mercoledì 7 febbraio 2018

The post film bellissimo piegando la storia

"La stampa serve chi è governato, non chi governa” recita la decisione della Corte Suprema che “libera” il NYT e il Post dall'assalto di Nixon. Quando i giornali avranno questa frase appesa sopra la scrivania di ogni giornalista, la stampa rinascerà"
Piegando la storia ad uso cinematografico il regista Steven Spielberg ha confezionato una bellissima epopea sulla stampa, raccontata con tempi e con gesti perfetti, un film galvanizzante e condivisibile se non fosse per buona parte non vera quella storia che sta raccontando. Ma un film è un film e quindi guardiamolo non come un testo di storia ma come un'opera quasi di fantasia che toglie e aggiunge alla realtà.
Giovanna Taverni sull'Indipendent racconta la storia vera " Fu Daniel Ellsberg a passare i documenti dei Pentagon Papers al New York Times. Aveva lavorato anche lui all'archivio di McNamara, e aveva deciso di fotocopiare tutto e far scoppiare il caso, dopo essersi reso conto delle terribili connivenze dentro il sistema del governo americano. Come ha scritto il NYTimes nella ricostruzione della pubblicazione dei Pentagon Papers: “Nel 1971, Neil Sheehan, un reporter del New York Times a Washington, ottiene lo scoop di una vita”.
Nel film si parla molto del New York Times riconoscendo e nello stesso tempo sminuendo il ruolo dello stesso giornale nella vicenda che vide per la prima volta squarciare il velo sulla condotta dei presidenti americani nella guerra in Vietnam. Da una parte Kennedy e Johnson tranquillizzavano i cittadini americani dall'altra intensificavano i bombardamenti e mandavano al massacro intere generazioni di ragazzi.
Il film, però, benché sconfessi proprio ciò che postula, cioè far conoscere la verità, nell'amplificare il ruolo del Post nella vicenda, sceglie di puntare sul Post, per raccontare altro, oltre al ruolo della stampa, al servizio dei governanti e non di chi governa, mette in risalto la figura dell'editore del Post, all'epoca la prima donna editrice di un giornale. Una donna che predica è come un cane costretto a camminare su due zampe, confessa Katharine Graham alla figlia nel ricordare come lei non avesse mai pensato di dover dirigere il giornale di proprietà di suo padre. Il suo compito sarebbe stato di occuparsi dei figli e vide con gioia affidare il giornale a suo marito. Quando il marito si suicida lei diventa l’editore e dovrà decidere il "Si stampi". La sua frase sul cane che cammina su due zampe mi ha ricordato Annamaria Ortese che a proposito sempre delle donne disse: una donna che scrive è come una bestia che parla. Una testimonianza bella nel film rimarcare l’atto di coraggio che compie l’editrice di un giornale, due volte in difficoltà, come donna e come responsabile del lavoro di moltissimi dipendenti. Un film stupendo sulla dignità della donna, sulla dignità dei governati ad avere una stampa libera, su un evviva alla Stampa nel suo momento buio, quando i giornali sono stretti al cappio di internet. Ho visto due volte il film di Steven Spielberg “The Post dedicato ai Pentagon Papers. "Tre anni dopo Spotlight, il film di Tom McCarthy che ha vinto l'Oscar nel 2016, e più di quaranta dal culto di Alan J. Pakula sul Watergate, il film con Meryl Streep e Tom Hanks è solo l'ultimo esempio di storie di giornalismo ,vere o inventate, finite sul grande schermo" Per affermare il diritto di pubblicare bisogna pubblicare The post Il film inneggia alla libertà, alla libertà di stampa impossibile in Italia, dove quasi tutti i giornali vivono con sussidi statali. Innumerevoli testate sovvenzionate per dare stipendi a cari congiunti di politici vari, molte testate sovvenzionate per una stampa cortigiana e inutile. L’Italia è uno dei paesi meno liberi, la stampa sconta anni di asservimento e poi negli anni ottanta la terribile concentrazione Mediaset con televisioni e stampa al servizio del gossip. Una storia indegna anche sul fronte di altri grandi testate lasciate morire forse perché troppo serie, mi riferisco a Paese Sera, all'Europeo. Una storia come quella del Post in Italia sarebbe inimmaginabile. Sogniamo col cinema la libertà e Oscar sarà
Ippolita Luzzo 

