbiamo raccontare quella storia agli altri e per saper fare ciò dobbiamo raccontarla a noi stessi.
Un viaggio nella conoscenza di chi siamo e del mondo intorno a noi, è questo l’esercizio della scrittura.
Nella prefazione a cura di Rino Garro stiamo con lui, nel momento iniziale, nel momento in cui l’insegnante entra nell'aula, saluta, e ricorda in quel preciso istante che anche lui è stato alunno, ricorda i suoi professori, ed anche a lui ora spetta un compito.
Eccolo distribuire i fogli e invitarli a inventare storie. È faticoso ma un verso lo aiuta: The child is father of the man. Il fanciullo è il padre dell’uomo.
Leggo in questa splendida raccolta di racconti a cura di Rino Garro un sogno che continua dopo svegli. "Andate via" si intitola e intanto io mi domando:-Quanto sono fra noi i sogni? Quanto abitano una realtà che ha sicuramente più piani? Quanto?- Io già lo so. Il sogno è uno strato di realtà, il sogno ci insegue e ci porta indietro, come l'infanzia, come i tanti io che fanno parte della nostra integrità.
Cantando alla maniera di Don Backy Canzone: Nel più bel sogno ci sei solamente tu, sei come un'ombra che... tornerà sotto forma di letteratura. Nella grazia del racconto, nell'Officina di Rino Garro.
Ippolita Luzzo
Nella letteratura dei ritrovamenti si ritrova un foglio di saluto, nel saluto degli affetti mai taciuti, sempre vivi.
Il Laboratorio Artigiano di Fantastica è un cantiere-officina ideato e guidato da Rino Garro per gli studenti dell’IIS Leonardo Da Vinci di Firenze. Più di centocinquanta studenti, divisi in gruppi, con otto capi cantieri, hanno dato vita all’Officina del racconto. I capicantieri sono alcuni dei più bravi scrittori italiani: Valerio Aiolli, Elisa Biagini, Enzo Fileno Carabba, Rino Garro, Emiliano Gucci, Alessandro Raveggi, Vanni Santoni, Marco Vichi.
Viva la Scuola, scrive Rino Garro nei ringraziamenti e viva la scuola diremo noi il 22 agosto presso la Mondadori Bookstore facendo conoscere L’Officina del racconto.
La costruzione di una storia, Andate via, Il mondo della fantasia, poesie e racconti: Copia e incolla, Le stagioni della moda.
Scrivere non è mai inutile, nella postfazione di Marco Vichi, un’occasione di entrare nel nostro mondo interiore, qualcosa che era sconosciuto fino a poco prima anche a chi lo sta scrivendo. Siamo costretti quasi dalla scrittura a fare chiarezza perché dobbiamo raccontare quella storia agli altri e per saper fare ciò dobbiamo raccontarla a noi stessi.
Un viaggio nella conoscenza di chi siamo e del mondo intorno a noi, è questo l’esercizio della scrittura.
Nella prefazione a cura di Rino Garro stiamo con lui, nel momento iniziale, nel momento in cui l’insegnante entra nell'aula, saluta, e ricorda in quel preciso istante che anche lui è stato alunno, ricorda i suoi professori, ed anche a lui ora spetta un compito.
Eccolo distribuire i fogli e invitarli a inventare storie. È faticoso ma un verso lo aiuta: The child is father of the man. Il fanciullo è il padre dell’uomo.
Leggo in questa splendida raccolta di racconti a cura di Rino Garro un sogno che continua dopo svegli. "Andate via" si intitola e intanto io mi domando:-Quanto sono fra noi i sogni? Quanto abitano una realtà che ha sicuramente più piani? Quanto?- Io già lo so. Il sogno è uno strato di realtà, il sogno ci insegue e ci porta indietro, come l'infanzia, come i tanti io che fanno parte della nostra integrità.
Cantando alla maniera di Don Backy Canzone: Nel più bel sogno ci sei solamente tu, sei come un'ombra che... tornerà sotto forma di letteratura. Nella grazia del racconto, nell'Officina di Rino Garro.
Ippolita Luzzo
martedì 6 agosto 2019
Matteo Meschiari Nelle terre Esterne Mucchi Editore
Matteo Meschiari in Lettere Persiane Collezione di saggi critici diretta da Luigi Weber.
La critica è una "lettera persiana", come Montesquieu ci racconta nella sua opera, una grande raccolta cronologica di lettere che, alcuni giovani persiani che visitano l’Europa e sostano per un certo periodo in Francia, si scambiano con i loro parenti e conoscenti orientali.
