Siamo alla fine della conferenza all'Uniter di Lamezia Terme ed aprendo il medaglione con simbolo gioachimita che Francesco ha appeso al collo leggiamo: Nos esse quasi nani super humeros gigantum insidentes noi siamo come nani sulle spalle di giganti, possiamo vedere più cose di loro e più lontane perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti.
Francesco Polopoli, docente di latino e greco presso il liceo classico di San Giovanni in Fiore è uno studioso di Gioacchino da Fiore, membro del “Centro internazionale di studi gioachimiti”
Gioacchino da Fiore, abate, teologo, nato a Celico, 1130 circa e morto a Pietrafitta, 30 marzo 1202, figura profetica e attuale del quale Francesco stasera ci ha proposto alcuni documentari sulla vita insieme ad una sua personale rilettura delle tavole miniate del Liber figurarum.
Senza appunti scrivo di ciò che mi è rimasto di una lezione elettrica fatta da un professore in t-shirt che inizia col raccontarci una sua esperienza a Bergamo, dove era stato incaricato dalla Provincia di studiare le forme dialettali con derivazioni dal latino.
Significato, significante, segni, ogni parola è una storia, così come la goccia che in bergamasco vuol dire niente.
Nella piacevolezza del suo essere docente ringrazia un alunno che ha tradotto in inglese il suo lavoro presentato di recente all'Università Cattolica di Milano. Studenti: fiori che daranno frutto, ci dice lui.
Legge un pensiero del Cardinale Ruini sul Logos che appartiene a Gioacchino da Fiore, logos che si compenetra nella Charitas, così come la Charitas di San Francesco si compenetra nel logos. Compenetrazione di intelletto e cuore.
Dai cistercensi ai Florensi la via umanistica di Gioacchino da Fiore. da qui a novecento anni fa.
Un intellettuale, un profeta, Gioacchino da Fiore, conosciuto da Leonzio Pilato e studiato da Dante, da Petrarca, come colui che vide prima.
Un grande umanista, lo definisce stasera Francesco Polopoli, un uomo che ricercava nella lingua, nell'origine delle parole, il senso, un uomo che univa l'antico col nuovo che fiorisce. Iure Vetere. L'antico col nuovo, perché nulla si può conoscere di nuovo se prima non si conosce la rete intricata delle parole con i simboli , le derivazioni di molti linguaggi. In questa affascinante ricerca io stessa mi esalto perché l'etimologia è veramente la più bella delle avventure e spalanca la comprensione di ogni gesto umano. Spiega infatti via via Francesco il significato di misericordia, di religione, di cerebrum, cervello, fatto di cera, malleabile eppure che giudica, ma ogni parola è fantastica e la lingua è una rete, che permise a Gioacchino, conoscitore di più lingue di avviare quel nuovo umanesimo proiettato nel futuro.
Un clochard del suo tempo, Gioacchino viene definito stasera e amen fedeltà alla sovranità di Dio, partendo dalla lingua semitica da destra verso sinistra e poi da sinistra verso destra, leggendo segno per segno, come sapeva leggere Gioacchino.
Leggendo capiamo e guardiamo le tavole disegnate da Gioacchino da Fiore, le tre età, l'età del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo con il pensiero rivolto a quei monti della Sila, alla confluenza di fiumi, al possibile incontro già vagheggiato fra popolo ebraico e popolo cristiano, a Francesco che raccoglie e conserva studi su studi per ridonarceli nella splendida nuova alba del secondo millennio. Finiamo nei cerchi di Gioacchino, ognuno col suo colore, verde azzurro e rosso e in tutti i colori che Gaudì ci regala sulla t-shirt di Francesco nel grande medaglione della conoscenza.
Ippolita Luzzo
Francesco Polopoli, docente di latino e greco presso il liceo classico di San Giovanni in Fiore è uno studioso di Gioacchino da Fiore, membro del “Centro internazionale di studi gioachimiti”
Gioacchino da Fiore, abate, teologo, nato a Celico, 1130 circa e morto a Pietrafitta, 30 marzo 1202, figura profetica e attuale del quale Francesco stasera ci ha proposto alcuni documentari sulla vita insieme ad una sua personale rilettura delle tavole miniate del Liber figurarum.
Senza appunti scrivo di ciò che mi è rimasto di una lezione elettrica fatta da un professore in t-shirt che inizia col raccontarci una sua esperienza a Bergamo, dove era stato incaricato dalla Provincia di studiare le forme dialettali con derivazioni dal latino.
Significato, significante, segni, ogni parola è una storia, così come la goccia che in bergamasco vuol dire niente.
Nella piacevolezza del suo essere docente ringrazia un alunno che ha tradotto in inglese il suo lavoro presentato di recente all'Università Cattolica di Milano. Studenti: fiori che daranno frutto, ci dice lui.
Legge un pensiero del Cardinale Ruini sul Logos che appartiene a Gioacchino da Fiore, logos che si compenetra nella Charitas, così come la Charitas di San Francesco si compenetra nel logos. Compenetrazione di intelletto e cuore.
Dai cistercensi ai Florensi la via umanistica di Gioacchino da Fiore. da qui a novecento anni fa.
Un intellettuale, un profeta, Gioacchino da Fiore, conosciuto da Leonzio Pilato e studiato da Dante, da Petrarca, come colui che vide prima.
Un grande umanista, lo definisce stasera Francesco Polopoli, un uomo che ricercava nella lingua, nell'origine delle parole, il senso, un uomo che univa l'antico col nuovo che fiorisce. Iure Vetere. L'antico col nuovo, perché nulla si può conoscere di nuovo se prima non si conosce la rete intricata delle parole con i simboli , le derivazioni di molti linguaggi. In questa affascinante ricerca io stessa mi esalto perché l'etimologia è veramente la più bella delle avventure e spalanca la comprensione di ogni gesto umano. Spiega infatti via via Francesco il significato di misericordia, di religione, di cerebrum, cervello, fatto di cera, malleabile eppure che giudica, ma ogni parola è fantastica e la lingua è una rete, che permise a Gioacchino, conoscitore di più lingue di avviare quel nuovo umanesimo proiettato nel futuro.
Un clochard del suo tempo, Gioacchino viene definito stasera e amen fedeltà alla sovranità di Dio, partendo dalla lingua semitica da destra verso sinistra e poi da sinistra verso destra, leggendo segno per segno, come sapeva leggere Gioacchino.
Leggendo capiamo e guardiamo le tavole disegnate da Gioacchino da Fiore, le tre età, l'età del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo con il pensiero rivolto a quei monti della Sila, alla confluenza di fiumi, al possibile incontro già vagheggiato fra popolo ebraico e popolo cristiano, a Francesco che raccoglie e conserva studi su studi per ridonarceli nella splendida nuova alba del secondo millennio. Finiamo nei cerchi di Gioacchino, ognuno col suo colore, verde azzurro e rosso e in tutti i colori che Gaudì ci regala sulla t-shirt di Francesco nel grande medaglione della conoscenza.
Ippolita Luzzo