sabato 3 febbraio 2018

Florindo Rubbettino all'Uniter

Florindo Rubbettino all’Uniter sulla filiera del libro ci parla di come, nel mondo editoriale, invece di guardare sempre al fatto che si siano creati dei colossi come il gruppo Mondadori, sia più da pensare su come la distribuzione dei libri sia tutta o quasi in mano a Messaggerie del Gruppo Spagnol. Una distribuzione perfetta, però sempre una concentrazione in un unico distributore. Ha parlato della realtà delle librerie di catena, La Feltrinelli, La Mondadori, La Giunti, il gruppo Spagnol, tutte librerie che danno, ovvio, grande spazio ai prodotti delle loro case editrici. La Rubbettino  e le altre case editrici devono trovare lo spazio in questa realtà difficile e lo possono fare lavorando nelle mancanze, nei vuoti lasciati da un mercato così strutturato.
La Rubbettino si è distinta e ha coltivato i suoi rapporti con le università calabresi, con la ricerca e la valorizzazione degli autori più interessanti di un territorio così complesso come la Calabria. Nelle varie collane presenti in catalogo ha Calabria Letteraria, legata un tempo alla rivista Calabria Letteraria ora edita da Città del Sole, ed in questa collana confluiscono la maggior parte degli autori locali. Nel marchio principale troviamo invece i Lou Palanca, un collettivo di studiosi, fra cui Nicola Fiorita, Valerio De Nardo, Fabio Cuzzola, Maura Ranieri, che si sono fatti apprezzare con Blocco 52, con Ti ho vista che ridevi ed ora con A schema libero. Ci sono Gioacchino Criaco e Mimmo Gangemi, continua Rubbettino, nel citare autori a me molto cari, sempre letti e seguiti,  e con grande affetto mi ritrovo nelle parole del presidente dell’Uniter che ricorda il papà di Florindo, Rosario Rubbettino, all'inizio della sua avventura quando aveva ancora una tipografia a Soveria Mannelli, nel ricordare con ammirazione  la storia di una casa editrice rimasta nel luogo dove è nata, in un comune a ottocento metri sul livello del mare, un comune montano con difficoltà di collegamenti. Eppure la sfida di restare è riuscita e ora la Rubbettino rappresenta la più grande realtà editoriale della Calabria. Si è parlato  di come ora siamo di fronte ad una rivoluzione epocale, di come il computer e internet stiano trasformando l’approccio alla scrittura e alla lettura, di come sembra sia possibile che a scrivere sia un computer. Un vero ribaltamento in atto. Eppure, nonostante queste trasformazioni, ci sarà sempre bisogno di un libro come amico, come compagno. Un libro vivo, con un suo destino. Nel destino dei vari libri dimenticati e poi riscoperti, rifiutati e poi acclamati, Florindo Rubbettino trova la sorpresa, quella caratteristica umana che non tutto si può prevedere e che rende la nostra vita non una macchina. La lezione di Florindo Rubbettino ha dato diversi spunti per gli interventi e ha lasciato in tutti noi l’amore immutato verso i libri veri
Ippolita Luzzo 