Si ricorre sempre allo stratagemma dell'altro, di come ci vedano coloro che vengono da un altro paese, come anche nell'Urone di Voltaire, per rompere quella "lastra di ghiaccio" che immobilizza il pensiero nelle abitudini e consuetudini del luogo e del tempo. Compito della critica è permettere il movimento di pensiero, permettere che la curiosità sia possibile, permettere un passaggio da una sponda ad un'altra.
"Nelle Terre Esterne" è il titolo di una raccolta di saggi di Matteo Meschiari, già ricercatore in Discipline Demoetnoantropologiche, professore associato in Geografia all'Università di Palermo.
Lo studio della geografia umana, l'ecologia culturale sono materia dei suoi studi ed io sento molto vicini al Regno della Litweb tutto ciò che leggo nei suoi saggi pubblicati come "Esercizi di lettura terrestre" così li chiama Matteo Meschiari ricordando un titolo e un libro del 1939 di Gianfranco Contini "Esercizi di lettura".
Un libro decisivo per la critica letteraria del Novecento, ci dice Andrea Cortellessa del libro di Contini, nella Prefazione alle Letture Terrestri di Matteo Meschiari, "un modo di conoscere il mondo attraverso il paesaggio, attraverso la terra".
Gli studi fatti ci permettono di leggere a partire del "Pensiero selvaggio" di Claude Lévi-Strauss del 1962 e di giungere al 2008 di Meschiari che pubblica "Sistemi selvaggi", e comprendere la complessità del "pensiero aperto, acentrico asimmetrico e anarchico" così da spezzare quella lastra di ghiaccio di cui parlava Montesquieu.
Il coraggio è la leva con cui la conoscenza si fa largo in una discussione, ora che, parlando, ogni cosa si svuota di significato, quasi come in un sortilegio magico.
Diventa un vuoto il paesaggio, la parola cultura una vera beffa, e serve, quasi come un imperativo, raccogliere e conservare per donarli nel silenzio della lettura "Saperi geo-logici".
In questa raccolta di saggi il paesaggio letterario va da Sbarbaro a Gadda, da Stoppani a Biamonti ed è una griglia immaginata per far risaltare come il paesaggio e la parola fanno "rizoma assieme"in un innesto fra uomo e natura. Fra terra e uomo.
Ascoltiamo Leibniz e l'evento iniziale che è all'origine delle cose: la separazione della luce dalle tenebre, ci ricorda Matteo nel suo saggio su Carlo Emilio Gadda, Cosmografie di carta, e gusteremo ogni squarcio di luce ogni ombra rischiarata di luce, e rileggeremo Gadda come epidermide, Gadda scrittore in geologia di tenebra e luce.
Dalla rivoluzione della fisica quantistica, nel Novecento, come nella rivoluzione geologica del Settecento una nuova frontiera all'immaginazione.
Saranno nuovi mondi letterari? Nella fenditura epocale dello spezzare la lastra di ghiaccio, L'Ora del mondo ci chiama, con Matteo Meschiari, Nelle terre Esterne.
Ippolita Luzzo
La critica è una "lettera persiana", come Montesquieu ci racconta nella sua opera, una grande raccolta cronologica di lettere che, alcuni giovani persiani che visitano l’Europa e sostano per un certo periodo in Francia, si scambiano con i loro parenti e conoscenti orientali.
Si ricorre sempre allo stratagemma dell'altro, di come ci vedano coloro che vengono da un altro paese, come anche nell'Urone di Voltaire, per rompere quella "lastra di ghiaccio" che immobilizza il pensiero nelle abitudini e consuetudini del luogo e del tempo. Compito della critica è permettere il movimento di pensiero, permettere che la curiosità sia possibile, permettere un passaggio da una sponda ad un'altra.
"Nelle Terre Esterne" è il titolo di una raccolta di saggi di Matteo Meschiari, già ricercatore in Discipline Demoetnoantropologiche, professore associato in Geografia all'Università di Palermo.
Lo studio della geografia umana, l'ecologia culturale sono materia dei suoi studi ed io sento molto vicini al Regno della Litweb tutto ciò che leggo nei suoi saggi pubblicati come "Esercizi di lettura terrestre" così li chiama Matteo Meschiari ricordando un titolo e un libro del 1939 di Gianfranco Contini "Esercizi di lettura".
