Dovremmo domandarcelo tutti noi che scriviamo e parliamo di libri da blog, da siti, col microfono in mano, in libreria, in biblioteca, a scuola, dal salumaio.
Intanto noi stessi diventiamo personaggi di libri, dovremmo dire a chi abbiamo in ascolto, e spiegare il perché di Una Lettrice Rampante, di Giramenti, di Billy il vizio di leggere, di un regno della Litweb.
E già nel fare questa prima operazione guardiamo negli occhi il dubbio e l'incertezza di chi non crede alle nostre parole, di chi, lontano da questo teatro, vorrebbe un consiglio su una lettura.
Un consiglio semplice, sempre diverso nel suo lessicale, a secondo che sia dato ad alunni, a docenti, a carcerati o ammalati.
Un consiglio uguale e comprensibile, dovrebbe essere, ma non è così.
Noi personaggi del letterario, parliamo del libro con interpretazione, con una cultura che rimanda il lettore a tante altre letture, al panorama europeo ed americano, ai mondi reali e alle storie infinite, facendo un bellissimo altro libro da leggere lontano dal libro vero.
Io stessa mi leggo, gustando molto, tutto un fiorire di recensioni che acquistano vita, una vita propria, anche se non conosco il libro.
In ogni presentazione si finisca a parlare di altro, anche perché quando si parla del libro si finisce solo per annoiare, per raccontarlo per filo e per segno, per ammazzare una suspense, per dimostrare di essere colti in un giardino ancora fiorente.
E gli ascoltatori? per educazione stanno seduti, in silenzio, pensano sicuro ai fatti loro, si guardano in giro e hanno ragione.
Non credo proprio che si possa parlare di libri, di quel libro, in particolare, che giace lì, per essere sezionato e da un chirurgo, a volte, operato.
L'operazione riuscirà? Dipende da chi opererà.
In entrambi i casi, sia da personaggi letterari, sia da chirurghi, ci domandiamo:" con chi parliamo quando parliamo di libri"?
La risposta soffia nel vento
mercoledì 4 maggio 2016
martedì 3 maggio 2016
Maggio dei libri 2016 Litweb Marchio depositato letto da Giovanna Villella
Costanza Falvo D'Urso, nel presentare il mio Litweb Marchio Depositato, parla di elzeviri ed io salto felice accanto a lei, perché mi sento capita, io proprio elzeviri faccio, piccoli pezzi, annotazioni, frammenti, bozzetti.
Giovanna Villella, costruisce, come mi dice Costanza al telefono stamattina, un romanzo di immagini e di riferimenti, un "se fosse" da gustare e riportare per intero, per leggere, al di là del ritratto della mia persona.
Giovanna inizia con un mio pezzo
Libri e Libertà
Libri e libertà. In latino hanno la stessa radice “liber”. Perché il piacere di raccontare implica un giocare con ciò che si narra, e questo giocare implica, a sua volta, una certa libertà riguardo alla materia.
Libertà di pensiero e libertà di penna ma con l’intelligenza, e il buon gusto di tacere - a volte - per non dire troppo male.
Perché libertà fa rima con sincerità e con onestà… intellettuale.
E scrivere, per lei, gioco serissimo è.
Fantasiosa, visionaria e irriverente quanto basta, se dovessi paragonarla ad un artista di teatro, sarebbe una Paolo Poli in gonnella senza le metafore erotico-verbali che Poli - tuttavia - sapeva porgere con tanto candore.
Se fosse un quadro sarebbe La donna che legge di Van Gogh.
Se fosse un libro sarebbe il suo, ovvero un non libro.
Se fosse una fiaba Alice nel Paese delle Meraviglie ex-aequo con la moderna Cenerentola di Romeo Vernazza che ascolta i Joy Division.
Se dovesse scegliere un mestiere farebbe la “donna di lettere” nel senso della postina però, con gli stessi poteri del postino di Domenico Dara.
Ma Ippolita è Lei. Regina senza corona di un regno che non c’è, come l’isola di Peter Pan e di Peter Pan ha mantenuto quella euforia, quello stupore, quello spirito fanciullino che le fa battere le mani esclamando “Evviva” quando una cosa le piace, la fa felice. E a proposito di felicità, le basta davvero poco. Piccole felicità… per dirla con libro che entrambe abbiamo amato e raccontato.
