Si chiama Poesia Visiva e nasce, come movimento negli anni sessanta " "cultura del neo-ideogramma" la nuova civiltà dell'immagine, della tecnologia e dei mass-media, in cui l'Arte e la Letteratura divenivano un semplice messaggio, uno strumento dell'informazione e della comunicazione, a vantaggio del contenuto e del significato. È nella cultura del neo-ideogramma che la poesia diviene un segno, più precisamente un segno culturale e semiologico." Segno verbale e segno visivo assumono un rapporto reciproco di equilibrio senza subordinarsi a vicenda, avendo lo stesso peso nell'insieme dell'opera d'arte.
Dopo lo studio sulla corrente a cui possiamo ascrivere Agostino Tulumello, artista del segno, visivo e verbale, seguiamo le sue opere appese in scala cromatica lungo le bianche pareti della galleria Be Cause.
Assaggiando gli aranci che, nel trionfo di mandarini della Sicilia, arrivano al giallo solare dei limone di Amalfi, ci vestiamo delle trame e dei colori di Missoni, del tweed, quel tipo di tessuto in lana originario della Scozia, un tessuto con rigatura diagonale o disegni ricavati da varie combinazioni come la lisca di pesce e giungiamo nelle gradazioni del verde, dal verde bosco al verde prato, al leggerissimo verde delle foglie appena nate.
Nei colori di Agostino non mancano i rossi e il bianco, il grigio ed il celeste, il viola, l'azzurro che, dall'intenso, si accompagna al cielo del celeste che albeggia.
Trame e colori, presentati da Gianfranco Labrosciano, in apertura della mostra, come poesia visiva, un lungo lavoro di struttura e sovrastruttura alla De Sassure," Nella lingua, al contrario, non v’è altro che l’immagine acustica, e questa può tradursi in una immagine visiva costante..."
Agostino rende concreta la parola, la scrive e la riscrive fino a fonderla con il colore, viaggia sulla tela con i pennelli, scrivendo in orizzontale, in verticale, in trasversale, facendo sovrapposizioni di strati, uno sull'altro, così come i giorni si sovrappongono uno sull'altro sui mesi, sugli anni, sull'eterno.
Guardiamo noi quel lavoro impresso sulla tela, quel movimento di tempo, di mani, di spazio, che va a colorare, a riempire una tela che non finisce, potrebbe continuare, l'artista, a sovrapporre ancora un'altra scrittura ed avremmo un libro aperto verso l'infinito creativo della meraviglia.
D'altronde l'artista si chiama Agostino, e come Agostino D'Ippona, nelle Confessioni, ci domanda e si domanda "Che cos'è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede non lo so più."
Il tempo come distendere su tela, come sovrapposizione, come azione della nostra gioia per essere partecipi ad un flusso eterno.
Negli occhi dell'artista quella passione, quel colore nel gesto, quella soddisfazione di poter giocare con un meccanismo che potrebbe ingabbiare. Il tempo per lui è un gioco che si può colorare.
domenica 15 maggio 2016
venerdì 13 maggio 2016
Teatro: La bevuta libertà
Didattica alternativa, chiama questo progetto di teatro la dirigente del Liceo Scientifico Caterina Calabrese.
Teresa Bevilacqua, dirigente del Liceo Classico, conferma sul valore pedagogico che da oltre quattro anni le fa scegliere la guida d di PierPaolo Bonaccurso, maestro di teatro e attore premiato a livello nazionale nonché rappresentante della Cooperativa sociale TeatroP, come regista e direttore del laboratorio di alunni del liceo Classico, già premiati in prove nazionali ed in partenza domenica per altri riconoscimenti.
Il 13 maggio fanno anteprima al Teatro Politeama con Sogno di una notte di mezza estate. Laboratorio svolto con la collaborazione di Valentina Arichetti.
Intanto stamattina
per la rassegna Teatro Ragazzi, Concorso nelle scuole 2015-2016, gli alunni del Liceo Scientifico di Lamezia Terme ci hanno stupito e deliziato con "The White Side Of The Moon" Il lato bianco della luna, Ipertesto, miscellanea, composto alla maniera di una Enciclopedia Einaudi Anni Settanta, con in mano un PC, le conoscenze e leggendo i link correlati e cuciti dal rigore del significato.
Una lettura che volge in bianco, nel senso di luminoso, di possibile riscatto, ogni momento difficile, ogni tragedia. Dal testo, fermo a sangue, vendetta, invidia, gelosia e follia, via verso una decisione di libertà.
Gli alunni del Liceo Scientifico hanno iniziato da questo anno, spinti dal suggerimento della loro insegnante di Materie letterarie Mara Perri, accolto dalla Dirigente, stamattina in platea a batter loro le mani.
Avevo già visto questo testo, in itinere, qualche tempo fa, nei locali del liceo stesso, ma il testo che ho avuto il piacere di applaudire stamattina è cresciuto, gli alunni preparati e padroni della scena, otto ragazze e un ragazzo, una compagnia vera e propria, con costumi e musiche, scenografie e tempi da professionisti.
Un testo ottimo, una rielaborazione sensata, uso il termine
"sensata" perché è ormai raro vedere testi così ben legati e mescolati, nuovi e antichi, con rispetto della tradizione del grande teatro di Carmelo Bene e insieme Osho e Capossela.
Mi piacerà rileggere il testo, mi piacerà seguire ancora questi ragazzi che con Caterina in scena si liberano di Petruzzo, liberano il rum dall'uso terribile e solitario dello sballo, dando al teatro, nella finzione, al rum il ruolo di risate dissacranti su un dolore immenso sull'abbandono dell' amore. Una bevanda che si chiama libertà, liberazione dalle strette maglie del dispiacere, dal sentirsi inadeguati. Nel ballo finale, dove tutti ridono e giocano, poi arriva lei, la saggezza, di celeste vestita, che riprende Shakespeare ed i sogni che si realizzeranno con studio e... respirando.
Ogni storia trova la sua soluzione, cambiando, e sono queste le parole del papà di uno degli attori stamattina, nel ringraziare la scuola, dirigente e insegnanti, nel ringraziare Pierpaolo. " Mio figlio è cambiato, da quando ha iniziato questo corso. Più sicuro, deciso, sciolto.
