giovedì 17 marzo 2016

Il libro passerà di moda

Passerà questa moda di pubblicare un libro per raccontare la nostra infanzia, adolescenza e maturità.
Passerà la moda di scrivere del nonno morto, dello zio, del marito, della moglie e del figlio, sono morti tutti. 
Passerà la moda di raccontare al mondo la nostra separazione dal primo matrimonio, dal secondo e via
Passerà, cara signora, come sono passate le mode di possedere e farsi regalare una pelliccia dopo essere state cornificate.
 Passerà, cara ragazza, come passarono i canti della rivoluzione, la democrazia e il voto
passerà, caro signore, come si perse l'abitudine del pranzo domenicale dai suoceri, come passano tutte le mode, compresa quella di declamare versi e pubblicarne i libri, di parlare con gli astanti accomodati.
Passerà la moda di sventolare il premio ottenuto al festival di Pincopalla e ben riportato sulle pagine locali del giornale cittadino, regionale, con il titolone del giornalista più vicino, sia un cugino, un parente del parente.
Passerà questo elemosinare un riconoscimento, perché non sarà più di moda il titolo di scrittore, scrittrice, poeta, poetessa, autore, autrice, esordiente, capolavoro, eccellenza nel mestiere. 
Passerà di moda riunire le associazioni, doppie, triple e quadruple, intorno al desco di Santa madre libro, divenne madre il  libro, nel cambiamento dei ruoli sempre ben codificato dal nuovo letterario che finirà.
Finirà, me lo ripeto come un mantra, finirà il mio libro.it, anobi, le recensioni a comando, e ogni altra editoria a pagamento, perché non tutti quelli che pubblicano a pagamento sono Dino Campana, Calogero e Chissacchì.
Passerà la moda di ogni cantante, ogni presentatore, ogni cuoco, ogni prestigiatore, ogni attore con il libro scritto da chi non si sa.
Resterà il piacere di leggere un bel libro, senza la smania di pubblicarne uno, dieci, cento, mille.
Resterà il gusto di capire se un libro è scritto bene, se è scritto male, se ne sentiamo il suono, il ritmo, se sorridiamo leggendo, se ci fa compagnia, se è un libro onesto e ci libera dal nostro fastidio quotidiano. 
Vedrete passerà questa moda  come scomparvero i fotoromanzi, il principe azzurro, la cabina telefonica e il forno a legna. 
Questa moda finirà, care signore, e tornerete a fare centrini, come disse una mia amica all'uditorio, quella volta, e tornerete a fare bricolage, cari signori, e tornerete a fare torte e pizze, e poi la sera prenderete in mano un libro vero e leggerete. Oh Leggerete! Perché leggere tornerà di moda