Un libro decisivo per la critica letteraria del Novecento, ci dice Andrea Cortellessa del libro di Contini, nella Prefazione alle Letture Terrestri di Matteo Meschiari, "un modo di conoscere il mondo attraverso il paesaggio, attraverso la terra".
Gli studi fatti ci permettono di leggere a partire del "Pensiero selvaggio" di Claude Lévi-Strauss del 1962 e di giungere al 2008 di Meschiari che pubblica "Sistemi selvaggi", e comprendere la complessità del "pensiero aperto, acentrico asimmetrico e anarchico" così da spezzare quella lastra di ghiaccio di cui parlava Montesquieu.
Il coraggio è la leva con cui la conoscenza si fa largo in una discussione, ora che, parlando, ogni cosa si svuota di significato, quasi come in un sortilegio magico.
Diventa un vuoto il paesaggio, la parola cultura una vera beffa, e serve, quasi come un imperativo, raccogliere e conservare per donarli nel silenzio della lettura "Saperi geo-logici".
In questa raccolta di saggi il paesaggio letterario va da Sbarbaro a Gadda, da Stoppani a Biamonti ed è una griglia immaginata per far risaltare come il paesaggio e la parola fanno "rizoma assieme"in un innesto fra uomo e natura. Fra terra e uomo.
Ascoltiamo Leibniz e l'evento iniziale che è all'origine delle cose: la separazione della luce dalle tenebre, ci ricorda Matteo nel suo saggio su Carlo Emilio Gadda, Cosmografie di carta, e gusteremo ogni squarcio di luce ogni ombra rischiarata di luce, e rileggeremo Gadda come epidermide, Gadda scrittore in geologia di tenebra e luce.
Dalla rivoluzione della fisica quantistica, nel Novecento, come nella rivoluzione geologica del Settecento una nuova frontiera all'immaginazione.
Saranno nuovi mondi letterari? Nella fenditura epocale dello spezzare la lastra di ghiaccio, L'Ora del mondo ci chiama, con Matteo Meschiari, Nelle terre Esterne.
Ippolita Luzzo
giovedì 1 agosto 2019
Marisa Salabelle L'ultimo dei Santi
"Marisa Salabelle è una delle animatrici della libreria indipendente Les Bouquinistes di Pistoia" così leggo nel risvolto di copertina, ma io non ho bisogno di leggerlo amando da anni quella libreria e i suoi animatori, amando da anni quelle splendide locandine con cui vengono informati i lettori degli eventi. Come se io ne facessi parte, condividendo anche il dolore per la scomparsa di Sergio Salabelle amatissimo.
L'ultimo dei Santi mi giunge a Luglio, un mese esatto oggi, e mi ritrovo a conservare la suggestione della lettura amando il racconto come se fosse una persona.
Un racconto su un luogo, gli Appennini, sui paesini dell'Appennino, sugli abitanti. Su un giornalista, su degli incidenti che si riveleranno degli omicidi, sulla morte dei fratelli Santi.
Tutti hanno segreti, anche il giornalista: "Presto la bomba sarebbe scoppiata, ormai lui se la sentiva granire, e non aveva un piano, se non quello di temporeggiare il più possibile." Ed eccoci anche noi nel racconto a Tetti, il luogo da dove e per dove si arriva e si parte e si svolgono i fatti.
"Subito dopo la guerra Tetti avrà avuto quanto, cinquecento abitanti. Più altri cento sparsi per le varie borgate. In piazza c’era la bottega di alimentari, che vendeva tutti i generi necessari, la pasta sfusa, che si prendeva con un paletta e si metteva in un foglio di carta gialla, la farina, il riso, lo zucchero, che invece la carta ce l’aveva azzurra e nessuno sapeva perché, e il sapone in polvere, le saponette Palmolive, il sale e le sigarette, che la bottega aveva l’insegna dei Sali e Tabacchi." Tutto il resto, frutta, verdura, uova, veniva prodotto dagli abitanti, tutti avevano le galline e tutti si facevano il pane in casa anche se uno aprirà un forno e molti trovarono comodo comprarlo. Subito dopo la guerra stiamo parlando di più di settanta anni fa. Nulla sembra più come allora tranne forse le saponette Palmolive che hanno potere nel bagno di mia madre da sempre. "Per le scarpe dovevi andare a Porretta." C’era il bar trattoria, la scuola elementare aveva due classi, e infine fu chiusa negli anni settanta perché non c’erano più bambini in paese. Ma ora bisogna fare una mostra sulla storia di Tetti, con pannelli degli ultimi cinquanta anni e con le fotografie degli abitanti. Così ognuno aveva cercato e trovato vecchie foto e tutti si raccontavano gli episodi dimenticati mostrando le persone morte o andate via.