Un regno doppiamente virtuale il suo, perché non è di questa terra ma neanche di lassù. Appartiene a quella vita parallela, quella second life, magistralmente raccontata nella favola della gabbietta. Un walled garden, un giardino recintato dove tutti siamo più o meno rinchiusi e dove lei, dopo essere stata bannata, segnalata ed espulsa, perché considerata un troll che, nel gergo di internet, è “soggetto che interagisce con gli altri tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso, con l'obiettivo di disturbare la comunicazione e fomentare gli animi”, si è ritagliata il suo spazio social a cui affida le proprie riflessioni personali e metaletterarie. Così, in poco tempo, viene seguita, corteggiata, ricercata, invitata come un vero e proprio guru della letteratura soprattutto per la sua capacità di scouting nello scovare giovani talenti. Da bannata a blandita… ma non a tutti è concesso di entrare a far parte del suo regno…
I suoi scritti sono, a prima vista deliranti, non certo nell'accezione psicopatologica di disturbo caratterizzato da un’alterata interpretazione della realtà, ma in senso etimologico. Dal latino lira, "solco", per cui delirare significa etimologicamente "uscire dal solco", ovvero dalla dritta via della ragione – del conformismo dire io.
I sui testi, spesso, non hanno un filo conduttore visibile, ma hanno un andamento irregolare, random quasi. Zeppi di richiami e di rimandi incrociati… Si passa dalle canzoni alla filosofia, dalla nutella a Dio, dalle filastrocche alla fisica quantistica… e con la leggerezza ludica di un prestigiatore, smascherano il banale e rifuggono dalla mediocrità.
Testi apparentemente privi di senso eppure totalmente pieni di senso, di doppi sensi, a volte. Perché ogni frase, spesso ogni parola, è una intuizione, una battuta, un lampo di intelligenza, una risata.
Eretica della scrittura non ama compiacere. Ella trascende il reale, disvelandolo.
Osservatrice attenta, ha lo spirito del detective, una sorta di Tenente Colombo. Pronta a cogliere e fotografare, con il suo smart phone, ogni minimo particolare: un cellulare con una cover a pois, gli abiti improponibili di signore invitate a un matrimonio, un tacco 12 che fa bella mostra di sé in prima fila a teatro, una dama dell’alta società lametina, ignara bagnante, acconciata come l’Ape Maia, l’orecchio a punta di un occasionale interlocutore che ricorda quello del mitico capitano Spock di Star Trek. Ma anche un fiore che nasce, una lucertola che si crogiola al sole, un ragnetto innocuo che tesse la sua tela…
Piccole cose, minimi gesti di ordinaria quotidianità e poi click, post, tag, like…
Perché lei è così, pensa per immagini.
I libri, i suoi libri, sono oggetti animati, abitano la sua casa, non sono mere suppellettili. Camminano, si nascondono, parlano con lei, pranzano e cenano alla sua tavola. Quando non riesce a trovarne uno, lo chiama come se fosse il gatto di casa.
Questo determina una visione personalissima delle storie che legge e che restituisce, a noi lettori, secondo un percorso che non segue un strada retta e lineare ma va avanti attraverso una successione dinamica di salti e fratture…
… con una partecipazione emotiva sottolineata spesso da caotici/teneri/dolorosi/ironici ricordi privati, un po’ come la madelaine di proustiana memoria.
Il libro di oggi, Litweb – Marchio Depositato, è una mise en abîme, un fenomeno di “libri in un non-libro” o meglio di tanti frammenti di libri letti, raccolti e disposti in una serie di sequenze intervallate da spazi in cui irrompe una forte componente personale unitamente a rimandi e citazioni che appartengono ad altri libri – che non sono i protagonisti – ma vengono usati in funzione di supporto concettuale.
Un format originale che già nel titolo richiama l’iter seguito dai brevetti per essere tutelati.
L’aspetto composito del tessuto narrativo non si risolve affatto nella creazione di un sistema di relazioni logiche e formali ma ha una struttura reticolare che mette continuamente in abisso il presente e il remoto, il quotidiano e lo straordinario… legando, nello stesso nodo scorsoio, con postille/note/notizie folgoranti o distese, i più trascurabili dettagli dell’esistenza, la cronaca, e gli eventi ufficiali della Storia.
Una sorta di reazione a catena, che potrebbe continuare all'infinito, se la Nostra non avesse il meraviglioso dono della sintesi e non fosse maestra nel gioco dell’alterità, del cambio di passo, dello spaesamento repentino.
Il risultato è una scrittura assolutamente rara, quasi impraticabile in questi anni di stupido cicaleccio sentimentale e di scribacchini innalzati al ruolo di scrittori.
E lo stile è uno stile epigrafico/ straniante/ non compiacente né accomodante… unico come Lei, Ippolita, Regina della Litweb.
Italo Leone Presidente dell'Uniter
Gian Lorenzo Franzì critico cinematografico
ph Enzo Caroleo
Giovanna Villella, costruisce, come mi dice Costanza al telefono stamattina, un romanzo di immagini e di riferimenti, un "se fosse" da gustare e riportare per intero, per leggere, al di là del ritratto della mia persona.