Una libertà bevuta che si chiama teatro. Un viaggio nel pensiero con una carrozza fatta di reti con le ragnatele più sottili.
Applausi e ancora applausi al teatro per davvero.
E dopo gli applausi il dolce e un fiore fra i capelli
Teresa Bevilacqua, dirigente del Liceo Classico, conferma sul valore pedagogico che da oltre quattro anni le fa scegliere la guida d di PierPaolo Bonaccurso, maestro di teatro e attore premiato a livello nazionale nonché rappresentante della Cooperativa sociale TeatroP, come regista e direttore del laboratorio di alunni del liceo Classico, già premiati in prove nazionali ed in partenza domenica per altri riconoscimenti.
Il 13 maggio fanno anteprima al Teatro Politeama con Sogno di una notte di mezza estate. Laboratorio svolto con la collaborazione di Valentina Arichetti.
Intanto stamattina
per la rassegna Teatro Ragazzi, Concorso nelle scuole 2015-2016, gli alunni del Liceo Scientifico di Lamezia Terme ci hanno stupito e deliziato con "The White Side Of The Moon" Il lato bianco della luna, Ipertesto, miscellanea, composto alla maniera di una Enciclopedia Einaudi Anni Settanta, con in mano un PC, le conoscenze e leggendo i link correlati e cuciti dal rigore del significato.
Una lettura che volge in bianco, nel senso di luminoso, di possibile riscatto, ogni momento difficile, ogni tragedia. Dal testo, fermo a sangue, vendetta, invidia, gelosia e follia, via verso una decisione di libertà.
Gli alunni del Liceo Scientifico hanno iniziato da questo anno, spinti dal suggerimento della loro insegnante di Materie letterarie Mara Perri, accolto dalla Dirigente, stamattina in platea a batter loro le mani.
Avevo già visto questo testo, in itinere, qualche tempo fa, nei locali del liceo stesso, ma il testo che ho avuto il piacere di applaudire stamattina è cresciuto, gli alunni preparati e padroni della scena, otto ragazze e un ragazzo, una compagnia vera e propria, con costumi e musiche, scenografie e tempi da professionisti.
Un testo ottimo, una rielaborazione sensata, uso il termine
"sensata" perché è ormai raro vedere testi così ben legati e mescolati, nuovi e antichi, con rispetto della tradizione del grande teatro di Carmelo Bene e insieme Osho e Capossela.
Mi piacerà rileggere il testo, mi piacerà seguire ancora questi ragazzi che con Caterina in scena si liberano di Petruzzo, liberano il rum dall'uso terribile e solitario dello sballo, dando al teatro, nella finzione, al rum il ruolo di risate dissacranti su un dolore immenso sull'abbandono dell' amore. Una bevanda che si chiama libertà, liberazione dalle strette maglie del dispiacere, dal sentirsi inadeguati. Nel ballo finale, dove tutti ridono e giocano, poi arriva lei, la saggezza, di celeste vestita, che riprende Shakespeare ed i sogni che si realizzeranno con studio e... respirando.
Ogni storia trova la sua soluzione, cambiando, e sono queste le parole del papà di uno degli attori stamattina, nel ringraziare la scuola, dirigente e insegnanti, nel ringraziare Pierpaolo. " Mio figlio è cambiato, da quando ha iniziato questo corso. Più sicuro, deciso, sciolto.
Una libertà bevuta che si chiama teatro. Un viaggio nel pensiero con una carrozza fatta di reti con le ragnatele più sottili.
Applausi e ancora applausi al teatro per davvero.
E dopo gli applausi il dolce e un fiore fra i capelli
lunedì 9 maggio 2016
Fausta Genziana Le Piane: Dipingere collages
Dipingere è amare di nuovo
Scrivere per collage.
Quel che ci accomuna con Fausta è questo nostro raccogliere e conservare in borsa, riponendo e dimenticando, ritrovando e rifacendo altro pensiero da quello fatto nel momento iniziale.
Un pensiero originale, nuovo, una sorpresa, su quell'oggetto, quel pezzo di carta, quel filo conservato per chissà quale scopo.
Credo di sentirmi, pur nella giocosità adulta, una compagna di Fausta, anche e solo nel gesto del raccogliere, io raccolgo pensieri, gesti, attimi, per poi buttare o fissare su brevissimi formati word.
Un foglio.
Lei mette su cartoncino i suoi pezzi di ogni materiale, crea collages, alcuni ora in mostra, giovedì 9 giugno, ore 17,00, in via Clitunno, 5, Quartiere Coppedé. Ci saranno 5 collages incentrati sui volti femminili e poi in autunno di nuovo con il progetto Dall'Emozione all'Immagine con Jole Chessa Olivares e Daniela Fabrizi.
... riprendo oggi 19 maggio a scrivere di Fausta, dopo aver tenuto i suoi collages con me, sul tavolo da cucina, sul comodino, accanto al PC come amici a far bello il mio tempo.
C'è un grande prato verde che si chiamano ragazzi, cantava Gianni Morandi, in una delle sue canzoni, ed io ripeto con lui stamattina che c'è un grande prato verde, il prato dell'amore per le cose belle.
Una grazia compositiva che ingentilisce le piccole cose, osservate e raccolte, riproposte con gesti delicati, oggetti da amare di nuovo.
Prato di fiori
Ritaglio di stoffa e fili di lana. Dal prato verde gli steli esili hanno colori verde pallido, verde intenso, quasi a darci l'età del fiore, il fiore più alto ha il verde più scuro nel suo stelo. Girandole di fiori, come giocattoli realizzati su una ruota per incanalare l'aria e roteare su un perno attaccato ad un bastoncino. Sarà sufficiente soffiarci per farla girare o orientarla ad un debole vento. Così i fiori di Fausta girano al vento, colorati di rosa, di grigio, di blu, a righe, a cerchi, con quadrotti, losanghe, petali inconsueti finora.
Pioggia
Ritagli di giornale, carta lucida, fiori di carta vellutata.
Piove sul prato che ora sembra un campo di grano, ci sono le spighe qua e là, e la pioggia sono chicchi che cadono, il pane che sarà.
