mercoledì 15 agosto 2018

La Noia di Ferragosto

Da Moravia La Noia "La noia, per me, è propriamente una specie di insufficienza o inadeguatezza o scarsità della realtà... Il sentimento della noia nasce in me da quello di un'assurdità della realtà, come ho detto, insufficiente ossia incapace di persuadermi della propria effettiva esistenza." 
La noia è la mancanza di rapporti con le cose, la noia è percepire con chiarezza l'incomunicabilità fra le persone. 
Allargando dalla sfera dei rapporti fra i sessi a quella sociale il possesso della realtà ci sfugge proprio quando ci illudiamo di averlo posseduto, come in un rapporto amoroso. Il protagonista delLa Noia si incaponisce in uno sterile rapporto nemmeno amoroso ed entra in una dipendenza quando vorrebbe conferma dal suo oggetto amoroso "Così pensai, poteva darsi che io l'avessi posseduta davvero, posseduta a fondo, posseduta senza margini di autonomia e di mistero. Ma io non potevo averne coscienza, né dunque goderne; del possesso, a quanto sembrava, poteva esserne consapevole soltanto chi era posseduto, non chi possedeva" 
Rifletto su queste frasi di Moravia, rifletto per darmi chiarimento sui rapporti non posseduti, sui rapporti fra fantasmi e robot, abitanti il circondario della mia terra natia. Allargando quindi il concetto di noia all'incomunicabilità, al non rivedersi e rivederli, al non ascolto, e mi sembra una analisi perfetta di giorni e anni passeggiati e parcheggiati nella piana ostile di Sant'Eufemia, d'altronde una piana bonificata perché malsana. 
L'ho sempre sentita ostile e malsana questa mia città, con abitanti mai posseduti, proprio perché chi possiede sensibilità e desiderio di riconoscere ed essere riconosciuto viene isolato.
La noia non è solo una peculiarità del ferragosto, ma una conferma di questa scarsa esistenza delle cose, di una realtà appena sfocata intorno. 
Ippolita Luzzo 
  