mercoledì 16 marzo 2016

Sul Soffitto Éric Chevillard



Evviva la sedia e chi la inventò. Evviva la sedia e le persone sedute, nelle chiese, nelle scuole, negli uffici. Una civiltà seduta. Seduta alle tante presentazioni di libri. Umani seduti che sembrano tutt'uno con la sedia, ho sempre pensato, mentre sulle sedie io mi agito, faccio movimenti circolari, manifesto il mio disappunto oppure il mio entusiasmo.  Leggo "Sul soffitto" segnalato da un amico molto caro, lo leggo da ieri sera. Non è un racconto lungo,144 pagine, eppure sono pagine che voglio rileggere e gustare come se fossi io ad averle scritte. La storia comincia con una riflessione sul colore grigio, un colore che è invisibile, tanto da farci dire di un uomo spento un uomo grigio.  Ed invece non è così: "rimane il pregiudizio secondo cui il grigio sarebbe la più sottile manifestazione del visibile, ciò che si distingue appena dal nulla o se ne avvicina di più, un pregiudizio così tenace, d'altronde, che ha finito con l’accecare per davvero i popoli: quanti uomini e quante donne restano giorni, mesi, anni interi senza vedere un elefante, né un ippopotamo, come se bestie talmente imponenti fossero veramente diventate impercettibili per loro? Oggi, la sensibilità al grigio caratterizza alcuni rari esteti che possiedono un’anima da musicista. Loro lo sanno, esistono tante sfumature di grigio quanti colori schietti, ogni sua sfumatura corrisponde precisamente a uno di quei colori di cui esprime tutti i valori, solo con maggiore delicatezza e finezza, con un’esattezza e una purezza assolute."
Mentre si  racconta la stranezza del protagonista che non può fare a meno di una sedia sulla testa, seguiamo i pensieri e le difficoltà di passare sotto le porte, di infilare vestiti, di andare in giro senza voler e poter cedere la sedia ad una vecchia signora. Intanto che i pensieri diventano universali, sui gruppi, sulle necessità di alcune minoranze, sul chiedere o meno che della diversità se ne occupino architetti, stilisti, esperti vari, ci viene da sorridere sulle nostre difficoltà a stare in mezzo agli altri. Tutti diversi con o senza sedia. Tutti bisognosi di aiuto, eppure tutti pronti ad essere falsamente caritatevoli verso altri ancora, individuati come soggetti a parte, e donando loro quello che non serve.Ah la carità! La carità pelosa! diceva la mia mamma. Basterebbe solo rialzare i soffitti. 
L'uomo con la sedia in testa ha una fidanzata, Méline, vive in un cantiere in disuso di una  biblioteca mai terminata " ma questa in realtà è un’opera del vicino Kolski" una opera simbolo di una civiltà disgustata. Con altri vicini di casa: La signora Stempf, Malton e Lanson, Topouria, Kolski, gli altri alloggi sono tutt'ora disponibili.Volete trasferirvi? Io chiedo asilo. 
Nel voler sfuggire alla noia la signora Stempf racconta la storia del principe ranocchio e del bacio ai suoi piccoli mai partoriti, perché incompleti
Sorridendo leggo le immagini che non vi racconterò. Ognuno di noi dovrà trovare il sortilegio da disinnescare, ognuno di noi dovrà fermarsi e tornare indietro nella lettura. Mentre leggo, le mie due sedie, in cantina, aspettano di essere impagliate, nello stesso modo della sedia in testa, rovesciata.
"Applichiamoci per prima cosa a risolvere dei modesti enigmi se auspichiamo di svelare infine i misteri della nostra propria condizione" Intanto Kolski si fa la doccia. Ma come? Non doveva lavarsi mai più? Non doveva fare arte del suo odore puzzolente? Questo domanderò allo scrittore se mai lo incontrerò. Un applauso al surreale che ci appartiene, al mondo rovesciato, al viaggio ludico e sferzante del Luciano di  Samosata dei nostri giorni.   
La traduzione di Gianmaria Finardi tiene il gioco fin quaggiù, dalla Francia allo stivale italico. Una musica per noi. «Quel che funziona sulla carta,per me, ha sempre costituitola sola realtà possibile.»  Éric Chevillard 

 Ippolita Luzzo 

martedì 15 marzo 2016

Una ragione di più: La ragione dell'informale

Sai c'è una ragione di più per dirti che vado via, cantava Ornella Vanoni, e porto anche con me la tua malinconia, continuava il testo di Califano e Reitano ed io stamani la sento in testa con altre canzoni e fra queste 
Una ragione vera non c'è... della  Formula tre su testi di Mogol Battisti.
"Ma che disperazione nasce da una distrazione era un gioco non era un fuoco.
Nelle canzoni la ragione ha un bel dire, la ragione ci chiede un comportamento, una azione, una scelta.
Alberto Badolato sceglie proprio questa ragione per dare il titolo alla mostra ancora in corso da Be Cause a Lamezia Terme. La Ragione dell'Informale. 