Giovanna inizia con un mio pezzo
Libero scrivere in libero regno
e poi legge il suoLibri e Libertà
Libri e libertà. In latino hanno la stessa radice “liber”. Perché il piacere di raccontare implica un giocare con ciò che si narra, e questo giocare implica, a sua volta, una certa libertà riguardo alla materia.
Libertà di pensiero e libertà di penna ma con l’intelligenza, e il buon gusto di tacere - a volte - per non dire troppo male.
Perché libertà fa rima con sincerità e con onestà… intellettuale.
E scrivere, per lei, gioco serissimo è.
Fantasiosa, visionaria e irriverente quanto basta, se dovessi paragonarla ad un artista di teatro, sarebbe una Paolo Poli in gonnella senza le metafore erotico-verbali che Poli - tuttavia - sapeva porgere con tanto candore.
Se fosse un quadro sarebbe La donna che legge di Van Gogh.
Se fosse un libro sarebbe il suo, ovvero un non libro.
Se fosse una fiaba Alice nel Paese delle Meraviglie ex-aequo con la moderna Cenerentola di Romeo Vernazza che ascolta i Joy Division.
Se dovesse scegliere un mestiere farebbe la “donna di lettere” nel senso della postina però, con gli stessi poteri del postino di Domenico Dara.
Ma Ippolita è Lei. Regina senza corona di un regno che non c’è, come l’isola di Peter Pan e di Peter Pan ha mantenuto quella euforia, quello stupore, quello spirito fanciullino che le fa battere le mani esclamando “Evviva” quando una cosa le piace, la fa felice. E a proposito di felicità, le basta davvero poco. Piccole felicità… per dirla con libro che entrambe abbiamo amato e raccontato.
Un regno doppiamente virtuale il suo, perché non è di questa terra ma neanche di lassù. Appartiene a quella vita parallela, quella second life, magistralmente raccontata nella favola della gabbietta. Un walled garden, un giardino recintato dove tutti siamo più o meno rinchiusi e dove lei, dopo essere stata bannata, segnalata ed espulsa, perché considerata un troll che, nel gergo di internet, è “soggetto che interagisce con gli altri tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso, con l'obiettivo di disturbare la comunicazione e fomentare gli animi”, si è ritagliata il suo spazio social a cui affida le proprie riflessioni personali e metaletterarie. Così, in poco tempo, viene seguita, corteggiata, ricercata, invitata come un vero e proprio guru della letteratura soprattutto per la sua capacità di scouting nello scovare giovani talenti. Da bannata a blandita… ma non a tutti è concesso di entrare a far parte del suo regno…
I suoi scritti sono, a prima vista deliranti, non certo nell'accezione psicopatologica di disturbo caratterizzato da un’alterata interpretazione della realtà, ma in senso etimologico. Dal latino lira, "solco", per cui delirare significa etimologicamente "uscire dal solco", ovvero dalla dritta via della ragione – del conformismo dire io.
I sui testi, spesso, non hanno un filo conduttore visibile, ma hanno un andamento irregolare, random quasi. Zeppi di richiami e di rimandi incrociati… Si passa dalle canzoni alla filosofia, dalla nutella a Dio, dalle filastrocche alla fisica quantistica… e con la leggerezza ludica di un prestigiatore, smascherano il banale e rifuggono dalla mediocrità.
Testi apparentemente privi di senso eppure totalmente pieni di senso, di doppi sensi, a volte. Perché ogni frase, spesso ogni parola, è una intuizione, una battuta, un lampo di intelligenza, una risata.
Eretica della scrittura non ama compiacere. Ella trascende il reale, disvelandolo.
Osservatrice attenta, ha lo spirito del detective, una sorta di Tenente Colombo. Pronta a cogliere e fotografare, con il suo smart phone, ogni minimo particolare: un cellulare con una cover a pois, gli abiti improponibili di signore invitate a un matrimonio, un tacco 12 che fa bella mostra di sé in prima fila a teatro, una dama dell’alta società lametina, ignara bagnante, acconciata come l’Ape Maia, l’orecchio a punta di un occasionale interlocutore che ricorda quello del mitico capitano Spock di Star Trek. Ma anche un fiore che nasce, una lucertola che si crogiola al sole, un ragnetto innocuo che tesse la sua tela…
Piccole cose, minimi gesti di ordinaria quotidianità e poi click, post, tag, like…
Perché lei è così, pensa per immagini.
I libri, i suoi libri, sono oggetti animati, abitano la sua casa, non sono mere suppellettili. Camminano, si nascondono, parlano con lei, pranzano e cenano alla sua tavola. Quando non riesce a trovarne uno, lo chiama come se fosse il gatto di casa.