Cara Marisa, io credo invece che della nostra epoca non resterà proprio nulla perché un profilo non è una scatola di cartone ma un evanescente luogo web di cui non siamo proprietari.
"Tutti mettevano le mani dentro la scatola e tiravano fuori le foto, c’erano i genitori di Teresa, il giorno del matrimonio...Tutti si meravigliavano e si passavano le foto l’un l’altro, commentando, neanche non l’avessero mai viste" Siamo già all'inizio della storia.
Leggere è viaggiare. Sono andata a Tetti, Casaccia, Fossalta, con Marisa Salabelle in giro sull’Appennino. Vi invito ad andare a Strapiombo... quattro chilometri in macchina, poi si deve entrare nel bosco... ci vorrà una mezzoretta di cammino, come minimo. Andate a trovare gli Elfi. Io vado ora
Così scrivo con ancora l'amore per una scrittura affettuosa, per un modo di descrivere luoghi e persone che sento familiari, con una vera partecipazione ai fatti e all'inesorabile cambiamento che questi tempi senz'anima stanno portando nei paesi e nelle famiglie.
Credo di essere fortunata nel Regno della Litweb di poter accogliere e parlare, di poter conoscere libri veri, racconti come questo, al quale auguro di raggiungere tutte le librerie, dalle Alpi agli Appennini, comprese le isole.
Un grande applauso dal Regno della Litweb ed un triplice evviva per Marisa.
Ippolita Luzzo
L'ultimo dei Santi mi giunge a Luglio, un mese esatto oggi, e mi ritrovo a conservare la suggestione della lettura amando il racconto come se fosse una persona.
Un racconto su un luogo, gli Appennini, sui paesini dell'Appennino, sugli abitanti. Su un giornalista, su degli incidenti che si riveleranno degli omicidi, sulla morte dei fratelli Santi.
Tutti hanno segreti, anche il giornalista: "Presto la bomba sarebbe scoppiata, ormai lui se la sentiva granire, e non aveva un piano, se non quello di temporeggiare il più possibile." Ed eccoci anche noi nel racconto a Tetti, il luogo da dove e per dove si arriva e si parte e si svolgono i fatti.
"Subito dopo la guerra Tetti avrà avuto quanto, cinquecento abitanti. Più altri cento sparsi per le varie borgate. In piazza c’era la bottega di alimentari, che vendeva tutti i generi necessari, la pasta sfusa, che si prendeva con un paletta e si metteva in un foglio di carta gialla, la farina, il riso, lo zucchero, che invece la carta ce l’aveva azzurra e nessuno sapeva perché, e il sapone in polvere, le saponette Palmolive, il sale e le sigarette, che la bottega aveva l’insegna dei Sali e Tabacchi." Tutto il resto, frutta, verdura, uova, veniva prodotto dagli abitanti, tutti avevano le galline e tutti si facevano il pane in casa anche se uno aprirà un forno e molti trovarono comodo comprarlo. Subito dopo la guerra stiamo parlando di più di settanta anni fa. Nulla sembra più come allora tranne forse le saponette Palmolive che hanno potere nel bagno di mia madre da sempre. "Per le scarpe dovevi andare a Porretta." C’era il bar trattoria, la scuola elementare aveva due classi, e infine fu chiusa negli anni settanta perché non c’erano più bambini in paese. Ma ora bisogna fare una mostra sulla storia di Tetti, con pannelli degli ultimi cinquanta anni e con le fotografie degli abitanti. Così ognuno aveva cercato e trovato vecchie foto e tutti si raccontavano gli episodi dimenticati mostrando le persone morte o andate via.
Cara Marisa, io credo invece che della nostra epoca non resterà proprio nulla perché un profilo non è una scatola di cartone ma un evanescente luogo web di cui non siamo proprietari.
"Tutti mettevano le mani dentro la scatola e tiravano fuori le foto, c’erano i genitori di Teresa, il giorno del matrimonio...Tutti si meravigliavano e si passavano le foto l’un l’altro, commentando, neanche non l’avessero mai viste" Siamo già all'inizio della storia.