Donne
Stencil, colori acrilici, carte veline disegnate, porporine colorate.
come fiori anche le donne ci appaiono nel fregio di un mosaico, tra l'architrave e la cornice. Donne vestite di colori, arabescate, in foglie, e a puzzle con tanti quadretti, oppure in tinta unica, in verde, in rosaaranciocolorcarne, donne che fanno esercizi in una palestra ideale ed io sono lo specchio e di lato c'è un istruttore, un efebo di Mozia, simbolo dei giochi olimpici della città di Atene.
"Ha sorvolato cieli, continenti, mari, dopo aver trascorso millenni senza testa sotto una spessa coltre di terra in un tempio ormai devastato dalla furia degli eventi umani, naturali. L’efebo era lì a rammentarmi che la bellezza resiste, non ha paura, la bellezza classica conforta e concilia un’armonia vera fra uomo e uomo, uomo e natura, uomo e divino. Il movimento del suo braccio, ripiegato indietro, sulla spalla,come se reggesse un’elsa, increspa le pieghe del peplo, l’altra mano, poggiata sul fianco, sposta leggermente il suo baricentro. Sinuoso, fermo, ci aspetta, si offre al nostro sguardo con l’atteggiamento distaccato di chi ne ha viste e non ne ha viste tante da ritenerle tutte importanti ma superflue." così scrissi io un tempo lontano e con l'efebo nella palestra ideale di Fausta Genziane Le Piane noi stiamo. " Gli oggetti hanno un potere magico" Scomporre la realtà e ricomporla a piacimento, con le parole di Fausta, sorprende. L'oggetto che vive " Freme e respira" a dirla con Kandinskij, e stamattina l'efebo di Mozia si presentò nel fotomontaggio di un collage, nel frottage surrealista di Max Ernst. Il profumo del caffè raggiunge il foglio, le tante copertine che Fausta ha creato per i suoi "Ostaggio alla vallata" " La Chiave di Se Stessi" "Duo Per Tre" e Volo sul mare per il libro di poesie di Iole Chessa Olivares "In Pura Perdita" ed altre ancora. Per Kenavò, rivista da lei creata.
Da Casa Duir " il castello di cui è regina, un angolo di terra celtica trapiantato in Sabina, in una bellissima campagna nei pressi di Casperia." riprendo da Patti, Fausta regala a noi tutti poesie e collages, parole e colori per amare di nuovo dipingere.
Scrivere per collage.
Quel che ci accomuna con Fausta è questo nostro raccogliere e conservare in borsa, riponendo e dimenticando, ritrovando e rifacendo altro pensiero da quello fatto nel momento iniziale.
Un pensiero originale, nuovo, una sorpresa, su quell'oggetto, quel pezzo di carta, quel filo conservato per chissà quale scopo.
Credo di sentirmi, pur nella giocosità adulta, una compagna di Fausta, anche e solo nel gesto del raccogliere, io raccolgo pensieri, gesti, attimi, per poi buttare o fissare su brevissimi formati word.
Un foglio.
Lei mette su cartoncino i suoi pezzi di ogni materiale, crea collages, alcuni ora in mostra, giovedì 9 giugno, ore 17,00, in via Clitunno, 5, Quartiere Coppedé. Ci saranno 5 collages incentrati sui volti femminili e poi in autunno di nuovo con il progetto Dall'Emozione all'Immagine con Jole Chessa Olivares e Daniela Fabrizi.
... riprendo oggi 19 maggio a scrivere di Fausta, dopo aver tenuto i suoi collages con me, sul tavolo da cucina, sul comodino, accanto al PC come amici a far bello il mio tempo.
C'è un grande prato verde che si chiamano ragazzi, cantava Gianni Morandi, in una delle sue canzoni, ed io ripeto con lui stamattina che c'è un grande prato verde, il prato dell'amore per le cose belle.
Una grazia compositiva che ingentilisce le piccole cose, osservate e raccolte, riproposte con gesti delicati, oggetti da amare di nuovo.
Prato di fiori
Ritaglio di stoffa e fili di lana. Dal prato verde gli steli esili hanno colori verde pallido, verde intenso, quasi a darci l'età del fiore, il fiore più alto ha il verde più scuro nel suo stelo. Girandole di fiori, come giocattoli realizzati su una ruota per incanalare l'aria e roteare su un perno attaccato ad un bastoncino. Sarà sufficiente soffiarci per farla girare o orientarla ad un debole vento. Così i fiori di Fausta girano al vento, colorati di rosa, di grigio, di blu, a righe, a cerchi, con quadrotti, losanghe, petali inconsueti finora.
Pioggia
Ritagli di giornale, carta lucida, fiori di carta vellutata.
Piove sul prato che ora sembra un campo di grano, ci sono le spighe qua e là, e la pioggia sono chicchi che cadono, il pane che sarà.
Donne
Stencil, colori acrilici, carte veline disegnate, porporine colorate.
come fiori anche le donne ci appaiono nel fregio di un mosaico, tra l'architrave e la cornice. Donne vestite di colori, arabescate, in foglie, e a puzzle con tanti quadretti, oppure in tinta unica, in verde, in rosaaranciocolorcarne, donne che fanno esercizi in una palestra ideale ed io sono lo specchio e di lato c'è un istruttore, un efebo di Mozia, simbolo dei giochi olimpici della città di Atene.
"Ha sorvolato cieli, continenti, mari, dopo aver trascorso millenni senza testa sotto una spessa coltre di terra in un tempio ormai devastato dalla furia degli eventi umani, naturali. L’efebo era lì a rammentarmi che la bellezza resiste, non ha paura, la bellezza classica conforta e concilia un’armonia vera fra uomo e uomo, uomo e natura, uomo e divino. Il movimento del suo braccio, ripiegato indietro, sulla spalla,come se reggesse un’elsa, increspa le pieghe del peplo, l’altra mano, poggiata sul fianco, sposta leggermente il suo baricentro. Sinuoso, fermo, ci aspetta, si offre al nostro sguardo con l’atteggiamento distaccato di chi ne ha viste e non ne ha viste tante da ritenerle tutte importanti ma superflue." così scrissi io un tempo lontano e con l'efebo nella palestra ideale di Fausta Genziane Le Piane noi stiamo. " Gli oggetti hanno un potere magico" Scomporre la realtà e ricomporla a piacimento, con le parole di Fausta, sorprende. L'oggetto che vive " Freme e respira" a dirla con Kandinskij, e stamattina l'efebo di Mozia si presentò nel fotomontaggio di un collage, nel frottage surrealista di Max Ernst. Il profumo del caffè raggiunge il foglio, le tante copertine che Fausta ha creato per i suoi "Ostaggio alla vallata" " La Chiave di Se Stessi" "Duo Per Tre" e Volo sul mare per il libro di poesie di Iole Chessa Olivares "In Pura Perdita" ed altre ancora. Per Kenavò, rivista da lei creata.