Avevo in testa anche un'altra canzone, che ora si perse nel tragitto dalla cucina al computer, per appuntare le mie suggestioni sui quadri e sull'incontro tra amici che avverrà nella stessa galleria Be Cause giovedì 17 Marzo alle ore 18, una chiacchierata amichevole sul tema della Ragione, sul tema dell'Informale nei quadri di Alberto.
Intanto la scelta che l'artista fa dei materiali; carta da parati, sacchi di canapa, gesso, foglia d'oro, corda, stucco. Colori Colori, Colori a volontà, perché è il colore la ragione di tutto il dipingere, quand'anche fosse un semplice bianco. 
Alberto mi dice che uno dei suoi quadri più ammirati è quello bianco, bianco e viso insieme, secondo Mario Maruca, attore e regista. Lui, guardandolo, vide un bianco riflettente il viso di una donna. Un bianco che ridona ai fruitori una soddisfazione tale da far dire: Mi piace.

Sono tanti i colori che, informali, ci attendono, appesi in un bianco pulito, lungo le pareti della galleria. Una galleria da sembrare una stazione di treni con gli orari e i tabelloni di arrivi e partenze sulle pareti  all'ingresso e alla fine il saluto. Il saluto del colore. 
Mi sono imposta di non cercare forme nei colori appesi, altrimenti, mi ha spiegato Alberto Badolato, sarebbe quasi un fallimento, per l'arte, se nell'informale  noi vediamo  una forma, e vogliamo trasformare quel verde in una caverna di Platone,
oppure nell'orecchio di Dionisio, quel rosso caldo nei divani Frau,


quel giallo oro  nei capelli  platino di Marilyn Monroe. 

Giovedì saremo quindi immersi nei colori che gioia e sapore danno alla vita, dal piatto fumante del rosso pomodoro al golfino viola, dalla gestualità colorata dell'artista alla  materia lavorata  per donarci informale.
Una ragione vera non c'è
Un tuffo dove l'acqua è più blu, niente di più

martedì 8 marzo 2016

La Forma Fragile Del Silenzio Fabio Ivan Pigola

Oggi otto marzo compleanno di mio figlio.
Augurando a lui buon compleanno regalo a me e a tutti noi La Forma Fragile Del Silenzio.
Un titolo che mi ricorda un altro libro da me molto amato: La forma minima della felicità.
Un titolo che mi ricorda un aggettivo molto amato, scritto sulle cose che devono essere maneggiate con cautela: Fragile.
Un titolo che mi ricorda un sostantivo che accompagna gli anni, i mesi, i giorni, le ore, i minuti, dilatando la forma del nostro tempo.
"Il silenzio fa entrare nella vita degli altri come aria."
Strana la storia del suo arrivo da me.  Prima ho conosciuto il personaggio poi l'autore. Infine ho letto il libro, una volta, due volte e, ora, nel giorno della donna, mi regalo la rilettura di questo racconto diversamente abile.
Lo scrivo sorridendo. 
Amo questa forma di scrittura che associa rughe al cielo, che avvicina concetti e crea coordinate dove sembra che non ce ne stiano.
Scrittura così "finché la donna spoglia il volto da un sorriso sbagliato" 
Leggendo annoto i pensieri dell'adolescente "Cerco attrezzature per immergermi nell'illusione, le narrative sottomarine di zio Baldo mi aiutano. Ci sento colonne sonore, e le rare canzoni dalle note emotive delle pubblicità; è come avere un canale che comunica con ciò che si nasconde. Abbiamo sempre qualcosa che resta assopito dentro di noi, con cui non si riesce a entrare in confidenza."
Questa lettura è un dono per la mia festa, non in quanto donna, ma in quanto genitrice di unico figlio. Oggi compie ventisei anni. Dieci in meno ne ha il protagonista, di sedici anni, e soffre di un mio stesso problema, una difficoltà che io risolvo sedendomi al primo posto negli spettacoli teatrali, piantando gli occhi attenti nelle conversazioni, quasi in bocca al parlante, e vedendo film con sottotitoli oppure rileggendomi la sceneggiatura.   