Leggere è viaggiare. Sono andata a Tetti, Casaccia, Fossalta, con Marisa Salabelle in giro sull’Appennino. Vi invito ad andare a Strapiombo... quattro chilometri in macchina, poi si deve entrare nel bosco... ci vorrà una mezzoretta di cammino, come minimo. Andate a trovare gli Elfi. Io vado ora
Così scrivo con ancora l'amore per una scrittura affettuosa, per un modo di descrivere luoghi e persone che sento familiari, con una vera partecipazione ai fatti e all'inesorabile cambiamento che questi tempi senz'anima stanno portando nei paesi e nelle famiglie.
Credo di essere fortunata nel Regno della Litweb di poter accogliere e parlare, di poter conoscere libri veri, racconti come questo, al quale auguro di raggiungere tutte le librerie, dalle Alpi agli Appennini, comprese le isole.
Un grande applauso dal Regno della Litweb ed un triplice evviva per Marisa.
Ippolita Luzzo
Raffaele Gaetano Le Idee Estetiche Di Pietro Ardito
Raffaele Gaetano si è occupato di Estetica con diverse opere fra cui "Viaggio Pittoresco", su Richard De Saint-Non, ha scritto di Pietro Ardito in "Artista e Critico", entrambi editi Rubbettino. Numerosi sono gli studi di Raffaele Gaetano, sempre attento a raccogliere e indagare sulla bellezza nel territorio calabro troppo bistrattato da tanta realtà terribile.
In questo libro si sofferma sulla figura e sulle idee di Pietro Ardito, dopo aver indagato in "Artista e Critico" la riflessione del teorico, la pratica dell'artista e il giudizio del critico.
Lo studio prende il largo dal giudizio di Francesco Fiorentino «Artista e Critico è diviso in tre parti: Estetica, Arte e Critica... La forma di questo libro è piana, lucida, castigata; il contenuto ne è serio, pensato e rivela nell'autore un lungo ed attento studio sulla nostra letteratura, non scompagnato da quello delle letterature straniere» e vuole smentire quella "marginalità" quasi uno stigma della perifericità della Calabria e dei suoi studiosi.
In una collana prestigiosa, diretta da Romeo Bufalo, sui Pensatori Calabresi, si vuole contribuire alla costruzione di una "geografia mentale" che vada da Mario Alcaro, autore per Rubbettino nel 2011 di un volume sulla Storia del pensiero filosofico in Calabria da Pitagora ai giorni giorni nostri" a questi volumi pubblicati da Il Testo Editor.
L'opera è pubblicata con il contributo del Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università della Calabria.
Tiro un sospiro sperando di aver scritto tutto per bene dopo aver letto e apprezzato di uno studioso al quale a Lamezia è stata intestata la Scuola Media "Pietro Ardito" che io ho frequentato e dove ogni anno si svolge un Premio Pietro Ardito che premia gli alunni e i lavori dei gruppi di classe. A Lamezia dunque il suo nome è ricordato ma così non è nella manualistica più recente.
Artista e Critico è l'opera più penetrante di Pietro Ardito eppure il nome di Pietro Ardito è andato incontro a una "damnatio memoriae", scrive Raffaele Gaetano, ricordando anche Antonio Tari, il filosofo di Estetica Ideale.
Non conosciamo le ragioni dell'oblio che avvolge alcuni studiosi e compito interessante è proprio cercare di sollevare la coltre e mostrare quanta meraviglia sia nascosta.
Pietro Ardito preferiva il dialogo, aveva una idea della letteratura capace di cogliere il divenire, i rapporti con la religione e con l'arte, ben legata ai bisogni della realtà. Sembra di leggere Filippo La Porta, sembra di leggere il dibattito contemporaneo su ciò che sia o non sia letteratura, per Ardito come per noi, in un'epoca di grandi contrasti.
Anche al tempo di Pietro Ardito i contrasti erano accesi fra laici e cattolici ed egli tornò a Nicastro abdicando alla possibilità di insegnare Letteratura italiana all'Università di Napoli.
Scrivendo mi ricordo il mio luminoso Preside Oreste Borrello, anche lui un apprezzato filosofo, e di cui mi auguro di leggere i suoi scritti.
Un intellettuale di confine, Pietro Ardito, così Raffaele Gaetano lo consegna alla curiosità di chi vuole conoscere di più sul critico e teorico letterario.