Da Casa Duir " il castello di cui è regina, un angolo di terra celtica trapiantato in Sabina, in una bellissima campagna nei pressi di Casperia." riprendo da Patti, Fausta regala a noi tutti poesie e collages, parole e colori per amare di nuovo dipingere.
mercoledì 4 maggio 2016
Franz Krauspenhaar Grandi Momenti
Grandi Momenti: "Abiura oblio aberrazione"
"La mia vita di parole la sento passare e leggermente trafiggermi."
Questo è lo scrittore, personaggio del libro che Franz fa vivere nel suo romanzo appena uscito nelle librerie con la NEO edizioni.
"Un economo dell’umore."
Lo conosciamo in day hospital mentre fa gli esami di routine per i post infartuati.
Leggendo di Franco, il personaggio che narra in prima persona, partecipiamo ai suoi esercizi, agli incontri con altri infartuati e alle sue passioni, le automobili. Dalla Jaguar alla Porsche, passando per l'Alfa.
Ci mettiamo dalla sua parte forse per empatia fra ammalati e però, man mano, ci allontaniamo vedendo sempre di più quanto sia un individuo moralmente vuoto e nichilista, malgrado le sue tirate anarchiche.
Nei suoi momenti migliori, quelli che a me sono piaciuti di più, dialoga con le sue automobili, come nei Monologhi Automobilistici, che Francesco Stella aveva immaginato anni or sono, dialoga con la lepre che corre e che lui vorrebbe finalmente raggiungere e uccidere, nel tentativo di liberarsi dall'immaginario paterno andato via anni prima.
Tenta il dialogo, o almeno una certa affettuosità con il fratello, pittore che "ha dipinto un cervello stilizzato e dentro, con poche
pennellate di colore scuro, ha creato come una cella, o un sentiero
che si perde dentro se stesso" per chiudere l'immenso nel piccolo.
Tenta anche una scrittura che non lo emancipa, anzi si fa beffa di lui, non è riconosciuto per i suo romanzi, ma giunge al successo con uno pseudonimo e per gialli, polizieschi che scrive senza prenderci gusto.
In effetti sembra che non prenda gusto a nulla, e il mondo letterario viene mostrato opaco, in questo atomo opaco del male, come nel
X agosto di Pascoli. Forse la parte più fragile del libro è nel livore o nel caratterizzare così un luogo che ha a che fare con la scrittura. Critici contrari e editore che consiglia una bella passata di botte pronta per l'uso.
"Sento delle fitte al petto. Mi spavento, naturalmente,
però con una certa classe." ed è la classe quella che lui cerca, lo stile che, a volte, felicissimo, mi fa sorridere, malgrado la tentazione di prendere a schiaffi il personaggio, specie quando argomenta di donne, che non ci sono, se non in veste di pelo.
Pelo da raggiungere.
Lo stile comunque mi fa superare la rabbia e leggo il racconto come se l'autore abbia voluto fare un personaggio all'incontrario, senza un messaggio che non sia una riflessione sui tempi senza tempo, nel tempo che è una convenzione, concetto da me sempre molto ripetuto, sulla vita che si arrotola su sé stessa e si incontra nei periodi di infanzia e maturità lasciando un cratere al centro.
"La cosa che più mi sconcerta è che,
pur ripassando le fasi salienti della mia vita dal 1984 ad oggi,
come nel cortometraggio che i moribondi vedono in chiusura
dei conti, io non trovo nulla di veramente importante. Nonostante
i lutti, le umiliazioni, gli insuccessi e anche i successi,
io non vedo, in fondo, nient’altro che un cratere. Nemmeno
grande: un cratere seminascosto in mezzo alla campagna"
Sulle note della canzone di Gaber, che amiamo entrambi, cantiamo uguale.
"Da solo
lungo l’autostrada
alle prime luci del mattino.
Giorgio Gaber. L’illogica allegria.
Vorrei che parlasse di me.
Lo vorrei tanto. Vorrei essere felice come in questa canzone, ma
è impossibile."
"Finché, verso i quaranta, come un pazzo esagitato in fuga
dal manicomio, ho abbracciato la letteratura e i suoi meccanismi
insensati. Allora ho capito esattamente che il successo è
un otre vuoto, anzi svuotato"
e per dirla con lui, morte e vita "Ma tutto mi dice che fuori da questo schifo non esiste altro, che la natura è limitata È come quando vieni addosso a una donna, sei alla fine degli spasmi violenti, dell’invasione, e riprendi a pensare con un certo ordine: ecco che metti a fuoco i fiotti di sperma sulla sua pelle bianca, rilassata, come una specie di pioggia spaziale, esoterica. È la sostanza vitale che s’è spersa nel cosmo. Tutto vive e tutto muore, in quel momento. Un momento dolce e brutale al contempo"
Un applauso a Franz Krauspenhaar che con stile andrà in giro, guidando una Porsche!
"La mia vita di parole la sento passare e leggermente trafiggermi."
Questo è lo scrittore, personaggio del libro che Franz fa vivere nel suo romanzo appena uscito nelle librerie con la NEO edizioni.
"Un economo dell’umore."
Lo conosciamo in day hospital mentre fa gli esami di routine per i post infartuati.
Leggendo di Franco, il personaggio che narra in prima persona, partecipiamo ai suoi esercizi, agli incontri con altri infartuati e alle sue passioni, le automobili. Dalla Jaguar alla Porsche, passando per l'Alfa.
Ci mettiamo dalla sua parte forse per empatia fra ammalati e però, man mano, ci allontaniamo vedendo sempre di più quanto sia un individuo moralmente vuoto e nichilista, malgrado le sue tirate anarchiche.
Nei suoi momenti migliori, quelli che a me sono piaciuti di più, dialoga con le sue automobili, come nei Monologhi Automobilistici, che Francesco Stella aveva immaginato anni or sono, dialoga con la lepre che corre e che lui vorrebbe finalmente raggiungere e uccidere, nel tentativo di liberarsi dall'immaginario paterno andato via anni prima.