venerdì 2 febbraio 2018

Massimo Iiritano Il dono di Prometeo

Massimo Iiritano, nel presentare ieri sera il libro Il dono di Prometeo ha detto: Questo è un libro che si è fatto da solo, senza che ci fosse un progetto ben preciso.
Nasceva infatti da suggestioni che lui teneva in testa dai tempi del liceo, sulla figura di Prometeo, il titano celebrato da Eschilo nella tragedia "Prometeo incatenato". L'incontro e la collaborazione con Luna Renda, docente e laureata in lettere classiche, ha fornito a lui il testo di Eschilo, ed anche il tesi di Omero, nell'Odissea, tradotti in modo letterale e curati con capillare attenzione.
Sembra di rileggere i versi in modo nuovo e di restarne di nuovo affascinati quando sentiamo Luna Renda leggere e tradurre Eschilo sul dono di Prometeo, quelle cieche speranze, le illusioni, regalate affinché gli uomini ormai affrancati dal freddo e dal buio, grazie al fuoco, potessero mettersi in gioco e costruire il mondo, progettare un vivere civile. Sembra di essere nell'isola di Calipso con Ulisse, mentre Luna legge e traduce "Tutti i giorni", la risposta che Ulisse dà alla ninfa mentre costei cerca di trattenerlo regalando a lui l'immortalità. Ulisse rifiuta in nome di quella umanità. di quella particolarità di essere coscienti del tempo, dello scorrere degli avvenimenti, del cambiamento e del mutamento proprio dell'essenza umana e negata agli Dei.
Una rivisitazione del mito fatta poi sui vari incontri con autori della letteratura e con discussioni filosofiche, il più volte citato Massimo Cacciari, autore di lezioni magistrali su Prometeo, Thomas Eliot e il canto di disperazione di una storia oltraggiata dalla presenza del male, come se gli uomini volessero fuggire dalle illusioni rifugiandosi nel male. 
Sentiamo Prometeo parlare:
(Da Eschilo Prometeo Incantenato)
Anche prima di me 
guardavano, ed era cieco guardare
sentivano suoni, e non
era sentire (..)
era un darsi da fare senza
lume di mente.
Finché io insegnai le aurore e
i tramonti nella volta stellata. 
Fu mia-e a loro bene-
l'idea del calcolo, primizia d'ingegno,
e fu mio il sistema di segni tracciati,
memoria del mondo.    
Nel regalo di Prometeo, oltre al fuoco, in dono la scrittura, in dono la matematica, in dono la capacità narrativa, in dono il canto poetico.  Con essi la nascita della civiltà in Mesopotamia, in Egitto, in Grecia, la filosofia, la politica, le ideologie che verranno definite da Eschilo cieche illusioni. 
 così che il mondo finisce..."da La terra desolata di T.S. Eliot, nella lettura di R.G.Collingwood, nel capitolo VI del Dono di Prometeo ritorniamo al valore del canto poetico come visione, come arte profetica, il compito dell'artista è di parlare chiaro, di confessare.
Confessione pubblica, in quanto profetica, non già profetizzare il futuro, bensì il coraggio di svelare al pubblico le verità inconfessabili. 
Nella difficoltà del vivere il dono di Prometeo è il balsamo con cui lenire e curare una disperazione della ragione: L'arte, la bellezza, la poesia il canto, la narrativa, la scrittura, memoria del mondo
Ippolita Luzzo 

giovedì 1 febbraio 2018

Francesco Polopoli La canzone come attualizzazione del classico

Il testo della canzone di Battiato "Di Passaggio" mi ritorna a cantare in testa dopo la lezione che Francesco Polopoli tiene all'Uniter. 
Il testo inizia con la lettura di questo frammento in greco antico
« Ταὐτὸ τ΄ἔνι ζῶν καὶ
τεθνηκὸς καὶ ἐγρηγορὸς
καὶ καθεῦδον καὶ νέον
καὶ γηραιόν· τάδε γὰρ
μεταπεσόντα ἐκεινά ἐστι
κἀκεῖνα πάλιν [μεταπεσόντα] ταῦτα. »

« È la medesima realtà il vivo
e il morto, il desto e il dormiente,
il giovane e il vecchio:
questi infatti
mutando son quelli,
e quelli di nuovo [mutando] son questi. »
(Eraclito di Efeso, Frammenti, 88)
E intanto passa ignaro
il vero senso della vita
ci cambiano capelli, denti e seni
a noi che siamo solo di passaggio.
e l'epilogo è  un componimento tratto dagli Epigrammi del poeta ellenistico Callimaco

« Εἴπας 'Ἥλιε χαῖρε'
Κλεόμβροτος Ὡμβρακιώτης
ἥλατ΄ἀφ΄ὑψηλοῦ
τείχεος εἰς Ἀίδην,
ἄξιον οὐδὲν ἰδὼν θανάτου
κακόν, ἀλλὰ Πλάτωνος
[ἓν τὸ περὶ ψυχῆς γράμμ΄ἀναλεξάμενος].»

« Dicendo «Addio sole!»
Cleombroto d'Ambracia
da un alto muro
si gettò nell'Ade:
non gli era capitato alcun male
degno di morte; aveva solo letto
uno scritto, quello di Platone sull'anima. »
(Callimaco, Epigrammi, XXIII)