Sedici anni,  non sentire ed accorgersi di avere un senso che sta per scomparire " Allora vado per esclusione, consulto, scavo avido nei disaccordi, nei paroloni, e per democrazia scelgo il più frequente, aplasia, cioè una malformazione dell’orecchio interno.
E ancora non so cosa porterò nel futuro afono. La misura di quel luogo mi spaventa, circola attorno"
"Devo fare memoria dei suoni, ne avrò bisogno quando perderanno lingua e traduzione. Ho cercato sui libri e nelle notti sul web una guida, un libretto d’istruzioni, ma il popolo degli audiolesi sembra tanto variegato da avere scarse indicazioni per chiunque."
"Ho bisogni da niente, roba di rincalzo, con la chitarra però sono attento. È lei a darmi le coordinate.Nicola è d’accordo: «Il vero musicista è lo strumento, tu sei solo quello che spinge gli interruttori.» I tasti, le corde sono come l’inchiostro dei libri, ciò che permette di leggere le idee." Suonare la chitarra nonostante ci sia questa diminuzione. Restare con amici e frequentare la compagnia, con Sugar, per esempio.
" Sugar odia le cose durevoli. Le piace tutto ciò che ai normali disorienta: il colore dei petali sfioriti, la testa spettinata, gli occhiali privi di lenti, la cornice dei quadri, rompere le noci senza mangiarle, la scialuppa tra i motoscafi. Il bacio sulla guancia piuttosto che in bocca, più morbido e meno ansioso. Ha una frangetta   Siamo uniti su Gallagher"
Mentre leggiamo noi conosciamo il protagonista del racconto con i suoi amici e le sua passione per la musica, prende vita il non luogo dove abita e osserviamo con lui in alto.
"Guardo le nuvole pigre, mentre il cielo sembra invecchiare sotto le rughe del vento. Poi crolla sull'orizzonte, rovesciando rotoli celesti come sbuffi di fumo."
Con nella testa le note della canzone La voce del silenzio, cantata da Mina, io continuo a leggere "La mia grande opportunità è poterlo sondare, esplorare, quel silenzio che agli altri spaventa.
Ha parole che mi cadono davanti minuscole e non ho ragionevoli piani per schivarle, né la voglia di arrendermi alla loro assenza di mete.Vedo le patate che si arrossano, sento l’aroma dialogare coi visceri: manca solo il crepitare dell’olio, lo scoppiettio delle ricette che mamma insegna nei giorni invernali, quando il freddo abbrevia le distanze. I sentimenti sono una lunga costruzione che spesso rallentiamo per farla durare nel tempo, ed alzare il costo del preventivo. Ci adoperiamo a insidiarli nell'animo, perché abbiamo bisogno di guai. E se il guaio non c’è, lo inventiamo. L’ostacolo del silenzio è una parete alta e troppo liscia, ogni tentativo di scavalcarla con gli occhi si spegne prima di scoprire un appiglio." 
Amare uno stile narrativo vuol dire questo continuo copia e incolla dal testo per  farvi conoscere un passaggio, un accostamento, una musica. Amare è far sentire una musica che vi entrerà in testa con suono e parole, immagini e personaggi.
"Tutte le note hanno melodia, è inutile perseguitarle in un elenco riassuntivo destinato all'addio."
"La vita è musica, mi va bene anche mutilata, ma ogni tanto cado in questi sconforti, vuoti d’aria interiori in cui perdo quota, velivolo senza ali."
Continuo a leggere imponendomi di non continuare a farvi assaggiare i passaggi, la bellezza di un costrutto linguistico personale, continuo a seguire i percorsi, dalla cantina buia dove noi, con Lucio Battisti in testa. Cantine dove si sono riuniti sempre gruppi di adolescenti a suonare il bel suono dell'entusiasmo. 
Nel gruppo che è forma, da formazione,  La Forma Fragile Del Silenzio mi ricorda tutto un Regno degli amici, quel paese che io conosco leggendo e leggendo sullo schermo del PC. 
Sotto il segno dei pesci che nuoteranno felici sulle note di un libro, sulle note di  mio figlio e di ogni fantasia azzurra. Sincera, come l'acqua di un fiume di sera... Cantando e suonando, non Bruno Lauzi ma Gallagher; aspettando il 30 marzo quando uscirà in libreria. 
Ne saremo felici perché più bella cosa non c'è nel regno della Litweb
Con Paolo, il protagonista del libro, che di sé stesso scrive così " Ecco, sono qua per colpa sua, e siccome dovrò starci del tempo, vorrei tanto chiedervi aiuto. In fondo ho solo 16 anni, mi hanno scelto carattere, epoca, luogo e destino senza chiedere nulla. Così. Il fatto che li abbia in un libro mi fa venire il sospetto che restino tali a lungo. Spero non troppo. Abito in una città della pianura padana ma vengo dal sud; sono figlio di genitori separati, suono la chitarra e mi domando ogni giorno perché accidenti Mercury e Justin Bieber siano uno morto e l'altro nato per la mancanza di un profilattico.  Ho degli amici; alcuni suonano con me, altri sono compagni di scuola, di vacanze, di sciocchezze. 
Sto scoprendo la letteratura di Verga, i primi amori, il lavoro con lo zio. C'è chi, per una sola di queste cose, dice lo strano tipo che m'ha creato, si sente già troppo occupato così. 
Di una cosa però sono certo: il viaggio andrà bene se troverò qualcuno con cui parlare, scrivere, scambiare i sogni come compagni di gioia o di malinconia." 