Tenta il dialogo, o almeno una certa affettuosità con il fratello, pittore che "ha dipinto un cervello stilizzato e dentro, con poche
pennellate di colore scuro, ha creato come una cella, o un sentiero
che si perde dentro se stesso" per chiudere l'immenso nel piccolo.
Tenta anche una scrittura che non lo emancipa, anzi si fa beffa di lui, non è riconosciuto per i suo romanzi, ma giunge al successo con uno pseudonimo e per gialli, polizieschi che scrive senza prenderci gusto.
In effetti sembra che non prenda gusto a nulla, e il mondo letterario viene mostrato opaco, in questo atomo opaco del male, come nel
X agosto di Pascoli. Forse la parte più fragile del libro è nel livore o nel caratterizzare così un luogo che ha a che fare con la scrittura. Critici contrari e editore che consiglia una bella passata di botte pronta per l'uso.
"Sento delle fitte al petto. Mi spavento, naturalmente,
però con una certa classe." ed è la classe quella che lui cerca, lo stile che, a volte, felicissimo, mi fa sorridere, malgrado la tentazione di prendere a schiaffi il personaggio, specie quando argomenta di donne, che non ci sono, se non in veste di pelo.
Pelo da raggiungere.
Lo stile comunque mi fa superare la rabbia e leggo il racconto come se l'autore abbia voluto fare un personaggio all'incontrario, senza un messaggio che non sia una riflessione sui tempi senza tempo, nel tempo che è una convenzione, concetto da me sempre molto ripetuto, sulla vita che si arrotola su sé stessa e si incontra nei periodi di infanzia e maturità lasciando un cratere al centro.
"La cosa che più mi sconcerta è che,
pur ripassando le fasi salienti della mia vita dal 1984 ad oggi,
come nel cortometraggio che i moribondi vedono in chiusura
dei conti, io non trovo nulla di veramente importante. Nonostante
i lutti, le umiliazioni, gli insuccessi e anche i successi,
io non vedo, in fondo, nient’altro che un cratere. Nemmeno
grande: un cratere seminascosto in mezzo alla campagna"
Sulle note della canzone di Gaber, che amiamo entrambi, cantiamo uguale.
"Da solo
lungo l’autostrada
alle prime luci del mattino.
Giorgio Gaber. L’illogica allegria.
Vorrei che parlasse di me.
Lo vorrei tanto. Vorrei essere felice come in questa canzone, ma
è impossibile."
"Finché, verso i quaranta, come un pazzo esagitato in fuga
dal manicomio, ho abbracciato la letteratura e i suoi meccanismi
insensati. Allora ho capito esattamente che il successo è
un otre vuoto, anzi svuotato"
e per dirla con lui, morte e vita "Ma tutto mi dice che fuori da questo schifo non esiste altro, che la natura è limitata È come quando vieni addosso a una donna, sei alla fine degli spasmi violenti, dell’invasione, e riprendi a pensare con un certo ordine: ecco che metti a fuoco i fiotti di sperma sulla sua pelle bianca, rilassata, come una specie di pioggia spaziale, esoterica. È la sostanza vitale che s’è spersa nel cosmo. Tutto vive e tutto muore, in quel momento. Un momento dolce e brutale al contempo"
Un applauso a Franz Krauspenhaar che con stile andrà in giro, guidando una Porsche!
Con chi parliamo quando parliamo di libri
Dovremmo domandarcelo tutti noi che scriviamo e parliamo di libri da blog, da siti, col microfono in mano, in libreria, in biblioteca, a scuola, dal salumaio.
Intanto noi stessi diventiamo personaggi di libri, dovremmo dire a chi abbiamo in ascolto, e spiegare il perché di Una Lettrice Rampante, di Giramenti, di Billy il vizio di leggere, di un regno della Litweb.
E già nel fare questa prima operazione guardiamo negli occhi il dubbio e l'incertezza di chi non crede alle nostre parole, di chi, lontano da questo teatro, vorrebbe un consiglio su una lettura.
Un consiglio semplice, sempre diverso nel suo lessicale, a secondo che sia dato ad alunni, a docenti, a carcerati o ammalati.
Un consiglio uguale e comprensibile, dovrebbe essere, ma non è così.
Noi personaggi del letterario, parliamo del libro con interpretazione, con una cultura che rimanda il lettore a tante altre letture, al panorama europeo ed americano, ai mondi reali e alle storie infinite, facendo un bellissimo altro libro da leggere lontano dal libro vero.
Io stessa mi leggo, gustando molto, tutto un fiorire di recensioni che acquistano vita, una vita propria, anche se non conosco il libro.
In ogni presentazione si finisca a parlare di altro, anche perché quando si parla del libro si finisce solo per annoiare, per raccontarlo per filo e per segno, per ammazzare una suspense, per dimostrare di essere colti in un giardino ancora fiorente.
E gli ascoltatori? per educazione stanno seduti, in silenzio, pensano sicuro ai fatti loro, si guardano in giro e hanno ragione.
Non credo proprio che si possa parlare di libri, di quel libro, in particolare, che giace lì, per essere sezionato e da un chirurgo, a volte, operato.
L'operazione riuscirà? Dipende da chi opererà.
In entrambi i casi, sia da personaggi letterari, sia da chirurghi, ci domandiamo:" con chi parliamo quando parliamo di libri"?
La risposta soffia nel vento
Intanto noi stessi diventiamo personaggi di libri, dovremmo dire a chi abbiamo in ascolto, e spiegare il perché di Una Lettrice Rampante, di Giramenti, di Billy il vizio di leggere, di un regno della Litweb.
E già nel fare questa prima operazione guardiamo negli occhi il dubbio e l'incertezza di chi non crede alle nostre parole, di chi, lontano da questo teatro, vorrebbe un consiglio su una lettura.
Un consiglio semplice, sempre diverso nel suo lessicale, a secondo che sia dato ad alunni, a docenti, a carcerati o ammalati.
Un consiglio uguale e comprensibile, dovrebbe essere, ma non è così.
Noi personaggi del letterario, parliamo del libro con interpretazione, con una cultura che rimanda il lettore a tante altre letture, al panorama europeo ed americano, ai mondi reali e alle storie infinite, facendo un bellissimo altro libro da leggere lontano dal libro vero.