A dir la verità qui è semplice notare il filo che lega il testo di Battiato ai greci, però Francesco ha fatto un curioso studio di ricerca e ha trovato somiglianze e rimandi nelle canzoni più gettonate e dove meno ci aspetteremmo. Ha ricordato "Ma che freddo fa" cantata da Nada al festival di Sanremo nel 1969 "Cos'è la vita senza l'amore 
è solo un albero che foglie non ha più E sorge il vento, un vento freddo come le foglie le speranze butta giù." come un frammento di Mimnerno, con collegamenti che ci diano il senso dell'abbraccio fra il classico, fra la cultura greca e latina e il nostro mondo, e il nostro canto. E d'altronde il canto, voce che rimbalza,  nasce con la poesia, con la lirica, con Omero. La prima forma di narrazione è la nenia, la filastrocca, poi avremo la prosa. Dai carmina triunfalia ai carmina convivialia, i carmina come preces la preghiera, i carmina ritmata, ed il gioco del rap, il gioco del ritmo. da Ennio a Branduardi "Alla fiera dell'est" a Sanremo ancora con "Papaveri e papere" e i ricordi di Ambarabà cicicocò.
Il passato è il nostro DNA sociale, ci sta facendo gustare Francesco, nella felicità della conoscenza.
 Siamo in piena produzione repubblicana dell'antica Roma, nell'Eneide, libro quarto, e cantiamo "Mi ritorni in mente" di Lucio Battisti con Virgilio.
Dal carmen VIII di Catullo a Geordie di De Andrè a Delenda Carthago di Battiato ai sintagmi tacitiani degli Annales, da Odi et amo di Catullo a Malafemmena di Totò, da Roberto Vecchioni a Giovenale, da Giorgio Gaber a Properzio,"ragiona, amico mio, dai tempi di Vespasiano ad ora uguale ai nostri tempi siamo" trascrivo a memoria ciò di cui ricordo, non ho preso che pochissimi appunti dalla lezione rutilante di Francesco, da D'Annunzio nell'Alcyone, alla parole Stirpi, nel duplice significato di radice e stella.
Gustando ogni associazione mentale con i cinque sensi del ritmo, Francesco ci legge i sensi come un verso di Dante: Caddi come corpo morto cade. 
Evviva Francesco Polopoli ed evviva il meme della conoscenza. 
Ippolita Luzzo       


martedì 30 gennaio 2018

Il nulla ha gli occhi azzurri di Caterina Davinio

Elogio della mitezza: "In questa famiglia dei buoni per tutta la vita non si mangiano che rimasugli, e per giunta si fa circolare la voce che una volta ci sia stato un giorno di festa da cui quegli avanzi provengono" Roberto Musil L'uomo senza qualità. 
I fari azzurri della Ferrari tagliano l'oscurità e il primo protagonista è Olein al distributore di benzina e siamo immersi in una tragedia della follia nelle campagne di Kittili. Leggo e rileggo quel grande balzo indietro nel tempo e sono assolutamente presa da una lettura di un romanzo dai toni cupi del male, un male che finirà, mi domando interdetta. Un romanzo ambientato in America, nella provincia americana, un luogo non luogo, come sono diventati anche i nostri paesi e la desolazione mi attanaglia. Il distributore di benzina sembra essere il luogo, un luogo necessario di erogazione liquido per correre nel nulla. Pervade il nulla nella folle corsa dei protagonista, il terribile vivere senza più riconoscerci, riconoscere i luoghi, gli affetti. I personaggi incarnano le distopie del momento, Dorian Ray, l'ermafrodito bellissimo  con gli occhi azzurri, il fascino del male, il male contrapposto al bene. Un libro per amanti del genere fantasty ma non troppo, una second life in cui lasciarsi andare. Francesco Muzzioli ha firmato una post fazione esauriente che mi trova d'accordo e il romanzo poi ha per me il pregio di avermi fatto conoscere una autrice raffinatissima, una protagonista della scena, artista multimediale, una pioniera della poesia digitale. Tutti abbiamo amato Caterina Davinio, leggo da Dante Maffia che ho conosciuto qui a Lamezia poco tempo fa. Eppure io conosco solo ora un mondo rutilante ed effervescente che raggiunge la mia casa, altrettanta isolata, tramite la finestra di un blog. Il centro sociale dove Bernard lavora sembra la città in cui vivo e così si intreccia il bene e il male, il nulla e il troppo di Valentin Skodras, nella emarginazione che ci appartiene
Ippolita Luzzo     

Caterina Davinio da Wikipedia:Scrittrice e artista multimediale, dall'inizio degli anni novanta ha creato opere sperimentali tra scrittura, arti visive e nuovi media, usando il video, il computer, Internet, la fotografia digitale. Negli anni ottanta ha utilizzato anche tecniche tradizionali, come la pittura, partecipando a mostre personali e collettive. Nel 1997 ha esposto computer poetry in VeneziaPoesia, mostra a cura di Nanni Balestrini nella 47ª Biennale di Venezia. Nel 1999 ha partecipato come poeta e videoartista al "Progetto Oreste" nel Padiglione Italia della 48ª Biennale di Venezia, dove ha curato anche una rassegna di videopoesia.