Questo determina una visione personalissima delle storie che legge e che restituisce, a noi lettori, secondo un percorso che non segue un strada retta e lineare ma va avanti attraverso una successione dinamica di salti e fratture…
… con una partecipazione emotiva sottolineata spesso da caotici/teneri/dolorosi/ironici ricordi privati, un po’ come la madelaine di proustiana memoria.
Il libro di oggi, Litweb – Marchio Depositato, è una mise en abîme, un fenomeno di “libri in un non-libro” o meglio di tanti frammenti di libri letti, raccolti e disposti in una serie di sequenze intervallate da spazi in cui irrompe una forte componente personale unitamente a rimandi e citazioni che appartengono ad altri libri – che non sono i protagonisti – ma vengono usati in funzione di supporto concettuale.
Un format originale che già nel titolo richiama l’iter seguito dai brevetti per essere tutelati.
L’aspetto composito del tessuto narrativo non si risolve affatto nella creazione di un sistema di relazioni logiche e formali ma ha una struttura reticolare che mette continuamente in abisso il presente e il remoto, il quotidiano e lo straordinario… legando, nello stesso nodo scorsoio, con postille/note/notizie folgoranti o distese, i più trascurabili dettagli dell’esistenza, la cronaca, e gli eventi ufficiali della Storia.
Una sorta di reazione a catena, che potrebbe continuare all'infinito, se la Nostra non avesse il meraviglioso dono della sintesi e non fosse maestra nel gioco dell’alterità, del cambio di passo, dello spaesamento repentino.
Il risultato è una scrittura assolutamente rara, quasi impraticabile in questi anni di stupido cicaleccio sentimentale e di scribacchini innalzati al ruolo di scrittori.
E lo stile è uno stile epigrafico/ straniante/ non compiacente né accomodante… unico come Lei, Ippolita, Regina della Litweb.
Giovanna Villella al pianoforte
Salvatore D'Elia ai comunicati
Antonio Raffaele Blogger Moda
Alberto Badolato La ragione dell'informale
ph Enzo Caroleo
lunedì 2 maggio 2016
A trenta anni dal web e a quattro anni dal blog La regina della Litweb
Internet compie trenta anni. Ha trasformato in maniera epocale abitudini, corrispondenze, conoscenze e letteratura. Ha facilitato contatti e permesso la creazione di un villaggio globale in continue connessioni.
Vedremo il sorgere del mondo nuovo noi che stiamo vivendo il finire di ciò che credevamo utile e necessario fino a trenta anni fa? Questo non so. Ho però chiaro che bisognerà adattare gli studi fatti e usarli come zattera anche nel mare di internet, che sembra titolata a dare tutto il conoscibile e può regalarci bufale assolute.
Internet, la rete delle opportunità e degli inganni.
Vedremo il sorgere del mondo nuovo noi che stiamo vivendo il finire di ciò che credevamo utile e necessario fino a trenta anni fa? Questo non so. Ho però chiaro che bisognerà adattare gli studi fatti e usarli come zattera anche nel mare di internet, che sembra titolata a dare tutto il conoscibile e può regalarci bufale assolute.
Internet, la rete delle opportunità e degli inganni.
Sto sui tasti da pochi anni, da sei o sette anni, ho fatto mail e guardato il mondo da uno schermo, e da quello schermo, dal web, continuo a guardare il mondo come va.
Gli studi classici e di filosofia mi hanno dato quella autonomia di pensiero per cui è difficile che mi lasci cooptare da ciò che non mi interessa e sono sempre rimasta con l'occhio attento su letture e letture.
Gli studi classici e di filosofia mi hanno dato quella autonomia di pensiero per cui è difficile che mi lasci cooptare da ciò che non mi interessa e sono sempre rimasta con l'occhio attento su letture e letture.
Sul web nasceva un nuovo modo di scrivere. Una interazione fra lo scritto e il lettore, un teatro vivente di battute e rimpianti, di liti e riappacificazioni.
Nasceva tutto ciò sui siti letterari, sui social, Facebook e Twitter, Google + e altre piattaforme varie.
Nasceva tutto ciò sui siti letterari, sui social, Facebook e Twitter, Google + e altre piattaforme varie.
Una vita squadernata su una finestra bianca.
La stampa ha la sua finestra online, i libri passano online, le merci, la musica, l'arte, il cinema, la politica, la guerra.
La stampa ha la sua finestra online, i libri passano online, le merci, la musica, l'arte, il cinema, la politica, la guerra.
Alcuni movimenti politici diventano forze parlamentari grazie alla rete.
A me è stato regalato un regno.