Io stessa mi leggo, gustando molto, tutto un fiorire di recensioni che acquistano vita, una vita propria, anche se non conosco il libro.
In ogni presentazione si finisca a parlare di altro, anche perché quando si parla del libro si finisce solo per annoiare, per raccontarlo per filo e per segno, per ammazzare una suspense, per dimostrare di essere colti in un giardino ancora fiorente.
E gli ascoltatori? per educazione stanno seduti, in silenzio, pensano sicuro ai fatti loro, si guardano in giro e hanno ragione.
Non credo proprio che si possa parlare di libri, di quel libro, in particolare, che giace lì, per essere sezionato e da un chirurgo, a volte, operato.
L'operazione riuscirà? Dipende da chi opererà.
In entrambi i casi, sia da personaggi letterari, sia da chirurghi, ci domandiamo:" con chi parliamo quando parliamo di libri"?
La risposta soffia nel vento
martedì 3 maggio 2016
Maggio dei libri 2016 Litweb Marchio depositato letto da Giovanna Villella
Costanza Falvo D'Urso, nel presentare il mio Litweb Marchio Depositato, parla di elzeviri ed io salto felice accanto a lei, perché mi sento capita, io proprio elzeviri faccio, piccoli pezzi, annotazioni, frammenti, bozzetti.
Giovanna Villella, costruisce, come mi dice Costanza al telefono stamattina, un romanzo di immagini e di riferimenti, un "se fosse" da gustare e riportare per intero, per leggere, al di là del ritratto della mia persona.
Giovanna inizia con un mio pezzo
Libri e Libertà
Libri e libertà. In latino hanno la stessa radice “liber”. Perché il piacere di raccontare implica un giocare con ciò che si narra, e questo giocare implica, a sua volta, una certa libertà riguardo alla materia.
Libertà di pensiero e libertà di penna ma con l’intelligenza, e il buon gusto di tacere - a volte - per non dire troppo male.
Perché libertà fa rima con sincerità e con onestà… intellettuale.
E scrivere, per lei, gioco serissimo è.
Fantasiosa, visionaria e irriverente quanto basta, se dovessi paragonarla ad un artista di teatro, sarebbe una Paolo Poli in gonnella senza le metafore erotico-verbali che Poli - tuttavia - sapeva porgere con tanto candore.
Se fosse un quadro sarebbe La donna che legge di Van Gogh.
Se fosse un libro sarebbe il suo, ovvero un non libro.
Se fosse una fiaba Alice nel Paese delle Meraviglie ex-aequo con la moderna Cenerentola di Romeo Vernazza che ascolta i Joy Division.
Se dovesse scegliere un mestiere farebbe la “donna di lettere” nel senso della postina però, con gli stessi poteri del postino di Domenico Dara.
Ma Ippolita è Lei. Regina senza corona di un regno che non c’è, come l’isola di Peter Pan e di Peter Pan ha mantenuto quella euforia, quello stupore, quello spirito fanciullino che le fa battere le mani esclamando “Evviva” quando una cosa le piace, la fa felice. E a proposito di felicità, le basta davvero poco. Piccole felicità… per dirla con libro che entrambe abbiamo amato e raccontato.
Un regno doppiamente virtuale il suo, perché non è di questa terra ma neanche di lassù. Appartiene a quella vita parallela, quella second life, magistralmente raccontata nella favola della gabbietta. Un walled garden, un giardino recintato dove tutti siamo più o meno rinchiusi e dove lei, dopo essere stata bannata, segnalata ed espulsa, perché considerata un troll che, nel gergo di internet, è “soggetto che interagisce con gli altri tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso, con l'obiettivo di disturbare la comunicazione e fomentare gli animi”, si è ritagliata il suo spazio social a cui affida le proprie riflessioni personali e metaletterarie. Così, in poco tempo, viene seguita, corteggiata, ricercata, invitata come un vero e proprio guru della letteratura soprattutto per la sua capacità di scouting nello scovare giovani talenti. Da bannata a blandita… ma non a tutti è concesso di entrare a far parte del suo regno…
I suoi scritti sono, a prima vista deliranti, non certo nell'accezione psicopatologica di disturbo caratterizzato da un’alterata interpretazione della realtà, ma in senso etimologico. Dal latino lira, "solco", per cui delirare significa etimologicamente "uscire dal solco", ovvero dalla dritta via della ragione – del conformismo dire io.
I sui testi, spesso, non hanno un filo conduttore visibile, ma hanno un andamento irregolare, random quasi. Zeppi di richiami e di rimandi incrociati… Si passa dalle canzoni alla filosofia, dalla nutella a Dio, dalle filastrocche alla fisica quantistica… e con la leggerezza ludica di un prestigiatore, smascherano il banale e rifuggono dalla mediocrità.
Testi apparentemente privi di senso eppure totalmente pieni di senso, di doppi sensi, a volte. Perché ogni frase, spesso ogni parola, è una intuizione, una battuta, un lampo di intelligenza, una risata.
Eretica della scrittura non ama compiacere. Ella trascende il reale, disvelandolo.
Osservatrice attenta, ha lo spirito del detective, una sorta di Tenente Colombo. Pronta a cogliere e fotografare, con il suo smart phone, ogni minimo particolare: un cellulare con una cover a pois, gli abiti improponibili di signore invitate a un matrimonio, un tacco 12 che fa bella mostra di sé in prima fila a teatro, una dama dell’alta società lametina, ignara bagnante, acconciata come l’Ape Maia, l’orecchio a punta di un occasionale interlocutore che ricorda quello del mitico capitano Spock di Star Trek. Ma anche un fiore che nasce, una lucertola che si crogiola al sole, un ragnetto innocuo che tesse la sua tela…
Piccole cose, minimi gesti di ordinaria quotidianità e poi click, post, tag, like…
Perché lei è così, pensa per immagini.
I libri, i suoi libri, sono oggetti animati, abitano la sua casa, non sono mere suppellettili. Camminano, si nascondono, parlano con lei, pranzano e cenano alla sua tavola. Quando non riesce a trovarne uno, lo chiama come se fosse il gatto di casa.