Dal 1992 ha organizzato e curato una serie di rassegne video e di computer art in varie città italiane, in spazi istituzionali e alternativi, con la partecipazione di numerosi artisti internazionali, contribuendo a creare un ponte tra la poesia sperimentale e il circuito delle arti elettroniche; tra queste: Electronìe d'arte e altre scritture (1994-95), Videometropoli (1995), Poevisioni elettroniche (1996, 1997, 1998), Parole virtuali (1999), Techno-Poetry (2001), e altre Nel 1997 ha contribuito a netOper@ di Sergio Maltagliati, primo lavoro italiano interattivo e collaborativo attraverso Internet. Nel 2009 ha realizzato nella 53ª Biennale di Venezia l'installazione virtuale su Second Life The First Poetry Space Shuttle Landing on Second Life

Nel 2014 ha partecipato, con l'installazione di net-poetry Big Splash, al festival internazionale di letteratura elettronica OLE.01, inclusa nella sezione storica dei maestri nella Sala Dorica di Palazzo Reale a Napoli

domenica 28 gennaio 2018

'Ella & John (The Leisure Seeker) di Paolo Virzì

Da Boston alla casa di Hemingway, il viaggio di ribellione di una coppia che si ama tanto. La moglie decide per entrambi.
Lui è un professore di letteratura che ricorda il nome delle sue alunne, nonostante la malattia dell' Alzheimer abbia leso molti ricordi personali, un professore che ci recita un pezzo de "Il vecchio e il mare", del suo autore preferito, Hemingway e dice: La sua era prosa che si faceva poesia. In attesa di sognare i leoni che Hemingway offriva al Santiago oggi ho visto 'Ella & John (The Leisure Seeker)', il film di Paolo Virzì, con due premi Oscar come protagonisti: Helen Mirren e Donald Sutherland. 'Ella & John' è l'adattamento cinematografico del romanzo 'The Leisure Seeker', scritto dallo statunitense Michael Zadoorian e pubblicato nel 2009.
Un camper come scommessa, una moglie lucida, anch'essa minata da una malattia nel corpo, scappano al destino loro offerto dai figli, una casa di riposo, una struttura sanitaria, scappano e fanno una vacanza, l'ultima vacanza. Ci piace pensarli così ora gli anziani, recettivi e propositivi, in fuga dalle case di riposo dove saranno parcheggiati da un modello di vita che ha isolato la vecchiaia. Nell'interpretare dunque uno stato d'animo assolutorio del modello capitalistico ecco nuovi modi di fare nel mondo anziano.
La fuga bella.
Il film, gradevolissimo e poi tenero, ci propone una bella immagine di una volontà indomita, di una coppia innamorata e unita che attraversa in camper perfettamente attrezzato e senza grandi difficoltà l'America, verso Sud,  per giungere nella casa dello scrittore, casa anch'essa diventata un parco giochi, come ogni luogo del ricordo, oramai.
I nostri vecchi non sono così, la vecchiaia orrenda non viene sfiorata, qui c'è una storia bella di amore, una storia bella di grande amicizia, una storia bella in cui la vita bella mi ricorda gli inizi di Virzì, quel desiderio di Ovosodo, uno dei primi film di Virzì, in cui, lui,  elegiaco terminava con la bella coppia creata dal protagonista.
La coppia, dunque, come panacea contro la mercificazione dei sentimenti, la coppia come forza per affrontare anche la terribile vecchiaia. Nel film ho molto ridacchiato, triste e contenta, nel riconoscere temi e argomenti che mi stanno a cuore, felice e triste di vedere che la ragazza delle ordinazioni avesse fatto la tesi su Hemingway, felice e triste di vedere intorno ad una coppia, strutturata e radicata su conoscenze e territori, i tanti sradicati, i benzinai siriani, i campeggiatori, i desolati ospiti delle case di riposo e i loro infermieri. Tutto sarebbe stato tristissimo senza la luce che emanava dai due interpreti principali e dal loro splendido essere oltre le miserie umane.Oltre la miseria la forza della conoscenza, del piacere letterario dell'immaginazione. Lungo La Route 1 sulla East Coast degli States che termina a Key West, da Boston a Hemingway
Ippolita Luzzo        