Dal giugno del 2012 scrivo su Litweb pezzi corti, il mio sguardo dal web sul web ed, incredibile ma vero, il web risponde.
Meglio che ad Emily Dickinson
Mi sono così letta libri su libri, ho visto film e dipinti, sempre con quella autonomia di pensiero che è frutto di una formazione classica alla quale non si può rinunciare se si vorrà essere liberi di avere un metodo e dei criteri su quali basare un giudizio.
Un giudizio libero da compiacente rassegnazione all'andazzo dei tempi. Tempi di spietati e lecchini, tempi di conformismo storico ed individuale, che una scarsa preparazione in moltissimi, rende tutti dubbiosi e pronti a scartare chi è bravo davvero ed omaggiare chi possa poi esser utile.
Un giudizio libero da compiacente rassegnazione all'andazzo dei tempi. Tempi di spietati e lecchini, tempi di conformismo storico ed individuale, che una scarsa preparazione in moltissimi, rende tutti dubbiosi e pronti a scartare chi è bravo davvero ed omaggiare chi possa poi esser utile.
Disdegnando un mondo siffatto faccio i miei auguri alla maturità di Internet, trenta anni vuol dire età adulta, augurando che dallo schermo nuovi regni liberi si costituiscano. Con la parola libertà che vuol dire relazione individuale.
domenica 1 maggio 2016
Libero scrivere in libero regno
Rispondo così ad amico che mi sollecita un pensiero sui tanti e tanti che pubblicano e pubblicano in una bella frenesia chiamata libro. Anche io farei uguale se sapessi scrivere ma non so scrivere.
Ho strappato tutto quello che ho scritto fino al 2009, tutto.
Fogli, diario, lettere ricevute e qualsiasi cartaceo mi riguardasse.
Ho regalato tutti i libri posseduti al Sistema Bibliotecario di Lamezia, alle scuole, alle colleghe, senza nemmeno chiedere una targhetta.
Ho riscritto da allora su blog, siti letterari, in mail, su Tiscali, su portali, scrivendo scrivendo.
"Ma non so scrivere. Lo vedi anche tu" dico al mio amico.
Scrivo come parlo, come penso, senza disciplina, senza una grammatica.
Riconosco i limiti e già mi sembra di essere molto avanti.
Lo affermo senza nessuna umiltà. Seriamente.
Penso che oggi il libro faccia status, più di un tempo, anche se a scorrer le doglianze, Leopardi si lagnava che al suo tempo fosse uguale.
Tutti sono presi da questo bel desiderio di vedere il nome proprio stampato su una bella copertina, sentirsi autori o autrici, trovare il critico o il docente compiacente che li faccia sentire Tasso e far inchiostrare pagine e pagine di stampa locale inneggiante l'opera. Mi sembra di essere a teatro. magari un teatro dilettante, di amatori che fanno le prove a reggere il confronto con il mondo delle lettere, a volte a loro sconosciuto.
Sono però fautrice del libero scrivere in libero regno, basti che ognuno non si senta Dante. Comunque anche se si sentisse Dante ne sarei felice lo stesso.
Su me penso di essere una che usa la lettura per vivere e la scrittura come relazione. Mi sembra di essere riuscita a far l'uno e l'altro, mi occupo il tempo leggendo e faccio della scrittura un mio divertimento.
Che abbia chi mi legga mi sorprende e mi rallegra tanto quanto io sia contenta nel legger tutti coloro che scrivono davvero.
Ho strappato tutto quello che ho scritto fino al 2009, tutto.
Fogli, diario, lettere ricevute e qualsiasi cartaceo mi riguardasse.
Ho regalato tutti i libri posseduti al Sistema Bibliotecario di Lamezia, alle scuole, alle colleghe, senza nemmeno chiedere una targhetta.
Ho riscritto da allora su blog, siti letterari, in mail, su Tiscali, su portali, scrivendo scrivendo.
"Ma non so scrivere. Lo vedi anche tu" dico al mio amico.
Scrivo come parlo, come penso, senza disciplina, senza una grammatica.
Riconosco i limiti e già mi sembra di essere molto avanti.
Lo affermo senza nessuna umiltà. Seriamente.
Penso che oggi il libro faccia status, più di un tempo, anche se a scorrer le doglianze, Leopardi si lagnava che al suo tempo fosse uguale.
Tutti sono presi da questo bel desiderio di vedere il nome proprio stampato su una bella copertina, sentirsi autori o autrici, trovare il critico o il docente compiacente che li faccia sentire Tasso e far inchiostrare pagine e pagine di stampa locale inneggiante l'opera. Mi sembra di essere a teatro. magari un teatro dilettante, di amatori che fanno le prove a reggere il confronto con il mondo delle lettere, a volte a loro sconosciuto.