lunedì 6 agosto 2018

Roberto Giardina PFIFF Una storia operaia nella Torino degli anni Sessanta

PFIFF è un suono, una immagine, un cubo, un chilo di acciaio, una piccola di quantità di acciaio, ciò che viene tumulato durante un funerale di un operaio caduto nella colata destinata alle carrozzerie della nuova 500.
Nel gennaio del 1962, vincitore del concorso nazionale per un saggio breve sui cento anni d'Italia, parte da Roma per Torino un giovane studente in legge.
Il premio erano sei mesi pagati nel giornale che aveva bandito il concorso, un giornale che aveva fatto la storia, il simbolo del Risorgimento.
Il protagonista sarà lui, attraverso i suoi occhi leggeremo anni di storia sociale e operaia e anni di giornalismo. 
Un ragazzo che voleva fare lettere all'università e sceglie legge, ma il destino lo riporta allo scrivere, alla scrittura.
Porta con sé un dono, "L'Ulisse" della collana Medusa, casa editrice Mondadori.
 Arrivato al giornale non ha un posto vero, lo mettono nella cronaca, il suo primo pezzo sarà raccontare quel funerale, il funerale di uno dei tanti morti, dei tanti operai caduti sul lavoro in quegli anni.  Sono operai scomparsi senza storia se non fosse per un particolare che continua a farli restare vivi, quel PFIFF di un articolo, quel suono a denunciare una regola fatta di episodi terribili. 
Conosciamo il giornale e ci viene raccontata la vita dei giornalisti, dal di dentro, i consigli, le sigarette, la discrezione.
L'orgoglio di essere un giornale serio "Ci comprano perché conserviamo la dignità antica di quel che fu un giornale nazionale. Quindi abbiamo una pagina culturale d'alto livello, mandiamo inviati in giro per il mondo, manteniamo corrispondenti all'estero, e dobbiamo dimostrare che la nostra cronaca torinese è di qualità combattiva, che diamo del filo da torcere agli altri. Sono pagine che magari non leggono ma che vogliono vedere. E l'amministrazione spende e spande ma risparmia sulla cronaca. Avrai l'impressione di svolgere un lavoro inutile, che pochi leggono i tuoi pezzi. Non importa quanti sono, ma chi sono... sei un cronista non uno strillone" così il capocronista Mauri, soprannominato il pesce rosso, racconta al nuovo arrivato, al ragazzo vincitore del concorso, il giornale, cosa significhi un giornale, quel giornale."La cronaca era una squadra, ognuno aveva un ruolo fisso, e ogni ruolo era di tutti, secondo il momento. Si giocava con l’altra squadra cittadina, più ricca, più forte, con più giocatori. L’unica possibilità di non venire sconfitti era di muoversi compatti, aggredire l’avversario in un punto limitato del campo, tralasciando il resto"
I consigli "Vuoi diventare giornalista? Allora ricorda: qualunque fatto ti chiedano di scrivere, una rivoluzione o una partita di calcio, è uguale. Devi solo pensare a scrivere bene. Le notizie sono un pretesto. L’unica notizia sicura è quel che tu pensi. E il pensiero è il tuo stile"
Quegli anni: gli scontri, il sindacato, le lotte operaie per l'orario di lavoro, per la sicurezza sul lavoro. Allora si andava alla Fiat e dal sud salivano a Torino. "Gli uomini del sud morivano, nella fabbrica, e nelle fabbriche" le donne venivano uccise per quel minimo desiderio di essere libere, un desiderio che al nord sembrava possibile. 
W La Stampa, mi ritrovo a scrivere spesso io da molti anni.
W La Stampa, come entità soprannaturale, come voce nel deserto, come insostituibile compito di denuncia e conoscenza.
Il protagonista passerà poi dalla Gazzetta del Popolo, che non viene nominata, nella redazione della Stampa.
La stampa vista a volte come soluzione alle ingiustizie.
Moltissimi gli episodi raccontati, riporto "L'estate dei funghi avvelenati", ogni estate però racconteranno le cronache ci saranno famiglie avvelenate da improvvidi cercatori di funghi.
A luglio il giovane avrebbe terminato il lavoro, i sei mesi,  ma ormai il giornalismo sarà una seconda pelle e occuperà ogni giorno del suo scrivere.
Un libro come atto d'amore in una epoca in cui si dileggia il giornalismo, in cui si rendono sempre più deboli i diritti dei giornalisti, in cui il confine fra le notizie e le false notizie diventa sempre più labile. Un libro utile per riflettere e ripetere con quanta facilità possano perdersi conquiste. Un libro vigile e nato dal desiderio di conservare un cubo, affinché, conservando quel chilo di acciaio, non si scordi da cosa sia fatto.
Ringrazio Roberto Giardina per la sua testimonianza, per la sua amicizia. Lo ringrazio per essere un giornalista come io ho sempre pensato che debbano essere i giornalisti. Lui con modestia ci scrive che l'immagine del protagonista non gli corrisponde, però io non ho dubbi che il suo modo di lavorare sia aderente ai consigli del  Direttore Giulio De Benedetti. 
PFIFF è un libro amato, parte da un cubo e arriva a noi, un dettaglio importante che non si può dimenticare, e in Litweb non scordiamo i dettagli 
Ippolita Luzzo

Roberto Giardina ha lavorato in Sicilia come giornalista e nel 1986 è stato inviato straniero per i giornali La Nazione e Il Giorno a Bonn . Si trasferì a Berlino con il governo della Germania unita , dove si è stabilito. Corrispondente del "Quotidiano Nazionale", tiene una rubrica per Italia Oggi". Giardina ha pubblicato romanzi e libri di saggistica, alcuni dei quali sono stati tradotti in francese, spagnolo e tedesco.