lunedì 7 marzo 2016

La notte in cui gli animali parlano Sante Roperto

In  effetti sarebbe meglio non sapere il nostro domani, cosa si pensa di noi, cosa in realtà abbiamo fatto capire.
Mi sembra questo il cuore del racconto che, con due storie parallele, segue un nonno ed un nipote, uno soldato, costretto andare in Africa, nel deserto africano, ad El Alamein, per conquistare Tripoli, bel suol d'amore, cantava la canzone dei tempi, e l'altro di ritorno, come ogni anno, a Conflenti, da Roma dove lavora ad una radio.
Due storie che avranno spinto l'autore con l' urgenza di testarsi in un genere narrativo dopo essere stato corrispondente di Superbasket e aver lavorato per le reti di Lunaset. 
Una storia parallela che, anche se le rette non si incontrano mai, poi si riunisce nel racconto che il nonno fa al nipote sulla leggenda della notte dell'Epifania. 
" Una notte magica, l'unica nella quale gli animali avevano il dono della parola. Chi aveva animali, quella notte, li accudiva molto bene, per paura che annunciassero disgrazie. Un fattore, però, volle ad ogni costo ascoltare cosa dicessero i suoi animali e si nascose nella stalla del bue e dell'asino.
Loro due erano intenti nella siffatta conversazione: avrebbero dovuto lavorare tanto l'indomani, perché costretti a trasportare su un carro il padrone al cimitero. Nel sentire quelle parole il fattore, terrorizzato, giunto a casa, morì"
Qualcuno raccontava che altri prodigi avvenissero quella notte ma essendovi divieto di uscire per le strade nessuno poté vederli. Vero è che si è sempre creduto che i morti si incarnassero negli animali, vedi il film Fluke, di Carlo Carlei, e affidassero a loro i messaggi per i loro cari viventi. 
Resta quindi, sempre in tutti noi, questo desiderio di raccontare storie, di conservarle e ripeterle a nipoti ed amici, come tentativo a volte riuscito, a volte no, di aver ascolto e di tramandare quel messaggio di esserci stati. 
Essere stati in un  luogo che all'autore sembra bellissimo, un paese in festa, nella processione della Madonna, a fine agosto, una Chiesa dell'Immacolata che stava proprio di fronte la finestra del nonno.
Ogni luogo raccontato diventa altro ed io ho stentato a riconoscere quella Conflenti che, pochi mesi fa, avevo io intravisto, di passaggio. 
Una Conflenti sciupata, sedie di plastica di fronte la facciata della chiesa e la quercia tagliata o bruciata e non sostituita. Una Chiesa di San Nicola in lacrime e strade e balconi riadattati a infissi che stridevano, come strideva il senso di abbandono dei luoghi, ben descritto da Vito Teti, ne Il Senso dei luoghi. 
Ma qui siamo in una esperienza personale che, anche se non contiene autobiografia, se non nella storia del nonno, continua a vedere il paese come il paese che avrebbe dovuto essere o almeno quello che piace vedere. Con un guardare d'amore. Nella trasfigurazione dell'innamorato. 
Infatti il libro inizia con una citazione di Georgi Gospodinov "Gli amori che non sono successi durano tutta una vita" contemplando in questi amori anche l'amore per il proprio paese