Sono però fautrice del libero scrivere in libero regno, basti che ognuno non si senta Dante. Comunque anche se si sentisse Dante ne sarei felice lo stesso.
Su me penso di essere una che usa la lettura per vivere e la scrittura come relazione. Mi sembra di essere riuscita a far l'uno e l'altro, mi occupo il tempo leggendo e faccio della scrittura un mio divertimento.
Che abbia chi mi legga mi sorprende e mi rallegra tanto quanto io sia contenta nel legger tutti coloro che scrivono davvero.
mercoledì 27 aprile 2016
Mario Borghi Le Cose dell'Orologio
Ed eccomi. Ringrazio l'autore che mi permette di leggere questo scritto quasi "demenziale" e "delirante" in senso cinematografico.
Uno scritto disarticolato e mescolato con tanti suggestioni.
Siamo in un poliziesco, in un noir, in un giallo, in un saggio filosofico o in un racconto scritto per divertimento?
Non sciogliamo quasi mai la domanda.
Ci sono alcuni passaggi in cui ti chiedi se l'autore scrivendo abbia proprio detto:"valutate bene se e come fidarvi delle apparenze, anche se tutto questo potrebbe essere, più o meno, successo. Più più che meno" ed ancora
"Gli errori/riemergono sempre/minacciosi ed imponenti/come iceberg di cobalto/dall'oceano del passato/pericolosi se scaldati dal sole vagano/cozzano quando meno ci si aspetta/contro i vascelli
ove viaggiamo ingenui/credendoci al sicuro/in un attimo possono rovinarti/o salvarti la vita."
La scomparsa dell'orologio dalla stazione centrale, rubato per essere portato in un loft, la mansarda dello strano ladro di oggetti ormai dismessi e già considerati inutili, sta sullo sfondo di un racconto con le lancette anch'esse all'incontrario. Troppi generi si avvicendano ed anche se io prendo il filo e lo conservo, mi ritrovo lo stesso un po' disorientata. “Gli artigiani d’un tempo erano degli artisti”
Amerigo Erthel, orologiaio per sempre, ed infatti ritrovo il filo ed:eccoti- faccio soddisfatta, leggendo la poesia nel racconto.
“Allo scoccar dell’imprevista ora
le parole diventan giuste,
l’idea divien superiora
e il fato adopra le fruste
ché gli oggetti decidan detentori
e non viceversa accada
a nulla servan né forza da tori
né intelligenza di sciarada.”
“Tutti guardavano smarriti e attoniti la staffa sulla quale fino a poco tempo prima c’era l’orologio. Anch'essa rischiava la rimozione, perché – si vociferava – quello nuovo avrebbe necessitato di altri sostegni. Ma nessuno lo voleva, quello nuovo. La gente rivoleva quello di prima, quello che aveva segnato gran parte dei momenti della loro vita: ritardi e anticipi, arrivi e partenze, corse e pianti.”
L'idea senz'altro originale e simpatica che dovrebbe essere rimontata, dopo essere stata fatta a pezzi come l'orologio, da un attento e certosino lavoro che riesca a mettere a posto la lancetta che va indietro, nei rimandi letterari che piacquero all'autore. Quella stazione si può riprendere con ben altri esiti, e riportare l'orologio funzionante al tempo che fu
"La stazione, il mondo, tutte le situazioni e tutte le circostanze rimasero in sospeso davanti a loro, prima dell’accelerazione naturale del compimento. Nell'esatto punto in cui la radice diventa tronco e il tronco diventa ramo"
Ed è questo l'augurio che faccio all'autore, che sappia collegare gli ingranaggi come l'orologio fa andare i treni nella stazione delle nostre letture. Con il saluto della Litweb
Uno scritto disarticolato e mescolato con tanti suggestioni.
Siamo in un poliziesco, in un noir, in un giallo, in un saggio filosofico o in un racconto scritto per divertimento?
Non sciogliamo quasi mai la domanda.
Ci sono alcuni passaggi in cui ti chiedi se l'autore scrivendo abbia proprio detto:"valutate bene se e come fidarvi delle apparenze, anche se tutto questo potrebbe essere, più o meno, successo. Più più che meno" ed ancora
"Gli errori/riemergono sempre/minacciosi ed imponenti/come iceberg di cobalto/dall'oceano del passato/pericolosi se scaldati dal sole vagano/cozzano quando meno ci si aspetta/contro i vascelli
ove viaggiamo ingenui/credendoci al sicuro/in un attimo possono rovinarti/o salvarti la vita."