Questo determina una visione personalissima delle storie che legge e che restituisce, a noi lettori, secondo un percorso che non segue un strada retta e lineare ma va avanti attraverso una successione dinamica di salti e fratture…
… con una partecipazione emotiva sottolineata spesso da caotici/teneri/dolorosi/ironici ricordi privati, un po’ come la madelaine di proustiana memoria.
Il libro di oggi, Litweb – Marchio Depositato, è una mise en abîme, un fenomeno di “libri in un non-libro” o meglio di tanti frammenti di libri letti, raccolti e disposti in una serie di sequenze intervallate da spazi in cui irrompe una forte componente personale unitamente a rimandi e citazioni che appartengono ad altri libri – che non sono i protagonisti – ma vengono usati in funzione di supporto concettuale.
Un format originale che già nel titolo richiama l’iter seguito dai brevetti per essere tutelati.
L’aspetto composito del tessuto narrativo non si risolve affatto nella creazione di un sistema di relazioni logiche e formali ma ha una struttura reticolare che mette continuamente in abisso il presente e il remoto, il quotidiano e lo straordinario… legando, nello stesso nodo scorsoio, con postille/note/notizie folgoranti o distese, i più trascurabili dettagli dell’esistenza, la cronaca, e gli eventi ufficiali della Storia.
Una sorta di reazione a catena, che potrebbe continuare all'infinito, se la Nostra non avesse il meraviglioso dono della sintesi e non fosse maestra nel gioco dell’alterità, del cambio di passo, dello spaesamento repentino.
Il risultato è una scrittura assolutamente rara, quasi impraticabile in questi anni di stupido cicaleccio sentimentale e di scribacchini innalzati al ruolo di scrittori.
E lo stile è uno stile epigrafico/ straniante/ non compiacente né accomodante… unico come Lei, Ippolita, Regina della Litweb.
Italo Leone Presidente dell'Uniter
Gian Lorenzo Franzì critico cinematografico
ph Enzo Caroleo
Giovanna Villella, costruisce, come mi dice Costanza al telefono stamattina, un romanzo di immagini e di riferimenti, un "se fosse" da gustare e riportare per intero, per leggere, al di là del ritratto della mia persona.
Giovanna inizia con un mio pezzo
Libero scrivere in libero regno
e poi legge il suoLibri e Libertà
Libri e libertà. In latino hanno la stessa radice “liber”. Perché il piacere di raccontare implica un giocare con ciò che si narra, e questo giocare implica, a sua volta, una certa libertà riguardo alla materia.
Libertà di pensiero e libertà di penna ma con l’intelligenza, e il buon gusto di tacere - a volte - per non dire troppo male.
Perché libertà fa rima con sincerità e con onestà… intellettuale.
E scrivere, per lei, gioco serissimo è.
Fantasiosa, visionaria e irriverente quanto basta, se dovessi paragonarla ad un artista di teatro, sarebbe una Paolo Poli in gonnella senza le metafore erotico-verbali che Poli - tuttavia - sapeva porgere con tanto candore.
Se fosse un quadro sarebbe La donna che legge di Van Gogh.
Se fosse un libro sarebbe il suo, ovvero un non libro.
Se fosse una fiaba Alice nel Paese delle Meraviglie ex-aequo con la moderna Cenerentola di Romeo Vernazza che ascolta i Joy Division.
Se dovesse scegliere un mestiere farebbe la “donna di lettere” nel senso della postina però, con gli stessi poteri del postino di Domenico Dara.
Ma Ippolita è Lei. Regina senza corona di un regno che non c’è, come l’isola di Peter Pan e di Peter Pan ha mantenuto quella euforia, quello stupore, quello spirito fanciullino che le fa battere le mani esclamando “Evviva” quando una cosa le piace, la fa felice. E a proposito di felicità, le basta davvero poco. Piccole felicità… per dirla con libro che entrambe abbiamo amato e raccontato.
Un regno doppiamente virtuale il suo, perché non è di questa terra ma neanche di lassù. Appartiene a quella vita parallela, quella second life, magistralmente raccontata nella favola della gabbietta. Un walled garden, un giardino recintato dove tutti siamo più o meno rinchiusi e dove lei, dopo essere stata bannata, segnalata ed espulsa, perché considerata un troll che, nel gergo di internet, è “soggetto che interagisce con gli altri tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso, con l'obiettivo di disturbare la comunicazione e fomentare gli animi”, si è ritagliata il suo spazio social a cui affida le proprie riflessioni personali e metaletterarie. Così, in poco tempo, viene seguita, corteggiata, ricercata, invitata come un vero e proprio guru della letteratura soprattutto per la sua capacità di scouting nello scovare giovani talenti. Da bannata a blandita… ma non a tutti è concesso di entrare a far parte del suo regno…
I suoi scritti sono, a prima vista deliranti, non certo nell'accezione psicopatologica di disturbo caratterizzato da un’alterata interpretazione della realtà, ma in senso etimologico. Dal latino lira, "solco", per cui delirare significa etimologicamente "uscire dal solco", ovvero dalla dritta via della ragione – del conformismo dire io.
I sui testi, spesso, non hanno un filo conduttore visibile, ma hanno un andamento irregolare, random quasi. Zeppi di richiami e di rimandi incrociati… Si passa dalle canzoni alla filosofia, dalla nutella a Dio, dalle filastrocche alla fisica quantistica… e con la leggerezza ludica di un prestigiatore, smascherano il banale e rifuggono dalla mediocrità.
Testi apparentemente privi di senso eppure totalmente pieni di senso, di doppi sensi, a volte. Perché ogni frase, spesso ogni parola, è una intuizione, una battuta, un lampo di intelligenza, una risata.
Eretica della scrittura non ama compiacere. Ella trascende il reale, disvelandolo.
Osservatrice attenta, ha lo spirito del detective, una sorta di Tenente Colombo. Pronta a cogliere e fotografare, con il suo smart phone, ogni minimo particolare: un cellulare con una cover a pois, gli abiti improponibili di signore invitate a un matrimonio, un tacco 12 che fa bella mostra di sé in prima fila a teatro, una dama dell’alta società lametina, ignara bagnante, acconciata come l’Ape Maia, l’orecchio a punta di un occasionale interlocutore che ricorda quello del mitico capitano Spock di Star Trek. Ma anche un fiore che nasce, una lucertola che si crogiola al sole, un ragnetto innocuo che tesse la sua tela…
Piccole cose, minimi gesti di ordinaria quotidianità e poi click, post, tag, like…
Perché lei è così, pensa per immagini.