mercoledì 2 marzo 2016

Il ponte che arriverà. Con Giorgio Lupattelli

Sono passati più giorni dalla domenica del 21 febbraio, quando io, in macchina con Silvia Pujia, felice, mi avvio al Marca di Catanzaro per assistere alla costruzione del ponte con mattoncini Lego.

Il viaggio, in allegria, racconta la duplicità dell'arrivo di due bimbi a maggio, e i due gemelli Plutino volteggiano in auto con le loro ellissi e coordinate simmetriche.
Silvia lavora al Marca e si ferma al suo tavolo, mentre io salgo le scale e raggiungo la mostra, l'autore, i ragazzi presenti e i responsabili del luogo. 

Saluto Giorgio e gli altri, comincio a prendere appunti. 
L'idea è di costruire un ponte, in omaggio, quasi, al ponte di Catanzaro. 
In realtà il ponte avrebbe dovuto essere pronto per l'inaugurazione della mostra, il 16 gennaio, però, quando furono richiesti i mattoncini, si era già nelle prossimità del periodo delle festività natalizie e la Lego aveva esaurito le scorte. Solo il primo febbraio avrebbe potuto accettare nuovi ordini. 
Questi mattoncini, provenienti dalla Danimarca, sono stati ordinati a Londra, dagli organizzatori della mostra, Michele Prencipe e Gerardo Tenza.
Arrivata presto vedo aprire lo scatolo con i mattoncini, rossi, blu, bianchi, vedo i ragazzi dell'Accademia delle Belle Arti di Catanzaro consultare il tablet di Lupattelli e fotografare l'immagine del ponte già disegnato sul loro cellulare. 

Un ponte un po' diverso dall'originale. Ha per base i due lobi del cervello, un emisfero blu, razionale, e uno rosso, irrazionale, istintivo, ed insieme questi due dovrebbero sorreggere il filo bianco dell'irrazionale.
Il titolo dell'opera è "Il ponte sopra le acque torbide"da una citazione di un brano di Samuel Garfunkel
Mac, il cane di Giorgio, gironzola per la sala, si inizia.
Il problema è l'inizio...
Bisogna far star fermi i primi due o tre piani...
In sintonia con l'imperfezione...
perché una cosa è disegnare sulla carta e un'altra cosa è la sua realizzazione...
Speriamo che bastino questi mattoncini...
Questo ponte potrebbe cadere ma...
Importante è che non cada quello vero.
Ora la responsabilità va ai ragazzi...
Sono queste le frasi  che io carpisco a Giorgio ascoltandolo.
Daniele, al primo anno della specialistica Grafic design, viene investito della carica di direttore artistico da Giorgio.
Le ore trascorrono ed è arrivata Anna Russo, direttrice  dell'Accademia delle Belle Arti,e subito dopo  il direttore del museo Racco Guglielmo. 
Vedo nelle mani di una giornalista la colla MultiPattex che servirà per fermare i mattoncini a rischio crollo, vedo il fotografo posizionare i suoi scatti verso le fasi della realizzazione, e dei bimbi unirsi all'opera. Uno di loro, Antonio, mi dice la mamma, sta costruendo, a casa sua,  con i mattoncini Lego uno stadio.
Devo andare via, siamo già alle 13 e con Silvia torniamo a casa.
Al Marca riprenderanno nel pomeriggio, il ponte per quel pomeriggio crollerà, ma non ha importanza, è l'imperfezione del momento, poi arriverà il 4 marzo, incollato con un'altra colla, la colla del tempo per fare: Le ore trascorse a studiare gli incastri, le ore che si poggiano sui due lobi del nostro cervello chiedendo quell'equilibrio che tutti sappiamo si regge su fili. Che ondeggiano. 