Gianluca Garrapa Il 23 Agosto Un piattello di segreti

Gianluca Garrapa il mago delle metafore. Gianluca Garrapa trasforma le metafore in oggetti, proprio come faccio io.
 "Stendiamo un velo pietoso" ed eccolo con uno stendino in mano. 
L'assurdo ti sfiora? ed eccolo con in mano un mazzo di fiori accanto al suo orecchio.
Lui le chiama "queste frasi fatte di droga tagliata male" e continua a proporcele dai suoi post facebook insieme alle sue attività su Radioquestasera, insieme alle sue interviste su Satisfiction.
 Ultimamente oppresso dall'afa estiva  e dal conformismo, come forma di relazione facebookkiana, ha scritto "non sono più in grado di scrivere qui. intendo in questa parentesi mortifera del godimento. inizierò presto a vorticare attorno al desiderio delle tre creature che stanno per partorirci. difatti. nella tenebra. si scorge un riepilogo. e smettere di capire. agosto. se ti penso mi si gelano le vene e il sangue bolle. ti penso. dunque. impiccandomi ai lunghi preamboli delle scale. senza morire che di rovescio. in quiete al lupo. in bocca all'orizzonte."
Il suo 23 Agosto è un delirio di confessioni, un intricato susseguirsi di pensieri da cui estrapolo alcuni brani per fare assaggiarne il paradossale e mi viene quasi dire a Gianluca  giocando sulla parola estra-polo "non mettere il polo" il polo nord o sud, alla bisogna.  
" Sai ho iniziato a leggere il romanzo" dice Gloria
"Il romanzo, quale romanzo?" le chiede l'autore.
"Il tuo, quello che mi hai dato da leggere"
e qui lui risponde, come tutti noi che scriviamo ci troviamo ad osservare ai nostri lettori," Che ne sai tu del romanzo, della trama. Non ti ho dato nessun romanzo da leggere... ci siamo visti solo ieri sera, come potevo mai darti una copia da leggere? pagina 135 del libro di Gianluca. 
Tante cose onestamente non ho compreso, ci sono troppe allucinazioni, ma questa pagina mi ridona il nostro completo straniamento fra chi scrive e chi legge, fra la pagina e la vista, ed il difficile interpretare ciò che viene letto. 
Difficile anche riferirlo, infatti Gloria non riesce a farsi capire. Nessuno riesce a far capire ciò che forse non sa oppure ciò che non ha provato.
Stati d'animo diversi. Scrivere aiuta forse ma non sempre. Resterà oscura la zona fra lettore e scrittore, fra scrittore e lo scritto.
Segreti, un piattello di segreti.
Il 23 agosto si tiene il Festival del Ragno, in questa terra del rimorso, il regno del ragno che fa ballare. Al feudo del Castello. 
Fra castelli, regni e ragni, ci abitueremo ai "cambiamenti antropologici" con l'aiuto delle metafore di Gianluca
Ippolita Luzzo    

Gianluca Garrapa è nato nel 1975, in provincia di Lecce, si è laureato in Lettere Moderne,  conduce la trasmissione radiofonica RadioQuestaSera su Punto Radio Cascina, dipinge, scrive romanzi, racconti, poesie e lavora come counselor all’ascolto. 

mercoledì 1 agosto 2018

L'invenzione dell'amore di Josè Ovejero

Libro bellissimo. Lo scrivo come incipit del mio dire e penso a quanto sia fortunata in questa estate in cui mi vengono incontro libri bellissimi. Sono loro a scegliermi come lettrice, sono loro a darmi piacere e benessere mentale. Un grazie grande a tutti coloro che, onorandomi della loro stima, mi permettono simili piacevolezze. Non è facile trovare tanti bei libri insieme e il fatto che stiano da me vuol dire che la letteratura trova strade meravigliose per arrivare ai suoi fedeli lettori.
 Evviva. Tripudio e felicità in Litweb per questo libro intrigante, per questo libro che ci appartiene.
 Immergiamoci nei suoi quesiti, tentiamo di rispondere anche noi, ed anche noi abbiamo fatto queste domande e anche noi abbiamo risposto uguale sapendo a volte di stare mentendo. 
 "A cosa sta pensando qualcuno a cui domandiamo "A cosa pensi?" e risponde " A niente tesoro"? Non lo sapremo mai, con certezza, non sappiamo chi ci mente, chi si mente, viviamo con fantasie che ci costruiamo per spiegare l'altro e per creare una relazione - cosa importa se non è vera - che ci tranquillizzi e ci dia ciò che desideriamo." " Non sappiamo ma vogliamo sapere cosa pensa di noi la persona con cui stiamo, se siamo o no protagonisti delle sue fantasie, con chi altro sta, in quale altro mondo vive quando si allontana dal nostro." 
Una invenzione è l'amore. Un atto fantastico di pensiero. Una elaborazione di racconti vari, di pezzi di vita vissuta o immaginata, di fraintendimenti e di errori, di essere stati scambiati per un altro, per un'altra. Nel ricordare tutti gli scambi su cui si reggono i tòpoi della letteratura rintraccio il filo conduttore della lettura ammaliante, della prigionia di un racconto ipnotico, affabulante e tanto vicino ai nostri più semplici e complessi pensieri. 
Samuel, il protagonista, parla con noi, ci racconta in prima persona il suo rapporto con gli amici, ci invita sulla terrazza di casa sua, con i suoi amici. Poi arriva la telefonata. Una telefonata fatta per uno scambio di persona. Uno scambio? una coincidenza? Quante volte volte la nostra vita ha preso svolte inusitate per uno errore? "Adoro le nostre discussioni inutili, il gusto per la ripetizione, che ci ricorda chi siamo. Non parliamo per arrivare a una conclusione, ma per ascoltare l’altro confutare qualunque nostro argomento, sapere che possiamo contare su di lui, che non ci lascerà soli con le nostre contraddizioni.” 
Voglio leggere tutti i libri di questo autore, uno scrittore che ci conosce, che sa come costruire una storia vera, verissima, una storia in cui noi ci vivremo dentro appassionati e ne parleremo dappertutto ci sia lo spazio per una conversazione.
Un racconto fatto di tante conversazioni, di visite al Prado, siamo a Madrid, di silenzi che due persone credono di condividere. Vorremmo anche noi essere invitati da Samuel, lo siamo, vi ho appena detto, e consiglio questo libro già amatissimo con l'autorità della Litweb tutta "È notte, a Madrid, sulla mia terrazza, siamo ubriachi, in quel momento che tanto mi piace, quando le persone discutono senza troppa prudenza, in cui tutti sono più allegri o più tristi di quanto si consentano ogni giorno, senza arrivare a essere violenti né a scoppiare a piangere o a cantare." 
Tradotto da Bruno Arpaia per la collana Intrecci della Voland nel luglio 2018 per provare la stessa curiosità di Samuel.
Una storia vera.
L'invenzione dell'amore
Ippolita Luzzo