venerdì 26 gennaio 2018

Amori regalati Olimpio Talarico


La recensione di Amori regalati direttamente dalla rivista Cabaret Bisanzio sul blog del regno stamattina, dopo la bellissima telefonata con una carissima amica, Maria Ierardi, Dirigente Scolastica a Cotronei, che presenterà agli alunni questo libro insieme all'autore. La mia presenza con Olimpio Talarico e Maria Ierardi. Le Coincidenze non sono a caso.   

"Siamo monchi nello stupore che non riusciamo ad avvertire. Nelle sorprese che non abbiamo avuto. Nelle cose e nelle persone che non abbiamo incontrato. Pur restando insieme abbiamo permesso che molte nostre emozioni vivessero all'ombra , che molte assenze fossero coltivate in silenzio… ognuno geloso delle proprie mancanze. Proprio come se la vita si sviluppasse nell'ombra" Cosa sappiamo noi di un altro? Di un amico fraterno, di un conoscente, di un vicino? Mi viene da chiedere spesso e nello stesso tempo mi interrogo su cosa io sappia di me stessa, di ciò che io sia diventata per me, un personaggio, a mia volta, di un libro, forse.

"Mi chiamo Martino Aiello e come tutti quelli della mia famiglia sono nato a Fondo Margherita, proprio al confine fra Crotone e il comune di Strongoli, nel mese di luglio del 1919, in un immenso palazzo prima del mare: una grande nave arenata sulla spiaggia orientale delle coste calabresi… all'età di nove anni lasciai il mare. Mio padre era stato nominato segretario comunale in un paesino sperduto fra le montagne. Caccuri, in quegli anni, subito dopo l’avvento  del fascismo, era un quadro dipinto su un cartone povero: pochi colori, molto bianco da pitturare, tanto nero da cancellare.  Quattro case appoggiate sulle roccia… Una piazza stretta… Ai piedi del paese un ruscello"  Sento tutti i bravi narratori del novecento venirmi incontro in queste pagine di Olimpio Talarico, vorrei trascrivere tutte le frasi, per intero, però credo bastino poche immagine per sentire subito il fascino della lettura.

Caccuri, il paese raccontato come un amico in questo libro di Olimpio Talarico sull'amicizia, De amicitia di Cicerone, l’amicizia di Aristotele, dall'etica Nicomachea, l’amicizia di Sant'Agostino nelle Confessioni.  L’amicizia nata a scuola, fra i banchi e poi vissuta fra sparizioni e riapparizioni  fino alla fine, fino al volersi ancora insieme anche in un improbabile incontro in un luogo che non conosceremo.  Un’amicizia che attraversa un secolo di dittature e guerre, di crimini e cose taciute, allargando lo spazio e facendo da inquadratura sempre più ampia sulle vicende man mano raccontate.
Da Caccuri in Germania, in Argentina, come in un film, quando vediamo la cinepresa iniziare da un piccolo punto e allargare man mano lo sguardo su una storia universale.

Uno stile narrativo limpido, seducente, rigoroso sui fatti accaduti nella realtà, fa vivere i personaggi nella loro verità e ce li regala come veri verissimi, nei loro incontri per la vita. 
 "Il cielo si era incupito e Berlino in penombra mostrava tutti i segni della stanchezza, quando in fondo al marciapiede, dietro un carrarmato in avaria, vidi arrivare verso di noi, e fermarsi a parlare con Giovanni, una giovane con un vestito leggero, azzurro, i capelli sciolti e una sciarpa al collo… Aveva l’aria di una ballerina e di un’attrice di tragedia greca"
Mi fermo qui, a malincuore, presa dalla malia di trascriverlo tutto questo libro.
"Amori regalati"  A Luigi, nella dedica iniziale, a tutti noi, nella dedica finale, nel momento in cui siamo arrivati insieme nel centro del mondo, il nostro mondo fatto di affetti e ricordi.
Un libro amico e vivente guarda noi mentre noi guardiamo gli occhi e il sorriso dei tre ragazzini oltre la carta della copertina e leggiamo e rileggiamo il romanzo dello stupore.
Ippolita Luzzo