Oggi  5 Marzo e ora il ponte con noi
 

martedì 1 marzo 2016

Lettere alle amiche Céline Adelphi

Casa editrice Adelphi mi piace fin dalla consistenza della carta scelta per la copertina, quel granuloso che mi appoggio sulla guancia per sentirne lo spessore. Piccola Biblioteca 683
Louis-Ferndinand Céline Lettere Alle Amiche
Sei donne consegnano le lettere ricevute da Céline, durante la frequentazione e conoscenza, alla storia letteraria.
Erika, una studentessa tedesca che poi diventerà giornalista e romanziera, N, ebrea austriaca, insegnante di ginnastica, che frequentava i circoli studiosi di psicoanalitica, Eveline, letterata belga, Karen, ballerina danese, Lucienne, pianista francese, ed Elisabeth Porquerol, giornalista, che fu semplicemente amica. Costoro hanno raccolto e consegnato le lettere facendo, suppongo, una prima scelta. 
"Purtroppo sì, sono io!" una lettera a Simone Saintu, nel 1932, apre l'epistolario di Céline. 
Purtroppo, vorrei rispondergli, noi chi siamo non sappiamo.
Inizio a leggere queste lettere e mi sento defraudata delle 15 euro che ho speso. Chiudo per qualche giorno. Riprendo a leggere dalla fine verso l'inizio e stavolta ne rimango conquistata. Cosa era successo? 
Ciascuno di noi diventa a secondo del rapporto che ha con un'altra  persona, cambia cambiando interlocutore e le ultime lettere a Lucienne mi hanno consegnato l'uomo e lo scrittore insieme, completando il puzzle che io avevo visto frammentato nelle prime pagine. A pezzetti.
26 agosto 1935 lui scrive: " La normalità della vita, la realtà della vita mi schiaccia" ed ancora "per me la realtà è un incubo continuo e lo sa Dio se la vita m'ha trattato bene come esperienze! se la realtà m'ha favorito!"
Ricordando la mamma sempre intenta su una montagna di trine da riparare per pochi franchi, scrive:" ho sempre sul mio tavolo come lei un enorme mucchio d'Orrore in sospeso che vorrei rappezzare prima di finirla."
" S'aggiusta tutto, niente è essenziale, si sostituisce tutto, tranne il povero rifugio dove viene traslato e dimenticato tutto" e continua consigliando a Lucienne, come se parlasse con sé stesso, difatti è questo che  facciamo tutti scrivendo, di evitare i calabroni, gli impostori, gli sbaciucchioni.  Un artista non sa che farsene di queste melensaggini. 
Una grande ammirazione e tenerezza in questo uomo nei riguardi di Lucienne, tanto da consegnarle il suo impossibile desiderio di uscire dall'incubo piatto e banale del detto e fuggire via nella perfezione sfuggente dell'arte, della musica.
Attraverso lo sguardo dell'artista la realtà è nuda come nella scena della Szymborska " All"Aeroporto"

 Sarà quell'essere nudi che Céline usava, esprimendo pensieri non mediati, che tanto infastidì il suo tempo?
Cara amica, scrive a Lucie Porquerol, nel giugno del '33, quando ha  39 anni  "Lei mi informa che raccontano delle cose su di me. Credevo m'avessero dimenticato. Io non vedo nessuno. Non leggo nulla. Non so. E non parlo. La mia vita è finita Lucie, il mio non è un esordio, è un epilogo nella letteratura una cosa ben diversa-o piuttosto le mie vite, poiché insomma ne ho avute tre o quattro." 
Ed ancora ad Evelyne Pollet, agosto del '33 " Siamo destinati al tedio. La nostra vita non è che una morte senza slancio. Insomma questa è, mi rileggo, una bruttissima lettera. Un'altra sarà più frivola"
Non ho finito...