José Ovejero (nato nel 1958) è uno scrittore spagnolo. È nato a Madrid, ma ha vissuto fuori dalla Spagna per la maggior parte della sua vita. Ha lavorato in una varietà di generi, tra cui poesie, drammi, saggi, racconti e romanzi. Ha vinto il Premio Alfaguara 2013 per il suo romanzo La invención del amor. 
  

sabato 28 luglio 2018

Maurizio Pansini Oscura ragione

Sensibilità artistica è profezia
Un racconto di Maurizio Pansini su Satisfiction affronta il tema dello straniero, della paura di ciò che non si conosce, della profezia.
Come viene accolto chi arriva in un luogo di piccola comunità, la curiosità e poi una volta saziata la curiosità la colpa dello straniero di non essersi integrato, di non aver preso usi e costumi e del luogo.
Essendo vissuta da straniera nel luogo dove abito da sempre non mi sorprendono le cattiverie e le scortesie che il luogo natio riserva anche agli indigeni che non fanno vita di scambi, di riti, di funerali e battesimi, di matrimoni e tavolate. 
Riti che fanno comunità, comunità implacabili contro chi escludono, sia lo straniero del luogo oppure arrivi da fuori. L'esclusione di chi non si uniforma genera sospetto e maldicenza, genera furia quando non si può con altro modo eliminare quella apprensione che nasce dal sentirsi osservati.