I libri, i suoi libri, sono oggetti animati, abitano la sua casa, non sono mere suppellettili. Camminano, si nascondono, parlano con lei, pranzano e cenano alla sua tavola. Quando non riesce a trovarne uno, lo chiama come se fosse il gatto di casa.
Questo determina una visione personalissima delle storie che legge e che restituisce, a noi lettori, secondo un percorso che non segue un strada retta e lineare ma va avanti attraverso una successione dinamica di salti e fratture…
… con una partecipazione emotiva sottolineata spesso da caotici/teneri/dolorosi/ironici ricordi privati, un po’ come la madelaine di proustiana memoria.
Il libro di oggi, Litweb – Marchio Depositato, è una mise en abîme, un fenomeno di “libri in un non-libro” o meglio di tanti frammenti di libri letti, raccolti e disposti in una serie di sequenze intervallate da spazi in cui irrompe una forte componente personale unitamente a rimandi e citazioni che appartengono ad altri libri – che non sono i protagonisti – ma vengono usati in funzione di supporto concettuale.
Un format originale che già nel titolo richiama l’iter seguito dai brevetti per essere tutelati.
L’aspetto composito del tessuto narrativo non si risolve affatto nella creazione di un sistema di relazioni logiche e formali ma ha una struttura reticolare che mette continuamente in abisso il presente e il remoto, il quotidiano e lo straordinario… legando, nello stesso nodo scorsoio, con postille/note/notizie folgoranti o distese, i più trascurabili dettagli dell’esistenza, la cronaca, e gli eventi ufficiali della Storia.
Una sorta di reazione a catena, che potrebbe continuare all'infinito, se la Nostra non avesse il meraviglioso dono della sintesi e non fosse maestra nel gioco dell’alterità, del cambio di passo, dello spaesamento repentino.
Il risultato è una scrittura assolutamente rara, quasi impraticabile in questi anni di stupido cicaleccio sentimentale e di scribacchini innalzati al ruolo di scrittori.
E lo stile è uno stile epigrafico/ straniante/ non compiacente né accomodante… unico come Lei, Ippolita, Regina della Litweb.
Giovanna Villella al pianoforte
Salvatore D'Elia ai comunicati
Antonio Raffaele Blogger Moda
Alberto Badolato La ragione dell'informale
ph Enzo Caroleo
lunedì 2 maggio 2016
A trenta anni dal web e a quattro anni dal blog La regina della Litweb
Internet compie trenta anni. Ha trasformato in maniera epocale abitudini, corrispondenze, conoscenze e letteratura. Ha facilitato contatti e permesso la creazione di un villaggio globale in continue connessioni.
Vedremo il sorgere del mondo nuovo noi che stiamo vivendo il finire di ciò che credevamo utile e necessario fino a trenta anni fa? Questo non so. Ho però chiaro che bisognerà adattare gli studi fatti e usarli come zattera anche nel mare di internet, che sembra titolata a dare tutto il conoscibile e può regalarci bufale assolute.
Internet, la rete delle opportunità e degli inganni.
Vedremo il sorgere del mondo nuovo noi che stiamo vivendo il finire di ciò che credevamo utile e necessario fino a trenta anni fa? Questo non so. Ho però chiaro che bisognerà adattare gli studi fatti e usarli come zattera anche nel mare di internet, che sembra titolata a dare tutto il conoscibile e può regalarci bufale assolute.
Internet, la rete delle opportunità e degli inganni.
Sto sui tasti da pochi anni, da sei o sette anni, ho fatto mail e guardato il mondo da uno schermo, e da quello schermo, dal web, continuo a guardare il mondo come va.
Gli studi classici e di filosofia mi hanno dato quella autonomia di pensiero per cui è difficile che mi lasci cooptare da ciò che non mi interessa e sono sempre rimasta con l'occhio attento su letture e letture.
Gli studi classici e di filosofia mi hanno dato quella autonomia di pensiero per cui è difficile che mi lasci cooptare da ciò che non mi interessa e sono sempre rimasta con l'occhio attento su letture e letture.
Sul web nasceva un nuovo modo di scrivere. Una interazione fra lo scritto e il lettore, un teatro vivente di battute e rimpianti, di liti e riappacificazioni.
Nasceva tutto ciò sui siti letterari, sui social, Facebook e Twitter, Google + e altre piattaforme varie.
Nasceva tutto ciò sui siti letterari, sui social, Facebook e Twitter, Google + e altre piattaforme varie.
Una vita squadernata su una finestra bianca.
La stampa ha la sua finestra online, i libri passano online, le merci, la musica, l'arte, il cinema, la politica, la guerra.
La stampa ha la sua finestra online, i libri passano online, le merci, la musica, l'arte, il cinema, la politica, la guerra.
Alcuni movimenti politici diventano forze parlamentari grazie alla rete.
A me è stato regalato un regno.
Dal giugno del 2012 scrivo su Litweb pezzi corti, il mio sguardo dal web sul web ed, incredibile ma vero, il web risponde.
Meglio che ad Emily Dickinson
Mi sono così letta libri su libri, ho visto film e dipinti, sempre con quella autonomia di pensiero che è frutto di una formazione classica alla quale non si può rinunciare se si vorrà essere liberi di avere un metodo e dei criteri su quali basare un giudizio.
Un giudizio libero da compiacente rassegnazione all'andazzo dei tempi. Tempi di spietati e lecchini, tempi di conformismo storico ed individuale, che una scarsa preparazione in moltissimi, rende tutti dubbiosi e pronti a scartare chi è bravo davvero ed omaggiare chi possa poi esser utile.
Un giudizio libero da compiacente rassegnazione all'andazzo dei tempi. Tempi di spietati e lecchini, tempi di conformismo storico ed individuale, che una scarsa preparazione in moltissimi, rende tutti dubbiosi e pronti a scartare chi è bravo davvero ed omaggiare chi possa poi esser utile.
Disdegnando un mondo siffatto faccio i miei auguri alla maturità di Internet, trenta anni vuol dire età adulta, augurando che dallo schermo nuovi regni liberi si costituiscano. Con la parola libertà che vuol dire relazione individuale.
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