Dal Seminario Vescovile cittadino, vera fucina di talenti, dove Pietro Ardito entra nel 1840, dopo la morte del padre nel 1837, unico luogo dove fosse possibile studiare, all'insegnamento di lettere nello stesso Seminario e poi Direttore del Seminario, man mano studi e aderenza ai moti liberali, in quella unità di intenti fra conoscenza e azione.
Quel che ci avvince nella lettura è vedere come anche nell'asfittico spazio del destino di tempi difficili ogni studioso possa ritrovare un suo luogo per studiare e per incontrare, per leggere e per vivere e possa poi essere riconosciuto al di là del tempo e del luogo.
Questa è la bella opportunità dell'incontro con la lettura sulle idee che viene coltivata nelle "Radici del Tempo", nome dell'associazione culturale che ha la proprietà letteraria del testo.
Ippolita Luzzo
In questo libro si sofferma sulla figura e sulle idee di Pietro Ardito, dopo aver indagato in "Artista e Critico" la riflessione del teorico, la pratica dell'artista e il giudizio del critico.
Lo studio prende il largo dal giudizio di Francesco Fiorentino «Artista e Critico è diviso in tre parti: Estetica, Arte e Critica... La forma di questo libro è piana, lucida, castigata; il contenuto ne è serio, pensato e rivela nell'autore un lungo ed attento studio sulla nostra letteratura, non scompagnato da quello delle letterature straniere» e vuole smentire quella "marginalità" quasi uno stigma della perifericità della Calabria e dei suoi studiosi.
In una collana prestigiosa, diretta da Romeo Bufalo, sui Pensatori Calabresi, si vuole contribuire alla costruzione di una "geografia mentale" che vada da Mario Alcaro, autore per Rubbettino nel 2011 di un volume sulla Storia del pensiero filosofico in Calabria da Pitagora ai giorni giorni nostri" a questi volumi pubblicati da Il Testo Editor.
L'opera è pubblicata con il contributo del Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università della Calabria.
Tiro un sospiro sperando di aver scritto tutto per bene dopo aver letto e apprezzato di uno studioso al quale a Lamezia è stata intestata la Scuola Media "Pietro Ardito" che io ho frequentato e dove ogni anno si svolge un Premio Pietro Ardito che premia gli alunni e i lavori dei gruppi di classe. A Lamezia dunque il suo nome è ricordato ma così non è nella manualistica più recente.
Artista e Critico è l'opera più penetrante di Pietro Ardito eppure il nome di Pietro Ardito è andato incontro a una "damnatio memoriae", scrive Raffaele Gaetano, ricordando anche Antonio Tari, il filosofo di Estetica Ideale.
Non conosciamo le ragioni dell'oblio che avvolge alcuni studiosi e compito interessante è proprio cercare di sollevare la coltre e mostrare quanta meraviglia sia nascosta.
Pietro Ardito preferiva il dialogo, aveva una idea della letteratura capace di cogliere il divenire, i rapporti con la religione e con l'arte, ben legata ai bisogni della realtà. Sembra di leggere Filippo La Porta, sembra di leggere il dibattito contemporaneo su ciò che sia o non sia letteratura, per Ardito come per noi, in un'epoca di grandi contrasti.
Anche al tempo di Pietro Ardito i contrasti erano accesi fra laici e cattolici ed egli tornò a Nicastro abdicando alla possibilità di insegnare Letteratura italiana all'Università di Napoli.
Scrivendo mi ricordo il mio luminoso Preside Oreste Borrello, anche lui un apprezzato filosofo, e di cui mi auguro di leggere i suoi scritti.
Un intellettuale di confine, Pietro Ardito, così Raffaele Gaetano lo consegna alla curiosità di chi vuole conoscere di più sul critico e teorico letterario.
Dal Seminario Vescovile cittadino, vera fucina di talenti, dove Pietro Ardito entra nel 1840, dopo la morte del padre nel 1837, unico luogo dove fosse possibile studiare, all'insegnamento di lettere nello stesso Seminario e poi Direttore del Seminario, man mano studi e aderenza ai moti liberali, in quella unità di intenti fra conoscenza e azione.
Quel che ci avvince nella lettura è vedere come anche nell'asfittico spazio del destino di tempi difficili ogni studioso possa ritrovare un suo luogo per studiare e per incontrare, per leggere e per vivere e possa poi essere riconosciuto al di là del tempo e del luogo.
Questa è la bella opportunità dell'incontro con la lettura sulle idee che viene coltivata nelle "Radici del Tempo", nome dell'associazione culturale che ha la proprietà letteraria del testo.
Ippolita Luzzo
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