giovedì 19 luglio 2018

A. Igoni Barrett L'amore è potere, o almeno gli somiglia molto

A. Igoni Barret è nato in Nigeria nel 1979. Dalla Nigeria ci giungono i suoi racconti. Leggerli è più istruttivo di un testo di storia, racconti bellissimi nello svelamento della realtà.
Un racconto può essere tante cose, sta scritto sulla prima pagina di questa raccolta di nove storie e leggo e rileggo alcuni di questi imparando a conoscere la Nigeria da qui, dai racconti. Molti lavorano alle Ong, in Nigeria. Una Nigeria di strade polverose e non finite. "Sei, sette, otto uomini armati di fucili automatici irruppero in casa" Godspeed e Perpetua, fra colpi di stato e vita di coppia, nel tentativo di una normalità impossibile. Gli eventi della storia trascinano esistenze individuali contro la volontà dei singoli. La violenza si subisce essendo impotenti al dominio delle forze brute.
E come si è impotenti davanti a decisioni imposte dall'alto allo stesso modo si è impotenti nei rapporti interpersonali. Ciò sembra dirci Igoni in Trophy dove un professore seduce una sua allieva, poi cerca di scaricarla offrendola quasi ad un conoscente e mentre la ragazza chiede inutilmente ascolto, siamo testimoni dell'uso che si fa del potere su un altro. Ridurne a zero la sua volontà.  
Dosando l'amaro con il dolce troviamo un delizioso racconto di amore affettuoso in La ragazzina con i seni in boccio e la risata di gomma da masticare, "La amava da quando aveva nove anni e i seni come due mandarini.lei era ancora nella fase irruente-correva per casa con un paio di mutandine,strillava e rideva. Lui era suo cugino, un fratello maggiore, aveva quindici anni più di lei". Ci riconciliamo con la dolcezza di questa storia, e scordiamo per un attimo l'arteria modello della Nigeria, un chilometro e tre di lunghezza, cominciata nel 1970 ed ora un fiume grigio cenere disseminato di buche, rovinata dalle crepe, con i canaletti di scolo ostruiti dal limo, dai rifiuti. L'aria satura di gas, il fracasso di un popolo famoso per la sua lingua lunga.
NelLa forma di un cerchio perfetto, la storia di Dimiè, quattordici anni. C'è la fame e l'arte di arrangiarsi, la storia di Dimiè che ha una madre da accudire, c'è il caparbio sciupio della malattia, della dipendenza dall'alcool e la lotta di Dimiè per non essere sopraffatto. Violenza, violenza, violenza, nell'Amore è potere, o almeno gli somiglia molto. Violenza di scambio. 
Nairobi, Lagos-Nairobi, con scalo ad Addis Abeba. Nel Racconto Una storia di tira e molla a Nairobi Igoni Barrett ci dice "Il motore di Nairobi gira grazie alle colture da reddito, il combustibile è il turismo, ma al volante ci sono i soldi delle Ong. Ovunque vai in città trovi loro, quelli delle Ong, camuffati con cappelli di paglia, scarponi da safari e il colore della pelle dei turisti, il bianco.Tutto è loro, supermercati, hotel di lusso, li trovi dovunque le Ong."
Ong belga, britannica... pagano bei soldi. sono i padroni.
Il colonialismo si chiama Ong nel 2018.
Una copertina dalle bolle beige, tortora, marrone, la traduzione dall'inglese di Michele Martino, la casa editrice 66thand2nd, confermano la qualità e la competenza nelle scelte stilistiche e di contenuti.
Una estate con i racconti di Igoni Barrett in Litweb, racconti da struggimento e volontà di tornare ancora.  
Racconti per fare conoscere, racconti per far riflettere, racconti dalla Nigeria per una estate dai colori polverosi. 
Ippolita Luzzo 


A. Igoni Barrett è nato a Port Harcourt, in Nigeria, nel 1979. Fellow, tra gli altri, del Chinua Achebe Center e del Norman Mailer Center. Nel 2005 ha esordito con la raccolta di racconti From Caves of Rotten Teeth, tra cui figura The Phoenix, premiato quello stesso anno dalla Bbc. La seconda, Love Is Power, or Something Like That, uscita nel 2013, pubblicata da 66thand2nd nel 2018. Culo nero, il suo primo romanzo, ha imposto Barrett sulla scena della letteratura nigeriana di oggi insieme a Teju Cole, Chimamanda Ngozi Adichie e Helon Habila.