La scomparsa dell'orologio dalla stazione centrale, rubato per essere portato in un loft, la mansarda dello strano ladro di oggetti ormai dismessi e già considerati inutili, sta sullo sfondo di un racconto con le lancette anch'esse all'incontrario. Troppi generi si avvicendano ed anche se io prendo il filo e lo conservo, mi ritrovo lo stesso un po' disorientata. “Gli artigiani d’un tempo erano degli artisti”
Amerigo Erthel, orologiaio per sempre, ed infatti ritrovo il filo ed:eccoti- faccio soddisfatta, leggendo la poesia nel racconto.
“Allo scoccar dell’imprevista ora
le parole diventan giuste,
l’idea divien superiora
e il fato adopra le fruste
ché gli oggetti decidan detentori
e non viceversa accada
a nulla servan né forza da tori
né intelligenza di sciarada.”
“Tutti guardavano smarriti e attoniti la staffa sulla quale fino a poco tempo prima c’era l’orologio. Anch'essa rischiava la rimozione, perché – si vociferava – quello nuovo avrebbe necessitato di altri sostegni. Ma nessuno lo voleva, quello nuovo. La gente rivoleva quello di prima, quello che aveva segnato gran parte dei momenti della loro vita: ritardi e anticipi, arrivi e partenze, corse e pianti.”
L'idea senz'altro originale e simpatica che dovrebbe essere rimontata, dopo essere stata fatta a pezzi come l'orologio, da un attento e certosino lavoro che riesca a mettere a posto la lancetta che va indietro, nei rimandi letterari che piacquero all'autore. Quella stazione si può riprendere con ben altri esiti, e riportare l'orologio funzionante al tempo che fu
"La stazione, il mondo, tutte le situazioni e tutte le circostanze rimasero in sospeso davanti a loro, prima dell’accelerazione naturale del compimento. Nell'esatto punto in cui la radice diventa tronco e il tronco diventa ramo"
Ed è questo l'augurio che faccio all'autore, che sappia collegare gli ingranaggi come l'orologio fa andare i treni nella stazione delle nostre letture. Con il saluto della Litweb
lunedì 25 aprile 2016
Conforme alla gloria:l'atto di dolore di Demetrio Paolin
Il male come infezione. La propagazione, come una piaga purulenta, negli individui e nell'organizzazione statale.La storia come summa di malvagità. Il peccato storico in questa valle di lacrime. Dalla Bibbia ai nostri giorni: Umiliati e offesi. E dalle offese e dalle umiliazioni il risentimento ed il rancore da sfogare, non potendo verso chi lo infligge, verso un altro ancora, in una concatenazione di avvenimenti che non finisce mai. Dal tempo dei tempi.
Conforme alla gloria, la pelle tatuata del nostro male, nasce in un campo di concentramento, si diffonde poi per le strade dei nostri anni, generando altro male, disfacendo la famiglia del protagonista, Rudolf, che, nell'ossessione di liberarsi dell'eredità paterna, il padre un ufficiale nazista, responsabile dei campi, vede dissolvere il suo mondo di affetti.
Conforme alla gloria senza redenzione, se non la scrittura che sia una testimonianza, una cura da bere e sentirne l'amaro,oppureuna lettura che brucia come bruciano i farmaci che cercano di disinfettare
Una storia che non è mai finita, ieri corpi su corpi, ammassati nella Germania nazista, ed oggi corpi su corpi, annegati nel mare Mediterraneo. In una incoerenza che genera sofferenza.
Conforme alla gloria: dopo settanta anni stiamo ancora lì a contare i morti. Sul corpo tatuato di Ana, su "Salvati e sommersi" di Primo Levi, e nelLa Tregua, nell'offesa che diventa a sua volta male.
Dalla Tregua di Primo Levi, scrittore presente nel libro, e più vivo che mai:" l’offesa ricevuta – in questo caso, ma ciò vale anche per l’offesa immaginata o ritenuta tale – diventi una fonte inesauribile di male. Spezza il corpo e l’anima dei sommersi, li spegne e li rende abietti; risale come infamia sugli oppressori, si perpetua come odio nei superstiti, e pullula in mille modi, contro la stessa volontà di tutti, come sete di vendetta, come cedimento morale, come negazione, come stanchezza, come rinuncia”. Come non leggere in questa descrizione quello che è accaduto e accade anche in tanti conflitti in giro per il mondo, tra popoli e religioni diverse? Nessuno ne è esente. Il risentimento e il rancore non necessariamente, ci avverte Levi, hanno un’origine non motivata. Ma quando ce l’hanno, l’effetto è il medesimo: cedimento morale, vendetta, stanchezza, rinuncia. Non esiste una giustizia umana che estingua l’offesa.