mercoledì 18 luglio 2018

Vito Di Battista L'ultima diva dice addio

L'ultima diva, nel romanzo di Vito, è la memoria. Ciò che noi facciamo con la memoria, cosa raccontiamo e come quando vogliamo essere ricordati, cosa vogliamo ricordare e tutte le trasformazioni con cui rielaboriamo i fatti. La memoria ultima dea.
In Foscolo era la spes, la speranza, ultima dea, qui, nel libro di Vito è la memoria.
Una memoria circolare che ritorna spesso su alcuni dettagli. Sono infatti i dettagli a dare le epifanie, le rivelazioni.
Un affresco a pennellate ripetute, questo il libro di Vito, originale e inusuale, una spennellata sulla memoria dimenticata attraverso un pretesto immaginifico e cinematografico, la biografia di una diva del cinema ormai ritiratasi a vita privata.
"Una volta ho chiesto a Molly Buck quale fosse il criterio di selezione più adatto quando si deve ricostruire una storia. "Non ha senso raccontare quegli anni" mi rispose, riferendosi agli inizi "perché sono uguali a quelli di tutti. Ferma una qualunque persona per strada e ti dirà le cose che potrei dirti io, solo vaneggiando vagamente sui dettagli, ma la solfa rimane sempre la stessa" Dettagli, cantava Ornella Vanoni, nel 1973 con un testo di Bruno Lauzi e musiche di Roberto Carlos
"È inutile tentare di dimenticare per molto tempo ancora nella vita dovrai cercare dettagli così piccoli che tu non sei ancora pronto per capire ma che comunque contano per dire chi siamo noi" e Flaiano scriveva che nella vita sono due o tre i giorni importanti a costruire una vita, gli altri servono a far volume.
Dettagli.
Mentre il biografo raccoglie i dettagli della vita di Molly si accorge di stare a raccogliere i suoi dettagli e dare un nome alle cose fino ad allora successe. Gli anni di Annie Arnaux, il lungo elenco, gli anni, il 1974, 75, 76, 77. Scrivo pensando a quegli anni. Ricordando di quegli anni gli errori e gli orrori, non salvando quasi nulla se non la musica, una musica interiore di curiosità, di studio e di letture. Eppure nel fascinoso gioco del tempo, nella fretta e nell'ansia di perdere gli anni, Molly rivela grandi momenti di saggezza:"La verità è che tutta quella fretta non è altro che paura. Paura di perdere quel treno che passa una sola volta, paura di arrivare a trent'anni e di non piacersi quando ci si guarda allo specchio" 
Scrivo sentendo Lucio Dalla del 1988 e mi rendo conto di fare altra lista di canzoni da aggiungere a questo rapinoso racconto sulla memoria. D'altronde la memoria è una rapina, un furto che noi facciamo al tempo sottraendo all'oblio alcuni dettagli
"ah felicità su quale treno della notte viaggerai lo so che passerai ma come sempre in fretta non ti fermi mai"
La meraviglia che Vito ci regala, con questo romanzo, aleggerà stupefatta sui giorni che scorrono, raccogliendo per noi le foglie, il foglio che vorremo conservare per dire chi siamo. La vita è un giorno, ho spesso scritto e quel giorno non si dimentica. Possiamo dimenticare tutto ciò che avevamo deciso di ricordare a perfezione ma il punto di fuga dal tempo che fugge dobbiamo conservarlo. Questo sembra a me la bellezza e la grande lezione del racconto di Vito, che fa una lezione senza voler farla, non è questo il suo intento.  Cos'è che rimane a raccontare? Si chiede. Dovrei trascrivervi interamente pagina 195 e 196 del libro  per dirvi l'importanza delle riflessioni lette, l'ingiustizia senza riscatto, la disumanità estrema della poca attenzione a cui molti guardano ai dettagli, e il cercare nell'affetto un rifugio da questa ingiustizia. Anche l'affetto ha mille sfumature e stamani anche io, avvinta da affetto verso l'autore, Vito di Battista, verso Giuseppe Girimonti che ringrazio per la grande amicizia e stima con cui mi propone da leggere libri come tesori da scoprire, anche io scrivo per sfuggire alla disumanità estrema della poca attenzione.
L'ultima diva dice addio ma non per ora, ora l'ultima diva ci accompagna verso altro, salutando noi amici di lettura, verso i tanti altri racconti che Vito ci regalerà, facendoci entrare nella Firenze che luccica, in piazza della Repubblica con quell'arco che si finge un po' Parigi e le insegne delle Giubbe Rosse su di un lato. 
Con il regno della Litweb accanto
Ippolita Luzzo 

Vito di Battista è nato nel 1986 in un paese d’Abruzzo a trecento gradini sul mare. Ha vissuto a Firenze, dove si è laureato in Italianistica scegliendo una tesi su Romain Gary, Tarjei Vesaas e J.M. Barrie. Si è poi trasferito a Bologna, dove la stessa sorte è toccata a Ted Hughes, Sylvia Plath e Hart Crane.
Collabora con la rivista letteraria «Nuovi Argomenti» e ha pubblicato il romanzo L’ultima diva dice addio per SEM – Società Editrice Milanese.
Dal 2016 lavora come editor e agente dei diritti esteri presso l’agenzia letteraria Otago e organizza il festival letterario Garp Under 30.
Ha maturato esperienza nella progettazione di una nuova startup in ambito creativo-culturale partecipando al percorso personalizzato Fare Impresa.
Lo mandano in crisi le riduzioni ai minimi termini, soprattutto quando hanno a che fare con le biografie