Conforme alla gloria, la pelle tatuata del nostro male, nasce in un campo di concentramento, si diffonde poi per le strade dei nostri anni, generando altro male, disfacendo la famiglia del protagonista, Rudolf, che, nell'ossessione di liberarsi dell'eredità paterna, il padre un ufficiale nazista, responsabile dei campi, vede dissolvere il suo mondo di affetti.
Conforme alla gloria senza redenzione, se non la scrittura che sia una testimonianza, una cura da bere e sentirne l'amaro,oppureuna lettura che brucia come bruciano i farmaci che cercano di disinfettare
Una storia che non è mai finita, ieri corpi su corpi, ammassati nella Germania nazista, ed oggi corpi su corpi, annegati nel mare Mediterraneo. In una incoerenza che genera sofferenza.
Conforme alla gloria: dopo settanta anni stiamo ancora lì a contare i morti. Sul corpo tatuato di Ana, su "Salvati e sommersi" di Primo Levi, e nelLa Tregua, nell'offesa che diventa a sua volta male.
Dalla Tregua di Primo Levi, scrittore presente nel libro, e più vivo che mai:" l’offesa ricevuta – in questo caso, ma ciò vale anche per l’offesa immaginata o ritenuta tale – diventi una fonte inesauribile di male. Spezza il corpo e l’anima dei sommersi, li spegne e li rende abietti; risale come infamia sugli oppressori, si perpetua come odio nei superstiti, e pullula in mille modi, contro la stessa volontà di tutti, come sete di vendetta, come cedimento morale, come negazione, come stanchezza, come rinuncia”. Come non leggere in questa descrizione quello che è accaduto e accade anche in tanti conflitti in giro per il mondo, tra popoli e religioni diverse? Nessuno ne è esente. Il risentimento e il rancore non necessariamente, ci avverte Levi, hanno un’origine non motivata. Ma quando ce l’hanno, l’effetto è il medesimo: cedimento morale, vendetta, stanchezza, rinuncia. Non esiste una giustizia umana che estingua l’offesa.
domenica 24 aprile 2016
Bella ciao 2016
Con la voce di Giorgio Gaber che canta Bella ciao pigio sui tasti, felice di cantare ancora questa canzone antica nata nel coro, nel farsi dei canti della lotta per la libertà.
Una mattina mi son svegliato
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
Una mattina mi son svegliato
E ho trovato l'invasor
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
È questo il fiore del partigiano
Morto per la libertà
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
E le genti che passeranno
Una mattina mi son svegliato
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
Una mattina mi son svegliato
E ho trovato l'invasor
Con in mano il Sole 24 Ore e l'articolo di David Bidussa Bella ciao,
un canto oltreconfine, mi sorrido del bel momento in cui ancora
possiamo cantare una canzone che è un inno alla libertà
È questo il fiore del partigiano
È questo il fiore del partigiano
Morto per la libertà
Certo la libertà è una conquista difficilissima, forse mai raggiunta,
una lotta, una sfida, tracce di canti per la libertà risalgono alla fine
dell'ottocento, all'inizio del novecento, ai primi canti di un popolo
che esiste. Un canto che inizia con la morte e la tomba da cercare.
Una canzone di morte ma con la volontà di essere seppellita sotto
l'ombra di un bel fior. Il fiore della libertà
E le genti che passeranno
E le genti che passeranno
Mi diranno: "Che bel fior
Nella difficile momento del congedo di momenti storici dolorosi che
hanno visto in Italia un guerra civile con molti morti, che, ancora
dopo settanta anni, ci vede divisi gli uni e gli altri contrapposti
in una guerra di livore, di calunnie, di esasperazione e di odio, si alzi
alto il canto che si è feriti, ma non vinti; la partita non è chiusa.
Nella verità storica di un regime sconfitto dalla guerra che lui stesso
aveva voluto per dimostrare di essere forte, un regime che aveva
accettato una guerra per compiacere un alleato diabolico, un
regime nato nel terrore e nelle imposizioni con purghe
e manganelli, resistere vuol dire combattere.
Che poi la resistenza e i partigiani sia stato un
Che poi la resistenza e i partigiani sia stato un
movimento con luci ed ombre lo sappiamo, non dimentichiamo
che combattevano in clandestinità e che episodi anche poco degni
possono e sono successi, nessun movimento è indenne da colpe,
ma non possiamo distorcere la verità e cioè che fu il movimento di
tanti italiani che parteciparono alla Resistenza a creare quel bel
testo costituzionale nato dalle menti più onorabili dell’Italia tutta.
La nostra costituzione ci indica ancora il canto da poter essere
orgogliosi di un nostro desiderio di libertà senza per questo aver
solo la libertà di una tomba oppure di un carcere. Cantiamo Bella
ciao dunque ed insegniamo la libertà ch'è sì cara come sa chi per
lei vita rifiuta
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